sabato 1 febbraio 2014
Stress da lavoro correlato. I rischi
Esiste un obbligo di valutazione dei rischi da stress da lavoro correlato sancito dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
La valutazione dei rischi stress lavoro-correlato deve essere effettuata dal datore di lavoro, che non può delegare l’adempimento neanche ad un soggetto in possesso di specifiche competenze in materia.
Il punto di partenza è la nozione di stress lavoro-correlato nell'ambito dell'accordo europeo sul tema dell' 8 ottobre 2004. Viene definito poi l'ambito di coloro che sono soggetti all'indagine, da un lato chiarendo, conformemente a parecchie procedure sul tema, che la valutazione debba riguardare in linea di massima tutti i lavoratori, compresi i dirigenti e i preposti alla sicurezza. Stabilendo poi che l'analisi del rischio debba essere svolta non sui singoli lavoratori, ma su gruppi di essi, individuati, sempre secondo la commissione, autonomamente dal datore. Ma quale dovrà essere il metodo per valutare lo stress lavoro-correlato? Come si può arrivare, nella pratica, a «una corretta identificazione dei fattori di rischio...in modo che da tale identificazione discendano la pianificazione e realizzazione di misure di eliminazione o quando non possibile la riduzione al minimo di tale fattore di rischio»?
Quindi per tutti i datori, pubblici e privati, prevista dal Testo unico sulla sicurezza che trova finalmente, dopo numerosi rinvii, un po' più di certezze: dalla commissione consultiva permanente per la salute nei luoghi di lavoro (istituita presso il ministero del Welfare) arrivano, infatti, le linee guida che permetteranno alle imprese di adeguarsi alle norme. Cominciando, da subito, a programmare le fasi della valutazione dei rischi da stress.
La legge (l'articolo 28, comma 1, del Dlgs n. 81/08) impone la valutazione del rischio da stress lavoro correlato ai datori di qualsiasi organizzazione, grande o piccola che sia: le "istruzioni" della commissione sono rivolte, pertanto, al datore di lavoro e solo in via indiretta al responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rssp), al medico competente ove nominato e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: soggetti che a vario titolo giuridico e con diverso ruolo tecnico-operativo sono chiamati a partecipare, per legge, alla valutazione sullo stress. Nel silenzio delle istruzioni è da ritenere che alla valutazione possano partecipare ulteriori soggetti coinvolti dal vertice della sicurezza. Le linee guida hanno un rilevante valore giuridico, essendo attribuito (comma 1-bis dello stesso articolo 28) alla commissione proprio il potere di emanare indicazioni vincolanti in materia.
I grandi cambiamenti nel mondo del lavoro, a partire dell'introduzione delle nuove tecnologie fino alla diffusione delle nuove forme contrattuali di lavoro, oltre a portare un profondo mutamento della stessa organizzazione del lavoro, hanno introdotto anche nuovi rischi occupazionali.
Sono in tanti a esserne colpiti, soprattutto oggi che la crisi economica genera e acuisce sentimenti ansiogeni come precarietà e incertezza. «Lo stress è collegato a un senso di impossibilità percepita a gestire le richieste esterne, che vengono vissute come pressanti e frustranti», spiega lo psichiatra Michele Cucchi, direttore sanitario del Centro medico Santagostino di Milano, dove è stato creato un servizio ad hoc, "Lavoro e benessere", dedicato al bisogno di salute connesso al lavoro . Inoltre, «le persone oggi vivono costantemente nella dinamica del cambiamento, e il cambiamento è costituzionalmente fonte di ansia e stress».
La crisi economica, quanto incide sul nostro livello di stress? Oggi la crisi pone all'ordine del giorno elementi che trascendono la dimensione del cambiamento: è il caso di demansionamenti, precarietà, incertezza, modificazioni di responsabilità legate a riorganizzazioni aziendali. Per non parlare di orari di lavoro prolungati o di un carico di lavoro eccessivo. Anche la qualità delle relazioni con i colleghi può condizionare i livelli di stress, così come la necessità di essere sempre più veloci - in mancanza di risorse e tempo. E possono risultare "stressogeni" anche la mancanza di un coinvolgimento personale ed emotivo nei progetti, o la scarsa attenzione a creare un clima di squadra con ruoli e responsabilità ben definiti. Il rischio di esaurire le energie Lo stress, però, non è necessariamente una malattia. Può essere definito come una risposta integrata dell'organismo - neuro fisiologica, emotiva, cognitiva, comportamentale - all'ambiente esterno.
Questa risposta è ottimale quando è limitata nel tempo, e riesce a ripristinare una condizione di equilibrio. Quando lo stress perdura troppo, invece, può generare una fase di esaurimento. I campanelli d'allarme? Dall'insonnia alla difficoltà di addormentarsi, dalla difficoltà di concentrazione alla facile irritabilità, fino a manifestazioni somatiche come coliti e dermatiti. Chi gestisce meglio lo stress Di fronte a una situazione stressante, ciascuno di noi ha una propria risposta. Anzi, ci sono persone capaci di adattarsi alle condizioni ambientali minimizzando lo stress. Tecnicamente si dice che sono "resilienti", così come i materiali resistere agli urti senza spezzarsi... Sviluppare quattro «capacità» Ma come si fa a sviluppare questa capacità?
Secondo l'esperto, sono quattro le competenze emotive da sviluppare. Eccole. - Riuscire a leggere ed esprimere le emozioni al nostro interno, avere quindi la consapevolezza di cosa proviamo; - Capacità di instaurare relazioni con gli altri improntate alla fiducia in se stessi e alla sicurezza di avere la stima e il rispetto degli altri; - La capacità di affrontare con energia le difficoltà; - L'inclinazione a guardare negli occhi incertezze e paure, con un atteggiamento attivo che mira alle soluzioni senza aspettare che le cose accadano. Ed ecco un test che ti permetterà di "misurare" il tuo livello di stress. Si tratta del Perceived Stress Questionnaire (PSQ), uno strumento validato scientificamente per testare lo stress da lavoro (Journal of Psychosomatic Research, 1992). Vai al test. Misura il tuo livello di stress ».
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Mastrapasqua si dimette dalla presidenza Inps. L’uomo con venticinque incarichi
Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha ricevuto le dimissioni di Antonio Mastrapasqua dall'incarico di Presidente dell'INPS.
Per Letta, "questa scelta credo sia saggia e giusta, e ha colto l'iniziativa" presa ieri dal governo e "la norma decisa ieri" perché "non si possono assumere incarichi così rilevanti senza esclusività". "Voglio dare atto del suo lavoro in questi anni, fatto in modo corretto", ha proseguito il presidente del Consiglio, ricordando passaggi importanti quali l'unificazione tra Inpdap e Inps. Il premier, poi, è quindi tornato ad auspicare che per la nuova "governance ci sia un'accelerazione dei tempi".
Il Governo, infatti, ricorda la nota, ha deciso di accelerare il processo di ridisegno della governance dell'Inps e dell'Inail e ha approvato un disegno di legge per disciplinare l'incompatibilità per tutte le posizioni di vertice degli enti pubblici nazionali, prevedendo, per quelli di particolare rilevanza, un regime di esclusività volta a prevenire situazioni di conflitto d'interesse. "Il Ministro, nell'esprimere, anche a nome del Governo, apprezzamento per la sensibilità dimostrata dal Dott. Mastrapasqua, - conclude la nota - lo ringrazia per il lavoro svolto in questi anni per il rinnovamento dell'Inps e il complesso processo di riorganizzazione dell'Ente derivante dall'incorporazione dell'Inpdap e dell'Enpals".
I possibili successori. Sarebbe Tiziano Treu il candidato più forte alla presidenza dell'Inps, come successore di Antonio Mastrapasqua dimessosi oggi. Secondo quanto si apprende dall'Agi, l'ex ministro del Lavoro (nominato durante il governo Dini e confermato da Prodi) rappresenterebbe in il nome più papabile e anche autorevole per guidare l'Istituto in vista della riforma della governance. In quota anche Raffaele Bonanni, attuale segretario della Cisl anche se sarebbe al momento il candidato più "debole". Il suo nome era circolato invece quando è scoppiato il caso Mastrapasqua ma sull'attuale direttore generale Mauro Nori, non sembrano al momento concentrarsi i consensi perché considerato troppo tecnico.
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giovedì 30 gennaio 2014
Comunicazione annuale di ricorso al lavoro somministrato entro il 31 gennaio 2014
Chi utilizza lavoratori somministrati deve effettuare le seguenti comunicazioni alla rappresentanza sindacale unitaria, ovvero alle rappresentanze aziendali e, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale:
prima della stipula del contratto di somministrazione occorre comunicare il numero ed i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro; ove ricorrano motivate ragioni di urgenza e necessità di stipulare il contratto, l’utilizzatore deve fornire le comunicazioni entro i cinque giorni successivi,
ogni 12 mesi anche per il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale aderisce o conferisce mandato, l’azienda deve comunicare il numero e i motivi dei contratti di somministrazione sottoscritti, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.
In riferimento alla comunicazione annuale, il Ministero ha chiarito, con nota del 3 luglio 2012, che il termine per l’effettuazione è il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento. Per l’anno 2013 la comunicazione scade il 31 gennaio 2014.
In caso di mancata comunicazione o di non corretto assolvimento, sono previste sanzioni da € 250 fino a € 1.250.
Chi utilizza lavoratori somministrati ha l’obbligo di presentare due comunicazioni: ecco i termini e le modalità.
L'utilizzatore (impresa o comunque datore di lavoro) che nel corso del 2013 ha utilizzato i lavoratori somministrati, cioè i lavoratori provenienti dalle agenzie di lavoro interinale, ha l'obbligo di presentare alla Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) o alla Rappresentanza sindacale unitaria (RSA) o, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori, la comunicazione del numero e dei motivi della sottoscrizione dei contratti di somministrazione conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori utilizzati.
Il Ministero del Lavoro, con nota protocollo n. 12187/2012, ha stabilito che il termine per la presentazione della comunicazione è fissato al 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento. Pertanto, per l'anno 2013, la comunicazione dovrà essere presentata entro il 31 gennaio 2014, per non incorrere nella sanzione prevista che va da un minimo di 250 ad un massimo di 1.250 euro.
È altresì importante ricordare che chi utilizza lavoratori somministrati, prima di effettuare la stipula del contratto, o nei cinque giorni successivi qualora si possano comprovare motivate ragioni di urgenza, dovrà darne comunicazione alle rappresentanze aziendali o, in mancanza, alle associazioni territoriali aderenti ai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, del numero e dei motivi del ricorso a questa forma contrattuale di lavoro. Si tratta, quindi, di una comunicazione preventiva che deve essere effettuata necessariamente dal soggetto utilizzatore.
Come è noto, il D.Lgs. n. 276/2003 – dagli artt. 20 a 28 – ha abrogato le disposizioni della L. n.196/1997 relativa al lavoro interinale, introducendo la nuova forma del contratto di somministrazione. In sintesi, la somministrazione di manodopera permette ad un soggetto denominato utilizzatore di rivolgersi ad un’Agenzia di somministrazione autorizzata a svolgere le attività previste dal D.Lgs. n. 276/2003, in qualità di somministratore, per utilizzare il lavoro di personale non assunto direttamente, ma dipendente del somministratore. Nell’ambito della somministrazione abbiamo, quindi, due contratti diversi: un contratto di somministrazione, stipulato tra l'utilizzatore e il somministratore, avente natura commerciale; un contratto di lavoro subordinato stipulato tra il somministratore e il lavoratore. Si precisa, altresì, che i contratti possono essere stipulati a tempo determinato, oppure a tempo indeterminato.
In altri termini, la somministrazione di lavoro consente alle aziende utilizzatrici che ne fanno ricorso, di beneficiare di una prestazione lavorativa senza che ciò comporti l’assunzione degli oneri derivanti dall’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato. Il contratto tra utilizzatore e somministratore deve avere forma scritta e contenere alcune specifiche indicazioni, quali, ad esempio:
gli estremi dell'autorizzazione;
il numero dei lavoratori,
l’individuazione dei rischi per l'integrità e la salute dei lavoratori, e così via.
La comunicazione preventiva
Al co. 4 lett. a) dell’art. 24 del DLgs. n. 276/2003, si precisa che va comunicato alle predette organizzazioni di rappresentanza sindacale il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro prima della stipula del relativo contratto.
La medesima disposizione prevede, altresì, che qualora ricorrano motivate ragioni di urgenza e necessità di stipulare il contratto di somministrazione, l'utilizzatore può fornire le predette comunicazioni entro i cinque giorni successivi.
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