giovedì 25 agosto 2016
Inps: bonus bebé le istruzioni per la richiesta
Il contributo una tantum per il sostegno di bambini nati nel 2014 in famiglie a basso reddito, cd Bonus Bebé, ammonta a 274 euro e viene erogato come importo aggiuntivo sulla Carta Acquisti.
L’INPS, con messaggio n. 3407 del 23 agosto 2016 fornisce le informazioni sul contributo una tantum per il sostegno di bambini nati o adottati nel 2014 in famiglie residenti a basso reddito, come previsto dal d.m. 23 giugno 2016 (Gazzetta Ufficiale n. 192 del 18 agosto 2016) comunemente chiamato Bonus Bebé.
L’importo aggiuntivo verrà erogato a favore di:
a) nati nel 2014, beneficiari della Carta Acquisti Ordinaria
b) nati nel 2014 o minori adottati nel 2014, previa richiesta di Carta Acquisti , nei seguenti casi specifici:
1. nati nel 2014 non beneficiari della carta acquisti ordinaria;
2. adottati nel 2014, minori di 3 anni e non beneficiari della carta acquisti ordinaria;
3. adottati nel 2014 di età superiore ai 3 anni al momento della richiesta.
In questi casi l’importo una tantum verrà concesso per le domande di Carta Acquisti presentate entro il 16 novembre 2016, che dovranno essere presentate:
presso un ufficio postale in caso di beneficiari minori di 3 anni, come una normale Carta Acquisti;
–direttamente all’INPS in formato cartaceo, in caso di adottati di età superiore ai 3 anni
L’importo una tantum è pari a 275 euro e verrà disposto sulla Carta Acquisti da Poste Italiane, nel corso del primo bimestre 2017.
Il bonus spetta per le nascite e le adozioni tra il 1 ° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. Ne hanno diritto i cittadini italiani, comunitari e stranieri (extracomunitari) e la misura dipende dall'Isee: se inferiore a 7 mila euro, il bonus annuo è di 1.920 euro per figlio (160 euro al mese); se pari o superiore a 7 mila euro e fino a 25 mila euro, è pari a 960 euro per figlio (80 euro al mese); se superiore a 25 mila euro non spetta. La provvidenza economica è corrisposta dall'Inps, a domanda, e il pagamento è effettuato in base alle modalità indicate dal richiedente. L'assegno è erogato per massimo 36 mensilità, a partire dal mese di nascita/ ingresso in famiglia.
Per il calcolo ISEE in particolare:
1) sono stati esclusi dal reddito ISEE i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità;
2) sono state sostituite le spese (articolo 4, comma 4 lettere b), c) e d) del DPCM n. 159 del 2013) e le franchigie per i componenti disabili con una maggiorazione della scala di equivalenza dello 0,5 per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente.
Al fine di recepire le variazioni normative apportate dall’articolo 2 sexies, sono stati approvati i nuovi modelli ISEE e le relative istruzioni. Tale nuova modulistica sostituisce, a decorrere dalla data di pubblicazione , i precedenti modelli ed istruzioni.
Invece l’erogazione sarà vincolata alla richiesta di carta acquisti: per i nati non già beneficiari della carta, per i bambini minori di 3 anni adottati e non beneficiari della carta, per gli adottati di età superiore. Le domande riferite a bambini con meno di 3 anni potranno essere presentate agli uffici postali, mentre per quelli di età superiore ci si dovrà rivolgere all’Inps utilizzando il modulo cartaceo allegato al messaggio 3407.
Il bonus è destinato alle famiglie a basso reddito, individuate in quelle beneficiarie della carta acquisti, lo strumento introdotto nel 2008 per alleviare le situazioni di povertà e che può essere chiesto da chi (in questo caso per conto del bambino) ha un determinato indicatore della situazione economica equivalente (attualmente deve essere inferiore a 6.788,61 euro).
L’importo di 275 euro, che sarà pagato nel primo bimestre 2017, potrebbe essere ridotto o incrementato in relazione al numero effettivo di beneficiari, in modo da utilizzare completamente i fondi a disposizione. L’Inps precisa che il termine per le richieste scade il 16 novembre. Il decreto prevede 90 giorni dall'entrata in vigore dello stesso, avvenuta il 19 agosto, per cui ci dovrebbe essere tempo fino al 17 novembre.
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mercoledì 24 agosto 2016
Tfr: come considerare il riscatto della laurea
Il riscatto della Laurea, ossia dei periodi di studi universitari, influisce sull'anzianità (nel senso che detti periodi vengono computati) e conseguentemente sul trattamento di fine rapporto.
La quota di Tfr, legata ai versamenti effettuati dal lavoratore per il riscatto suddetto, non deve essere sottratta dall'imponibile ai fini Irpef da versare sull'indennità di buonuscita (Tfr). Così ha disposto una sentenza della CTR (Commissione tributaria regionale) del Lazio, che si è espresso in seguito all'appello presentato dall'Agenzia delle Entrate contro un lavoratore che aveva ottenuto una sentenza favorevole in primo grado, ossia dalla Commissione tributaria provinciale.
Il riscatto della Laurea, ossia dei periodi di studi universitari, influisce sull'anzianità (nel senso che detti periodi vengono computati) e conseguentemente sul trattamento di fine rapporto, cioè il versamento dei contributi per gli anni passati all'università in modo da avvicinare il momento della pensione. L’idea è rendere flessibile anche il riscatto: potendo scegliere non solo il numero degli anni da recuperare, cosa possibile già oggi. Ma anche la somma da versare e quindi l’effetto sull’assegno futuro. Perché una mossa del genere? Chi oggi è vicino dalla pensione e chiede il riscatto della laurea di solito si vede presentare un conto parecchio salato. E questo perché il calcolo viene fatto sulla base del suo stipendio attuale che, a fine carriera, tende a essere più alto. Chi chiede il conteggio, quindi, spesso rinuncia all'operazione e resta al lavoro fino alla scadenza naturale. Rendere flessibile il riscatto significa slegare la somma da pagare dallo stipendio attuale, considerarla un versamento volontario di contributi.
La quota di Tfr, legata ai versamenti effettuati dal lavoratore per il riscatto suddetto, non deve essere sottratta dall'imponibile ai fini Irpef da versare sull'indennità di buonuscita (Tfr). Così ha disposto una sentenza della CTR (Commissione tributaria regionale) del Lazio, che si è espresso in seguito all'appello presentato dall'Agenzia delle Entrate contro un lavoratore che aveva ottenuto una sentenza favorevole in primo grado, ossia dalla Commissione tributaria provinciale.
Di contrario avviso l’appellante. A suo avviso la parte dell’indennità di buonuscita corrispondente ai contributi volontari versati dal dipendente per il riscatto dei periodi di studi universitari andava invece sottoposta all'imposizione fiscale ordinaria.
La Ctr, con questa sentenza, accoglie le ragioni del fisco e rigetta l’istanza di rimborso.
Alla base della decisione non solo il dato normativo ma anche il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e costituzionale.
Ai sensi dell’articolo 2 della legge 482/1985 dall’imponibile ai fini dell’Irpef dovuta sull'indennità di buonuscita che è erogata al dipendente statale cessato dal servizio, non deve essere esclusa la quota di tale indennità correlata ai versamenti volontari effettuati dal dipendente per riscattare il periodo di studi universitari.
Come chiarito dalla Corte di cassazione (recentemente sentenza 8403/2013), la funzione dei versamenti contributivi volontari è funzionale al riconoscimento normativo di un’anzianità convenzionale, con il beneficio della valutazione di periodi altrimenti non valutabili.
In questa prospettiva, già la Corte costituzionale, con la sentenza 42/1992, aveva dichiarato la legittimità costituzionale (rispetto al principio di capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione) dell’articolo 2 della legge 482/1985 nella parte in cui non prevede, per la quota di indennità di buonuscita relativa a servizi o periodi volontariamente riscattati dall'interessato, una detrazione dall’imponibile che tenesse conto dei contributi versati per esercitare il riscatto.
Questa quota non è correlata a un rapporto previdenziale automatico e ad un meccanismo contributivo, istituzionalmente e cumulativamente riferibile al datore e al prestatore di lavoro. Il riscatto è collegato ad una determinazione di volontà dell’interessato e i contributi relativi sono fissati senza riferimento al rischio concreto, non essendo rilevante al riguardo lo stato di salute del dipendente.
È dunque una fattispecie del tutto diversa da quella per la quale vi è il doveroso concorso al versamento contributivo del lavoratore e datore, in costanza di un rapporto di lavoro effettivo e stabile, che giustifica la flessione della base imponibile della indennità di buonuscita finale cui tali contribuzioni congiunte hanno dato vita.
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martedì 23 agosto 2016
CCNL: rinnovo contratto dirigenti terziario
Nel rinnovo, che riguarda oltre 22mila dirigenti, decorre dal 1° gennaio 2015, fatte salve le diverse decorrenze previste da singole norme, e ha scadenza il 31 dicembre 2018, potenziati welfare e politiche attive, regolate le tutele in uscita, previsto un aumento retributivo. Per favorire l’inserimento di dirigenti nelle imprese prive di manager esterni e aumentarne la competitività inserite agevolazioni contributive al welfare contrattuale. L’accordo, siglato da Manageritalia e Confcommercio rende il ccnl dirigenti del terziario, della distribuzione e dei servizi sempre più flessibile e capace di rispondere a esigenze di manager e aziende.
Un rafforzamento delle politiche attive con un voucher di 5.000 euro da utilizzare per servizi di ricollocazione presso società convenzionate o come consulenza per l’avvio di attività imprenditoriali e una contestuale riduzione di quelle passive agendo sui termini di preavviso del licenziamento e sulle indennità risarcitoria per il licenziamento ingiustificato. Un’azione sulla retribuzione attuale e differita, con un aumento retributivo di 350 euro lordi (2017/2018) e della previdenza complementare Mario Negri di circa 400 euro (2015/2018). Un aumento delle tutele previste in caso di malattie più gravi e una diminuzione per quelle che lo sono meno.
L’inserimento di un articolo denominato “Produttività e Benessere” per promuovere e sostenere azioni volte a favorire le buone pratiche della produttività e del benessere aziendale.
In tema di agevolazioni contributive, sono state mantenute nell'accordo di rinnovo quelle relative all'assunzione e alla nomina di dirigenti che abbiano una determinata età, che siano disoccupati o che siano stati assunti con contratto a tempo determinato. Tali forme di contribuzione ridotta hanno subito modifiche con riferimento alla loro durata e ai requisiti anagrafici dei dirigenti interessati e saranno come di seguito attribuite: fino a 40 anni di età per un periodo massimo di 4 anni; da 41 a 45 anni, per un periodo massimo di 3 anni; da 46 e fino al compimento dei 48 anni, per un periodo massimo di 2 anni; disoccupati di età non inferiore a 55 anni compiuti, per un periodo massimo di un anno. Decorsi tali periodi, al dirigente si applicherà la normativa generale contrattuale. I dirigenti assunti con contratto a tempo determinato potranno usufruire dell’agevolazione indipendentemente dalla loro età anagrafica, per un periodo pari alla metà dell’intera durata del rapporto di lavoro e comunque per non più di due anni. In ogni caso, tale agevolazione non si applica ai contratti di durata inferiore a un anno.
<<Con questo rinnovo – ha detto Guido Carella, presidente Manageritalia – il contratto dirigenti del terziario conferma e amplia la sua capacità di essere un’indispensabile base di partenza perché imprese e manager instaurino rapporti di fiducia basati su valore scambiato, contributo apportato e sviluppo reciproco. Risponde al meglio alle necessità di flessibilità e tutela del lavoratore e dell’azienda con una modularità di valore e costo. Valorizza il management e aiuta la competitività delle imprese, perché da oggi ancor più nessuna azienda, anche la più piccola e in difficoltà, può motivare la sua “carenza” manageriale con la scusa del costo o della rigidità del contratto. Un rinnovo che ribadisce l’indispensabile ruolo e valore del contratto collettivo nazionale, rafforza il ruolo delle parti sociali e la strada della bilateralità>>.
Aumento retributivo e minimo contrattuale Per il biennio 2017/2018 è stato stabilito un aumento retributivo a regime pari a euro 350,00 mensili lordi, assorbibile solo da elementi individuali corrisposti espressamente con tale clausola. Tenendo conto della situazione economica, le Parti hanno concordato di non prevedere nessun incremento retributivo per il 2016.
Gli aumenti mensili lordi verranno corrisposti con le seguenti decorrenze e nelle misure di seguito illustrate:
80,00 euro, a decorrere dal 1° gennaio 2017;
100,00 euro, a decorrere dal 1° gennaio 2018;
170 euro, a decorrere dal 1° dicembre 2018.
È espressamente previsto che ai fini del calcolo dell’indennità supplementare, la retribuzione mensile lorda di riferimento sarà comprensiva:
a) del valore convenzionale dell’eventuale retribuzione in natura (fringe benefits);
b) dei ratei delle mensilità supplementari;
c) della media degli emolumenti corrisposti a titolo di retribuzione variabile negli ultimi 36 mesi o nel minor periodo di servizio prestato;
d) degli effetti sul trattamento di fine rapporto.
Sono state altresì ridefinite le maggiorazioni per l’età in caso di licenziamento di un dirigente con anzianità di servizio prestato in azienda nella qualifica superiore a dodici anni (e non più superiore a dieci, come precedentemente previsto). L'indennità supplementare è automaticamente aumentata in relazione all’età nelle seguenti misure: Da ultimo, un’ulteriore novità ha interessato la normativa che disciplina la malattia: il periodo di aspettativa retribuita è stato ridotto da dodici a otto mesi. Tuttavia, in caso di patologie gravi e continuative che richiedano terapie salvavita, il dirigente potrà richiedere un ulteriore periodo di aspettativa per sei mesi, durante i quali verrà corrisposta al dirigente l’intera retribuzione. In caso di risoluzione del rapporto al termine di quest’ulteriore periodo di aspettativa, al dirigente sarà dovuta, oltre al trattamento di fine rapporto, anche l’indennità sostitutiva del preavviso.
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