lunedì 30 aprile 2012
Lavoro: dati ILO sulla disoccupazione in Italia
L'ILO (Organizzazione internazionale del lavoro), l'agenzia Onu che si occupa di lavoro, nella sua scheda sull'Italia ha definito "allarmante" l'attuale situazione ed il livello dei Neet (acronimo inglese di Not in Education, Employment or Training: persone che non studiano, lavorano o sono in formazione) e per i giovani: la disoccupazione giovanile risulta infatti pari al 32,6%, più che raddoppiata dall'inizio del 2008. I lavoratori che non cercano più lavoro hanno raggiunto il 5%, e i Neet sono 1,5 milioni, mentre i disoccupati di lunga durata rappresentano il 51,1% dei disoccupati totali. . La disoccupazione in Italia nel quarto trimestre 2011 ha raggiunto il 9,7%, il tasso più alto dal 2001 ma "il tasso reale potrebbe risultare superiore poiché ai quasi 2,1 milioni di disoccupati si aggiungono 250.000 lavoratori in cig".
Ed evidenzia un crollo del mercato del lavoro con un tasso di disoccupazione, nel quarto trimestre 2011, del 9,7%, il più alto dal 2001. Ma la stessa ILO mette in evidenzia che «il tasso reale potrebbe risultare superiore poiché ai quasi 2,1 milioni di disoccupati si aggiungono 250.000 lavoratori in cassa integrazione».
L'ILO segnala, inoltre, che in Italia la ripresa viene frenata dalla contrazione del consumo privato e che "tale contrazione è aggravata dal fatto che gli stipendi crescono meno velocemente rispetto all'inflazione". Il debito pubblico - sottolinea l'Organizzazione internazionale del lavoro - "é schizzato dal 103% del Pil nel 2007 al 120% nel 2011. A seguito dell'aumento dei tassi di interesse nazionali sono anche sorti dubbi sulla tenuta delle finanze pubbliche. Per ridurre il deficit, il governo ha aumentato la pressione fiscale che dovrebbe raggiungere il 45% nel 2012. Queste misure di austerità rischiano di alimentare ulteriormente il ciclo della recessione e di rinviare ancora l'inizio della ripresa economica e il risanamento fiscale". L'Ilo sottolinea anche le difficoltà soprattutto delle piccole e medie imprese nell'accesso al credito e i problemi tradizionali della "pesantezza amministrativa".
Secondo l'ILO, nel 2012 la disoccupazione nel mondo colpirà 202 milioni di individui proprio a causa dei contraccolpi delle misure di austerità messe in atto in diversi Paesi. Nel 2013 il tasso mondiale sarà del 6,3%.
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Lavoro dipendenti statali: mobilità o reimpiego
Il governo dei tecnici punta alla mobilità nel pubblico impiego tra i settori dove c'è eccedenza di personale e quelli in cui c'è carenza, ma se l'eccesso di personale dovesse permanere si dovranno trovare "strumenti ad hoc per favorire la mobilità o il reimpiego dei lavoratori con passaggio dal pubblico al privato". Così il sottosegretario all'Economia, Polillo, nel corso della trasmissione Prima di
Tutto di Radio 1 Rai, spiegando che il governo non sta valutando prepensionamenti per il settore pubblico.
Quindi, mobilità nel pubblico impiego, ma se l’eccesso di personale dovesse permanere si dovranno trovare "strumenti ad hoc per favorire la mobilità o il reimpiego dei lavoratori con passaggio dal pubblico al privato".
Polillo ha affermato poi che se il gettito che arriverà dall’Imu lo consentirà, il Governo potrebbe ridurre l’imposta o agire sull’imposizione sulla compravendita degli immobili. "Sull’Imu - ha detto - abbiamo dovuto operare in emergenza - in prospettiva forse si potrà ridurre l’imposizione, dipenderà dal gettito reale che avremo a fine anno, oppure potremmo intervenire sulle imposte collaterali come per esempio quelle che si pagano in sede di compravendita degli immobili".
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domenica 29 aprile 2012
Licenziamento illegittimo: se il datore di lavoro non indica i motivi dell'eccedenza
Ai fini dell’efficacia di un licenziamento collettivo è necessario anzitutto che sul fronte procedurale vengano puntualmente seguite le norme previste dalla legge n. 223 del 1991, nonché la puntuale indicazione sia dei motivi che determinano la situazione di eccedenza sia dei motivi di carattere tecnico, organizzativo e produttivo che non consentono di adottare misure idonee a porre rimedio a tale situazione ed evitare la mobilità, la ricollocazione aziendale, la modifica dei profili professionali e la riduzione del numero dei lavoratori impiegati.
L'inadeguata e insufficiente indicazione, nelle comunicazioni preventive scritte - indirizzate alle rappresentanze sindacali aziendali, associazioni di categoria e all'Ufficio provinciale del Lavoro - dei motivi tecnici e imprenditoriali che spingono il datore di lavoro a licenziare alcuni dipendenti non può essere "sanata" da un successivo accordo sindacale che individui i lavoratori da estromettere.
È ribadendo questo principio - già emerso nella giurisprudenza recente della Suprema Corte - che la sentenza 5582 del 6 aprile 2012 della Corte di Cassazione (sezione Lavoro) ha confermato l'illegittimità del licenziamento collettivo intimato nel 1998 ad un gruppo di impiegati di una società impegnata nella gestione dei servizi di back office per conto di una banca popolare.
Quindi affinché un licenziamento per giusta causa sia legittimo devono essere indicati, non solo i motivi che determinano la situazione di eccedenza, ma anche i motivi tecnici, organizzativi e produttivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio a detta situazione ed evitare la dichiarazione di mobilità, il numero, la collocazione aziendale ed i profili professionali non solo del personale eccedente, ma anche del personale abitualmente impiegato, i tempi di attuazione del programma di mobilità, e le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze, sul piano sociale, dell'attuazione del medesimo programma.
Ha spiegato la sentenza che, mancando «i motivi che avrebbero determinato l'eccedenza di personale, ma anche quelli tecnici, organizzativi e produttivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio a detta situazione». Irrilevante anche il fatto che successivamente sia stato redatto un verbale di accordo sindacale, che «non assume rilievo ai fini della valutazione della completezza della comunicazione preventiva. La mancata prova che l'esito della procedura sia stato comunicato ritualmente» agli interessati «comporta un ulteriore profilo di inefficacia dei licenziamenti».
La Cassazione, da parte sua, ha quindi respinto in toto l'articolato ricorso della banca e della società di servizi, incardinato in particolare, sull'effetto "sanante" dell'accordo sindacale successivo alla procedura informativa. Per i giudici, «l'inizale comunicazione di avvio della procedura, che sia in ipotesi assolutamente generica e vuota di contenuto, non è, sanata se dal successivo accordo sindacale perché risulterebbe del tutto frustrata l'esigenza di trasparenza del processo decisionale datoriale alla quale sono interessati i lavoratori potenzialmente destinati ad essere estromessi dall'azienda».
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