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martedì 16 dicembre 2014

Pensioni e prepensionamenti per il 2015



I meccanismi di uscita anticipata dovrebbero prevedere pensione anticipata a 62 anni con 35 anni di contributi e una serie di penalizzazioni e, al contrario, incentivi per chi decide invece di rimare a lavoro oltre i 66 anni e fino ai 70; uscita anticipata con prestito pensionistico, per lasciare il lavoro qualche anno prima rispetto ai 66 anni percependo un anticipo sulla pensione finale che dovrà poi essere restituito con piccole trattenute mensili una volta maturati i requisiti normalmente richiesti; e uscita a quota 100.

Ma restano da sciogliere i nodi su caso esodati, quota 96 della scuola, prepensionamenti e ricollocamenti dei dipendenti in esubero delle province, le cui soluzioni dovrebbero arrivare prima del prossimo anno. Ma il 2015 potrebbe essere anche l’anno degli interventi, negativi, già annunciati dal premier prima dell’estate, ma poi rimandati, vale a dire modifiche per le pensioni integrative, di invalidità e reversibilità, nonché novità sulle tanto discusse baby pensioni.

Come sappiamo, la Legge di Stabilità ha scombinato le carte del futuro pensionistico di molti lavoratori, soprattutto nel settore scolastico. Chi effettuerà domanda di pensione alla prossima scadenza del 15 gennaio 2015 (data ultima per la presentazione delle domande) dovrà tenere presente che sono state abolite alcune penalizzazioni destinate a coloro che effettuavano domanda di pensione senza aver raggiunto l'età anagrafica minima, che consisteva nel trattenimento dell'1% dell'assegno pensionistico per i primi due anni, cifra raddoppiata per ogni ulteriore anno fino al raggiungimento dei 62 anni di età.

Attenzione però: non tutti potranno beneficiare di questo sconto, ma solo quanti raggiungeranno la soglia d'età per la pensione entro il 2017. Non varia, al contrario, la norma che prevede il termine fino a due anni per la ricezione del trattamento di fine rapporto, nel caso di richiesta di pensione anticipata.

Rimangono immutati i requisiti per chi effettua domanda di pensione all'inizio del prossimo anno. I requisiti sono molto articolati. Vale la pena riassumerli a beneficio dei nostri lettori.

Per chi ha raggiunto i requisiti dopo l'entrata in vigore della riforma del lavoro del ministro Fornero è possibile richiedere la pensione di anzianità se si compiranno 66 anni e tre mesi entro il 31 agosto o entro il 31 dicembre, nel caso sia lo stesso lavoratore a presentare la domanda. Ovviamente, il requisito indispensabile è aver accumulato almeno vent'anni di contributi.

Chi non rientra nei requisiti precedenti potrà fare domanda di pensione anticipata, a patto che abbia i requisiti elencati di seguito. Per gli uomini è necessario raggiungere un'anzianità contributiva di 42 anni e mezzo entro la fine del 2015, mentre per le donne la soglia è inferiore di un anno. Identica la norma che regola la richiesta di pensione con il sistema contributivo, limitata però alle sole donne, che dovranno avere contributi per almeno 35 anni ed età anagrafica di almeno 57 anni.

Chi invece ha raggiunto i requisiti minimi per il pensionamento prima della riforma Fornero ma si trova ancora in attività potrà usufruire di criteri diversi e, più precisamente, ricevere la pensione di anzianità al raggiungimento della cosiddetta "quota 96" che prevede due casi specifici. Il primo è avere un'età superiore ai 60 anni e 36 anni di contribuzione, mentre il secondo prevede il raggiungimento di 61 di età e 35 di contribuzione (valgono anche le frazioni di anno). Valida per tutti l'opzione che permette di ricevere la pensione di anzianità con 40 anni di servizio, a patto che sia stata maturata entro il 2011.



martedì 25 marzo 2014

Prepensionamenti nella P.A. per aiutare i giovani



L'idea del Governo è quella di incentivare prepensionamenti nella pubblica amministrazione per favorire i giovani. Così il Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, secondo cui la 'ricetta' potrebbe essere quella di "una sana mobilità obbligatoria".

85mila esuberi? Numero e terminologia sbagliati
Per quanto riguarda il numero degli esuberi, il Ministro si è limitato a dire che 85 mila è "un numero e una terminologia assolutamente sbagliati e distorti anche rispetto al piano Cottarelli". "L'idea sarà quella di provare ad avere uscite, anche con prepensionamenti", ha spiegato aggiungendo che in questo modo si aiuterebbero i giovani "ad entrare nella P.A.". E ha concluso: "Penso ad una sana mobilità obbligatoria, laddove il rispetto è quello del diritto del lavoratore, laddove non ci siano degli ostacoli burocratici".

"Tavolo con i sindacati? Non è detto"
"Non è detto che ci saranno dei tavoli, perché abbiamo tempi molto stretti" ha spiegato il ministro Madia a chi le chiedeva di un confronto con le categorie del pubblico impiego sulla riforma dello Stato: "non lo so, può anche darsi, ma non per forza". "Abbiamo chiesto ai sindacati proposte oltre il piano Cottarelli" ha aggiunto.

Piano Cottarelli? "Strategico per l'Italia"
Quanto al piano Cottarelli Madia sottolinea come si tratti di un "lavoro importante e strategico per l'Italia". Un lavoro per cui, precisa Madia rivolta al commissario alla spending review, "lo voglio ringraziare". Il ministro, a margine del convegno 'I manager pubblici che vogliamo' spiega come l'intenzione sia quella di "ringiovanire la pubblica amministrazione" e "parliamo di prepensionamenti per reimmettere energie nuove nella P.A.". Infatti, sottolinea Madia, "ci sono generazioni che non hanno avuto un canale sano di accesso nella P.A., vincitori di concorsi non assunti e precari vittime di uno Stato che non ha concesso canali sani e trasparenti di accesso, come dice la nostra Costituzione".

L'occupazione per il 2014 sarà nera
All'orizzonte l'occupazione non ha un futuro roseo. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in commissione alla Camera spiega le linee programmatiche del dicastero: "Il 2014 "credo sarà un anno ancora di grande sofferenza" per il lavoro. Indipendentemente dalle considerazioni legate alle dinamiche del Pil, - precisa il ministro - la dinamica dell'occupazione continuerà ad essere molto pesante", come "immancabile coda della crisi". "Cercheremo di accelerare al massimo" il recupero.

"Camusso: "No a tagli lineari". Il leader della Cgil da Riccione è intervenuta sulle parole del ministro Madia:  "Il problema è quanti dipendenti pubblici si tagliano" perchè se la si fa così "non si sta parlando della riforma della p.a. ma si sta parlando di un altro taglio lineare"


"Siamo assolutamente serafici sul fatto che possiamo sfidare questo governo sulla riforma della pubblica amministrazione". Il leader della Cgil Susanna Camusso è intervenuto a Riccione al congresso regionale Cgil Emilia Romagna spiegando che il punto di partenza sarà l'autonomia negoziale del rapporto di lavoro pubblico. Camusso ha fatto una premessa: "o noi cambiamo profondamente la pubblica amministrazione oppure - ha detto - è molto difficile immaginare che sia il motore della creazione di lavoro e del cambiamento del modo in cui si considera e si cura il paese".

Camusso ha poi ricordato che sia la Cgil che il sindacato di categoria non si sono mai detti contrari ad una riorganizzazione del settore. "Bisognerebbe avere un'idea di qual è il progetto - ha detto ancora Camusso - non si può avere un'idea al rovescio. Il problema è quanti dipendenti pubblici si tagliano, perchè se la si fa così non si sta parlando della riforma della p.a. ma si sta parlando di un altro taglio lineare, del fatto che si può sul lavoro pubblico come sulle pensioni trovare le risorse per tenere insieme un Paese che continua a essere uguale a se stesso".

Per quanto riguarda i dirigenti, ha spiegato Camusso, "vorremmo evitare che diventi una gigantesca campagna di nomine della politica. L'abbiamo già sperimentata, e oggi già succede in tutta la sanità - ha detto - dove tanta parte delle nomine non solo non avviene in ragione delle competenze e degli obiettivi, ma dell'appartenenza a chi governa".

domenica 17 novembre 2013

Prepensionamento anticipato lo paga l'azienda


Pensione con scivolo fino a quattro anni. E’ quanto ha indicato la legge n. 92 del 2012.

Prepensionamenti: la parola magica per milioni di italiani, via d’uscita per ogni azienda in crisi, torna a splendere nel nostro firmamento, anche se costerà caro.

I requisiti per il pensionamento debbono essere verificati dall’Inps con riferimento alle regole vigenti al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Detti requisiti vengono validati sempre dall’Inps tramite una serie di operazioni quali:

l’emissione di un estratto conto certificato;
la validazione delle singole posizioni individuali;
l’importo iniziale della prestazione “retribuzione-pensione”;
l’onere della contribuzione figurativa da versare a carico del datore di lavoro.

Per dare efficacia all’accordo è previsto che il datore di lavoro presenti una istanza all’Inps comprensiva dei lavoratori coinvolti ed interessati, accompagnata da una fideiussione bancaria finalizzata a garantire la solvibilità nel tempo degli obblighi che assume su se stesso.

Ai lavoratori interessati l’azienda deve infatti garantire di:
pagare un’indennità (retribuzione-pensione) pari alla pensione che hanno maturato in base ai contributi versati fino a quel momento;
versare i contributi all’Inps durante questo arco temporale, massimo di quattro anni, come se gli interessati continuassero a lavorare.

Le aziende possono decidere di mandare in prepensionamento il personale che, a causa della crisi economica o per altri motivi, risulta in eccedenza. Ma devono pagare un prezzo piuttosto alto.

Questo novo tipo di prepensionamento è previsto nella riforma Fornero e ora l’ Inps ha diffuso le regole applicative.

Nel linguaggio dell’Istituto di Previdenza per antonomasia si chiama procedura di esodo volontario.

Oggi, le aziende possono anticipare di quattro anni il pensionamento dei propri dipendenti (se questi sono d’accordo), ma dovranno versare all’Inps ogni mese l’importo dell’assegno che l’Inps girerà all’ex dipendente fino al raggiungimento del diritto ordinario alla pensione, più il 33% dei contributi previdenziali calcolati sul valore precedente.

E’ una tombola per l’azienda. Ma al costo elevato corrisponderà la certezza che il dipendente è uscito, che la riorganizzazione può procedere senza persone che remano contro e che il costo avrà un termine, anche se dopo 4 anni.

Il lavoratore dipendente uscirà dall’azienda, ma potrà cumulare l’assegno Inps con eventuali altre retribuzioni, nel caso riuscisse a trovare un nuovo impiego; o lo potrà cumulare con il reddito di lavoro autonomo, laddove dovesse decidere di fare impresa o consulenza da sé (anche co.co.co.)”.

Per anni i prepensionamenti sono stati una valvola di sfogo importante, in molti casi anzi si traducevano in una specie di bonus, come accade per i lavoratori poligrafici (quelli dei giornali) che alla pensione Inps potevano aggiungere quella di un loro fondo integrativo. Alla fine si ritrovavano in prepensionamento in età giovanile: gente che aveva cominciato al lavorare a 14 anni nelle tipografie, andava in pensione a 50 anni mettendo assieme più del ricco stipendio della categoria  integrato da straordinari.

La nuova strada imboccata dall’Inps ha un fondo di giustizia, perché fa pagare il costo della ristrutturazione aziendale e del prepensionamento a chi ne trarrà il maggior beneficio, l’azienda.

Comunque le aziende continuano a pagare le quote contributive che una volta erano destinate a coprire eventi quali la mobilità o la cassa integrazione o la disoccupazione. Ma ora, dopo tutte le riforme degli ultimi anni, quelle prestazioni sono state ridotte o annullate, mentre l’Inps continua comunque a incassare i contributi, sotto altre voci, senza che ci sia più un controprestazione da erogare.

La domanda che segue è perché l’Inps non abbia ridotto i contributi. La risposta è da cercare nella grande massa dei dipendenti pubblici, per i quali il sistema privato è chiamato a pagare ancora una volta. L’Inps ha un buco di 23 miliardi causato dai debiti dell’Inpdap, la Cassa di previdenza dei dipendenti pubblici, che ha assorbito. Alla fine, “a pagare il conto saranno, naturalmente, i lavoratori e le imprese.




domenica 8 settembre 2013

L'esodo incentivato sì ai prepensionamenti

Ancora nessuna novità per quanto riguarda i Quota 96 del comparto scuola, mentre arriva il si definitivo per i pensionamenti statali anticipati dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

È previsto, secondo quanto contenuto nel decreto legge 101 del 31 agosto 2013 che detta le disposizioni urgenti per il proseguimento degli obiettivi di razionalizzazione nella pubblica amministrazione, l'allungamento per i dipendenti pubblici, dei requisiti in vigore prima dell'approvazione della Riforma Fornero fino al 2015.

Il recente decreto sui precari della pubblica amministrazione ha diramato alcune istruzioni chiave per favorire l’uscita dal lavoro di quei dipendenti prossimi alla pensione e, insieme, raggiungere le quote di esuberi introdotte con le leggi recenti, su tutte la spending review 2012 di montiana memoria.

Ha trovato quindi tutte le regole applicative la procedura di esodo incentivato di lavoratori dipendenti prevista dalla legge 92/2012, che può essere usata da qualsiasi datore di lavoro con più di 15 dipendenti. Il ministero del Lavoro ha diffuso infatti le circolari 24/2013 e 33/2013, alle quali l'Inps ha fatto seguire la circolare 119 del 1° agosto 2013. A questo punto, le imprese hanno la concreta possibilità di valutare se sia conveniente sostenere il costo di un sostanziale pensionamento anticipato dei lavoratori più anziani, dirigenti compresi.

L'esodo incentivato può essere utilizzato nel quadro di una ristrutturazione aziendale coerente con l'obiettivo di concentrare l'attività in particolari settori. O ancora, nel medio termine, può rendere possibile, attraverso un ricambio generazionale, un più efficace utilizzo del personale.

Una serie di accordi collettivi tra le parti produce la cessazione del rapporto per i lavoratori che matureranno i requisiti minimi di pensione entro 48 mesi. Questi lavoratori, a partire dal mese successivo all'ultima retribuzione e fino alla data della pensione, riceveranno dall'Inps, ma con onere a carico del datore di lavoro, una indennità mensile e l'accredito della contribuzione figurativa fino alla data della pensione. Al maturare della pensione, la persona interessata incasserà una rata di pensione che rispetto alla prestazione prima a carico del datore di lavoro, risulterà più alta, per i contributi figurativi accreditati nel frattempo.

Il primo passo da fare, per le aziende, è la stesura degli accordi. Questi possono essere di tre tipi.

Il datore di lavoro può trovare un'intesa preliminare con le maggiori sigle sindacali aziendali per operai, impiegati e quadri, ovvero per il personale dirigente, con uno dei sindacati che hanno firmato il Ccnl. Questi due tipi di accordi sulla riduzione del personale sono la premessa dell'accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, con cui si ha la risoluzione consensuale del contratto di lavoro e l'esodo volontario del lavoratore dipendente. Se un lavoratore decide di non firmare o non ha i requisiti di pensionabilità, l'accordo collettivo è senza effetto nei suoi confronti, ma resta valido per i lavoratori aderenti.

Il terzo tipo di accordo, che dà luogo a un esodo obbligatorio, è inserito nella procedura di licenziamento collettivo con le regole della mobilità, in base agli articoli 4 e 24 della legge 223/91. Questa procedura seguirà il suo iter naturale, con l'unica differenza che il licenziamento non darà luogo alla mobilità, ma alla corresponsione della prestazione di importo pari al trattamento di pensione maturato fino a quel momento. Va segnalato, tra l'altro, che se il singolo lavoratore non ha i requisiti di pensionabilità, l'accordo ex mobilità, che in teoria dovrebbe decadere, resta in vita per quanti sono in possesso dei requisiti (si esprime in questo senso la circolare del ministero del Lavoro 33/2013). L'incentivo all'esodo risulta alternativo anche all' Aspi e il datore di lavoro, già soggetto all'onere dell'esodo, non deve versare all'Inps il contributo di licenziamento.

L'incentivo è composto da due parti. La prima è quella che la legge e le circolari chiamano «prestazione»: sul piano fiscale, è una indennità sostitutiva della retribuzione che viene meno per la cessazione del rapporto di lavoro. Come tale, questa prestazione ha natura retributiva ed è soggetta a tassazione ordinaria (in base all'articolo 2, comma 6 del Tuir); non è reversibile, ma genera una pensione indiretta per i superstiti. Di fatto, invece, la «prestazione» è una pensione anticipata, perché il suo ammontare è pari al trattamento di pensione che sarebbe maturato alla data di cessazione del rapporto di lavoro. La seconda componente dell'incentivo all'esodo è la contribuzione figurativa che il datore di lavoro, mese per mese e fino alla data in cui l'esodato consegue i requisiti minimi di pensione, versa all'Inps o al Fondo previdenziale di appartenenza. La base imponibile sulla quale sono calcolati i contributi, in base all'aliquota contributiva prevista (il 33%), è la media delle retribuzioni mensili degli ultimi due anni prima della cessazione del rapporto di lavoro: il calcolo considera gli elementi continuativi e non continuativi e le mensilità aggiuntive.

Le indicazioni della spending review sul personale in sovrannumero negli enti pubblici specificavano che il 20% dei dirigenti e il 10% del personale andasse inserito nelle liste in eccesso, alle quali potevano essere riconosciuti i vecchi requisiti in termini di età pensionabile.
La data limite di questo adempimento, era fissata, per tutti coloro che rientrassero nel computo del personale in oggetto, al 31 dicembre 2014. C’è, però, un aspetto da tenere in considerazione: quello della finestra di 12 mesi, che rende possibile il rinvio alla fine del 2014.
Secondo il decreto precari nella pubblica amministrazione, dunque, l’obbligo per gli enti in grado di dare vita ai piani di allontanamento dei lavoratori più longevi, è quello del licenziamento dei diretti interessati che siano in possesso dei requisiti ante riforma Fornero entro la fine, appunto, del 2014.

Un altro aspetto innovativo del decreto precari, in riferimento ai prepensionamenti, riguarda l’applicazione dei minimi per accedere alla pensione – sempre pre riforma – a coloro che avessero le credenziali in regola al 31 dicembre 2011.

lunedì 30 aprile 2012

Lavoro dipendenti statali: mobilità o reimpiego


Il governo dei tecnici punta alla mobilità nel pubblico impiego tra i settori dove c'è eccedenza di personale e quelli in cui c'è carenza, ma se l'eccesso di personale dovesse permanere si dovranno trovare "strumenti ad hoc per favorire la mobilità o il reimpiego dei lavoratori con passaggio dal pubblico al privato". Così il sottosegretario all'Economia, Polillo, nel corso della trasmissione Prima di
Tutto di Radio 1 Rai, spiegando che il governo non sta valutando prepensionamenti per il settore pubblico.
Quindi, mobilità nel pubblico impiego, ma se l’eccesso di personale dovesse permanere si dovranno trovare "strumenti ad hoc per favorire la mobilità o il reimpiego dei lavoratori con passaggio dal pubblico al privato".

Polillo ha affermato poi che se il gettito che arriverà dall’Imu lo consentirà, il Governo potrebbe ridurre l’imposta o agire sull’imposizione sulla compravendita degli immobili. "Sull’Imu - ha detto - abbiamo dovuto operare in emergenza - in prospettiva forse si potrà ridurre l’imposizione, dipenderà dal gettito reale che avremo a fine anno, oppure potremmo intervenire sulle imposte collaterali come per esempio quelle che si pagano in sede di compravendita degli immobili".
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