sabato 8 dicembre 2012

Assunzioni in azienda dopo stage? Solo per 1 su 10

Solo uno stagista su dieci riesce nell'impresa di conquistare un'assunzione. Nel 2011 su oltre 307 mila tra tirocini e stage attivati, la quota di quelli diventati posti di lavoro si è fermata, infatti, al 10,6%,era il 12,3% nel 2010. E' quanto emerge dal sistema informativo realizzato da Uniocamere in collaborazione col ministero del Lavoro. Passando dalle percentuali alle persone, il numero di stagisti e tirocinanti assunti o in procinto di esserlo è stata pari a 32 mila unità, dalle oltre 39 mila dell'anno precedente.

Quindi le probabilità di essere messi sotto contratto dopo uno stage sono praticamente nulle se l’esperienza formativa viene svolta presso un ente pubblico: qui le assunzioni avvengono (o dovrebbero avvenire) sempre tramite concorso. Si può però legittimamente sperare che uno stage in un’impresa privata possa essere il preludio di un’assunzione. Anzi, molte persone svolgono uno o più stage proprio con questo esplicito obiettivo, più che per gli aspetti di formazione e orientamento. Per indagare questo tema Unioncamere, l’unione delle Camere di commercio italiane, ha inserito una domanda specifica nella sua indagine annuale Excelsior. Da questa rilevazione emerge un dato abbastanza stabile anno dopo anno: c’è più o meno una possibilità su dieci che al termine di un tirocinio l’azienda proponga un contratto di lavoro.

A livello regionale poi si confermano i dati relativi alla dimensione delle imprese: più l’azienda è grande,  più la sua propensione ad assumere aumenta. In particolare in Lombardia solo un 8,8% di stage si concludono con un’assunzione nelle imprese con meno di 50 addetti, mentre per le imprese che superano questa soglia la percentuale di quattro punti. Bisogna quindi scegliere con cura il proprio stage, senza alimentare eccessive speranze rispetto alla possibilità che esso si trasformi in un contratto di lavoro, e rivolgendosi a quei settori dove le imprese sono più inclini ad assumere.

Contratto nazionale metalmeccanici per il periodo 2013-2015


E' stato siglato da Fim-Cisl e Uilm con Federmeccanica-Assistal il contratto nazionale dei metalmeccanici per il periodo 2013-2015, triennio in cui questa categoria di lavoratori beneficerà di un aumento di 130 euro.
Il nuovo contratto arriva dopo quello del 2009, il secondo firmato senza la Fiom-Cgil. L'accordo prevede anche un ritocco verso l'alto della quota dell'elemento perequativo, pari a 485 euro l'anno, destinata ai lavoratori che non godono della contrattazione aziendale.
Inoltre sono state aumentate le maggiorazioni per i turni notturni, le indennità di trasferta e di reperibilità. Soddisfatti i sindacati. Il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, ha spiegato che “Gli aumenti verranno corrisposti ai lavoratori nell'arco dei prossimi tre anni, cioé 35 euro il 1 gennaio 2013, 45 euro il 1 gennaio 2014 e 50 euro il 1 gennaio 2015.  Il contratto riguarda quasi due milioni di lavoratori.

Si tratta di un risultato importante per il settore metalmeccanico, dato che il comparto industriale è stato gravemente colpito dalla recessione economica in essere nel Paese”.
Secondo Giuseppe Farina, segretario generale Fim, il nuovo accordo “rappresenta un segnale positivo per il Paese. Da oggi i lavoratori metalmeccanici, malgrado la grave crisi economica, avranno maggiori certezze salariali e di stabilità del lavoro, mentre le imprese potranno contare su relazioni sindacali più certe e significative che possono favorire e accompagnare la ripresa economica e il rilancio del Paese”.

Il nuovo contratto nazionale dei metalmeccanici prevede per tutti i lavoratori privi di contratto
aziendale, l’aumento dell’elemento perequativo a 485 euro annue. Per quanto riguarda le indennità di trasferta, e reperibilità vengono incrementate del 7%. Le maggiorazioni di turno notturno vengono innalzate al 20% e quelle per il terzo turno vengono portate al 25%. Il fondo sanitario integrativo Metasalute verrà finanziato con un versamento aggiuntivo pari a 72 euro annui, per un totale di 108 euro, di cui due terzi a carico delle imprese. Ciò consentirà il rafforzamento dell’attuale fondo, una maggiore tutela, maggiori coperture e possibilità di intervento. Nel nuovo contratto metalmeccanici è stata introdotta la possibilità di introdurre la flessibilità di entrata-uscita dal lavoro, dove non esistono impedimenti di carattere tecnico, organizzativo, e produttivo. Vengono elevati i limiti oggi previsti di 64 ore per l’orario plurisettimanale e di 40 ore di straordinario. Si passa dalle attuali 104 ore (o 112) a 120 (o 128) annue totali (quindi + 16 ore). Tali ore possono essere utilizzate  come un mix tra straordinario e plurisettimanale. Le ore di straordinario utilizzate in più rispetto alle attuali 40 (o 48) hanno una maggiorazione del 58%. Le maggiorazioni per l’orario plurisettimanale con procedura d’urgenza vengono portate al 20%.

Per il segretario della Fiom Maurizio Landini, "il lavoro è sotto ricatto e c'è l'esplicito tentativo di cancellare il contratto nazionale di categoria, di impedire la mediazione sociale che pone vincoli al mercato".  "Chiediamo cose precise - rimarca Landini - e cioè che venga cancellato l'articolo 8, che venga fatta una legge sulla rappresentanza, che sia ripristinato l'articolo 18 ma anche di rompere il silenzio sulla cancellazione del contratto nazionale di categoria, perché in queste ore Film e Uilm stanno firmando un accordo separato con Finmeccanica che portera' proprio a questo". Un intesa che "vuole derogare dai minimi salariali e aumentare l'orario di lavoro senza che i lavoratori stessi abbiano voce in capitolo - rimarca Landini - e questo è il primo effetto dell'accordo sulla produttività non firmato dalla Cgil".

venerdì 7 dicembre 2012

Lavoro, pensioni e giovani con il patto generazionale

Il ministro del lavoro Elsa Fornero ha detto che il governo sta considerando un "patto generazionale" che consentirebbe a lavoratori prossimi alla pensione di passare ad un contratto a tempo parziale "in cambio, per esempio, dell'assunzione di un apprendista".

Per porre un freno alla disoccupazione giovanile, si fa strada l’ipotesi di una staffetta tra generazioni. La misura è allo studio del governo e a parlarne è stata ieri da Bruxelles la ministra del Welfare Elsa Fornero. Si tratta «della possibilità per un lavoratore “anziano” di cambiare il suo contratto a tempo parziale, e in cambio le aziende prendono un apprendista».

C’e da porre una considerazione circa la staffetta-patto generazionale, infatti se anche i contributi versati saranno a tempo parziale il rischio più che un patto fra generazioni si vada verso un conflitto tra le stesse.

Quindi quello che si prospetta è un patto tra le generazioni, un accordo attraverso il quale i lavoratori più anziani accettano di fare spazio ai più giovani, anche a costo di cedere parte del proprio lavoro. È questo il significato del decreto firmato dal ministro del Lavoro e delle politiche sociali: il provvedimento prevede la possibilità di concludere un accordo fra cinque attori diversi: soggetti pubblici, enti previdenziali, imprese, lavoratori anziani, lavoratori giovani.

Cosa dovrebbe accadere, il lavoratore “anziano” accetta di accontentarsi di un contratto part time al posto del suo vecchio contratto a tempo indeterminato; il lavoratore giovane viene assunto con contratto di apprendistato o a tempo indeterminato; il soggetto pubblico si fa carico di versare all'ente di previdenza i contributi aggiuntivi in favore del lavoratore anziano, per garantirgli un livello di copertura pensionistica adeguato.

"L'idea di un patto fra generazioni – spiega il ministro Elsa Fornero - è certamente una prospettiva, anche etica, di grande respiro, che si auspica possa in futuro sostenere azioni concrete per disegnare una società più equa e più inclusiva".

Negli obiettivi del ministero, questo decreto dovrebbe consentire di assicurare la salvaguardia dei livelli di occupazione per le nuove generazioni e di mantenere, contemporaneamente, condizioni di reddito accettabili per le fasce di popolazione meno giovani.

Il decreto amplia le tipologie di intervento a favore dei giovani, in una prospettiva di solidarietà generazionale. In pratica, accanto agli incentivi per il reinserimento nel mercato del lavoro e ai bonus per le nuove assunzioni viene messo in vigore il cosiddetto "patto tra generazioni", che consente di concludere "un accordo" tra cinque attori diversi.

Il decreto, sei articoli in totale, stabilisce come a fronte dell'assunzione dei giovani come apprendisti (o a tempo indeterminato) le Regioni e le Province autonome versino all'Inps l'integrazione contributiva – a titolo di contribuzione volontaria – a beneficio dei lavoratori che accettano volontariamente un contratto a tempo parziale.

Sarà essenziale che Regioni e Province firmino intese con l'Inps per quantificare l'onere finanziario degli interventi e per le comunicazioni inerenti i lavoratori beneficiari dell'integrazione contributiva volontaria. Regioni e Province autonome dovranno inoltre comunicare al ministero del Lavoro le risorse che intendono destinare per questa nuova tipologia di incentivo per l'assunzione dei giovani, per consentire i relativi pagamenti: quanto al 50% a seguito di acquisizione della comunicazione dell'importo totale individuato; e quanto al restante 50% a seguito della richiesta, corredata dall'avvenuta intesa con l'Inps, dell'elenco dei lavoratori in part-time, con l'indicazione delle mensilità per cui è prevista l'integrazione contributiva e dell'elenco dei giovani assunti. Regioni e Province autonome dovranno poi attestare, ogni trimestre e a conclusione dell'intervento, le risorse definitive utilizzate con l'indicazione dei datori di lavoro interessati, i lavoratori assunti e l'ammontare dei versamenti effettuati a titolo di integrazione volontaria della contribuzione.

Il lavoratore vicino alla pensione che accetta di proseguire in part-time, il giovane che conquista un contratto stabile all'interno della stessa azienda; e i soggetti pubblici che si fanno carico di versare al l'Inps i contributi previdenziali aggiuntivi in favore del lavoratore vicino alla pensione in modo tale da garantirgli un livello di copertura pensionistica adeguato.
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