giovedì 6 novembre 2014

Lavoro accessorio, buoni lavoro, voucher gli importi minimi


Le prestazioni di lavoro accessorio (articoli 70-73 D. Lgs. 276/2003) sono pagate con il meccanismo dei buoni (voucher). e sono le attività lavorative di natura occasionale che danno complessivamente luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi non superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare (annualmente rivalutati).

Le prestazioni possono ora essere rese in tutti i settori, da parte di qualsiasi committente, con qualsiasi lavoratore (salvo alcuni limiti nel settore agricolo), mentre per quanto concerne le prestazioni rese nei confronti di imprenditori commerciali o professionisti si prevede che le attività svolte a favore di ciascun committente non possono comunque superare i 2.000 euro annui.

Il pagamento avviene attraverso 'buoni lavoro' o  detti voucher  il cui  valore netto in favore del lavoratore, è di 7,50 euro e corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione, al costo di 10 euro per il datore di lavoro salvo che per il settore agricolo, dove, si fa riferimento al contratto specifico. Con i buoni lavoro vengono  garantite la copertura previdenziale presso l'INPS (pensione ) e quella assicurativa presso l'INAIL.
Il voucher per il lavoro accessorio non dà invece diritto alle prestazioni a sostegno del reddito dell'INPS (disoccupazione, maternità, malattia, assegni familiari ecc.).

La legge n. 92 del 28 giugno 2012 e successivamente la n. 99 del 9 agosto 2013 di conversione del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76, hanno introdotto modifiche alla normativa in materia di lavoro occasionale accessorio  scrivendo in modo significativo l’art. 70 del d. lgs. n. 276/ 2003 anche attraverso la ridefinizione della natura giuridica delle prestazioni non più definite di natura “meramente occasionale” nonché intervenendo sui limiti economici per i compensi erogati a seguito delle prestazioni di lavoro accessorio per singolo prestatore.

La nuova normativa sul lavoro accessorio tramite l'utilizzo di buoni  lavoro modifica sostanzialmente il parametro di riferimento economico spostando dal committente al prestatore il  limite.

Infatti si prevede che il compenso complessivamente percepito dal prestatore non possa essere superiore nel corso di un anno solare, inteso come periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre:
- a 5.000 euro, con riferimento alla totalità dei committenti, da intendersi come importo netto per il prestatore, pari a 6.666 € lordi;
- a 2.000 euro per prestazioni svolte a favore di imprenditori commerciali o professionisti, con riferimento a ciascun committente, da intendersi come importo netto per il prestatore, pari a 2.666 € lordi;
- a 3.000 euro per i prestatori percettori di prestazioni integrative del salario o con sostegno al reddito che, per l’anno 2013, possono effettuare lavoro accessorio in tutti i settori produttivi compresi gli enti locali, da intendersi come importo netto per il prestatore, corrispondenti a 4000 € lordi.

Il rispetto dei limiti economici  costituisce un elemento fondamentale per la qualificazione delle prestazioni, in considerazione delle sanzioni  previste in caso di  superamento degli importi massimi.

Quindi, al fine di agevolare i committenti e i prestatori nel riscontro dei compensi riscossi nel corso dell’anno, le procedure telematiche di calcolo e di presentazione dei compensi ricevuti dal prestatore a mezzo dei voucher INPS,  sono state revisionate sviluppando anche  specifiche funzionalità  di visualizzazione di tali compensi sia da parte del committente che del prestatore.

La circolare Inps, n. 28 del febbraio 2014 prevede i nuovi importi economici  massimi da prendere a riferimento per l’anno 2014 e sono così rideterminati:
- 5.050 € netti ricevuti   dal totale dei committenti nel corso di un anno solare,
- 2.020 € netti in caso di committenti imprenditori commerciali o liberi professionisti nel corso di un anno solare.

I corrispondenti importi lordi, riferiti all’anno solare, sono pari a:
- 6.740 € per la totalità dei committenti;
- 2.690 € in caso di committenti imprenditori commerciali o liberi professionisti.


martedì 4 novembre 2014

Pensione anticipata: Opzione Donna contro INPS su contributivo donne



Con l’avvicinarsi della scadenza, molte lavoratrici riunitesi nel Comitato Opzione Donne hanno annunciato battaglia al’INPS tramite una serie di ricorsi. Intanto, in Parlamento sono approdate diverse proposte per ammorbidire l’interpretazione INPS o prorogare la misura di qualche anno.

Il Comitato Opzione donna ha promosso una Class action contro l'Inps per due sue circolari del 2012, che hanno modificato l'applicazione della legge Maroni del 2004, la quale permetteva in via sperimentale alle donne con 57 anni e 35 di contributi, di andare in pensione con il sistema retributivo fino al 2015. L'iniziativa è stata presentata a Montecitorio dalla presidente del Comitato, Dianella Maroni. Le circolari dell'Inps contestate dal Comitato, sono state emanate dall'istituto nel marzo del 2012, introducendo dei requisiti diversi da quelli dalla legge del 2004, che taglia fuori tutte le donne che maturano i requisiti nel 2015.

Il Comitato protesta contro questa interpretazione, che di fatto pone dei paletti a una legge dello Stato, utilizzando lo strumento della class action, chiedendo all’INPS di ritirare le due circolari del 2012 che inseriscono i limiti sopra descritti, che diffida l'Inps a riformare le due circolare entro 90 giorni.

Innanzitutto che cosa è la class action, possiamo definirla come è il procedimento disciplinato dall’art. 140-bis del Codice del consumo (d.lgs. 206 del 2005) sotto la rubrica “azione di classe” o azione giudiziaria collettiva. Il processo può essere attivato da ciascun soggetto danneggiato, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa.

Si tratta di uno strumento di tutela collettiva risarcitoria idoneo ad ottenere il risarcimento del danno subito da un gruppo di cittadini a causa dell’illecito seriale prodotto da un soggetto professionale. Tale azione si rivela particolarmente utile in tutte quelle situazioni nelle quali si controverte per importi di valore contenuto e dunque il consumatore tende generalmente a rinunciare alla difesa dei propri diritti.

Il fine e chiedere di togliere i paletti posti alla cosiddetta Opzione Donna: l’istituto di previdenza ha di fatto limitato la possibilità per le lavoratrici di ritirarsi in anticipo accettando in cambio di calcolare l’assegno previdenziale interamente con il metodo contributivo. La legge (Riforma Maroni sulle Pensioni: legge 243/2004, articolo 1, comma 9) concede questa possibilità di pensione anticipata fino a fine 2015, mentre le regole INPS la limitano al novembre per le dipendenti e a maggio per le autonome. La class action mira a risolvere la questione, aperta con le circolari INPS n.35 e n.37 del 2012.

Ricordiamo che la Riforma delle Pensioni Maroni prevedeva che le lavoratrici potessero andare in pensione a 57 anni se dipendenti e a 58 anni se autonome, in entrambi i casi con almeno 35 anni di contributi, e applicando l’adeguamento alle speranze di vita (tre mesi in più dal primo gennaio 2013). In cambio del ritiro anticipato, la lavoratrice accetta una decurtazione della pensione, che viene calcolata interamente con il metodo contributivo.

La legge prevede che quest’opzione sia esercitabile fino alla fine del 2015, ma l’INPS con le due circolari sopra citate ha inserito dei paletti, prevedendo anche che entro la fine del 2015 la lavoratrice dovesse aver maturato i requisiti per la decorrenza del trattamento pensionistico. In pratica, in questo modo ha anticipato la scadenza alla fine di maggio 2014 per le autonome e a fine novembre 2014 per le dipendenti. Questo, perché le finestre mobili prevedono appunto rispettivamente 18 e 12 mesi per ottenere l’assegno previdenziale dopo aver maturato i contributi per la pensione.

Dianella Maroni ha spiegato, in base a una tabella dell'Inps, che l'applicazione della cosiddetta Opzione Donna costa 554 milioni fino al 2019, ma che ne fa poi risparmiare 1.729 fino al 2041 (l'anno fino al quale, in base alle aspettative di vita, le beneficiarie percepirebbero l'assegno), perché le pensioni sono più basse essendo calcolate con metodo contributivo puro.

"Oltre a questo risparmio - ha osservato - c'e' anche un vantaggio sociale ed uno economico: noi donne portiamo nelle nostre famiglie un welfare naturale, e inoltre, andando in pensione, liberiamo dei posti di lavoro". Sono circa 6.000 le donne che potenziali beneficiarie di questa Opzione, molte delle quali per di più hanno ora perso il lavoro, e sono così prive di reddito.

L’opzione contributiva (legge 243/2004, articolo 1, comma 9) consente alle donne con 35 anni di contributi versati di andare in pensione anticipata a 57 anni e tre mesi di età se dipendenti e a 58 anni se autonome, rinunciando alla parte retributiva dell’assegno previdenziale (decurtazione media del 25-30%). Dopo i drammatici effetti della Riforma Fornero, le lavoratrici hanno scelto in massa questa possibilità pur di salvare il salvabile: aspettare la pensione di vecchiaia significa infatti lavorare anni in più e magari vedersi cambiare per l’ennesima volta le regole retroattivamente, con tanto di crisi alimenta che l’incertezza economica e lavorativa.

In teoria questo diritto è previsto fino al 31 dicembre 2015 ma nella pratica la situazione è più complessa. Perché? Il motivo è contenuto nella Circolare 35/2012dell’INPS, secondo la cui interpretazione della norma la data va intesa come scadenza per l’accesso alla pensione tenendo conto della finestra mobile. Quindi, contando 18 mesi + 1, per le autonome il termine è comunque scaduto ma per le dipendenti private (12 mesi + 1) si arriva a novembre e per quelle pubbliche a fine dicembre.
I requisiti per la pensione anticipata E indicizzazioni Almeno un anno di lavoro in più per le donne che inseguono la pensione di vecchiaia, mentre solo un mese in più per chi aspira alla pensione anticipata: sono i primi cambiamenti sulle pensioni dal 2014, in base ai vari scatti previsti da precedenti normative alla Legge di Stabilità, che ha introdotto anche un ritorno all’indicizzazione (parziale) per assegni tre volte sopra il minimo ed un nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro.
Innalzamento dei requisiti pensionistici delle donne (dipendenti private e lavoratrici autonome), in base alla Riforma Fornero (Legge 214/2011, il Salva Italia), con incremento a scaglioni dei requisiti per andare in pensione di vecchiaia ed equiparazione uomo-donna dal 2018. Il calendario:

2014: 63 anni e nove mesi (nel 2013 bastavano 62 anni e tre mesi) per le dipendenti private; 64 anni e nove mesi per le autonome (12 mesi in più rispetto allo scorso anno).

2016: 65 anni più l’adeguamento alle aspettative di vita per le lavoratrici del privato, 65,6 più l’adeguamento alle aspettative di vita per le autonome;

2018: 66 anni per tutti, più l’adeguamento alle aspettative di vita.


Contributi previdenziali INPS ed ex INPDAP



I contributi si dicono obbligatori quando sono imposti in relazione ad un'attività di lavoro svolta con modalità e tempi previsti dall'ordinamento giuridico vigente.

In altre parole: a fronte del lavoro, il sistema di sicurezza sociale prevede che obbligatoriamente, debbano essere versati i contributi previdenziali, cioè somme di danaro, diversamente calcolate a seconda del tipo di attività svolta, che alimentano un monte (detto Fondo, Cassa o Gestione previdenziale) cui si attinge:

nel corso della vita lavorativa del contribuente a causa di:

cessazione del rapporto di lavoro;

diminuzione della capacità lavorativa;

necessità di sostegno del reddito familiare;

alla fine della vita lavorativa, per la liquidazione della pensione.

La ricongiunzione dei contributi è quell’istituto che permette a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire  tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione.

La ricongiunzione, avviene a domanda del diretto interessato o dei suoi superstiti e deve comprendere tutti i periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, riscattata) che il lavoratore ha maturato in almeno due diverse forme previdenziali fino al momento della richiesta e che non siano già stati utilizzati per liquidare una pensione. I periodi ricongiunti sono utilizzati come se fossero sempre stati versati nel fondo in cui sono stati unificati e danno quindi diritto a pensione in base ai requisiti previsti dal fondo stesso.

La disciplina della ricongiunzione è regolata dalle seguenti leggi:
la Legge 29/1979 per i  trasferimenti tra INPS, ex INPDAP, ex ENPALS, INPGI, Gestioni speciali INPS per i lavoratori autonomi e i fondi aziendali sostitutivi dell’Assicurazione Generale Obbligatoria;

la legge 45 del 1990  sui  trasferimenti di contributi tra Casse dei liberi  professionisti e le gestioni di previdenza obbligatorie.

Il Decreto Legislativo n.184 del 30 aprile 1997 ha poi ampliato la possibilità anche a chi non abbia maturato in alcuna delle predette forme il diritto a pensione, e che scelgano la liquidazione della pensione con il sistema contributivo.

Possono esercitare la facoltà prevista e totalizzare i periodi assicurativi, per ottenere un’unica pensione, i lavoratori iscritti:

a due o più forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti;

alle forme sostitutive, esclusive ed esonerative dell’assicurazione generale obbligatoria;

alle forme pensionistiche obbligatorie gestite dagli Enti previdenziali privatizzati di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509;

agli appositi albi o elenchi, gestiti dagli Enti previdenziali privati costituiti ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103;

alla gestione separata dei lavoratori parasubordinati, introdotta dall’articolo 2, comma 26, della
Legge 8 agosto 1995, n. 335;

al fondo di previdenza per il clero secolare e per i ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica.

Può essere liquidata anche una pensione in regime di totalizzazione con sola contribuzione Inps (ad es. con contribuzione da lavoro dipendente e/o da lavoro autonomo con versamento nella gestione separata).

La totalizzazione può essere richiesta dai superstiti di assicurato ancorché quest'ultimo sia deceduto prima di aver acquisito il diritto a pensione.

La domanda di ricongiunzione deve essere presentata alla competente sede dell’Istituto, Ente, Cassa, Fondo o gestione previdenziale nella quale si chiede  vengano ricongiunti  i diversi periodi.

La facoltà di ricongiunzione dei vari periodi in un’unica gestione in generale può essere esercitata una sola volta.

Tale facoltà può essere esercitata una seconda volta solamente:
1) dopo almeno dieci anni dalla prima, con almeno cinque anni di contribuzione per effettivo lavoro;
2) al momento del pensionamento e solo nella stessa gestione nella quale ha operato la precedente ricongiunzione.

Il pagamento  per la ricongiunzione contributiva si effettua utilizzando gli appositi bollettini MAV inviati dall'INPS con il provvedimento di accoglimento. I bollettini possono essere pagati presso qualsiasi sportello bancario senza costi aggiuntivi e presso tutti gli uffici postali, pagando la commissione postale vigente. E’ possibile stampare i bollettini MAV direttamente dal sito seguendo il seguente percorso: www.inps.it --> Portale dei Pagamenti --> riscatti ricongiunzioni e rendite.

E' possibile inoltre  effettuare il pagamento anche con le seguenti modalità:
a) rivolgendosi ai soggetti aderenti al circuito “Reti Amiche”: 1) le tabaccherie che aderiscono al circuito Reti Amiche; 2) gli sportelli bancari di Unicredit Spa (con pagamento in contanti per tutti gli utenti o, per i correntisti Unicredit, anche a debito sul conto corrente bancario);
b) tramite il sito Internet Unicredit Spa per i clienti titolari del servizio Banca online

Il pagamento può essere effettuato sia in un' unica soluzione, entro 60 giorni dalla data di ricezione del provvedimento che  in forma rateale (la rateazione non può superare la metà dei mesi ricongiunti, prevede un primo versamento di importo pari a tre rate e comporta maggiorazione di interessi).

L’INPS gestisce il sistema previdenziale in termini di imposizione, riscossione e recupero dei contributi ed in termini erogazione di prestazioni pensionistiche e non pensionistiche per:
La generalità dei lavoratori dipendenti del settore privato e del parastato ( FPLD ovvero Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti );
Gli imprenditori (Gestioni previdenziali dei Lavoratori Autonomi);
I parasubordinati,venditori a domicilio, professionisti senza cassa, lavoratori autonomi occasionali ed associati in partecipazione (Gestione Separata );
I lavoratori iscritti ai Fondi speciali
I dirigenti di imprese industriali ( Ex INPDAI )

L’INPDAP gestisce il sistema previdenziale:
di tutti i lavoratori dipendenti, civili e militari, dello Stato.

Nota bene – sono iscritti all'INPDAP anche i dipendenti di alcuni enti parastatali che sono stati autorizzati dalla legge ad optare per l'iscrizione all'INPDAP piuttosto che all'Inps: dipendenti di ordini professionali, di Casse di previdenza di categoria, di Camere di Commercio, Istituti di Istruzione, Automobil club ecc..

L’INAIL è l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali con due gestioni: industria e agricoltura.
L'Inail provvede inoltre, alla tutela antinfortunistica dei soggetti che si occupano di lavoro domestico o cura delle persone (badanti).

L’IPSEMA assicura contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il personale della navigazione marittima, accerta e riscuote contributi dai datori di lavoro, ed eroga le prestazioni previdenziali per gli eventi di malattia e maternità nei confronti dello stesso personale e di quello della navigazione,  aerea (vedi d.l. 663/79 e d.l.vo 479/94).


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