venerdì 2 settembre 2016

Disoccupazione: arriva l’assegno di ricollocamento



Dal 2 settembre 2016 entra in vigore la possibilità di richiedere l'assegno di ricollocamento per un numero di disoccupati che corrisponde a più di 50 mila unità, i quali rispondono ai requisiti richiesti affinché la richiesta sia accolta. Il contratto di ricollocazione è uno speciale istituto destinato ai lavoratori disoccupati di lunga data che garantisce loro un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di una nuova occupazione.

Il contratto di ricollocazione prevede la decadenza del lavoratore in caso di inadempienza dai diritti-doveri ossia:

qualora il soggetto non si renda parte attiva rispetto alle iniziative proposte dal soggetto accreditato;

qualora il soggetto non partecipi alle iniziative di ricerca, addestramento e riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali coerenti con il fabbisogno espresso dal mercato del lavoro, organizzate e predisposte dal soggetto accreditato;

nel caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro;

in caso di perdita dello stato di disoccupazione.

Il voucher per il ricollocamento sta per concretizzarsi. Manca solo il decreto ministeriale e poi sarà disponibile, proprio a partire da questo mese. È ciò che ha affermato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.

La nuova misura contro la disoccupazione sta per arrivare in soccorso di migliaia di persone che necessitano di un aiuto concreto per l’inserimento lavorativo.
L’ assegno di ricollocazione rappresenta, infatti, per il Governo uno dei punti chiave del piano d’azione dell’Agenzia per le politiche attive per il Lavoro.

Il nuovo sistema che metterà in comune le informazioni di tutti gli organi coinvolti dall’Inps, al ministero del Lavoro all’Istruzione, e tutti i centri di impiego territoriale, pubblici e privati funzionerà così: sul sito dell’Anpal il disoccupato inserirà tutti i dati richiesti che serviranno a creare il suo profilo occupazionale e un indicatore di occupabilità che terrà conto di competenze, area geografica, scolarizzazione, durata della disoccupazione ecc. che gli dà diritto all’assegno di ricollocazione, che parte dopo 4 mesi di Naspi.

Bonus tanto più alto quanto più fragile è la posizione del senza lavoro. Infatti, secondo gli addetti ai lavori, tanto più alta è la distanza del disoccupato dal mercato del lavoro, tanto più elevato sarà l’assegno e quindi l’aiuto a rientrare nel mercato. Uno strumento questo per colmare differenza che porta alla disoccupazione di lunga durata.

Chi è disoccupato da oltre 4 mesi potrà quindi spendere il voucher nei centri per l’impiego pubblici e privati autorizzati. I quali lo incasseranno solo se entro sei mesi avranno trovato un lavoro a chi lo cerca.

Si potrà fare domanda per ottenere il proprio voucher di disoccupazione se in linea con i requisiti richiesti.

Introdotto con il Jobs Act, il voucher di disoccupazione si affianca ad altri provvedimenti del Governo per la riforma degli ammortizzatori sociali come l’indennità di disoccupazione Naspi, Asdi e Dis Coll.

Il voucher di disoccupazione quindi si inserisce a pieno titolo nella novità introdotte dalla legge di stabilità, e rientra in alcune iniziative che il Governo ha scelto di incentivare per tutelare i lavoratori e per combattere la disoccupazione. A breve, con gli incontri con le sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil fissati per il 6-7 e 12 settembre, con le quali si discuterà di pensioni e mercato del lavoro, si chiariranno tutti i dettagli relativi al nuovo strumento di sostegno alla disoccupazione.

Tale misura voluta dall'attuale Governo rientra nella Legge di Stabilità e ha lo scopo di tutelare i lavoratori e permettere ai giovani di trovare più facilmente il primo impiego, contribuendo alla ripresa economica. Per la piena attuazione del provvedimento in oggetto è estremamente importante accettare un'eventuale offerta lavorativa corrispondente al profilo ricercato dal momento che l'indennizzo potrebbe essere significativamente diminuito o perfino sospeso qualora il richiedente senza lavoro rifiuti l'opportunità lavorativa proposta. Per presentare la domanda è necessario rivolgersi al centro per l'impiego del territorio di residenza e sostenere un colloquio finalizzato alla comprensione del potenziale profilo lavorativo del richiedente.



Lettera di dimissioni volontarie come scriverla



La lettera dimissioni volontarie con preavviso, senza preavviso o con esonero di preavviso, è un modello che il lavoratore può utilizzare per recedere e quindi cessare l’attività lavorativa prevista dal contratto di lavoro. Si possono presentare le dimissioni in qualunque momento, quando il lavoratore ne senta l’esigenza. Non si devono spiegare i motivi per cui si decide di lasciare il proprio posto di lavoro e nessuno può obbligarvi a specificarli.

L’unico obbligo del lavoratore è comunicare ufficialmente all'azienda la propria decisione di rassegnare le dimissioni con un preavviso variabile in base all'anzianità aziendale e all'inquadramento contrattuale. Questa è l’unica clausola che dovrete rispettare, ma anche in questo caso non devono essere spiegati i motivi che vi spingono a presentare le dimissioni volontarie.

A partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche, tramite una semplice procedura online accessibile dal sito Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

La compilazione del modello è semplice: bisogna inserire generalità di lavoratore e datore di lavoro, data inizio rapporto, contratto applicato, tipo di comunicazione (dimissioni, risoluzione, revoca) e relativa data di decorrenza. Va inviato alla casella PEC (Posta elettronica certificata) del datore di lavoro, attraverso le specifiche tecniche indicate nel decreto. Il lavoratore ha 7 giorni per revocare le dimissioni dal momento dell’invio, con le stesse modalità.

La lettera dimissione volontarie è uno strumento che serve a comunicare per iscritto, la volontà del lavoratore a volersi dimettere dal proprio posto di lavoro e recedere per sempre dal contratto di lavoro ,la facoltà del lavoratore dipendente di dimettersi attesta l’inequivocabile volontà scritta del dipendente a terminare il rapporto lavorativo in essere con l’azienda.

La lettera di dimissioni volontarie, va scritta su carta semplice seguendo le linee guida de una lettera fac simile, oppure, utilizzando i modelli standard in base alla tipologia delle dimissioni:
lettera dimissioni con preavviso;
lettera dimissioni senza preavviso;
lettera dimissioni per giusta causa;
lettera dimissioni per gravidanza.

Una volta consegnata la lettera di dimissioni in duplice copia, al lavoratore viene rilasciata la copia controfirmata per ricevuta, che attesta la consegna della lettera di dimissioni, la presa visione della lettera e l’accettazione delle dimissioni presentate.

Adesso in base a quanto previsto dal Jobs Act secondo i quali le dimissioni possono essere inoltrate solo per via telematica, pena la nullità della risoluzione del contratto di lavoro. In base a tale novità il lavoratore che vuole dimettersi deve inviare la comunicazione di dimissioni autonomamente, oppure, rivolgersi ad intermediari abilitati, come patronati, sindacati o enti bilaterali.

La lettera dimissioni con preavviso concordato, è utilizzata dal lavoratore che intende cessare il rapporto di lavoro in base all’articolo 2118 del Codice che prevede la possibilità sia del datore di lavoro che del lavoratore stesso di risolvere il rapporto di lavoro.

La lettera di dimissioni con preavviso è una comunicazione scritta che il lavoratore deve consegnare al datore di lavoro entro un preciso termine di preavviso.

I termini di preavviso, devono essere obbligatoriamente osservati dal lavoratore in quanto la loro inosservanza consentono al datore di lavoro di applicare una penale mediante la decurtazione dall’ultima busta paga, degli importi pari alle giornate oggetto di mancato preavviso.

Per scrivere una lettera dimissioni il lavoratore deve indicare nella lettera i seguenti dati:

i dati del lavoratore;

i dati aziendali;

la data di assunzione;

la data di decorrenza delle dimissioni, va indicata esattamente la data dalla quale avverranno le dimissioni e la data di ultima presenza in azienda

firma del dipendente lavoratore che intende dimettersi

firma del datore di lavoro che prende visione e accetta la lettera di dimissioni con preavviso.

Dopo che avrete dato la lettera al datore di lavoro bisogna recarsi e in uno degli enti accreditati e presentare le dimissioni mediante la modalità telematica e recarsi presso Caf e patronati, comune, centro per l’impiego ecc e richiedere la compilazione online del modulo relativo alla dimissione volontarie, dopodiché l’intermediario rilascia copia cartacea del documento, avente codice univoco e data certa di rilascio, opportunamente timbrato. Il lavoratore con la copia cartacea firmata deve consegnare il modello lettera dimissioni volontarie entro 15 gg dalla data di rilascio, che rappresenta il periodo di validità massima del documento, al datore di lavoro.

In alternativa a questa modalità si potranno presentare le proprie dimissioni accedendo al portale del Ministero del Lavoro e inviando il modulo che si troverà tra i vari allegati. Questa operazione può essere svolta solo da coloro che hanno il Pin INPS Dispositivo.

Il lavoratore avrà comunque 7 giorni di tempo per ripensarci e revocare la domanda inoltrata.




E’ legittima l’attività di un lavoratore in malattia o infortunio, presso altra azienda



La Corte di Cassazione legittima l’attività di un lavoratore in malattia, presso terzi , se non pregiudica la guarigione, con sentenza n. 15982 del 1 agosto 2016 afferma  che è illegittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore sorpreso a svolgere attività extralavorative durante il periodo di malattia nel caso l'attività non sia tale da pregiudicare la guarigione. Nello specifico  una lavoratrice durante il periodo in cui era stata assente dal lavoro a seguito di 'infortunio, svolgeva attività lavorativa presso il ristorante del proprio compagno. Dato che le condotte poste in essere dalla donna non erano tali da comportare una violazione delle prescrizioni di riposo e di cure impartite dai certificati medici, non trattandosi di attività richiedenti particolari sforzi, né lunga permanenza in piedi,  che non  ne pregiudicavano la guarigione, i giudici hanno ritenuto illegittimo il licenziamento e  respinto il ricorso del datore di lavoro.

E' utile illustrare l'istituto della malattia nel rapporto di lavoro subordinato, al fine di comprendere per quale ragione lo svolgimento di un'attività lavorativa nel corso di tale periodo può determinare il recesso per giusta causa.

Può definirsi malattia  uno stato di alterazione dello stato di salute del dipendente, temporaneo o definitivo, che impedisce a quest'ultimo di poter fornire la prestazione al datore di lavoro. Trattasi di una condizione che costringe il datore a sopportare l'assenza del dipendente, sospendendo di fatto il rapporto tra le parti. Il lavoratore è garantito in questo caso da un'indennità erogata dagli enti competenti (INPS o INAIL a seconda che si tratti di malattia o infortunio sul lavoro) mentre al datore sono riconosciuti una serie di poteri (come ad esempio il sollecito alla visita fiscale dei medici degli enti stessi, o anche l'utilizzo di investigatori privati) per accertare l'effettiva sussistenza dello stato di impossibilità ad adempiere del lavoratore.

In linea puramente teorica, in corso di malattia non si può svolgere attività lavorativa e si rimane reperibili nelle relative fasce orarie  previste  per legge. In caso di assenza alla visita fiscale nelle fasce c.d. "di reperibilità", il lavoratore può essere soggetto destinatario di un procedimento disciplinare volto ad indagare per quale ragione non sia stato presente alla visita medica; all'esito del procedimento disciplinare, dunque, il lavoratore potrà ricevere un provvedimento anche molto duro, perfino il licenziamento.

In sintesi, la Corte ha affermato che il dipendente in malattia può effettivamente svolgere un altro lavoro solamente se l’attività lavorativa svolta durante il periodo di malattia non pregiudica la sua guarigione e, dunque, sempre che il certificato medico attesti che la malattia, incompatibile con il “primo” lavoro, non è incompatibile con il secondo. Pertanto, in altri termini, in attesa di rientrare in azienda il dipendente può svolgere attività ulteriori, anche se queste gli procurano reddito direttamente o indirettamente.

La Corte di Cassazione ha dunque ravvisato non configurarsi licenziamento per giusta causa laddove non si dimostri che il lavoratore abbia agito fraudolentemente nei confronti del datore simulando uno stato di malattia, e lavorando presso terzi ove questi non siano imprese concorrenti o che l'attività prestata abbia ritardato e/o compromesso il recupero dalla malattia.

Il datore di lavoro, pertanto, dovrà fornire la prova che lo stato di malattia era stato fraudolentemente simulato dal lavoratore al solo fine di assentarsi dal posto di lavoro – con la relativa retribuzione riconosciuta dall'Inps – per poi recarsi in altro posto di lavoro e svolgere un'attività perfino in concorrenza.

Da parte sua, il lavoratore è onerato di dimostrare la compatibilità tra l'attività espletata a favore di terzi e lo stato di malattia (impeditiva del rapporto di lavoro) e che tale attività non abbia pregiudicato il normale recupero fisico, rimanendo al giudice le relative valutazioni degli accertamenti svolti in concreto e non astrattamente

L'onere della prova è a carico del datore

Come visto, è il caso di ricordare che l'onere della prova della sussistenza giusta causa di recesso – sia nella sua materialità, sia con riferimento all'elemento psicologico - grava, comunque, sul datore di lavoro.



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