mercoledì 26 dicembre 2018

Incentivi e bonus assunzioni donne: settori e professioni



Il bonus donne consiste in un incentivo per le imprese finalizzato all'assunzione di donne (ma anche di uomini) in possesso di determinati requisiti oppure residenti in aree svantaggiate o assunte in settori con un alto tasso di disparità uomo-donna.

Imprenditori e dirigenti, di grandi aziende, professioni tecniche, vertici della pubblica amministrazione, persino esponenti degli organi legislativi: sono tutte professioni caratterizzate da un tasso di disparità di genere superiore al 25% della media, per cui spettano incentivi alle assunzioni femminili.

L’elenco di settori e mansioni caratterizzate da questo tasso di disparità è pubblicato con decreto interministeriale del 28 novembre, che rende utilizzabile l’agevolazione prevista dall‘articolo 4 della legge 92/2012. Si tratta di uno sgravio contributivo al 50% per 12 o 18 mesi, a seconda che il contratto sia a tempo determinato o indeterminato.

L’agevolazione spetta per le assunzioni di disoccupati da almeno 12 mesi che abbiano più di 50 anni, oppure donne di qualsiasi età prive di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in zone ammissibili ai fondi strutturali Ue oppure occupare in settori o professioni caratterizzate da un tasso di disparità superiore al 25% rispetto alla media.

Per quanto riguarda i settori, il più “maschile” sono le costruzioni (disparità superiore all’80%), seguito da acqua e gestione rifiuti (intorno al 75%). Gap superiore al 50% anche per industria estrattiva, trasporto e magazzinaggio, energia.

E veniamo alle professioni. Alcuni dati non stupiscono, ad esempio l’altissima preponderanza di uomini nelle forze armate. In realtà, la differenza più marcata riguarda artigiani e operai specializzati dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici. Fra i dati rilevanti, il gap superiore al 70% nelle professioni tecniche in campo scientifico, ingegneristico e della produzione (85% di uomini contro il 15% di donne), ingegneri, architetti e professioni assimilate (il differenziale è intorno al 60%).

Fra gli imprenditori, si può spezzare una lancia a favore delle piccole e medie imprese: in generale, la professione è a forte preponderanza maschile, ma il gap è decisamente meno vistoso fra le piccole imprese. Nel dettaglio, nella grandi imprese ci sono l’82% di imprenditori, amministratori e direttori uomini contro il 18% di donne, nelle realtà di minori dimensioni, uomini al 65% e imprenditrici donne al 35%.

Da segnalare, infine, la presenza in questa poco edificante classifica dei dipendenti con qualifiche elevate delle pubbliche amministrazioni, ovvero: membri dei corpi legislativi e di governo, dirigenti ed equiparati dell’amministrazione pubblica, nella magistratura, nei servizi di sanità, istruzione e ricerca e nelle organizzazioni di interesse nazionale e sovranazionale.

Le assunzioni incentivate possono essere sia a tempo determinato che indeterminato e anche in somministrazione. Per le assunzioni termine il bonus spetta per dodici mesi ed è pari al 50% dei contributi INPS a carico del datore di lavoro. Se l’assunzione a termine viene trasformata a tempo indeterminato lo sgravio spetta fino a 18 mesi.

Requisiti
Ma vediamo in breve quali sono i requisiti che il lavoratore deve possedere al momento dell’assunzione per poter richiedere lo sgravio.

Il bonus in realtà si applica sia a uomini che donne over 50 disoccupati da oltre dodici mesi (c. 8 art. 4 L. 92/2012).

Inoltre il bonus può essere applicato anche alle assunzioni di donne di qualsiasi età disoccupate da almeno 24 mesi in qualsiasi settore e in tutte le regioni d’Italia.

Infine l’incentivo può essere fruito per:

l’assunzione di donne di qualsiasi età residenti nelle aree svantaggiate e prive d’impiego da almeno 6 mesi, oppure per l’assunzione nei settori e nelle professioni caratterizzate da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% il valore medio annuo. I settori e le professioni individuati sono individuati annualmente con Decreto del Ministero del Lavoro di concerto con il MEF.

Bonus donne e over 50 disoccupati 2019: settori e professioni individuati
Con il Decreto interministeriale 09/11/2018, che trovate allegato a fondo pagina, vengono individuati:

i settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 per cento la disparità media uomo-donna.

le professioni caratterizzate da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 per cento la disparità media uomo-donna.



venerdì 23 novembre 2018

Legittima l’indennità di disoccupazione anche se il lavoratore ha un con contratto a termine



Lo stato di disoccupazione normativamente rilevante ai fini del diritto all'indennità di disoccupazione non equivale alla totale mancanza di ogni attività lavorativa, ma piuttosto alla percezione di redditi di importo inferiore alla soglia minima imponibile per legge (Cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26027).

La Corte di Cassazione ha riconosciuto l’indennità di disoccupazione al lavoratore in somministrazione che perde uno dei 2 contratti che lo legano al datore somministratore, dovendosi ritenere che lo stato di disoccupazione normativamente rilevante ai fini del diritto all'indennità di disoccupazione non equivalga alla totale mancanza di ogni attività lavorativa, ma piuttosto alla percezione di redditi di importo inferiore alla soglia minima imponibile per legge.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 17 ottobre 2018, n. 26027, ha riconosciuto il diritto all’indennità di disoccupazione per un lavoratore in somministrazione che aveva perso uno dei 2 contratti stipulati tramite agenzia, mantenendone uno. Infatti, respingendo il ricorso dell'INPS , i Supremi giudici affermano che  lo stato di disoccupazione normativamente rilevante ai fini del diritto all’indennità di disoccupazione non equivale alla totale mancanza di ogni attività lavorativa, ma piuttosto al fatto di percepire un reddito inferiore alla soglia minima imponibile per legge.

Il caso aveva ad oggetto la stipula di più contratti di somministrazione a tempo determinato, da parte di una lavoratrice rimasta poi disoccupata che aveva inoltrato richiesta di corresponsione di indennità di disoccupazione.

In primo grado, il Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, aveva condannato l’Inps a corrispondere alla lavoratrice l’indennità di disoccupazione
L’istituto previdenziale era ricorso davanti alla Corte di appello di Torino che aveva ribadito, in linea con la decisione del giudice del lavoro, che non poteva esservi dubbio sul fatto che l’indennità di disoccupazione spettasse al lavoratore occupato contemporaneamente presso due diversi datori di lavoro che, a partire da una certa data in avanti, avesse perduto uno dei due contratti, ricadendo quindi sotto la soglia reddituale; di conseguenza aveva rigettato il ricorso prodotto dall’Inps.

A questo punto, l’Inps aveva ricorso in Cassazione rilevando che  tale decisione avrebbe male interpretato la disciplina prevista dall’ordinamento previdenziale secondo la quale l’indennità di disoccupazione è riconosciuta solo a favore di coloro che involontariamente non siano più titolari di un rapporto di lavoro, anche se non stabile e continuativo nel corso dell’anno. In altri termini, a detta del ricorrente, la scriminante per l’erogazione di suddetto istituto previdenziale era determinata dalla mancanza di lavoro, tout court, ed a tale proposito il riferimento normativo a sostegno di tale tesi era contenuto nel R.D.L. n. 1827 del 1935, precisamente l’art. 45, terzo comma, secondo cui “L’assicurazione per la disoccupazione involontaria ha per scopo l’assegnazione agli assicurati di indennità nei casi di disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro”.

Ad avviso della Corte di Cassazione il ricorso dell’Inps è da ritenersi infondato in quanto non è giuridicamente legittimo introdurre, e, quindi, fare valere, una discriminazione tra la specie di un unico datore di lavoro somministratore rispetto a più rapporti di lavoro part time a tempo determinato del lavoratore somministrato, a quella di un lavoratore titolare di più rapporti di lavoro a tempo parziale con distinti datori di lavoro. Quanto affermato, soprattutto in considerazione del fatto che la parte debole del rapporto di lavoro (id est, il lavoratore) in ambedue i casi si vedrebbe privato della propria fonte reddituale di sostentamento.

I Giudici di legittimità hanno, pertanto, riconosciuto pregio giuridico alla decisione della Corte di Appello di Torino la quale aveva stabilito che lo stato di disoccupazione normativamente rilevante ai fini del diritto all’indennità di disoccupazione non equivale alla totale mancanza di ogni attività lavorativa, ma piuttosto alla percezione di redditi di importo inferiore alla soglia minima imponibile dalla legge.

La Corte di Cassazione, inoltre, ha richiamato una propria precedente pronuncia (Cass. Sez, lav. n. 705/2016) dove, in un caso di collocamento in mobilità per uno dei due rapporti a tempo parziale cui  era interessato un lavoratore, ha stabilito che “Il lavoratore titolare, contemporaneamente, di due rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale cd orizzontale, collocato in mobilità per uno dei due con prosecuzione dell’altro, ha diritto alla relativa indennità stante la facoltà, prevista per l’iscritto alle liste di mobilità della L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 6, di svolgere lavoro a tempo parziale pur mantenendo l’iscrizione;




Premi produttività: detassazione nuove regole ed importi



La detassazione dei premi di produttività, introdotta con la Legge di Stabilità 2016, L. n. 208/2015, ha introdotto un sistema di tassazione agevolata, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali del 10% per l’erogazione di premi di produttività.

Tale agevolazione trova applicazione nei confronti dei lavoratori dipendenti appartenenti al settore privato, con la conseguente esclusione per:

dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001;

lavoratori assimilati ai lavoratori dipendenti, quali i titolari di reddito assimilato al lavoro dipendente (es. i collaboratori coordinati e continuativi) e i titolari di reddito di lavoro dipendente svolto all’estero.

È invece consentito il ricorso ai premi di produttività per i dipendenti del settore privato di enti che non svolgono attività commerciale.

La detassazione dei premi di risultato opera sono nel caso in cui i parametri fissati dall’accordo collettivo aziendale risultino incrementali rispetto al precedente periodo di misurazione. A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 78 del 2018, la cui interpretazione, del tutto coerente con il dato normativo, rischia, però, di produrre effetti distorsivi in tutti quei casi in cui i valori oggetto di confronto siano alterati da circostanze eccezionali. Probabilmente la strada più facilmente percorribile è rappresentata dalla corretta individuazione all’interno degli accordi aziendali di indicatori che possano al meglio esprimere la realtà produttiva aziendale eventualmente procedendo con la strutturazione di correttivi che possano contribuire ad eliminare/attenuare le anzidette criticità.

Ma non tutti i dipendenti possono godere dei premi di produttività, infatti essi possono essere ammessi solamente nei confronti dei lavoratori che nel corso dell’anno raggiungano un limite massimo di reddito derivante da lavoro dipendente non superiore a 80mila euro: tale limite – che si applica a partire dal periodo d’imposta 2017 – viene calcolato computando i redditi da lavoro dipendente che siano assoggettati a tassazione ordinaria, compresa la quota di premio di risultato che è assoggettata a tassazione sostitutiva nell’anno precedente.

Così, non rientrano nel computo di tale somma i redditi assoggettati a tassazione separata, i redditi diversi da quelli di lavoro dipendente, i premi di risultato agevolabili convertiti in benefit non imponibili. Si ricorda che i redditi di lavoro dipendente sono soggetti a tassazione in base al criterio di cassa, ossia assoggettati secondo le regole fiscali vigenti nel periodo di imposta di percezione da parte del dipendente delle somme: ciò è stato ulteriormente ribadito anche dalla Circolare n. 5/E/2018 dell’Agenzia delle Entrate.

Le istruzioni INPS per la detassazione dei premi produttività per datori e lavoratori che prende il via da novembre 2018: requisiti, recupero degli arretrati, effetto sulla pensione e cumulabilità.
Al via da novembre la decontribuzione premi di produttività, che consente ai datori di lavoro del settore privato – imprese e professionisti – di ridurre del -20% i contributi dovuti sui premi fino a un massimo di 800 euro l’anno. Per i lavoratori dipendenti lo sconto della quota contributiva dovuta è del 100%, l’importo finirà dunque totalmente in busta paga. Con la circolare n. 104/2018 l’INPS fornisce importanti precisazioni in merito alla fruizione dello sgravio contributivo previsto dal DL n. 50/2017 e sui suoi effetti sulla pensione.

Requisiti e fruizione
La fruizione del beneficio è automatica, dunque non è necessario presentare domanda all’INPS, a partire dal flusso UniEmens di competenza di novembre 2018, a patto di rispettare le condizioni generali per accedere alle agevolazioni contributive secondo l’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006, quali DURC regolare e rispetto dei contratti collettivi.
I lavoratori devono avere un reddito di lavoro dipendente che non supera gli 80 mila euro e lo sconto contributivo su calcola su un importo di premio annuo massimo di 3.000 euro, elevato a 4 mila in caso l’azienda coinvolga i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.

Lo sgravio si applica inoltre solo sui premi di risultato erogati in esecuzione di contratti, aziendali o territoriali, stipulati dopo l’entrata in vigore del dl n. 50/2017 (24 aprile 2017), o ai vecchi accordi che dal 24 aprile 2017 siano stati modificati e/o integrati.

Il tetto degli 800 euro l’anno deve essere considerato nel complesso, anche se il lavoratore ha più di un datore di lavoro. In questo caso il lavoratore deve comunicare, a quello attuale, la quota di premio ricevuta dagli altri datori di lavoro. Lo sgravio spetta anche se il lavoratore decide di rinunciare al regime di detassazione per lo stesso premio di produttività (sconto fiscale).

Recupero arretrati
I datori di lavoro e i lavoratori che ne abbiano diritto, possono recuperare gli arretrati spettanti per i premi produttività erogati da maggio 2017 a ottobre 2018 mediante la procedura delle regolarizzazioni (UniEmens/vig).

Effetto sulle pensioni
L’Istituto precisa inoltre che lo sgravio influisce negativamente sulle pensioni dei lavoratori, perché i contributi non versati non valgono ai fini pensionistici non avendo altra copertura.

Cumulabilità
L’INPS ha precisato infine che lo sgravio contributivo è cumulabile con altri eventuali benefici, non avendo alcuna funzione d’incentivo all’assunzione.


,
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog