martedì 21 maggio 2013

Governo e la politica del lavoro 2013: esodati, pensione anticipata e staffetta generazionale


Come già scritto su queste pagine con la riforma del lavoro dal 2013 si potrà andare in pensione di vecchiaia con almeno 62 anni e tre mesi se donne (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e con 66 anni e tre mesi se uomini. Si potrà andare in pensione anticipata solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne.

In vista nuove tutele per gli esodati (salvaguardati) e le possibili modificazioni alla riforma delle pensioni che privilegino le staffetta generazionale e sconfortino la pensione anticipata: vediamo i piani del Governo per il 2013.

Per tutelare gli esodati il Governo ragiona su nuove misure per limitare il numero dei salvaguardati si pone come obiettivo di scoraggiare la pensione anticipata, introducendo nella Riforma Fornero elementi di flessibilità sull’età pensionabile e meccanismi del tipo staffetta generazionale.

Queste sono le linee guida illustrate a più riprese dal ministero del Lavoro, Enrico Giovannini.

Il problema riguarda in modo particolare chi è vicino all’età pensionabile (ma che per effetto della Riforma Fornero, non l’ha raggiunta) e chi rischia di trovarsi in analoga situazione nei prossimi anni. Innanzitutto bisogna «migliorare il sistema informativo»: davanti a stime più esatte attese dall’INPS, il governo prenderà le sue disposizioni.

Il punto, ha spiegato Giovannini, non è soltanto «la tutela degli esodati, ma la transizione a un sistema pensionistico che, a causa della riforma, ha subito un brusco cambiamento». Su 130mila lavoratori tutelati, ad oggi sono solo 7mila gli esodati che hanno ottenuto la pensione. Giovannini ha quindi fornito indicazioni sul completamento delle salvaguardie previste.

Per il primo decreto, a fronte dei 65mila soggetti che dovevano essere salvaguardati, ne sono stati salvaguardati 62mila». Ma «non significa che le risorse relative a questi ulteriori 3mila soggetti verranno perdute, perché i decreti successivi indicano chiaramente che le eventuali economie possono essere impiegate in essi».

Per il secondo decreto, «le imprese avrebbero dovuto comunicare entro il 31 marzo le liste dei soggetti che si prevede verranno licenziati (quindi perderanno il posto di lavoro) entro il 31 dicembre, ma in realtà non l’hanno fatto. Perché? Perché non c’è incertezza, anche dal punto di vista delle imprese, se questi soggetti effettivamente verranno espulsi dal sistema produttivo entro quest’anno, o se invece si andrà all’anno prossimo».

Il governo sta considerando di rendere più flessibili le misure che consentono la pensione anticipata, continuando a consentirla ma sempre con decurtazione dell’assegno, e magari incentivare chi invece rimane al lavoro più a lungo.

La legge attualmente prevede per le donne con 35 anni di contributi e 57 anni di età la possibilità di ritirarsi ma calcolando la pensione con metodo contributivo (significa un assegno più basso di almeno il 30% rispetto al retributivo o misto). La riforma Fornero prevede anche un ritiro anticipato per uomini e donne prima dei 62 anni, ma con un prelievo dell’1-2% per ogni anno in meno rispetto all’età pensionabile. Per la pensione anticipata senza decurtazioni bisogna avere 42 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e cinque mesi per le donne).

Infatti, la staffetta generazionale che il ministro del Lavoro sta portando avanti conferma che questo provvedimento sia un punto centrale nel suo progetto. C’è da mettere in evidenza che ci sono diversi modi per realizzare il graduale passaggio di consegne tra i lavoratori anziani e quelli giovani. Un a prima l’idea è quella di un part-time per i lavoratori vicini all’età pensionabile, che manterrebbero la contribuzione piena (a carico dell’ente previdenziale) mantenendo i requisiti pensionistici. Le aziende risparmierebbero ma dovrebbero in cambio assumere un giovane per ogni part-time di un lavoratore anziano, per esempio in apprendistato o a tempo indeterminato.

La seconda idea prevede che il lavoratore anziano non vada in part time ma in pensione prima della scadenza naturale. E in questo caso bisogna intervenire sull'altra riforma Fornero, proprio quella che ha alzato l'età pensionabile.

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