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domenica 13 gennaio 2019

Requisiti per la pensione 2019: le novità



Adeguamento alla speranza di vita solo per alcune categorie di lavoratori da 2019. Modalità per la domanda nella circolare INPS n. 126 del 28.12.2018.

La forma di pensionamento anticipato che consente di cessare il rapporto di lavoro una volta raggiunti i 38 anni di contributi.

Allo stesso tempo, però, bisogna aver compiuto almeno 62 anni per poter andare in pensione.

Una volta maturati questi requisiti (non c’è alcun limite temporale per farlo) bisogna però attendere l’apertura della prima finestra di accesso utile; nel dettaglio, le finestre di accesso saranno quattro ogni anno (ad eccezione del 2019 quando ce ne saranno solamente tre) e saranno previste a gennaio (ma non nel 2019) aprile, agosto e ottobre.

In pensione con Opzione Donna: dai 58 ai 59 anni di età
Per le donne che accettano che il loro assegno venga calcolato esclusivamente con il sistema contributivo, si applica invece l’Opzione Donna. Grazie alla proroga di Opzione Donna le lavoratrici subordinate potranno andare in pensione all’età di 58 anni, mentre le autonome a 59 anni. Il requisito contributivo richiesto è pari a 35 anni (contribuzione effettiva, non sono ammessi contributi figurativi). Anche per questa misura, però, c’è un arco temporale ben definito che separa la maturazione dei suddetti requisiti al collocamento in quiescenza. Opzione Donna, infatti, prevede una finestra mobile di 12 mesi per le subordinate, che quindi andranno effettivamente in pensione a 59 anni, e di 18 mesi per le autonome.

Pensione di vecchiaia: si sale a 67 anni, 71 per l’opzione contributiva
Cresce a 67 anni l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia; complice l’adeguamento con le aspettative di vita, infatti, l’età pensionabile è stata incrementata di 5 mesi passando quindi dai 66 anni e 7 mesi ai 67 anni.

Ricordiamo che per la pensione di vecchiaia sono richiesti 20 anni di contribuzione.

Vi è poi l’opzione contributiva della pensione di vecchiaia per la quale sono sufficienti 5 anni di contribuzione effettiva, purché l’intera quota rientri nel sistema contributivo per il calcolo della pensione. In questo caso, per effetto dell’adeguamento, l’età anagrafica per andare in pensione nel 2019 sarà pari a 71 anni.

Ci sono però quattro categorie di lavoratori per le quali non si applica- su richiesta dell’interessato - l’adeguamento con le aspettative di vita. Nel dettaglio, la pensione di vecchiaia resta di 66 anni e 7 mesi per coloro che svolgono mansioni usuranti, gravose, oppure dei lavori notturni; in questo caso, però, il requisito contributivo è pari a 30 anni.

Nella circolare n. 126 del 28 dicembre 2018 l'INPS ha comunicato che  dal 1° gennaio 2019, ai requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia e anticipata per i lavoratori dipendenti che svolgono le attività cosiddette gravose e gli addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, entrambi con un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni, non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita. Viene specificato che il requisito contributivo dei 30 anni deve essere maturato in base alle disposizioni vigenti nella gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico.

La circolare fornisce i dettagli sulle categorie di lavoratori esclusi dall'innalzamento dei requisiti:

Lavoratori c.d. gravosi ai sensi dell’articolo 1, comma 148, lettera a), della legge n. 205/2017 ;

Addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti ai sensi dell' articolo 1, comma 148, lettera b), della legge n. 205/2017;

Non sono compresi nel blocco, invece:

i lavoratori precoci di cui all’articolo 1, commi da 199 a 201, della legge n. 232/2016. Ad essi pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2019, il requisito ridotto dei 41 anni è incrementato di ulteriori 5 mesi;

i titolari dell’indennità di Ape sociale

Il documento precisa che per il trattamento pensionistico dei lavoratori cd. gravosi è prevista  la verifica della conformità delle dichiarazioni del lavoratore e del datore di lavoro con i dati presenti nelle comunicazioni obbligatorie del rapporto di lavoro, e preannuncia un ulteriore messaggio di  istruzioni procedurali.

L'INPS fornisce anche informazioni sui termini di pagamento delle indennità di fine servizio  per i dipendenti pubblici  , che accedono al trattamento pensionistico beneficiando dell’esclusione dall’adeguamento alla speranza di vita stabilito per il 2019, e potranno percepire il trattamento di fine servizio o di fine rapporto non prima di 24 mesi o di 12 mesi dalla data di conseguimento del primo requisito pensionistico teorico utile . "Oltre il periodo temporale appena indicato, l’Istituto deve provvedere al pagamento della prestazione al massimo entro tre mesi, decorsi i quali saranno dovuti gli interessi per ritardato pagamento della stessa.

L’età per la pensione di vecchiaia nel 2019 salirà a 67 anni, mentre per la pensione anticipata saranno necessari 43 anni e tre mesi per gli uomini e 42 anni e tre mesi per le donne: è la conseguenza dell’innalzamento dell’aspettativa di vita di cinque mesi confermata dall’ISTAT. A 65 anni, si legge nel report ISTAT arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti, allungandosi di cinque mesi rispetto a quella registrata nel 2013. Risultato, ci sarà il conseguente scatto di aumento dei requisiti per andare in pensione, previsto per il 2019, pari appunto a cinque mesi. In realtà, per l’ufficialità, bisogna attendere il decreto con cui il Governo recepisce il dato misurato dall’istituto di statistica, che arriverà entro al fine dell’anno.



lunedì 24 settembre 2018

Opzione Donna i requisiti attuali






Possono esercitare l'opzione le lavoratrici dipendenti in possesso di 57 anni (58 anni le autonome) e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 ancorché, per effetto dell'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita Istat e del meccanismo delle finestre, la prima data utile di decorrenza della pensione si apra successivamente al 31.12.2015. Per questa tipologia di prestazione resta, infatti, in vigore la cd. finestra mobile secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi dalla maturazione dei predetti requisiti per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

Le misure di Riforma Pensioni incluse nella Legge di Bilancio 2019 potrebbero lasciare fuori l'Opzione Donna: in attesa della proroga, ecco come funzionano oggi maturazione requisiti e decorrenza pensione.

In attesa di conoscere il destino della misura, dunque, ricordiamo come funziona ad oggi questa formula di pensione anticipata (con penalità) e chi sono le lavoratrici ammesse: ad oggi, infatti, dal punto di vista del requisito anagrafico il limite temporale si estende soltanto fino a quelle nate nell’ultimo trimestre degli anni 1957 o 1958. Mentre un potenziale “rinnovo” consisterebbe in un’estensione dei termini così da includere una platea di contribuenti più ampia.

L’Opzione Donna, come è noto, è una forma di pensione anticipata per le sole lavoratrici, che consente di ritirarsi con 35 anni di contributi e un requisito di età che per le dipendenti è pari a 57 anni e sale a 58 anni per le autonome, accettando però un calcolo interamente contributivo della pensione.

La novità 2017 rispetto alla precedente normativa, che in virtù dell’applicazione delle aspettative di vita lasciava fuori le lavoratrici nate negli ultimi mesi dell’anno, è contenuta nel comma 222 della vecchia Legge di Bilancio, che ha esteso l’Opzione Donna (introdotta con l’articolo 1, comma 9, legge 243/2004): «alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti previsti per effetto degli incrementi della speranza di vita».

Attenzione: per accedere all’Opzione Donna, bisogna calcolare anche l’aspettativa di vita (lo prevede espressamente il successivo comma 223 della manovra).

Però, non è necessario (come in origine) che la maturazione del requisito sia avvenuta entro il dicembre 2015. Le lavoratrici che erano rimaste fuori dall’Opzione Donna per effetto di questo limitazione, dunque, possono invece accedere alla prestazione.

Ricordiamo che per la decorrenza della pensione la lavoratrice dovrà aspettare i termini previsti dalla finestra mobile (che pure si applica), pari a 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

L’Opzione Donna è una forma di pensione anticipata riservata alle sole lavoratrici che hanno compiuto 57 anni (o 58 nel caso delle autonome) entro il 31 dicembre 2015 e che alla stessa data avevano almeno 35 anni di contributi, accettando però un calcolo interamente contributivo della pensione. Calcolo contributivo può comportare una decurtazione dal 20 al 30%.

L’Opzione Donna, come è noto, è una forma di pensione anticipata per le lavoratrici, che consente di ritirarsi con 35 anni di contributi e un requisito di età che per le dipendenti è pari a 57 anni e sale a 58 anni per le autonome, accettando però un calcolo interamente contributivo della pensione. La novità rispetto alla precedente normativa, che in virtù dell’applicazione delle aspettative di vita lasciava fuori le lavoratrici nate negli ultimi mesi dell’anno.

Nel dettaglio, per richiedere l’Opzione Donna nel 2018 è necessario che i requisiti per accedere a questo strumento siano stati maturati negli anni scorsi. Nel dettaglio bisogna:

aver compiuto 57 anni e 7 mesi d’età entro il 31 luglio del 2016;

aver maturato 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015.

Questa al momento è l’unica opzione che permette alle donne di andare in pensione in anticipo; tuttavia in questo periodo di campagna elettorale molti esponenti politici stanno presentando alcune proposte per una nuova Opzione Donna.



mercoledì 20 giugno 2018

Pensione: percorso e calcolo



Il criterio di calcolo della pensione varia a seconda dell'anzianità contributiva maturata dal lavoratore al 31 dicembre 1995. La pensione è calcolata con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità al 31/12/1995 (e per coloro che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo). I sistemi retributivo e misto continuano a convivere per i soggetti iscritti al 31/12/1995.
Dal 1° gennaio 2012, anche ai lavoratori in possesso di un'anzianità contributiva di  almeno 18 anni al 31/12/1995 verrà applicato il sistema di calcolo contributivo sulla quota  di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.

IL SISTEMA CONTRIBUTIVO
La pensione è calcolata esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 e per i lavoratori che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo.

Per esercitare la facoltà di opzione è necessario che i lavoratori abbiano un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31/12/1995 e possano far valere, al momento dell'opzione, una anzianità contributiva di almeno 15 anni, di cui 5 successivi al 1995.
Tale facoltà non può essere esercitata da chi ha maturato un'anzianità contributiva  pari o superiore a 18 anni al 31/12/1995.

Ai fini del calcolo occorre:

individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o i redditi conseguiti dai lavoratori autonomi o parasubordinati;

calcolare i contributi di ogni anno sulla base dell'aliquota di computo (33% per i dipendenti; 20% per gli autonomi; vigente anno per anno per gli iscritti alla gestione separata);

determinare il montante individuale che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (prodotto interno lordo) determinata dall'Istat;

applicare al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell'età del lavoratore, al momento della pensione, così come riportato nella tabella:

IL SISTEMA RETRIBUTIVO
Si applica alle anzianità contributive maturate fino al 31/12/2011 dai lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995.

Secondo tale sistema, la pensione è rapportata alla media delle retribuzioni (o redditi per i lavoratori autonomi) degli ultimi anni lavorativi.

Si basa su tre elementi:

l'anzianità contributiva, è data dal totale dei contributi fino ad un massimo di 40 anni che il lavoratore può far valere al momento del pensionamento e che risultano accreditati sul suo conto assicurativo, siano essi obbligatori, volontari, figurativi, riscattati o ricongiunti;

la retribuzione/reddito pensionabile, è data dalla media delle retribuzioni o redditi percepiti negli ultimi anni di attività lavorativa, opportunamente rivalutate sulla base degli indici Istat fissati ogni anno;

l'aliquota di rendimento, è pari al 2% annuo della retribuzione/reddito percepiti entro il limite (per le pensioni con decorrenza nel 2012 di 44.161 euro annui) per poi decrescere per fasce di importo superiore. Ciò vuol dire che se la retribuzione pensionabile non supera tale limite, con 35 anni di anzianità contributiva la pensione è pari al 70% della retribuzione, con 40 anni è pari all'80%.

L'importo della pensione con il sistema retributivo si compone di due quote:
Quota A determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 e sulla media delle retribuzioni  degli ultimi 5 anni, o meglio, delle 260 settimane di contribuzione immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori dipendenti, e dei 10 anni (520 settimane di contribuzione) immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori autonomi

Quota B determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 alla data di decorrenza della pensione e sulla media delle retribuzioni/redditi degli ultimi 10 anni per i lavoratori dipendenti e degli ultimi 15 anni per gli autonomi.

IL SISTEMA MISTO

Si applica ai lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e a decorrere dal 1° gennaio 2012 anche ai lavoratori  con un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995.

Per i lavoratori con un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31/12/1995 la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996.

Per i lavoratori con un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31/12/1995  la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 2011 secondo le modalità descritte  nel paragrafo relativo al sistema retributivo, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 2012.

Dovrebbe essere ampiamente noto che la pensione è frutto:
a) della contribuzione che il lavoratore versa autonomamente o tramite il suo datore di lavoro, al proprio ente previdenziale e
b) della cura prestata a raccogliere i contributi di primo pilastro integrandoli con quelli di secondo pilastro, scegliendo la tipologia del fondo pensione, i comparti più indicati in base alla propria fase professionale e, infine, la tipologia di rendita. Il primo punto risente del rischio di non avere un'occupazione stabile nel corso del proprio percorso professionale; il che rappresenta un problema solo in parte, purtroppo, rimediabile dal singolo lavoratore. Il secondo punto è nell'80% dei casi in capo al singolo lavoratore, che ha la responsabilità di costruire la propria rendita pensionistica attraverso una serie di decisioni. Innanzitutto scegliere di aderire e poi di farlo nella maniera più coerente con le proprie esigenze. La pensione “si costruisce”, non è qualcosa che “spetta”, che, cioè, ci cade in mano al raggiungimento dei requisiti.

Che, peraltro, negli ultimi anni sono quanto mai in movimento. Un bricolage previdenziale che si arricchisce, a partire dal 2018, di due elementi importati: l'anticipo pensionistico e la rendita integrativa temporanea anticipata. Ape e Rita, questi gli acronomi, sono di fatto due ammortizzatori sociali di natura privata, che i lavoratori devono imparare a conoscere, per poterli utilizzare al meglio: evitando distorsioni, forzature ed errori. Per fare questo occorre quella che si potrebbe chiamare un'«alfabetizzazione previdenziale», che renda comprensibile la materia. Questo fascicolo conta di fare la sua parte, per accompagnare per mano i singoli in questo articolato processo decisionale.

C’è uno nuovo strumento INPS online per calcolare la quota della pensione in base al proprio regime contributivo, che consente anche di effettuare simulazioni relative ad altri eventuali sistemi di calcolo (retributivo, misto): si tratta del servizio “Calcolo Quote di pensione“, per utilizzare il quale l’istituto di previdenza fornisce anche un apposito Manuale.

Il servizio Calcolo Quote di Pensione è accessibile dall’area riservata Servizi Online del sito INPS, che richiede autenticazione (ci vuole il PIN). Una volta effettuata la procedura di autenticazione, bisogna cliccare sul pulsante “Applicazioni” sotto la voce “Calcolo Quote pensione“. Bisogna inserire codice fiscale e data di decorrenza della pensione, quindi si sceglie “Attiva funzione“. A questo punto, si sceglie il regime pensionistico (contributivo, retributivo, misto, misto pro-rata), e compare un riepilogo della propria posizione.






sabato 20 maggio 2017

Pensioni: flessibilità in uscita, ecco le possibilità previste



Sono previsti dei percorsi alternativi, anche se non sempre facilmente attuabili, alla pensione di vecchiaia ordinaria, i cui requisiti anagrafici per il 2016 sono di 66 anni e 7 mesi per gli uomini indipendentemente dal settore lavorativo e per le donne dipendenti della pubblica amministrazione, di 65 anni e 7 mesi per le dipendenti del settore privato e di 66 anni e 1 mese per le autonome e le iscritte alla gestione separata dell'Inps. La riforma previdenziale di fine 2011 oltre alla vecchiaia ha regolato la pensione anticipata, che si raggiunge quest'anno con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) indipendentemente dall'età. Garantisce un vantaggio, rispetto alla “vecchiaia” a chi ha iniziato a lavorare non troppo dopo i venti anni di età e non ha “buchi” contributivi.

Sempre legata all'ultima riforma c'è la pensione anticipata con il sistema contributivo, a cui può accedere solo chi ha iniziato a versare dal 1996 e quindi è soggetto al calcolo della pensione interamente con il sistema contributivo. Sono necessari 20 anni di contributi (quindi proprio quest'anno diventa effettivamente fruibile), 63 anni e 7 mesi di età e l'importo dell'assegno previdenziale deve essere almeno 2,8 volte il valore di quello sociale, quindi deve essere pari almeno a 1.254,60 euro lordi.

Sono ancora in vigore le agevolazioni per i lavoratori soggetti ad attività usuranti o svolte di notte, a cui si applica ancora il sistema delle “quote” (somma di età e anni di contributi) ma aggiornato all'aspettativa di vita. I requisiti minimi per i dipendenti sono quota 97,6 con un minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi e, per gli autonomi, quota 98,6 con un minimo di 62 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi (per i notturnisti si possono aggiungere 1-2 anni in relazione al numero di notti lavorate).

Per le donne dipendenti che hanno maturato 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi (58 anni e 3 mesi per le autonome) entro il 2015, è ancora aperta l'opzione donna, cioè la possibilità di andare in pensione trascorsi la finestra mobile o anche successivamente a fronte però del calcolo dell'assegno con il metodo contributivo che comporta in media una penalizzazione del 25-30% rispetto al sistema misto a cui avrebbero diritto.

Ci sono poi delle alternative che prevedono il coinvolgimento del datore di lavoro e non si basano quindi sulla sola scelta del lavoratore. Sempre con la riforma del 2011 è stata introdotta la possibilità di gestire i dipendenti in esubero a cui manchino non più di 4 anni alla pensione erogando una sorta di prepensione interamente a carico dell'azienda. Una volta raggiunti i requisiti minimi, scatterà la pensione vera e propria.

Fa convivere la pensione con il lavoro il part time introdotto con la legge di Stabilità 2016, destinato a chi, dipendente a tempo indeterminato, ha già almeno 20 anni di contributi ed entro il 2018 raggiungerà i requisiti per la pensione di vecchiaia. In accordo con l'azienda possono ridurre l'orario dal 40 al 60% e incassare oltre a quanto dovuto, la parte di contributi a carico dell'azienda per le ore non lavorate.

Infine c'è il mix di part time e pensione di più complessa attuazione. Previsto dal Jobs act attende ancora le indicazioni operative, ma può scattare solo nell'ambito di contratti di solidarietà espansivi (riduzione generalizzata di orario a fronte di nuove assunzioni): in questa situazione i dipendenti a cui mancano non più di 2 anni alla pensione si possono ridurre l'orario almeno per oltre la metà e percepire in anticipo una parte della pensione fino a incassare complessivamente quanto avrebbero preso continuando a lavorare a tempo pieno. Ulteriori misure ad hoc sono riservate ai lavoratori coinvolti nelle bonifiche dell'amianto e per i nati nel 1952.


mercoledì 4 gennaio 2017

Opzione Donna ampliata con la Legge di stabilità 2017




La riforma Fornero del 2011 ha confermato fino al 31 Dicembre 2015 la possibilità per le donne di andare in pensione prima, a patto di scegliere per un assegno interamente calcolato con il metodo contributivo.

La Legge di Bilancio 2017 estende l'ambito di applicazione dell'istituto (transitorio e sperimentale) detto OPZIONE DONNA che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento anticipato di pensione in presenza di determinati requisiti anagrafici e contributivi e a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo integrale. In base alla disciplina finora vigente, all'istituto in esame potevano fare ricorso le lavoratrici che avessero maturato gli entro il 31 dicembre 2015 (a prescindere dalla data della decorrenza iniziale del trattamento) i seguenti requisiti a

anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e età pari o superiore a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e a 58 anni e 3 mesi per le autonome.

L'accesso all'istituto è subordinato alla condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale.

I commi 222 e 223 estendono, a decorrere dal 2017, l'applicabilità dell'istituto alle lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, non avessero raggiunto la suddetta frazione di 3 mesi (nell'età anagrafica).

Di conseguenza, con la nuova misura   della legge di stabilità 2017 rientrano nell'Opzione donna anche le lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, avessero un'età pari o superiore a 57 anni, se dipendenti, o a 58 anni, se autonome (fermi restando il possesso, alla medesima data, di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e la condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale).

La possibilità di optare per il regime sperimentale è riconosciuta alle lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria, ed ai fondi ad essa sostitutivi od esclusivi (dipendenti del settore privato; pubblico impiego e lavoratrici autonome) in possesso di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995. La facoltà di opzione non è invece esercitabile dalle lavoratrici iscritte alla gestione separata o che, comunque, intendano utilizzare la contribuzione presente in tale gestione per perfezionare il requisito contributivo.

I Requisiti anagrafici e Contributivi
A seguito delle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 281 della legge 208/2015 e dall'articolo 1, co. 222 della legge di bilancio 2017 possono esercitare l'opzione le lavoratrici dipendenti in possesso di 57 anni (58 anni le autonome) e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 ancorchè, per effetto dell'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita Istat e del meccanismo delle finestre, la prima data utile di decorrenza della pensione si apra successivamente al 31.12.2015. Per questa tipologia di prestazione resta, infatti, in vigore la cd. finestra mobile secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi dalla maturazione dei predetti requisiti per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

Si ricorda che con l'approvazione di tali ultime disposizioni è venuta sostanzialmente meno la restrizione prevista dall'Inps con le Circolari 35 e 37 del 14 marzo 2012 che avevano interpretato la data del 31 dicembre 2015 come termine entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della prestazione. L'Inps ha confermato questa interpretazione con la recente Circolare 45/2016.

La facoltà di esercitare l'opzione per il calcolo della pensione con il sistema contributivo, aderendo al c.d. Progetto donna, anche se la pensione avesse avuto decorrenza successiva al 2015. In particolare “Opzione donna” permette alle lavoratrici l’accesso al trattamento pensionistico anticipato in presenza dei prescritti requisiti contributivi ed anagrafici, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo.

La facoltà di opzione è stata estesa anche alle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2015 abbiano maturano un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni (per le gestioni esclusive dell’AGO 34 anni, 11 mesi e 16 giorni) e un’età anagrafica pari o superiore a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e 58 anni e 3 mesi per le autonome a prescindere dalla data di decorrenza del trattamento pensionistico.

domenica 18 dicembre 2016

Opzione Donna, i requisiti per il 2017



E’ stato uno dei capitoli più discussi nell'ambito della Riforma Pensioni inserita in Legge di Stabilità 2017: alla fine, è passata l’estensione dell’Opzione Donna alle lavoratrici nate nell'ultimo trimestre degli anni 1957 o 1958.

La facoltà di esercitare l'opzione per il calcolo della pensione con il sistema contributivo, aderendo al c.d. Progetto donna, anche se la pensione avesse avuto decorrenza successiva al 2015. In particolare “Opzione donna” permette alle lavoratrici l’accesso al trattamento pensionistico anticipato in presenza dei prescritti requisiti contributivi ed anagrafici, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo. La facoltà di opzione è stata estesa anche alle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2015 abbiano maturano un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni (per le gestioni esclusive dell’AGO 34 anni, 11 mesi e 16 giorni) e un’età anagrafica pari o superiore a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e 58 anni e 3 mesi per le autonome a prescindere dalla data di decorrenza del trattamento pensionistico.

Vediamo esattamente come è formulata la norma e cosa cambia rispetto a prima.

Possono esercitare l'opzione le lavoratrici dipendenti in possesso di 57 anni (58 anni le autonome) e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 ancorché, per effetto dell'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita Istat e del meccanismo delle finestre, la prima data utile di decorrenza della pensione si apra successivamente al 31.12.2015. Per questa tipologia di prestazione resta, infatti, in vigore la cd. finestra mobile secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi dalla maturazione dei predetti requisiti per le dipendenti e 18 mesi per le autonome (cfr: Circolare Inps 53/2011).

Si ricorda che con l'approvazione di tali è venuta sostanzialmente meno la restrizione prevista dall'Inps con le Circolari 35 e 37 del 14 marzo 2012 che avevano interpretato la data del 31 dicembre 2015 come termine entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della prestazione. L'Inps ha confermato questa interpretazione con la recente Circolare 45/2016.

L’Opzione Donna, come è noto, è una forma di pensione anticipata per le lavoratrici, che consente di ritirarsi con 35 anni di contributi e un requisito di età che per le dipendenti è pari a 57 anni e sale a 58 anni per le autonome, accettando però un calcolo interamente contributivo della pensione. La novità rispetto alla precedente normativa, che in virtù dell’applicazione delle aspettative di vita lasciava fuori le lavoratrici nate negli ultimi mesi dell’anno, è contenuta nel comma 222 della Legge di Bilancio.

Che prevede di estendere l’Opzione Donna (introdotta con l’articolo 1, comma 9, legge 243/2004) «alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti previsti per effetto degli incrementi della speranza di vita».

Per accedere all’Opzione Donna, bisogna calcolare anche l’aspettativa di vita (lo prevede espressamente il successivo comma 223 della manovra). Però, non è necessario (come prima) che la maturazione del requisito sia avvenuta entro il dicembre 2015. le lavoratrici che erano rimaste fuori dall’Opzione Donna per effetto di questo limitazione, dunque, possono invece accedere alla prestazione. Tenendo conto che ai tre mesi scattati nel 2013 si sono aggiunti quattro mesi nel 2016, le lavoratrici che non maturano il requisito entro il 31 dicembre 2015 devono aggiungere sette mesi all'età anagrafica, perché lo matureranno nel 2016. Ipotesi, una lavoratrice dipendente che ha 35 anni di contributi e ha compiuto i 57 anni nel dicembre 2015, matura il requisito dell’Opzione Donna a fine luglio 2016.

Ricordiamo che per la decorrenza della pensione, la lavoratrice dovrà aspettare i termini previsti dalla finestra mobile (che pure si applica), pari a 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

Per l'esercizio dell'opzione è necessario possedere 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi le autonome) unitamente a 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015.

L’Opzione Donna prevede almeno 35 anni di contributi versati e un’età di 57 anni e tre mesi per le lavoratrici dipendenti, 58 anni e tre mesi per le autonome. La maturazione del requisito (31 dicembre 2015) non coincide con la decorrenza della pensione, che in base alla finestra mobile vede l’assegno erogato dopo 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.




lunedì 21 novembre 2016

Opzione Donna verso riapertura termini


Riapertura Opzione Donna in vista: lo annuncia il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano che prevede l’allungamento dei termini da fine 2015 a fine luglio 2016.

Il monitoraggio del Governo appena concluso è servito a stabilire quante risorse sono ancora disponibili per comprendere una platea ampia di lavoratrici. Damiano conferma che Padoan ha firmato il resoconto inviandolo al Ministero del Lavoro, primo passo per quantificare le risorse necessarie alla proroga del regime sperimentale che consente la pensione anticipata alle aventi diritto, calcolata con il metodo contributivo. Il Comitato Opzione Donna si sta muovendo sui Social per accelerare l’iter di trasmissione del resoconto alle Camere.

Al momento ci sono 2,5 miliardi e l’emendamento tiene conto di questa cifra.
L’Opzione Donna consente alle lavoratrici con 57 anni e tre mesi (58 e tre mesi per le autonome) e 35 anni di contributi di andare in pensione anticipata. Secondo la normativa in vigore, il requisito deve essere maturato entro fine 2015, escludendo di fatto le lavoratrici nate nell’ultimo trimestre dell’anno. L’allungamento a luglio 2016 amplierebbe la platea delle aventi diritto.

Si tratta di una corsia preferenziale introdotta dalla Legge Maroni (articolo 1, comma 9 della legge 243/04) e fortemente utilizzata dopo l’introduzione della Riforma Fornero, pur escludendo i contributi versati alla Gestione Separata INPS. La Legge di Stabilità 2016 ha eliminato le limitazioni INPS di cui alle Circolari n.35 e n.37 del 2012 (31 dicembre 2015 termine ultimo di decorrenza pensione), pur mantenendo le finestre mobili di 18 o 12 mesi (autonome o dipendenti) per l’accesso alla prestazione.

Il nuovo emendamento alla Legge di Bilancio 2017 (che contiene una nuova riforma delle pensioni in ottica di maggiore flessibilità in uscita) è stato proposto dalla commissione Lavoro in sede consultiva, dovrà quindi essere discusso dalla commissione Bilancio in sede referente. Il testo dovrebbe arrivare in aula il 24 novembre e approvato dall’aula di Montecitorio prima del 4 dicembre, giorno del referendum costituzionale per poi passare all’esame del Senato.

Con l'Opzione Donna si può uscire invece con un anticipo di diversi anni rispetto ai requisiti sopra indicati a patto però di accettare un assegno interamente calcolato con il sistema contributivo.

Per l'esercizio dell'opzione è necessario possedere 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi le autonome) unitamente a 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 (articolo 1, comma 281 della legge 208/2015). Si ricorda che con l'approvazione della legge di stabilita' 2016 è venuta sostanzialmente meno la restrizione prevista dall'Inps con le Circolari 35 e 37 del 14 marzo 2012 che avevano interpretato la data del 31 dicembre 2015 come termine entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della prestazione. L'Inps ha confermato questa interpretazione con la recente Circolare 45/2016.

L’Opzione Donna prevede almeno 35 anni di contributi versati e un’età di 57 anni e tre mesi per le lavoratrici dipendenti, 58 anni e tre mesi per le autonome. La maturazione del requisito (31 dicembre 2015) non coincide con la decorrenza della pensione, che in base alla finestra mobile vede l’assegno erogato dopo 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

La decurtazione scatta poiché, con il contributivo, si rinuncia al sistema misto che garantisce un trattamento più alto. Ecco un esempio che mostra come varia la riduzione dell’assegno in relazione agli anni di anticipo pensionistico: lavoratrice nata nel 1958, con 38 anni di contributi, ultima retribuzione annua pari a 25mila 700 euro.

Per questa tipologia di prestazione resta, infatti, in vigore la in vigore la cd.finestra mobile secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi dalla maturazione dei predetti requisiti per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

Pronto il responso per l'Opzione Donna sul monitoraggio delle risorse utilizzate e quelle residue rispetto allo stanziamento del Governo. Informazione necessaria per capire se esistono realmente i margini per la proroga oltre il 31 dicembre 2015 dell’Opzione Donna, come previsto da un emendamento alla Legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 281 della legge 208/2015) a patto però di un residuo di risorse rispetto ai fondi stanziati.

Tale possibilità di proroga del regime sperimentale doveva essere comunicata da Governo e INPS entro il 30 settembre 2016 alle Camere sulla base dei dati relativi al monitoraggio della sperimentazione dell’Opzione Donna, ma la scadenza non è stata rispettata.

Ora però, secondo le dichiarazioni del Sottosegretario al Welfare, Franca Biondelli, fornite in risposta all'interrogazione parlamentare sollevata dalla Lega Nord in Commissione Lavoro alla Camera, i dati sembrano essere arrivati e la relazione relativa al monitoraggio dell’Opzione Donna sarà trasmessa a breve al Parlamento.

In particolare Biondelli ha spiegato:

«La relazione relativa al monitoraggio effettuato dall’INPS, è stata redatta la relazione sull'attuazione della sperimentazione con particolare riferimento agli specifici oneri previdenziali e alle relative previsioni di spesa. Tale relazione, già firmata dal Ministro Poletti, verrà inviata alle Camere non appena ricevuto il concerto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, come previsto dallo stesso articolo 1, comma 281 della legge n. 208 del 2015.

In ogni caso, intendo rassicurare l’onorevole interrogante che è intenzione del Governo impiegare le risorse eventualmente non utilizzate al fine di portare a conclusione la sperimentazione originariamente introdotta dall’articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004.

Assegno ridotto del 20-30% per le lavoratrici che scelgono l’Opzione Donna, prorogata dalla Legge di Stabilità (requisito anagrafico e contributivo maturato entro il 31 dicembre 2015, domanda di pensione presentabile per tutto il 2016): la pensione si calcola interamente con il contributivo e l’importo varia in base a contributi versati e anni di anni di pensione anticipata.


martedì 18 ottobre 2016

Opzione Donna le novità e con l'assegno ridotto



Con l'Opzione Donna si può uscire invece con un anticipo di diversi anni rispetto ai requisiti sopra indicati a patto però di accettare un assegno interamente calcolato con il sistema contributivo.

Per l'esercizio dell'opzione è necessario possedere 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi le autonome) unitamente a 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 (articolo 1, comma 281 della legge 208/2015). Si ricorda che con l'approvazione della legge di stabilita' 2016 è venuta sostanzialmente meno la restrizione prevista dall'Inps con le Circolari 35 e 37 del 14 marzo 2012 che avevano interpretato la data del 31 dicembre 2015 come termine entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della prestazione. L'Inps ha confermato questa interpretazione con la recente Circolare 45/2016.

L’Opzione Donna prevede almeno 35 anni di contributi versati e un’età di 57 anni e tre mesi per le lavoratrici dipendenti, 58 anni e tre mesi per le autonome. La maturazione del requisito (31 dicembre 2015) non coincide con la decorrenza della pensione, che in base alla finestra mobile vede l’assegno erogato dopo 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

La decurtazione scatta poiché, con il contributivo, si rinuncia al sistema misto che garantisce un trattamento più alto. Ecco un esempio che mostra come varia la riduzione dell’assegno in relazione agli anni di anticipo pensionistico: lavoratrice nata nel 1958, con 38 anni di contributi, ultima retribuzione annua pari a 25mila 700 euro.

Per questa tipologia di prestazione resta, infatti, in vigore la in vigore la cd.finestra mobile secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi dalla maturazione dei predetti requisiti per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

Pronto il responso perc l'Opzione Donna sul monitoraggio delle risorse utilizzate e quelle residue rispetto allo stanziamento del Governo. Informazione necessaria per capire se esistono realmente i margini per la proroga oltre il 31 dicembre 2015 dell’Opzione Donna, come previsto da un emendamento alla Legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 281 della legge 208/2015) a patto però di un residuo di risorse rispetto ai fondi stanziati.

Tale possibilità di proroga del regime sperimentale doveva essere comunicata da Governo e INPS entro il 30 settembre 2016 alle Camere sulla base dei dati relativi al monitoraggio della sperimentazione dell’Opzione Donna, ma la scadenza non è stata rispettata.

Ora però, secondo le dichiarazioni del Sottosegretario al Welfare, Franca Biondelli, fornite in risposta all'interrogazione parlamentare sollevata dalla Lega Nord in Commissione Lavoro alla Camera, i dati sembrano essere arrivati e la relazione relativa al monitoraggio dell’Opzione Donna sarà trasmessa a breve al Parlamento.

In particolare Biondelli ha spiegato:

«La relazione relativa al monitoraggio effettuato dall’INPS, è stata redatta la relazione sull’attuazione della sperimentazione con particolare riferimento agli specifici oneri previdenziali e alle relative previsioni di spesa. Tale relazione, già firmata dal Ministro Poletti, verrà inviata alle Camere non appena ricevuto il concerto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, come previsto dallo stesso articolo 1, comma 281 della legge n. 208 del 2015.

In ogni caso, intendo rassicurare l’onorevole interrogante che è intenzione del Governo impiegare le risorse eventualmente non utilizzate al fine di portare a conclusione la sperimentazione originariamente introdotta dall’articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004».

Assegno ridotto del 20-30% per le lavoratrici che scelgono l’Opzione Donna, prorogata dalla Legge di Stabilità (requisito anagrafico e contributivo maturato entro il 31 dicembre 2015, domanda di pensione presentabile per tutto il 2016): la pensione si calcola interamente con il contributivo e l’importo varia in base a contributi versati e anni di anni di pensione anticipata.


sabato 13 agosto 2016

Riforma pensioni: requisiti per l'anticipo e sistema contributivo puro



L’anticipo pensionistico - APE, prevede  la possibilità di pensione  di vecchiaia anticipata  al massimo  di tre anni . Nel caso il  primo anno di applicazione fosse effettivamente il 2017,  essa interesserà

i nati dal 1.6.1951 al 31.5.1952  a cui mancano a 1 anno e un mese a 2 anni per la pensione .

i nati dal 1.6 1952 al 31.12. 1953  a cui mancano da 2 anni e 5 mesi a 3 anni per la pensione di vecchiaia.

Per questi soggetti le indiscrezioni parlavano di  una  penalizzazione  pari al  2 o 3% , per ogni anno di anticipo,   da applicare sugli assegni di pensione fino al triplo della pensione minima  mentre su quelli più alti (cioè oltre 1500 euro )  si ipotizzava  ad una aliquota del 7-8%.

Queste aliquote vanno applicate alla quota retributiva maturata:

fino al 31.12.1995 (per chi a quella data aveva meno di 18 anni di contributi) oppure

fino al 2011 (per chi a fine 1995 aveva più di 18 anni di contributi).

Il punto di partenza di questa proposta era il disegno di legge del 2013  dell’on. C. Damiano (ddl 857 d) ex Ministro del lavoro, che prevedeva la possibilità di concordare l'età di uscita dal mondo del lavoro (pensione flessibile) ed  anche di abbassare a 41 anni i requisiti contributivi necessari per uscire , indipendentemente dall'età anagrafica .

Il costo di tali modifiche per il sistema previdenziale sarebbe però pari a 8,5 miliardi di euro.

Il disegno di legge n.  2233/2/11  affronta lo spinoso problema della riforma previdenziale dando atto della situazione in cui si verranno a trovare molti lavoratori, soprattutto quelli iscritti alla gestione separata, a cui si applicherà quando andranno in pensione il sistema contributivo puro.

Gli interventi  che il Governo si appresta ad emanare tendono a:

a) assicurare la piena portabilità del credito pensionistico in altre gestioni;

b) operare una revisione delle modalità di rivalutazione del montante pensionistico, in modo da renderlo effettivamente premiante;

 c) prevedere la possibilità di riscattare gli anni lavorati quando non esisteva un obbligo contributivo e gli anni di laurea;

 d) prevedere concrete misure di incentivazione alla previdenza complementare.

Con la legge 335/1995  che ha introdotto il sistema contributo la previdenza ha cambiato volto, riducendo drasticamente le prospettive pensionistiche dei lavoratori.

Gli iscritti alla gestione separata , lavoratori autonomi e parasubordinati, sono stati i primi ad essere interessati a questo passaggio al sistema contributivo puro.

Tuttavia oggi pur parlando spesso di pensioni viene sempre posta l’attenzione sui pensionati e sui pensionandi con sistema retributivo evitando accuratamente di parlare della povertà e delle penalizzazioni che produrrà il sistema contributivo puro quando sarà a regime.

Il governo ritiene che “ È invece urgente intervenire subito per evitare l'esplosione di una bomba sociale, quando arriveranno le prime consistenti coorti di pensionati contributivi puri” intervenendo nel sistema per superare alcune gravi carenze del sistema contributivo,  e in particolare:

La garanzia per tutti i lavoratori con 15-20 anni di versamenti in qualunque gestione previdenziale di una pensione minima

Intervenire con meccanismi solidaristici a favore di chi ha sperimentato percorsi lavorativi non continuativi, a causa di difficoltà occupazionali o personali

incentivare l'investimento pensionistico, attualmente molto poco conveniente;

incentivare il secondo pilastro previdenziale, che  sarà necessario per compensare la caduta del reddito che si presenterà al momento di andare in pensione.




domenica 5 luglio 2015

Pensione anticipata si pensa al sistema contributivo



Le ultime notizie sulla riforma delle pensioni 2015 vertono sul progetto per la pensione anticipata presentato da Tito Boeri, presidente INPS.

Il piano presentato da Tito Boeri al governo per la riforma delle pensioni ha lo scopo di consentire una maggiore flessibilità in uscita per permettere l’accesso alla pensione anticipata più facilmente.

I progetti di riforma pensioni vedono nuove forme di prepensionamento incentrate sulla flessibilità in uscita, così da smorzare le problematiche relative alla pensione dei lavoratori precoci e al prepensionamento in generale, moltiplicatesi con l'implementazione della Legge Fornero. Ma ovviamente il tutto ruota sui costi per lo Stato, la tenuta dei conti pubblici e il bilancio dell'INPS, in particolar modo dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul blocco della rivalutazione delle pensioni per il biennio 2012/23, ritenuto illegittimo e che ha quindi costretto l'esecutivo a intervenire e a concedere rimborsi parziali ai pensionati. Illustriamo dunque i punti principali del piano di Tito Boeri sul prepensionamento con uscita anticipata e flessibile.

L’obiettivo della riforma è di consentire una maggiore flessibilità in uscita trova tutti d’accordo in linea di principio, nel governo e nell’Inps, ma il punto da definire è quello delle risorse. Tutti d’accordo anche sul testo normativo in cui il nuovo intervento va emanato con la prossima legge di stabilità.

Boeri ha già bocciato, oltre all’ipotesi di staffetta generazionale, la proposta Damiano-Baretta per uscire dal lavoro a 62 anni di età e 35 di contributi con una penalizzazione dell’assegno del 2% l’anno fino ad un massimo dell’8% in quanto ritenuta troppo costosa per la finanza pubblica(8,5 miliardi a regime nel 2030). Così come ha fatto per la “quota 100”, ovvero la possibilità di uscire con un mix tra età e contributi, considerata ugualmente troppo pesante per le casse (costo stimato nel 2019 di 10,6 miliardi).

Il presidente dell’Inps ha indicato come «condivisibile» l’estensione della cosiddetta “opzione donna” anche agli uomini: l’assegno dato in anticipo rispetto all’età di vecchiaia è, in questo caso, calcolato tutto con il metodo contributivo. Probabilmente saranno però rivisti sia l’età anagrafica, sia il minimo di contributi necessari (57 e 58 anni, rispettivamente per le dipendenti e per le autonome, oltre a 35 anni anni di contributi).

Altro punto più volte rimarcato dal presidente dell’Istituto è quello di offrire un aiuto contro la povertà in particolare per i lavoratori tra i 55 e i 65 anni che restano disoccupati e che non hanno ancora i requisiti per andare in pensione. Ma, anche in questo caso, non irrilevante resta la questione risorse.

In ogni caso il cardine di tutto è la flessibilità in uscita con penalità, o meglio uscita anticipata con ricalcolo della pensione col contributivo. In sostanza sarà possibile la pensione anticipata con almeno 35 anni di contributi e con un'età minima compresa tra 57 e 62 anni (qualcosina in più per gli autonomi), e la penalità sarà appunto dovuta al ricalcolo della pensione col sistema contributivo per tutti quei lavoratori che sono nel regime misto retributivo-contributivo. Dunque a quanto pare sarà una scelta degli interessati al prepensionamento, come già accade con l'Opzione Donna, a questo punto estesa anche agli uomini.

Un parziale ricalcolo della pensione col contributivo nel progetto di riforma proposto da Boeri dovrebbe anche riguardare i pensionati che, grazie al retributivo, prendono ora un assegno elevato e potrebbero subire una riduzione come "contributo di solidarietà".

Infatti, come affermato dal presidente dell'INPS, una riduzione delle pensioni calcolate col retributivo è inevitabile perché se si decide di dare l'opportunità della pensione anticipata "le pensioni devono essere più basse (se no il maggiore costo) graverà sui giovani".

Infine, Boeri propone anche una sorta di prestito pensionistico per i lavoratori ultra 55enni che restano disoccupati a pochi anni dalla pensione e senza possibilità di trovare in tempi utili un nuovo impiego.

Insomma, purtroppo per i tanti lavoratori pensionandi in attesa di aggiornamenti, le notizie non sembrano affatto positive perchè è chiaro che nei palazzi romani ci si stia sempre più orientando a progetti che porteranno a importanti riduzioni, che forse toccheranno anche chi la pensione già la sta prendendo.

La soluzione che sembra più accessibile per quel che riguarda il lato economico della manovra e la sua sostenibilità sembra essere quella del sistema contributivo: permettere un pensionamento anticipato fronte di un assegno ridotto ricalcolato interamente con il sistema contributivo.

La soluzione che sembra più accessibile per quel che riguarda il lato economico della manovra e la sua sostenibilità sembra essere quella del sistema contributivo: permettere un pensionamento anticipato fronte di un assegno ridotto ricalcolato interamente con il sistema contributivo.



lunedì 23 marzo 2015

Pensione anticipata ed uscita dal lavoro per gli anni 2015 2016



In tutti i casi si parla di flessibilità in uscita per andare in pensione prima e per permettere, in particolar modo, l'accesso a coloro che si ritrovano disoccupati tra i 55 e i 65 anni. A innescare le ultime dichiarazioni sulle pensioni 2015 - 2016 sono state le nuove dichiarazioni di Tito Boeri, presidente dell'Inps.

La Pensione anticipata è il trattamento pensionistico erogato che può essere raggiunto al perfezionamento del solo requisito contributivo indipendentemente dall'età anagrafica del beneficiario. Sostituisce, dal 2012, la pensione di anzianità.

L'istituto ha eliminato il requisito dell'età minima introdotto dalla legge 243/2004 ed ha previsto un sistema di disincentivazione che si realizza attraverso una riduzione del rateo in relazione al tempo mancante per il raggiungimento di un limite minimo di età fissato in 62 anni dalla legge 201/2011.

Più flessibilità per i paletti che regolano l'uscita dal mondo del lavoro come risposta all'allungamento di 4 mesi dell'età pensionabile (dal 2016) “imposta” dalla maggiore aspettativa di vita dei lavoratori. Messa giù in maniera molto semplice, è questo il quadro che da qualche mese caratterizza il dibattito sulla previdenza italiana.

Al momento, quello che è a conoscenza che la priorità di intervento sarà dare una soluzione ai casi di emergenza previdenziale degli esodati che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali (in linea con gli interventi di salvaguardia messi in campo negli ultimi anni: la VI salvaguardia per esodati e lavoratori precoci darà modo di accedere alla pensione anticipata privata anche con ampio anticipo), e di “veicolare” la riforma con la prossima legge di Stabilità. Insomma, per prima cosa, si tratterà di dare una mano a chi perde il lavoro e non è in grado, per varie ragioni, di maturare la pensione.

In questo scenario, un altro attore di primo piano come l'Inps è impegnato, con il nuovo presidente Tito Boeri, a portare acqua al mulino dei pensionamenti flessibili. Una proposta organica in questa direzione verrà presentata a giugno, ma Boeri, che ci sta lavorando con il ministero del Welfare, ne ha già anticipato la chiave di volta: una sorta di «reddito minimo» per gli over 55 che hanno perso il lavoro ma non hanno i requisiti per andare in pensione e non hanno nient'altro. Secondo il presidente Inps, per la sostenibilità della proposta potrebbero bastare 1,5 miliardi di euro da cercare risparmiando all'interno della protezione sociale, ad esempio guardando alle gestioni speciali.

C'è poi da tener d'occhio il fronte parlamentare, che vede la minoranza Pd in prima linea nel sollecitare il superamento della legge Fornero e la soluzione al problema esodati. In particolare, il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, intende animare il dibattito sulle pensioni flessibili portando avanti senza tentennamenti l'iter della varie proposte sul tavolo della commissione. Il ddl C 857 sulla flessibilità in uscita (di cui è primo firmatario, già incardinato), punta a permettere l'accesso alla pensione dei lavoratori al compimento dei 62 anni a condizione di aver maturato 35 anni di contributi, con una penalizzazione massima dell'assegno pensionistico dell'8 per cento. La penalizzazione si riduce gradualmente negli anni successivi, dando modo di percepire il 100% dell'assegno al traguardo dei 66 anni di età. Previsto anche una sorta di “premio” del 2% per chi ritarda l'accesso alla pensione dal 66° al 70° anno di età.


Come anticipato le ultime novità sulle pensioni anticipate di donne e uomini nel 2015 e 2016 partono dalle dichiarazioni di Boeri, che ha nuovamente richiesto al Governo Renzi l'introduzione di criteri di flessibilità per il pensionamento anticipato, aggiungendo che giungerà una proposta di riforma da parte dell'INPS sui prepensionamenti, e che tale proposta sarà presentata entro il prossimo mese di giugno. Prioritaria in questa possibile riforma (qui abbiamo un forte punto di convergenza con le idee espresse più volte dal ministro Poletti) risulterebbe la risoluzione del problema dei soggetti in età avanzata, tra i 55 e i 65 anni, che hanno perso il lavoro e tuttavia non possono accedere alla pensione,

Sulla pensione anticipata con flessibilità in uscita Damiano ha già elaborato due soluzioni: prepensionamento dai 62 anni di età con 35 di contributi e penalizzazioni progressive e Quota 100. Va da sé che Damiano ha dimostrato apprezzamento per le idee simili espresse dal presidente dell'INPS, ricordando inoltre che in Commissione Lavoro si è già tornati a discutere sulle proposte di legge per le pensioni anticipate di donne e uomini, e che sono in calendario incontri con Poletti, lo stesso Boeri e le parti sociali. Dal canto suo Poletti ha ribadito la propria disponibilità a riflettere su una riforma pensioni orientata alla flessibilità e ha spinto ancora sulla necessità di considerare prioritario il caso dei disoccupati senza pensione in età avanzata: "Su questo tema" ha dichiarato il ministro, "siamo d'accordo con Boeri. Lui sta facendo le simulazioni, poi vedremo il da farsi".

A decorrere dal 1° gennaio 2012 i lavoratori dipendenti, autonomi, in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (cioè lavoratori che erano nel sistema retributivo o misto al 31 Dicembre 2011) possono conseguire - ai sensi dell'articolo 24 comma 10 del DL 201/2011 - la pensione anticipata qualora, gli assicurati, abbiano maturato una anzianità contributiva pari a 42 anni ed un mese per gli uomini e a 41 anni ed un mese per le donne. Tale requisito contributivo va aumentato di un mese nel 2013 e di un ulteriore mese nel 2014.

Il requisito contributivo è inoltre soggetto agli adeguamenti alla speranza di vita di cui all'articolo 12, comma 12 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010. In forza di tale previsione, dal 1° gennaio 2013, il presupposto contributivo sopraindicato dovrà essere quindi aggiornato, con cadenza triennale, in relazione all'aumento della speranza di vita individuata secondo i criteri stabiliti dal decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze. Decreto da emanare almeno 12 mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento.

Tale provvedimento, dal 1º gennaio 2013, ha già aumentato di 3 mesi l'anzianità contributiva per il trattamento in parola e dal 1° gennaio 2016 il requisito contributivo aumenterà di altri 4 mesi. Attualmente i requisiti contributivi per la pensione anticipata, comprensivi degli ulteriori adeguamenti alla speranza di vita Istat individuati nella relazione alla Riforma Fornero del 2011, possono essere rappresentati dalla seguente tabella.

Ai fini del raggiungimento di tale requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità disciplinata dalla previgente normativa.

In altri termini è necessario perfezionare almeno 35 anni di contributi senza considerare i periodi di figurativi derivanti dalla disoccupazione indennizzata (tra cui anche l'Aspi e Mini-Aspi; cfr Circolare Inps 180/2014) e malattia.

Chi percepisce prima dei 62 anni di età il pensionamento anticipato subisce una penalizzazione sulle anzianità retributive maturate fino al 2011. Il taglio è pari al 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 60 anni di età e dell'1% per ogni anno prima dei 62. Pertanto un lavoratore che andasse in pensione anticipata a 59 anni subirebbe un taglio del 4% sulle anzianità retributive maturate entro il 2011.

La riduzione si applica sulla quota di trattamento pensionistico calcolata secondo il sistema retributivo. Pertanto, per coloro che hanno un’anzianità contributiva pari a 18 anni al 31 dicembre 1995, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011; mentre, per coloro che hanno un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, la cui pensione è liquidata nel sistema misto, la riduzione si applica sulla quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 1995.

La norma ha, inoltre, specificato che, nel caso in cui l'età raggiunta dal lavoratore al momento del pensionamento non sia interamente espressa in anni, la riduzione deve essere proporzionata al numero di mesi di età, oltre gli anni già raggiunti, che risulteranno raggiunti.

La Penalizzazione dal 1° Gennaio 2015 - Questo sistema di disincentivi è stato più volte oggetto di intervento da parte del legislatore, (l'ultimo con l'articolo 1, comma 113 della legge 190/2014) con cui si è disposto, in sostanza, la cancellazione della penalità sino al 31 Dicembre 2017. Per effetto di tale modifica, dunque, chi matura un diritto a pensione anticipata tra il 1° Gennaio 2015 e il 31 Dicembre 2017 non subirà più la decurtazione dell'assegno anche se non avrà raggiunto i 62 anni. Mentre la riduzione troverà applicazione a partire dal 1° Gennaio 2018.

I lavoratori il cui primo contributo versato è successivo al 31 dicembre 1995 (e che, quindi, hanno diritto alla liquidazione del trattamento pensionistico con il sistema contributivo) possono conseguire il trattamento anticipato al perfezionamento delle medesime anzianità contributive previste per i lavoratori nel sistema retributivo o misto e qui riportate.



domenica 19 gennaio 2014

Sistemi di calcolo delle pensioni a partire dal 2014



Il criterio di calcolo della pensione varia a seconda dell'anzianità contributiva maturata dal lavoratore al 31 dicembre 1995. La pensione è calcolata con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità al 31 dicembre 1995 (e per coloro che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo). I sistemi retributivo e misto continuano a convivere per i soggetti iscritti al 31 dicembre 1995.

Dal 1° gennaio 2012, anche ai lavoratori in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 18 anni al 31 dicembre 1995 verrà applicato il sistema di calcolo contributivo sulla quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.

L'importo percepito mensilmente da un pensionato si basa su un calcolo che, ha subito diversi cambiamenti, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione.

Fino al 1995, tale importo si calcolava col sistema retributivo, in base, cioè, allo stipendio percepito alla fine della carriera lavorativa. Ma quando ci siamo accorti che il numero dei pensionati cresceva troppo, rispetto a quello dei lavoratori, siamo passati al sistema contributivo, basato sui contributi effettivamente versati dal lavoratore, nel corso della sua vita lavorativa.

Il passaggio tra i due sistemi è stato regolato da diverse leggi, le quali hanno cercato di rendere la transizione meno traumatica possibile, salvaguardando i diritti già acquisiti dei lavoratori e, al contempo, rendendo economicamente sostenibile il sistema pensionistico.

Vediamo le regole attuali. L'importo dell'assegno mensile viene calcolato con criteri diversi, a seconda dell'anno d'inizio del lavoro. I tre sistemi applicabili sono descritti di seguito.

Sistema retributivo. L'importo della pensione viene calcolato in base alla media delle retribuzioni (o dei redditi, per i lavoratori autonomi) degli ultimi anni di lavoro (10 anni per i dipendenti e 15 per gli autonomi). Si calcola il 2 per cento di tale media, per ogni anno di contributi versati (ad esempio: con 40 anni di contributi, si prende l'80 per cento della media dello stipendio degli ultimi 10 anni). È il sistema più vantaggioso per il pensionato, ma dal 1 gennaio 2012 nessuno può più andare in pensione con un calcolo solo contributivo.

Sistema contributivo. L'importo della pensione viene calcolato in base ai contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa. La somma dei contributi versati ("montante") viene rivalutata, in base ad un indice fornito dall'Istat, basato a sua volta sulle variazioni quinquennali del Pil (prodotto interno lordo). Il risultato viene poi moltiplicato per un "coefficiente di trasformazione", variabile in funzione dell'età del lavoratore, al momento della pensione. Il suo valore varia tra il 4,42 per cento (pensionando di 57 anni) e il 5,62 per cento (pensionando di 65 anni).

Sistema misto. L'importo della pensione viene calcolato in parte secondo il sistema retributivo (retribuzione "pensionabile" moltiplicata per l'aliquota di rendimento e per gli anni di contribuzione) e per la restante parte con il sistema contributivo (somma di tutti i contributi versati nel periodo, moltiplicata per l'indice di rivalutazione e poi per il coefficiente di trasformazione).

Ed ecco come si applicano i diversi sistemi, in base all'anno di inizio dell'attività lavorativa.

Sistemi di calcolo della pensione

Chi, al 31 dicembre 1995, aveva già maturato almeno 18 anni di contributi. Sistema applicato retributivo fino al 31 dicembre 2011, poi contributivo

Chi, al 31 dicembre 1995, già lavorava, ma non aveva ancora maturato 18 anni di contributi Sistema applicato retributivo fino al 31 dicembre 1995, poi contributivo.

Chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Sistema applicato contributivo

Quindi la pensione è calcolata esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 e per i lavoratori che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo.

Per esercitare la facoltà di opzione è necessario che i lavoratori abbiano un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995 e possano far valere, al momento dell'opzione, una anzianità contributiva di almeno 15 anni, di cui 5 successivi al 1995.

Tale facoltà non può essere esercitata da chi ha maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995.



domenica 29 dicembre 2013

Pensioni da gennaio 2014 cosa cambia: donne, sistema contributivo e requisiti



Età pensionabile: 66 anni e 3 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi e per lavoratrici del settore pubblico, 63 anni e 9 mesi per lavoratrici del settore privato; 64 anni e 9 mesi per lavoratrici autonome. In merito alla pensione anticipata, per le persone in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, sono richiesti 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne.


Dal 1 gennaio per la vecchiaia serviranno fino a 64 anni e 9 mesi. Con le vecchie regole l’assegno sarà calcolato con il contributivo, ovvero per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 e per i lavoratori che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo. Dal 1995 gli assegni si misurano sulla base dei contributi versati: ciò significa che al momento della pensione la dote accumulata da ogni lavoratore si trasforma in rendita mensile applicando un coefficiente che tiene conto dell’età e delle aspettative di vita. La determinazione dell’importo della pensione con il sistema contributivo si basa dunque sul montante contributivo individuale costituito dagli accantonamenti dei contributi annuali ai quali sarà applicato il coefficiente di trasformazione. In pratica, per ogni anno di lavoro viene accantonata una somma determinata applicando l’aliquota di computo sul reddito imponibile corrispondente al 33% per i lavoratori dipendenti, 20% per gli autonomi, mentre per gli iscritti alla gestione separata sarà determinato anno per anno.

La pensione di vecchiaia delle donne si allontana sempre di più.  Da gennaio 2014 le lavoratrici dipendenti del settore privato potranno andare in pensione di vecchiaia solo dopo aver compiuto i 63 anni e 9 mesi, 18 mesi in più' rispetto ai requisiti previsti per il 2013 (62 anni e tre mesi). Dal 2014 scattano infatti i nuovi requisiti per il pensionamento di vecchiaia delle donne previsti dalla riforma Fornero che porteranno gradualmente alla parificazione delle eta' di vecchiaia all'inizio del 2018 (66 anni e tre mesi ai quali aggiungere l'adeguamento alla speranza di vita).

L’innalzamento del limite di età è iniziato nel 1993 con la riforma Amato che ha portato la soglia anagrafica, sebbene gradualmente, da 55 a 60 anni. A partire dal 2012 è cambiato tutto. La legge Monti-Fornero ha infatti dato un deciso colpo di acceleratore alla equiparazione con gli uomini, già peraltro decisa dal precedente governo Berlusconi, che nell’estate 2011 aveva previsto un percorso che doveva iniziare nel 2014 per raggiungere il traguardo nel 2026. Ma non è stato così.

Dal primo gennaio 2012, infatti, l’età delle donne è salita di colpo a 62 anni - soglia alla quale già nel 2013 sono stati aggiunti 3 mesi (per via dell’adeguamento alle cosiddette speranze di vita) - e sarà ulteriormente elevata a 63 anni e 9 mesi nel 2014. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è stato di 3 anni e 6 mesi (l’età è passata da 60 a 63 anni e mezzo). Limite che salirà a 64 e 9 mesi nel 2014. Più difficile infine anticipare la vecchiaia, per entrambi i sessi. Chi non ha ancora l’età, l’anno prossimo dovrà infatti accumulare almeno 42 anni e 6 mesi di contributi (41 e 6 mesi le donne).

Le sole donne che scelgono di andare in pensione con le vecchie regole - ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se lavoratrici autonome) - potranno continuare a farlo, in via eccezionale sino al 2015, scegliendo però un trattamento calcolato interamente con il sistema contributivo vedere sopra . Questo criterio, riferito alla contribuzione accumulata nell’arco della intera vita lavorativa, è sicuramente meno vantaggioso del sistema «retributivo», riferito agli stipendi degli ultimi anni, con una perdita in termini di pensione stimato in misura pari a circa il 25-30%.

Ecco in sintesi i requisiti per l'uscita da lavoro nel 2014, in presenza comunque di almeno 20 anni di contributi (se si hanno contributi accreditati prima del 1996. Se si e' cominciato a versare dopo il 1996 e' richiesto anche un importo di pensione di almeno 1,5 volte la soglia minima):

Donne dipendenti settore privato: potranno andare in pensione di vecchiaia le donne con almeno 63 anni e 9 mesi di età. Dal 2016 (fino al 31 dicembre 2017) scatterà' un ulteriore scalino e saranno necessari 65 anni e tre mesi ai quali aggiungere l'aumento legato alla speranza di vita. Potranno quindi andare in pensione ancora quest'anno con 62 anni e 3 mesi le lavoratrici nate prima del 30 settembre 1951 mentre se si e' nate a ottobre dello stesso anno l'uscita dal lavoro sarà' rimandata almeno fino a luglio del 2015.

Donne autonome e gestione separata: nel 2014 le lavoratrici autonome potranno andare in pensione con almeno 64 anni e 9 mesi, con un anno in più' rispetto a quanto previsto per il 2013. Per il 2016 e il 2017 saranno necessari almeno 65 anni e 9 mesi, requisito al quale andrà' aggiunta la speranza di vita.

Uomini settore privato: nel 2014 vanno in pensione con gli stessi requisiti del 2013 (66 anni e tre mesi). I requisiti cambiano nel 2016 con l'adeguamento alla speranza di vita.

Settore pubblico, uomini e donne: restano i requisiti previsti per il 2013. Si va in pensione ancora nel 2014 e fino al 2015 con 66 anni e tre mesi di eta'. Il requisito andrà' adattato alla speranza di vita nel 2016.

Pensione anticipata: nel 2014 gli uomini potranno andare in pensione in anticipo rispetto all'età' di vecchiaia se hanno almeno 42 anni e 6 mesi di contributi versati, un mese in più' di quanto previsto nel 2013. Per le donne saranno necessari almeno 41 anni e 6 mesi di contributi (un mese in più' di quanto previsto nel 2013). Anche i requisiti per la pensione anticipata andranno adeguati dal 2016 all'aumento della speranza di vita.

Al momento della liquidazione della pensione, il montante contributivo individuale con sistema contributivo viene moltiplicato per il coefficiente di trasformazione, che aumenta proporzionalmente all’aumentare dell’età di pensionamento. Per individuare il coefficiente di trasformazione, che si applicava ai lavoratori privi di anzianità contributiva alla data del 1° gennaio 1996, occorreva fare riferimento alla seguente tabella:









domenica 14 luglio 2013

L'Inps dal luglio 2013 è online sui social network


L’Inps è online anche su Twitter, con un profilo ufficiale che estende e consolida la presenza dell’Ente di previdenza sui social media. Non solo: da luglio 2013 l’Inps, nell’ambito del processo verso un’amministrazione più trasparente, rende maggiormente accessibili i propri dati nella sezione Open Data del sito www.inps.it.

Quindi un profilo Twitter per favorire la diffusione delle informazioni, raggiungere un pubblico che predilige nuove piattaforme di distribuzione, di informazioni e comunicazioni, incrementando l'ascolto e l'interazione con i propri utenti. E' stato attivato l'Inps (@inps_it), che consolida così la sua presenza sui network di internet . Il profilo Twitter dell'Istituto si aggiunge a quello già attivo su Facebook, che si compone di quattro pagine tematiche:
riscattare la laurea;
utilizzare i buoni lavoro;
gestire il lavoro domestico;
pensioni: sistema contributivo.

La pagina di Facebook conta già più di 15mila iscritti. L'Inps è presente anche su Youtube con un proprio canale ufficiale, che ha raggiunto circa 30mila visualizzazioni. Un'esperienza positiva, consolidata anche da un importante riconoscimento ricevuto: nel 2012, infatti, le pagine tematiche Facebook dell'Istituto hanno vinto il premio e-gov per la sezione "un governo più aperto". Diventando followers del profilo @inps_it su Twitter gli utenti potranno essere costantemente aggiornati su tutte le novità pubblicate dall'istituto. "I contenuti diffusi attraverso il profilo Twitter – avvertono però dall'Inps - avranno solo una valenza informativa generale. Per eventuali approfondimenti, richieste di servizi o prestazioni, occorre far riferimento al sito www.Inps.It ". Sul portale istituzionale è disponibile da oggi anche una sezione dedicata alla presenza dell'istituto sui social media (pagine tematiche Facebook, canale ufficiale Youtube e profilo Twitter).


Attraverso i social network l'Istituto punta a divulgare le comunicazioni sulle attività e i servizi erogati, comunicati stampa, pubblicazioni e documenti ufficiali, novità normative, informazioni su iniziative ed eventi di settore, immagini e video istituzionali.

E stata un’esperienza positiva consolidata anche da un importante riconoscimento ricevuto. Nel 2012, infatti, le pagine tematiche Facebook dell’Istituto hanno vinto il Premio E Gov per la sezione “Un governo più aperto”, nell’ambito della VIII edizione del premio omonimo.

Il profilo @Inps_it è raggiungibile direttamente all’indirizzo: www.twitter.com/Inps_it. Gli utenti potranno essere costantemente aggiornati su tutte le novità pubblicate dall’Istituto. I contenuti diffusi attraverso il profilo Twitter avranno solo una valenza informativa generale. Per eventuali approfondimenti, richieste di servizi o prestazioni, occorre far riferimento al sito www.inps.it.
Sul portale istituzionale è disponibile da oggi anche una sezione dedicata alla presenza dell’Istituto sui social media (pagine tematiche Facebook, canale ufficiale YouTube e profilo Twitter). La sezione “INPS Social Network” è raggiungibile seguendo il percorso HOME > INPS COMUNICA > INPS SOCIAL NETWORK, e comprende anche alcune importanti linee guida (Social Media Policy), utili per chiarire le modalità di relazione e comunicazione adottate dall’Inps sui social network.

La novità più importante riguarda open data e accessibilità una nuova modalità che consente, attraverso delle specifiche API (Application programming interface), un accesso più semplice agli sviluppatori di applicazioni ai dataset pubblicati. L’Inps è la prima PA italiana a fornire l’innovativo strumento e questa iniziativa ne conferma il ruolo di benchmark nel panorama della Pubblica Amministrazione.

Nel corso dell’ultimo anno, dal sito Inps sono stati scaricati oltre 573mila dati in formato aperto, di cui il 10% eseguiti dall’estero. E gli utenti, che possono lasciare un suggerimento ed esprimere la propria opinione su ogni singolo dataset, hanno mostrato un gradimento significativo attribuendo un voto che supera il 7 (su un valore massimo di 10).

Lanciata nel marzo 2012, la sezione Open Data dell’Inps pubblica oggi più di 320 dataset scaricabili nei formati Excel, CSV e XML e rilasciati con licenza IODL 2.0. In piena aderenza con la logica del riuso dei dati, l’INPS dedica spazio agli sviluppatori che utilizzano i dati del portale attraverso una form di segnalazione delle applicazioni realizzate e, insieme, permette di visualizzare il numero e la localizzazione dei downolad attraverso una mappa interattiva e costantemente aggiornata.

L’Inps continua così il percorso per una maggiore trasparenza e accessibilità dei propri dati: la realizzazione delle API degli Open Data, infatti, è strettamente in linea con l’Open Data Charter sottoscritta al recente G8 dalle Nazioni partecipanti, un documento che pone i Governi di fronte all’impegno di esporre e valorizzare il patrimonio informativo, ricordiamo in questo contesto il  “Social mobility and welfare”, che in Italia può essere ben rappresentata da Open Data INPS, il datastore che espone l’insieme dei dati aperti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

martedì 21 maggio 2013

Governo e la politica del lavoro 2013: esodati, pensione anticipata e staffetta generazionale


Come già scritto su queste pagine con la riforma del lavoro dal 2013 si potrà andare in pensione di vecchiaia con almeno 62 anni e tre mesi se donne (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e con 66 anni e tre mesi se uomini. Si potrà andare in pensione anticipata solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne.

In vista nuove tutele per gli esodati (salvaguardati) e le possibili modificazioni alla riforma delle pensioni che privilegino le staffetta generazionale e sconfortino la pensione anticipata: vediamo i piani del Governo per il 2013.

Per tutelare gli esodati il Governo ragiona su nuove misure per limitare il numero dei salvaguardati si pone come obiettivo di scoraggiare la pensione anticipata, introducendo nella Riforma Fornero elementi di flessibilità sull’età pensionabile e meccanismi del tipo staffetta generazionale.

Queste sono le linee guida illustrate a più riprese dal ministero del Lavoro, Enrico Giovannini.

Il problema riguarda in modo particolare chi è vicino all’età pensionabile (ma che per effetto della Riforma Fornero, non l’ha raggiunta) e chi rischia di trovarsi in analoga situazione nei prossimi anni. Innanzitutto bisogna «migliorare il sistema informativo»: davanti a stime più esatte attese dall’INPS, il governo prenderà le sue disposizioni.

Il punto, ha spiegato Giovannini, non è soltanto «la tutela degli esodati, ma la transizione a un sistema pensionistico che, a causa della riforma, ha subito un brusco cambiamento». Su 130mila lavoratori tutelati, ad oggi sono solo 7mila gli esodati che hanno ottenuto la pensione. Giovannini ha quindi fornito indicazioni sul completamento delle salvaguardie previste.

Per il primo decreto, a fronte dei 65mila soggetti che dovevano essere salvaguardati, ne sono stati salvaguardati 62mila». Ma «non significa che le risorse relative a questi ulteriori 3mila soggetti verranno perdute, perché i decreti successivi indicano chiaramente che le eventuali economie possono essere impiegate in essi».

Per il secondo decreto, «le imprese avrebbero dovuto comunicare entro il 31 marzo le liste dei soggetti che si prevede verranno licenziati (quindi perderanno il posto di lavoro) entro il 31 dicembre, ma in realtà non l’hanno fatto. Perché? Perché non c’è incertezza, anche dal punto di vista delle imprese, se questi soggetti effettivamente verranno espulsi dal sistema produttivo entro quest’anno, o se invece si andrà all’anno prossimo».

Il governo sta considerando di rendere più flessibili le misure che consentono la pensione anticipata, continuando a consentirla ma sempre con decurtazione dell’assegno, e magari incentivare chi invece rimane al lavoro più a lungo.

La legge attualmente prevede per le donne con 35 anni di contributi e 57 anni di età la possibilità di ritirarsi ma calcolando la pensione con metodo contributivo (significa un assegno più basso di almeno il 30% rispetto al retributivo o misto). La riforma Fornero prevede anche un ritiro anticipato per uomini e donne prima dei 62 anni, ma con un prelievo dell’1-2% per ogni anno in meno rispetto all’età pensionabile. Per la pensione anticipata senza decurtazioni bisogna avere 42 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e cinque mesi per le donne).

Infatti, la staffetta generazionale che il ministro del Lavoro sta portando avanti conferma che questo provvedimento sia un punto centrale nel suo progetto. C’è da mettere in evidenza che ci sono diversi modi per realizzare il graduale passaggio di consegne tra i lavoratori anziani e quelli giovani. Un a prima l’idea è quella di un part-time per i lavoratori vicini all’età pensionabile, che manterrebbero la contribuzione piena (a carico dell’ente previdenziale) mantenendo i requisiti pensionistici. Le aziende risparmierebbero ma dovrebbero in cambio assumere un giovane per ogni part-time di un lavoratore anziano, per esempio in apprendistato o a tempo indeterminato.

La seconda idea prevede che il lavoratore anziano non vada in part time ma in pensione prima della scadenza naturale. E in questo caso bisogna intervenire sull'altra riforma Fornero, proprio quella che ha alzato l'età pensionabile.

domenica 2 dicembre 2012

Riforma delle pensioni: vediamo cosa cambia da gennaio 2013


Da gennaio 2013 la riforma delle pensioni, chiesta dall’Ue all’Italia nella primavera del 2011, sarà in vigore operativa. Una riforma che secondo la Ragioneria dello Stato, in grado di far risparmiare alle casse pubbliche 22 miliardi di euro nell’arco dei prossimi 7 anni. Merito di due elementi: l’allungamento dell’età pensionabile e il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo.

Se alla fine del 2012 sono usciti dal lavoro i dipendenti che hanno maturato i requisiti a fine 2011 (e poi hanno dovuto attendere i 12 mesi previsti dalla finestra mobile), dal 2013 i lavoratori dipendenti potranno lasciare il lavoro solo con le regole previste dalla riforma (continueranno ad andare ancora fino a giugno con le vecchie regole gli autonomi che hanno dovuto attendere 18 mesi per la finestra mobile).

Per chiarire dal 2013 si potrà andare in pensione di vecchiaia con almeno 62 anni e tre mesi se donne (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e con 66 anni e tre mesi se uomini. Si potrà andare in pensione anticipata solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne.

Comunque per avere la pensione si dovrà lavorare almeno tre mesi in più. Ecco le novità che scatteranno il primo gennaio 2013 sul fronte previdenziale. La causa è il meccanismo che adegua alle aspettative di vita i coefficienti di trasformazione in rendita e i requisiti di età. Mentre l'adeguamento sarà triennale sino al 2019, e successivamente diventerà biennale».

L’adeguamento dei coefficienti si applica al sistema contributivo (che si basa sui contributi versati durante l’intera vita lavorativa) e riguarda, in tutto o in parte, tutti i lavoratori.

Per le donne è previsto aumento significativo dell'età che crescerà ancora gradualmente fino al 2018 (quando sarà equiparata a quella degli uomini). Fino a tutto il 2012 sono andate in pensione di vecchiaia donne dipendenti con 61 anni (60 più uno di finestra mobile) e lavoratrici autonome con 61 anni e mezzo (60 anni più 18 mesi di finestra mobile), mentre dal 2013 bisognerà attendere per le dipendenti i 62 anni e tre mesi e per le autonome 63 anni e 9 mesi. Dal 2014 ci vorranno 63 anni e 9 mesi per le dipendenti e 64 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome. Per evitare il salto repentino previsto per gli anni successivi è previsto che le dipendenti che abbiano compiuto 60 anni entro il 2012 possano andare in pensione a 64 anni e 7 mesi.

Per gli uomini con l'abolizione delle quote e l'incremento di un anno per gli anni di contributi necessari per l'uscita (oltre l'aspettativa di vita) terrà ancora al lavoro chi effettivamente pensava di aver concluso il periodo lavorativo. Se infatti per la pensione di vecchiaia basteranno nel 2013 66 anni e 3 mesi (a fronte dei 66 anni con cui si è usciti fino a fine 2012), per la pensione anticipata ci vorranno 42 anni e 5 mesi di contributi. In pratica, se si è nati dopo il 1946, per ritirarsi dal lavoro bisognerà aver cominciato a lavorare almeno nel 1972 (se si è cominciato nel 1971 è stato possibile uscire nel 2012 grazie a 40 anni di contributi più uno di finestra mobile). Anche per gli uomini dipendenti è prevista una eccezione con la possibilità di andare in pensione a 64 anni se si sono maturati entro il 2012 60 anni di età e 35 di contributi.

E’ stato calcolato che i nuovi coefficienti riducono gli assegni intorno al 2-3%. Inoltre, con il nuovo sistema il quando e il quanto della pensione future saranno agganciati alle statistiche sulla vita media.

L’adeguamento, curato dall’Istat, sarà triennale sino al 2019 e poi biennale. Occorre infine ricordare che, per tutto il 2013, le pensioni tre volte superiori all’assegno minimo (pari a 1.405 euro lordi) non godono dell’indicizzazione all’inflazione.

Vediamo i nuovi coefficienti presente nella nuova riforma delle pensioni. Innanzitutto diciamo che i coefficienti si applicano solo alla parte contributiva degli assegni e, per la prima volta, si riferiscono anche a chi resta al lavoro fino a 70 anni.

In modo specifico mettiamo in evidenza i nuovi coefficienti, che saranno in vigore dal primo gennaio 2013 al 31 dicembre 2015.

Data pensione a 57 anni: il nuovo coefficiente è pari al 4,304% (rispetto al 4,42% precedente);
Data pensione a 58 anni: il nuovo coefficiente è pari al 4,416% (rispetto al 4,54% precedente);
Data pensione a 59 anni: il nuovo coefficiente è pari al 4,535% (rispetto al 4,66% precedente);
Data pensione a 60 anni: il nuovo coefficiente è pari al 4,661% (rispetto al 4,80% precedente);
Data pensione a 61 anni: il nuovo coefficiente è pari al 4,796% (rispetto al 4,94% precedente);
Data pensione a 62 anni: il nuovo coefficiente è pari al 4,940% (rispetto al 5,09% precedente);
Data pensione a 63 anni: il nuovo coefficiente è pari al 5,094% (rispetto al 5,26% precedente);
Data pensione a 64 anni: il nuovo coefficiente è pari al 5,259% (rispetto al 5,43% precedente);
Data pensione a 65 anni: il nuovo coefficiente è pari al 5,435% (rispetto al 5,62% precedente);
Data pensione a 66 anni: il nuovo coefficiente è pari al 5,624%: da questo momento in poi non c’è un confronto precedente perché è la prima volta che i coefficienti incamerano un’età pensionabile sopra i 65 anni;
Data pensione a 67 anni: il nuovo coefficiente è pari al 5,826%;
Data pensione a 68 anni: il nuovo coefficiente è pari al 6,046%;
Data pensione a 69 anni: il nuovo coefficiente è pari al 6,283%;
Data pensione a 70 anni: il nuovo coefficiente è pari al 6,541%.

I coefficienti calano rispetto a quelli in vigore dal 2010, abbassando l’importo degli assegni delle future pensioni. I coefficienti dai 66 anni in poi sono più alti di quello previsto nel 2010 relativo ai 65 anni (che era l’ultimo), il che significa che chi va in pensione dai 66 ai 70 anni invece ci guadagna. In sostanza, il coefficiente relativo ai 65 anni fa perdere circa il 3% sull’importo della pensione, mentre aspettando fino a 70 anni, rispetto ai vecchi coefficienti, si guadagna circa il 16%.

I coefficienti si applicano solo alla parte contributiva della pensione. Significa che avranno un impatto tutto sommato abbastanza limitato su coloro che, lavorando dal 1977, avevano già 18 anni di contributi al 31 dicembre ’95 (la parte contributiva si applica solo a partire dal primo gennaio 2012, in base alla riforma Monti-Fornero, mentre tutta la parte precedente si calcola con il retributivo).

Si applicano invece all’intero montante per chi va in pensione interamente con il metodo contributivo, ovvero per tutti coloro che hanno iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre ’95 (quindi hanno iniziato a lavorare dopo questa data).
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