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lunedì 14 novembre 2016

Lavoro: Assosomm e l'occupazione femminile


Nuova iniziativa di sensibilità sociale per promuovere la quota rosa del mercato del lavoro italiano. E' Filiale in Rosa 2016, lanciata da Assosomm, l’Associazione nazionale che raggruppa le agenzie per il lavoro. “Cresce il numero di donne occupate e si riducono le inattive: è un segno -spiega Grazia Carfagno, consigliere di Assosomm- che qualcosa sta cambiando nel mercato del lavoro, che si tinge di rosa”.

“E' per sostenere questo positivo trend -sottolinea- che abbiamo ideato questa speciale iniziativa, Filiale in Rosa 2016, nonché per dare un nuovo e ulteriore segno di proattività come agenzie per il lavoro, troppo spesso accusate di essere dispensatrici di instabilità quando invece tutto il loro impegno quotidiano è speso per cercare di offrire nuove occasioni di sperimentazione professionale”. Le mattine di sabato 19 e di sabato 26 novembre, molte filiali delle agenzie per il lavoro associate ad Assosomm terranno aperte le proprie porte per rispondere alle domande delle donne in tema di migliorabilità occupazionale. Gli esperti delle agenzie aderenti saranno così gratuitamente a disposizione per rispondere a qualsiasi dubbio in materia, per esempio, di ricollocamento, bilancio delle competenze, formazione, compilazione di un cv davvero efficace.

“A settembre 2016 -commenta Grazia Carfagno- il tasso di occupazione femminile è salito al 48,2% (+0,9% in un anno) e sono calate le inattive di 305 mila unità, segno della voglia di partecipare al mercato del lavoro. E i 384 mila posti conquistati in un anno dagli over 50 si sono distribuiti equamente tra uomini e donne". "Ma, anche se i dati sono incoraggianti, resta ancora molto da fare per portare più massicciamente al lavoro le donne. E' per questo che abbiamo deciso, come associazione, di promuovere questa iniziativa, per agevolare, quindi, questa ondata rosa”, avverte.

“E' necessario ripristinare i principi della ‘Womenomics’, di un’economia, cioè, e di una società -sostiene Carfagno- basate sulle donne. Ma non si tratta di puntare tutto sulle quote rosa (anche se per i posti al femminile nei consigli di amministrazione la formula sta funzionando, visto che l’Italia, con il suo 30,8% di donne nei cda, è al quarto posto a livello globale)".

"Si tratta - chiarisce - di creare percorsi virtuosi per aiutare le donne a entrare nel mercato del lavoro e a conquistare un maggior numero di posti. Inoltre, va creata una rete di servizi che facilitino le donne a conciliare famiglia e lavoro”.

Insomma, “una mattinata per parlarne insieme -sintetizza Carfagno- perché, molto spesso, le persone disoccupate sono persone scoraggiate, convinte di aver percorso ogni strada possibile per trovare un’occupazione professionale". "E in verità, poi, sono molti i nodi che rimangono non sciolti nel percorso che dovrebbe, più efficacemente, condurre un disoccupato alla soluzione del suo stallo", conclude.

Informazioni e supporto per l’occupazione femminile il 19 e 26 novembre presso le filiali delle Agenzie per il lavoro aderenti ad Assosomm.

Sostenere l’occupazione femminile, aiutandole a sviluppare le loro potenzialità lavorative e a migliorare competenze e conoscenze: questo l’obiettivo dell’iniziativa promossa da Assosomm che vedrà coinvolte le cento filiali delle Agenzie per il lavoro aderenti nelle giornate del 19 e del 26 novembre.

Nelle due date si svolgerà #filialiinrosa2016, progetto che prevede l’apertura delle filiali alle donne che vorranno chiedere informazioni agli esperti e ricevere supporto per la compilazione del CV, per la formazione, per il ricollocamento.

In queste giornate, molte filiali delle tante Agenzie per il Lavoro associate ad Assosomm terranno aperte le proprie porte per rispondere alle domande delle donne in tema di migliorabilità occupazionale. Gli esperti delle Agenzie aderenti saranno così gratuitamente a disposizione per rispondere a qualsiasi dubbio in materia, per esempio, di ricollocamento, bilancio delle competenze, formazione, compilazione di un cv davvero efficace.


Sul sito di Assosomm è pubblicato l’elenco delle filiali aderenti.



mercoledì 23 settembre 2015

Smart working: lavoro agile e forme flessibili


Lo Smart Working dovrebbe consistere in una prestazione di lavoro subordinato che si svolge con le seguenti modalità:

a) esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, per un orario medio annuale inferiore al 50 per cento dell'orario di lavoro normale;

b) utilizzo di strumenti telematici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;

c) assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali.

La prestazione lavorativa deve essere disciplinata da un accordo scritto tra le parti, nel quale sono definite le modalità concrete di esecuzione della prestazione resa fuori dai locali aziendali, gli strumenti telematici utilizzati dal lavoratore, e la durata oraria della prestazione medesima.
Il datore di lavoro deve adottare misure atte a garantire la protezione dei dati utilizzati ed elaborati dal lavoratore che svolge la propria prestazione lavorativa.

Il lavoratore che svolge la propria prestazione lavorativa è tenuto custodire con diligenza tutte le informazioni aziendali ricevute tramite le apparecchiature telematiche messe a disposizione dall’azienda; l’obbligo si estende anche alle apparecchiature telematiche, che devono essere custodite in modo tale da evitare il loro danneggiamento o smarrimento.

Il futuro dell’organizzazione del lavoro passa necessariamente da qui: lì dove il lavoro incontra le nuove tecnologie, infatti, nascono occasioni che non possiamo permetterci di ignorare e che ci portano a un importante cambiamento di mentalità.

Da una parte, numerose ricerche dimostrano che chi lavora fuori dell’azienda è mediamente più produttivo dei dipendenti che sono in ufficio (grandi aziende internazionali riportano un aumento di produttività del 35-40%), si assenta meno (circa il 63% di assenteismo in meno) ed è sicuramente più soddisfatto, riducendo così le possibilità che decida di lasciare l’azienda, costringendo quest’ultima a investire risorse nella formazione di una nuova persona. Non solo: una recente ricerca prodotta dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano stima che l’adozione di pratiche di smart working in Italia potrebbe significare 27 miliardi in più di produttività e 10 miliardi in meno di costi fissi.

Puntare su modelli di lavoro agile, o smart working, comporta notevoli vantaggi, sia per l’imprenditore che per la forza lavoro, in termini tanto di produttività e competitività che di occupazione. Incentivare lo smart working significa ridurre i costi fissi degli uffici, liberando così risorse che le aziende possono investire nella crescita e nell’occupazione.

Ad evidenziare le potenzialità dello smart working è una recente ricerca di Regus condotta tra 44.000 manager e professionisti di tutto il mondo, l’81% dei quali (87% in Italia) ritiene che sia prioritario ridurre i costi fissi della gestione degli uffici e degli spazi sottoutilizzati per poter liberare risorse da investire nella crescita e per creare nuovi posti di lavoro.

Dall’indagine è emerso inoltre che la maggior parte degli imprenditori e dei manager ritiene lo smart working sia fondamentale per sviluppare la crescita economica, ma anche che servono incentivi per promuovere le modalità di lavoro agile.

Si tratta di nuove modalità organizzative che consentono ai dipendenti di lavorare da remoto senza la presenza fisica in ufficio stanno diffondendosi in molte aziende anche del nostro Paese e lo smart working non è più una semplice questione organizzativa del lavoro basata sulla flessibilità o finalizzata all’ottimizzazione dei costi delle imprese, ma assume un ruolo più ampio e strategico anche per l’agenda politica e sociale del Paese.

Per quanto riguarda l’occupazione femminile, il 78 % (media globale 83%) pensa che lo smart working possa favorire il rientro dalla maternità e il bilanciamento degli impegni tra attività lavorativa e la gestione dei figli, mentre per il 70% (media globale 59%) ritiene che modalità lavorative basate sulla flessibilità degli orari e dei luoghi dove svolgere la propria attività possono anche facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e contrastare in parte il fenomeno della disoccupazione giovanile.

Questa tipologia può svolgere un ruolo determinante per stimolare l’economia e per far crescere l’occupazione. Attraverso la riduzione di costi fissi per la gestione di uffici e spazi lavoro, le imprese possono così liberare risorse da reinvestire nella crescita e nell’occupazione. Grazie a modalità organizzative del lavoro che prevedono agilità e flessibilità si consente inoltre a molte persone, in particolare le mamme, di poter conciliare al meglio la loro vita professionale e personale e di poter continuare a rimanere nel mondo del lavoro.

domenica 7 ottobre 2012

Occupazione femminile: difficile trovare lavoro in meridione

Per le ragazze –donne del Mezzogiorno lavorare è l'eccezione: secondo i dati dell'Istat, infatti, nel secondo trimestre del 2012 il tasso d'occupazione tra le under 30 è appena al 16,9%. Un livello così basso non si era mai registrato sin dall'inizio delle serie storiche trimestrali, ovvero dal secondo trimestre 2004.

Un minimo che evidenzia come l'occupazione per le ragazze al Sud abbia toccato il fondo. E' da tenere presente che nella fascia d'età 15-29 anni è molto elevata la quota di studenti, soprattutto tra i più giovani.

Guardando alle 18-29enni meridionali, il tasso di occupazione presenta un lieve miglioramento, al 20,7%. E' evidente il divario con il Nord, dove la quota di giovani occupate tra i 18 e i 29 anni sale al 45,7%, e con la media nazionale (pari al 34,0%).

Meno di due giovani su dieci ha un posto di lavoro. Il Censis ha elaborato una sintesi simbolica, ma efficace: "Segregazione occupazionale". L'odierno studio dell'Istat non fa che confermare la rilevazione Censis, contabilizzando questa espressione. L'esito è da far tremare i polsi per tutte le considerazioni riguardanti le pari opportunità e le problematiche inerenti il fattore D: «Nel Mezzogiorno la probabilità di lavorare per le ragazze è quasi azzerata: la crisi ha eroso ancora di più le opportunità, con il tasso di occupazione sceso tra aprile e giugno a un minimo del 16,9% per le giovani tra i 15 e i 29 anni, vale a dire che meno di due su dieci ha un posto». Scrive l'Istat che una quota così bassa non si registrava dal secondo trimestre del 2004, ovvero dall'inizio delle relative serie storiche. Un nuovo record negativo.

L'economista Innocenzo Cipolletta, presidente di Ubs Italia, ha sostenuto che è l'ennesima conferma della q
uestione meridionale, sulla quale si confrontano da un secolo e mezzo tutte le classi dirigenti italiane. E aggiunge che in questi ultimi venti anni il problema si è ulteriormente accentuato per lo scarso utilizzo dei fondi europei (sui quali l'attuale ministro per la Coesione Territoriale, Fabrizio Barca, si sta spendendo per renderli effettivamente utilizzabili e rilanciare in parte l'occupazione senza la logica degli "investimenti a pioggia").

«Per anni li abbiamo sotto-utilizzati - ha detto Cipolletta - perché la nostra capacità negoziale nell'Unione Europea era ridotta dato l'alto indebitamento. Ora è arrivato il momento di invertire la tendenza, coinvolgendo le regioni ad abbassare l'Irap alle aziende e incoraggiandole a fare nuove assunzioni». Una fiscalità di vantaggio, in realtà già tentata diverse volte, che ora però si confronta con quello che il Censis ha chiamato il rischio "desertificazione industriale" che si staglierebbe dietro l'angolo per tutte le regioni meridionali, se non si rilancia anche tutto il sistema infrastrutturale del Sud - necessario per la logistica, ad esempio - con lo sblocco dei fondi Cipe.

Certo è che la rilevazione Istat testimonia ancor più le difficoltà per le under 30, che da sempre viaggiano su tassi molto bassi di occupazione. Resta così evidente il divario con il Nord, dove la quota di giovani occupate tra i 18 e i 29 anni sale al 45,7%, e con la media nazionale per la componente femminile (pari al 34%).

Tesi suggestiva è quella secondo la quale le donne del Sud rifiuterebbero un'occupazione perché gravate di tutti gli oneri familiari: dalla cura e l'assistenza ai bimbi e agli anziani a tutto ciò che concerne i lavori domestici. Rileva Cipolletta che evidentemente c'è anche una questione culturale, che spinge le donne del Sud ad evitare il "pendolarismo" verso nord alla ricerca di lavoro, perché fondamentali nell'economia familiare. Forse allora incentivare la nascita al Sud di centri di assistenza per anziani non autosufficienti e asili nido (pubblici) può quanto meno mitigare la condizione "segregata" delle donne meridionali. Per rilanciare il sistema-Paese nel suo complesso.

domenica 23 settembre 2012

Lavoro:rapporto dell’Osservatorio Censis-Abi


Cresce l’occupazione femminile: +1,3%. Le donne italiane hanno dimostrato di saper reagire meglio alla crisi in corso. Nei primi due trimestri del 2012: -1,3% l'occupazione maschile, +1,3% quella femminile. Lo evidenzia un rapporto dell'Osservatorio Censis-Abi secondo il quale ''l'Italia può contare sulle donne per guardare con maggiore ottimismo al domani e lavorare a una ricetta per il Paese''. Il 16% delle lavoratrici sono autonome (contro una media europea del 10%), il 3,6% imprenditrici con personale alle loro dipendenze.

L'occupazione femminile sembra resistere dunque meglio di quella maschile. Se nel 2011 l'occupazione maschile - evidenzia lo studio Censis-Abi - è tornata al livello del 2004, le donne hanno visto aumentare la propria partecipazione al lavoro di 566.000 unità. Una tendenza che sembra confermata anche nel 2012.

La disoccupazione femminile è passata in 8 anni dal 10,5% del 2004 al 9,6% del 2011, mentre quella maschile dal 6,4% al 7,6%. ''Non va sottovalutato - evidenzia lo studio - come le donne continuino a presentare, almeno sotto il profilo contrattuale, una condizione di rischio maggiore rispetto ai colleghi maschi: nel 2011 risultano occupate con contratti atipici il 14,5% di esse (contro il 10% degli uomini), per lo più con contratti a termine (12%) e in parte di collaborazione a progetto o occasionale (2,5%)''.

La crescita della partecipazione delle donne al lavoro è stata stimolata dunque anche dal ''massiccio ricorso a forme di flessibilità contrattuale''.  La crisi sembra avere involontariamente salvaguardato proprio quelle dimensioni del lavoro più tipicamente femminili: il lavoro terziario e il lavoro meno rigido e meno 'caro' per i datori di lavoro.

sabato 10 marzo 2012

Allarme lavoro: l’ 8 marzo 2012 e le donne

L'8 Marzo, nell’anno della crisi economica per le donne è vera emergenza lavoro. Per le donne italiane, i numeri sull'occupazione sono allarmanti (lavorano meno della metà, prendono il 20% in meno in busta paga rispetto agli uomini) e il confronto europeo è veramente drammatico (solo la piccola isola, lo stato di Malta sta peggio dell’Italia). Le donne occupate sono il 46,1% (2010), il Sud è al 30,5% (56,1% al Nord); significativo è il tasso di non occupazione (non attività), o meglio coloro che non cercano più un lavoro) che secondo le stime ufficiali è al 48,9% contro il 35,5% europeo, differenza significativa. Nel mese di dicembre 2011, la disoccupazione femminile è cresciuta del 3,2% rispetto al 2010. E quando si diventa mamme, una su tre lascia il lavoro.
Questo deve essere un motivo per sperare che ci sia per le donne una tendenza diversa un cambio: quindi è augurabile che bisogna investire sul lavoro delle donne, anche per uscire dalla crisi e rilanciare il paese. ''La situazione delle donne nel mercato del lavoro è peggiorata con la crisi, quantitativamente e qualitativamente, partendo da una situazione già grave'' come ha sostenuto Linda Laura Sabbadini, direttore del dipartimento statistiche sociali e ambientali dell'Istat. Infatti in due anni, dal 2008 al 2010 l'occupazione femminile è diminuita di 103 mila unità (-1,1%); e si è anche ridotta l'occupazione qualificata (-270 mila), mentre si è sviluppata quella non qualificata (+218 mila). Ovviamente cresce il contratto di lavoro a tempo parziale  e si accentuano le disparità. Favorire l' occupazione femminile vuol dire anche intervenire sul lavoro di cura e servizi per le donne:''O si redistribuisce il lavoro di cura fra i generi - osserva Sabbadini - sviluppando la rete dei servizi e il lavoro flessibile o difficilmente potrà esserci futuro per l'occupazione femminile.
Occupazione e tempi di cura sono temi fra loro legati anche per Maria Teresa Roghi, responsabile pari opportunità dell'Ugl, per la quale ''non c'è niente da festeggiare''. ''Tuttora, infatti - ha osservato - le donne hanno difficoltà a trovare un'occupazione, e se la ottengono devono combattere per riuscire a conciliare i tempi di vita con quelli del lavoro. Senza contare le forti discriminazioni che ancora esistono a livello economico e professionale".

domenica 19 febbraio 2012

Riforma del mercato del lavoro 2012 i nodi da sciogliere


E' giusto ricordare che con le regole attuali sul licenziamento il datore di lavoro sa che deve  rinunciare a licenziare i dipendenti che non sono produttivi o poco fedeli al principio dell'azienda  perché è consapevole che il giudice del lavoro reintegrerebbe il lavoratore, e per di più dovrà dovendo pagare al dipendente reintegrato tutti gli arretrati.
Vediamo quali sono gli argomenti in gioco per la riforma del mercato del lavoro l'obiettivo è  di aumentare il tasso di partecipazione al mercato stesso e  ridurre il dualismo tra garantiti e precari e dare maggiori opportunità a giovani e alle donne.
Occupazione femminile: il ministro del lavoro Elsa Fornero è molto sensibile al tema e ha già annunciato sgravi fiscali per favorire l'occupazione femminile. Nel nostro Paese la partecipazione al mercato delle donne è molto bassa anche per la scarsità dei servizi di supporto alla famiglia, esempio asili nido.
Il governo punta ad una flessibilità buona per un migliore in ingresso nel mercato del lavoro con controlli e sanzioni contro i contratti utilizzati impropriamente (come le associazioni in partecipazione, le false partite Iva e i casi di contratti a progetto utilizzati per rapporti che sono sostanzialmente di lavoro subordinato). Il Governo punta a valorizzare l'apprendistato come contratto prevalente di ingresso nel mercato del lavoro per i giovani agevolandolo ma chiedendo che la formazione sia effettiva.
Sugli ammortizzatori sociali,  si tenterà di mettere a punto un sussidio di disoccupazione più sostanzioso di quello attuale dando invece una grossa stretta alla cassa integrazione straordinaria. Sara invece rafforzata la cassa ordinaria limitando quindi lo strumento ai casi di effettivo reinserimento dei lavoratori in azienda.
Per le politiche attive del lavoro si punta a rafforzare la formazione e a legare il sussidio a un percorso di formazione e alla ricerca attiva di un lavoro. Anche adesso è formalmente previsto che il sussidio si perda nel caso non si accetti un lavoro che si rende disponibile ma di fatto la norma è scarsamente utilizzata.

Una regola che si potrebbe seguire e di lasciare il diritto al reintegro nel posto di lavoro sui licenziamenti discriminatori mentre in tutti gli altri casi il lavoratore va adeguatamente indennizzato in un contesto di maggiore tutela per i disoccupati.
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