Visualizzazione post con etichetta prestazione di lavoro. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta prestazione di lavoro. Mostra tutti i post

lunedì 8 agosto 2016

Lavoro autonomo e smart working: i diritti dei dipendenti




Il Disegno di legge è volto a garantire misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.
Lo smart working (lavoro agile) è una prestazione di lavoro subordinato prestata, parzialmente, all'interno dei locali aziendali e dietro i soli vincoli di orario massimo desunti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.


Ovvero, il telelavoro, il padre dello smart working, è andato in soffitta, e si apre una nuova era. Almeno dal punto di vista delle tutele, perché - come riportano i dati dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano - quasi il 50% delle grandi aziende sta già sperimentando questo tipo di prestazione.

Lo Smart Working intende cambiare il vecchio modello del lavoro, spostando il lavoratore da una postazione fissa raggiunta dopo aver timbrato il cartellino ad una tipologia di lavoro più flessibile, più adatta al nuovo modo di intendere il lavoro. E non si tratta soltanto di voler conciliare i tempi di vita e lavoro, e aiutare mamma e papà nella gestione della casa e dei figli, lo Smart Working è qualcosa di più. Lo Smart Working gira intorno al concetto di produttività: lasciando il dipendente libero di organizzarsi spazi, tempi e luoghi di lavoro si rende più responsabile del proprio operato e si possono fissare degli obiettivi di produttività da raggiungere in totale autonomia.

Multinazionali e imprese stanno già sperimentando o discutendo da tempo di Smart Working, o per dirla all’italiana di “lavoro agile”, ma a breve questa nuova modalità di lavoro troverà anche uno spazio tra le leggi dello Stato. Il 27 luglio scorso, infatti, la commissione Lavoro del Senato ha dato il via libera al disegno di legge sul lavoro autonomo che dovrà ora passare all’esame dell’aula, quasi sicuramente dopo la pausa estiva.

I principi cardine del lavoro agile sono semplici: vengono meno i vincoli legati a luogo e orario lavorativo; il dipendente organizza il lavoro in piena autonomia e flessibilità; acquista maggior importanza la responsabilità personale dei risultati ottenuti.

L'obiettivo, quindi, è quello di costruire anche per i lavoratori autonomi un sistema di diritti e di welfare moderno capace di sostenere il loro presente e di tutelare il loro futuro.
Il provvedimento si compone di 22 articoli suddivisi in tre capi:

il capo I concerne il lavoro autonomo e si compone degli articoli da 1 a 12,

il capo II reca disposizioni in materia di lavoro agile e si compone degli articoli da 13 a 20,

il capo III reca le disposizioni finali.

Per quanto riguarda le misure previste per favorire l’articolazione flessibile della prestazione di lavoro subordinato in relazione al tempo e al luogo di svolgimento (cosiddetto «lavoro agile»), il presente disegno di legge risponde alla necessità di dar vita a una modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, allo scopo di incrementarne la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di accompagnare il profondo cambiamento culturale nella concezione del lavoro. Il disegno di legge configura il lavoro agile come strumento e non come tipologia contrattuale, con lo scopo di renderlo utilizzabile da tutti i lavoratori che svolgano mansioni compatibili con questa possibilità, anche in maniera «orizzontale»: alcuni pomeriggi a settimana, tre ore al giorno, tutte le mattine, a seconda dell’accordo raggiunto tra datore di lavoro e lavoratore.

La legge sullo Smart Working prevede che datore di lavoro e dipendente sottoscrivano un accordo individuale, sia a tempo determinato che indeterminato, per disciplinare la nuova tipologia di lavoro.Questo accordo deve definire:

le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro;

gli strumenti tecnologici utilizzati dal lavoratore;

i tempi di riposo;

l’esercizio del potere di controllo del datore, nei limiti della disciplina dei controlli a distanza;

le condotte legate al lavoro esterno all’ufficio che danno luogo a sanzioni disciplinari.

Il pilastro portante dello Smart Working deve essere un rapporto di fiducia tra il datore di lavoro e il dipendente che, sentendosi più libero di organizzare luoghi e tempi di lavoro, può garantire maggior produttività all’azienda. In questo modo a guadagnarci sono tutti: i dipendenti guadagnano tempo, flessibilità ed energie per esempio sprecate per andare e tornare dal luogo di lavoro; il datore di lavoro ci guadagna in termini di spese per la gestione dell’ufficio che perde di centralità, e in produttività dei dipendenti.

Per quanto riguarda i diritti del dipendente, restano validi tutti i diritti “tradizionali” come la tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il testo italiano, nel recente passaggio in commissione Lavoro, ha accolto il “diritto alla disconnessione” introdotto nella disciplina francese: si prevede che con un accordo aziendale tra dipendente e datore si stabiliscano le regole per lasciare tempi liberi dalla connessione con l'ufficio.

La legge sullo Smart Working, inoltre, prevede che lo stipendio del dipendente che lavora all’esterno dell’ufficio non possa essere inferiore a quello dei dipendenti che svolgono la stessa mansione all’interno dell’azienda.

Il provvedimento da un lato prevede misure di sostegno a favore del lavoro autonomo, dall’altro introduce delle regole per lo smart working, o lavoro agile, cioè le prestazioni lavorative di tipo subordinato che, anche grazie alle nuove tecnologie, possono essere svolte senza la necessità di una sede predefinita e stabile.

Per quanto riguarda il lavoro autonomo, il Ddl amplia le tutele dei professionisti sul fronte dei pagamenti, del welfare e individua anche nuovi ambiti di azione, quali l’attività sussidiaria rispetto a quanto svolto finora dalla pubblica amministrazione. Altre novità prevedono l’ampliamento del raggio d’azione delle Casse di previdenza dei professionisti, che potranno erogare prestazioni di welfare a fronte di periodi di difficoltà degli iscritti, e la semplificazione della normativa sulla sicurezza degli studi professionali.






venerdì 25 settembre 2015

Lavoro straordinario previsione CCNL e retribuzione


Per lavoro straordinario si deve intendere la prestazione di lavoro che eccede l’orario normale settimanale. Generalmente è considerato straordinario l’orario eccedente le 40 ore settimanali. Dal punto di vista contrattuale è invece straordinaria la prestazione di lavoro che eccede l’orario settimanale prefissato dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Il lavoro straordinario viene compensato mediante una maggiorazione della retribuzione, fissata dalla contrattazione collettiva; sempre la contrattazione può prevedere che, in alternativa alla maggiorazione per il lavoro straordinario, al lavoratore vengano concessi periodi di riposo compensativo.  Se Il compenso per lavoro straordinario viene corrisposto in modo fisso e continuativo, il medesimo incide sul calcolo del T.F.R.

Nel caso in cui il CCNL fissi un orario di lavoro ordinario inferiore alle 8 ore giornaliere, l’eventuale straordinario può essere corrisposto con una maggiorazione anche inferiore al 10% della paga base.
I giudici della Corte di Cassazione, hanno affermato che nelle ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un orario massimo di lavoro normale inferiore a quello predeterminato per legge, la stessa contrattazione può stabilire che il superamento dell'orario contrattuale, fino al limite di quello legale, non sia compensato secondo la disciplina del lavoro straordinario. Di conseguenza, in tali casi, la maggiorazione per lavoro straordinario può essere inferiore al 10% della paga ordinaria.
In definitiva, solo il lavoro straordinario superiore alle 8 ore giornaliere (48 ore settimanali) va retribuito in misura non inferiore al 10% della retribuzione ordinaria.

In particolare, con riferimento alla fattispecie,  secondo cui la maggiorazione per il lavoro straordinario non può essere inferiore al dieci per cento della retribuzione ordinaria, si riferisce esclusivamente alle ore di straordinario eccedenti la giornata normale di lavoro (in otto ore giornaliere e quarantotto ore settimanali).

Ne consegue che nell'ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un orario massimo di lavoro normale inferiore alle otto ore giornaliere e alle quarantotto ore settimanali, il compenso deve essere sempre corrisposto  con una maggiorazione rispetto a quella ordinaria  che può anche essere inferiore alla misura del  dieci per cento prevista per legge.

Ancora, continua la Corte di Cassazione, poiché l'art. 36 Cost. nulla stabilisce circa la struttura della retribuzione e l'articolazione delle voci che la compongono, “è rimessa insindacabilmente alla contrattazione collettiva la determinazione degli elementi che concorrono a formare, condizionandosi a vicenda, il trattamento economico complessivo dei lavoratori, del quale il giudice potrà poi essere chiamato a verificare la corrispondenza ai minimi garantiti dalla norma costituzionale. Quanto alle modalità di determinazione di tale maggiorazione, esse non possono che essere individuate nella contrattazione collettiva, poiché, se il lavoro straordinario è individuato come tale esclusivamente dalla fonte pattizia, non può poi negarsi a quest'ultima il potere di regolamentare l'istituto anche sotto tale aspetto”. Per questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Nell'ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un limite di orario normale inferiore a quello predeterminato per legge, è consentito alla stessa contrattazione determinare l'assetto degli interessi nel senso che il superamento dell'orario contrattuale fino al limite di quello legale non debba essere compensato secondo la disciplina del lavoro straordinario.

mercoledì 23 settembre 2015

Smart working: lavoro agile e forme flessibili


Lo Smart Working dovrebbe consistere in una prestazione di lavoro subordinato che si svolge con le seguenti modalità:

a) esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, per un orario medio annuale inferiore al 50 per cento dell'orario di lavoro normale;

b) utilizzo di strumenti telematici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;

c) assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali.

La prestazione lavorativa deve essere disciplinata da un accordo scritto tra le parti, nel quale sono definite le modalità concrete di esecuzione della prestazione resa fuori dai locali aziendali, gli strumenti telematici utilizzati dal lavoratore, e la durata oraria della prestazione medesima.
Il datore di lavoro deve adottare misure atte a garantire la protezione dei dati utilizzati ed elaborati dal lavoratore che svolge la propria prestazione lavorativa.

Il lavoratore che svolge la propria prestazione lavorativa è tenuto custodire con diligenza tutte le informazioni aziendali ricevute tramite le apparecchiature telematiche messe a disposizione dall’azienda; l’obbligo si estende anche alle apparecchiature telematiche, che devono essere custodite in modo tale da evitare il loro danneggiamento o smarrimento.

Il futuro dell’organizzazione del lavoro passa necessariamente da qui: lì dove il lavoro incontra le nuove tecnologie, infatti, nascono occasioni che non possiamo permetterci di ignorare e che ci portano a un importante cambiamento di mentalità.

Da una parte, numerose ricerche dimostrano che chi lavora fuori dell’azienda è mediamente più produttivo dei dipendenti che sono in ufficio (grandi aziende internazionali riportano un aumento di produttività del 35-40%), si assenta meno (circa il 63% di assenteismo in meno) ed è sicuramente più soddisfatto, riducendo così le possibilità che decida di lasciare l’azienda, costringendo quest’ultima a investire risorse nella formazione di una nuova persona. Non solo: una recente ricerca prodotta dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano stima che l’adozione di pratiche di smart working in Italia potrebbe significare 27 miliardi in più di produttività e 10 miliardi in meno di costi fissi.

Puntare su modelli di lavoro agile, o smart working, comporta notevoli vantaggi, sia per l’imprenditore che per la forza lavoro, in termini tanto di produttività e competitività che di occupazione. Incentivare lo smart working significa ridurre i costi fissi degli uffici, liberando così risorse che le aziende possono investire nella crescita e nell’occupazione.

Ad evidenziare le potenzialità dello smart working è una recente ricerca di Regus condotta tra 44.000 manager e professionisti di tutto il mondo, l’81% dei quali (87% in Italia) ritiene che sia prioritario ridurre i costi fissi della gestione degli uffici e degli spazi sottoutilizzati per poter liberare risorse da investire nella crescita e per creare nuovi posti di lavoro.

Dall’indagine è emerso inoltre che la maggior parte degli imprenditori e dei manager ritiene lo smart working sia fondamentale per sviluppare la crescita economica, ma anche che servono incentivi per promuovere le modalità di lavoro agile.

Si tratta di nuove modalità organizzative che consentono ai dipendenti di lavorare da remoto senza la presenza fisica in ufficio stanno diffondendosi in molte aziende anche del nostro Paese e lo smart working non è più una semplice questione organizzativa del lavoro basata sulla flessibilità o finalizzata all’ottimizzazione dei costi delle imprese, ma assume un ruolo più ampio e strategico anche per l’agenda politica e sociale del Paese.

Per quanto riguarda l’occupazione femminile, il 78 % (media globale 83%) pensa che lo smart working possa favorire il rientro dalla maternità e il bilanciamento degli impegni tra attività lavorativa e la gestione dei figli, mentre per il 70% (media globale 59%) ritiene che modalità lavorative basate sulla flessibilità degli orari e dei luoghi dove svolgere la propria attività possono anche facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e contrastare in parte il fenomeno della disoccupazione giovanile.

Questa tipologia può svolgere un ruolo determinante per stimolare l’economia e per far crescere l’occupazione. Attraverso la riduzione di costi fissi per la gestione di uffici e spazi lavoro, le imprese possono così liberare risorse da reinvestire nella crescita e nell’occupazione. Grazie a modalità organizzative del lavoro che prevedono agilità e flessibilità si consente inoltre a molte persone, in particolare le mamme, di poter conciliare al meglio la loro vita professionale e personale e di poter continuare a rimanere nel mondo del lavoro.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog