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martedì 22 novembre 2016

Pensione anticipata 2017 i possibili anticipi previdenziali



Quali sono le principali novità che saranno introdotte a partire dal 2017 per accedere alla pensione anticipata? All’Ape Agevolato potranno accedere 4 categorie di lavoratori, e quattro categorie potranno, invece, accedere al pensionamento anticipato con la quota 41. Per tutti gli altri lavoratori, oltre alla pensione anticipata vigente, ci sarà la possibilità di scegliere l’Ape volontario.

In alternativa 4 categorie di lavoratori potranno accedere alla pensione anticipata tramite l’Ape Agevolato, ovvero completamente a carico dello Stato, o tramite la quota 41, per la quale non sono previste penalizzazioni sull’assegno pensionistico. Tutte e due le misure saranno disponibili a partire dal 1 maggio 2017. Le 4 categorie di lavoratori coinvolti saranno, però, soggette a vincoli di bilancio annuali: se le domande supereranno le risorse messe a disposizione per ogni anno gli interessati potrebbero vedersi negare l’accesso alla pensione anticipata o veder slittare nel tempo il diritto di accesso alla pensione anticipata.

I requisiti di accesso all’Ape Agevolato prevedono almeno 63 anni di età con 30 o 36 anni di contributi ed un assegno pensionistico lordo inferiore a 1500 euro mensili.
Per accedere alla quota 41, invece, sono richiesti, oltre l’appartenenza ad una delle categorie da tutelare, 12 mesi di lavoro effettivo prima del compimento dei 19 anni e 41 anni di contributi versati.

La pensione anticipata Fornero (attiva dal 2012) e l’APE aziendale (sperimentale dal 2017) sono due strumenti che si rivolgono ai lavoratori prossimi al pensionamento ma con molte differenze: la prima delle quali è che l’anticipo pensionistico sarà accessibile anche per dipendenti delle aziende sotto i 15 dipendenti (limite minimo imposto dall’altro strumento).

Analizziamo dunque le caratteristiche per un confronto che mostri quale delle due opzioni è più conveniente per un lavoratore vicino all’età pensionabile.

L’APE aziendale è previsto dall’articolo 25, comma 7 della Legge di Bilancio in discussione in Parlamento: è una forma di pensione anticipata esercitabile a 3 anni e 7 mesi dal raggiungimento della pensione, prevede un trattamento che il lavoratore poi restituirà con la maturazione della pensione. L’azienda incrementa il montante contributivo individuale maturato dal dipendente, versando all’INPS un contributo non inferiore a quello della retribuzione del lavoratore. Il versamento va effettuato in un’unica soluzione, al momento della richiesta dell’APE.

La procedura si attiva solo con l’accordo del lavoratore. In parole molto semplici, le imprese versano i contributi che avrebbero dovuto pagare per il tempo che al dipendente manca al raggiungimento dell’età pensionabile in un’unica soluzione, in modo che alla fine l’INPS versi una pensione più alta. Il meccanismo dovrebbe consentire di ripagarsi le rate che bisognerà poi versare per restituire l’APE.

Incentivo all'esodo
Per tutti coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro dipendente entro il 2011 maturando, negli anni successivi il diritto alla pensione secondo le regole previgenti la riforma Fornero, ci sarà la possibilità di poter fruire dell’ottava salvaguardia, un provvedimento per accedere al quale bisognerà produrre istanza all’Inps tra il 1 gennaio e il 1 marzo 2017, pena la decadenza.

Per chi non rientra nell’ottava salvaguardia, però, potrà vedere se rientra nella pensione di vecchiaia con l’età anagrafica di 66 anni e 7 mesi  o in quella anticipata per la quale sono richiesti 42 anni e 10  mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne, indipendentemente dall’età.

La normativa di riferimento per la pensione anticipata Fornero è l’articolo 4 della legge 92/2012, in base al quale – nell’ambito di procedure sindacali nei casi di eccedenza di personale – l’impresa può incentivare l’esodo dei dipendenti in esubero a cui mancano al massimo 4 anni al raggiungimento della pensione, pagando una prestazione pari all’assegno previdenziale pieno e versando i contributi. In realtà il trattamento viene corrisposto dall’INPS, in seguito a fideiussione bancaria stipulata dall’impresa.

Rispetto alla Riforma Fornero, dal punto di vista anagrafico, l’APE si rivolge a una platea meno ampia, considerando tra l’altro che i 4 anni dalla pensione valgono anche per il trattamento di anzianità, contro 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia dell’APE. L’APE pone inoltre limiti di reddito non previsti dal trattamento Fornero: il lavoratore deve maturare come pensione un assegno minimo non inferiore a 1,4 volte il trattamento minimo. Ha però il vantaggio di essere accessibile ai dipendenti delle aziende con meno di 15 dipendenti, mentre la pensione anticipata della legge 92/2012 riguarda solo aziende sopra questa soglia ed è esercitabile soltanto nell’ambito di un piano di esuberi, con specifica procedura sindacale.

Per quanto riguarda il trattamento, la pensione anticipata Fornero è più vantaggiosa: 13 mensilità annue (contro le 12 dell’APE), rapportato alla pensione maturata. Anche l’APE è rapportato alla pensione maturata ma l’entità dell’assegno dipende dalla scelta del lavoratore su quanta parte farsi corrispondere in anticipo. La pensione da esodo non prevede nessuna necessità di restituzione a rate della somma, mentre l’APE aziendale prevede 20 anni di rate (i versamenti contributivi delle imprese dovrebbero comunque compensare il trattamento ricevuto).

In entrambi i casi, l’impresa versa i contributi anche nel periodo in cui il lavoratore percepisce l’assegno che lo accompagna alla pensione ma la pensione vera e propria sarà più alta per chi sceglie l’esodo Fornero, maturando un trattamento pieno mentre nel caso dell’APE dall’assegno bisogna togliere le rate ventennali. In conclusione, dal punto di vista economico è più conveniente l’esodo pensionistico, che però si rivolge a una platea più ristretta (soprattutto perché non riguarda le imprese sotto i 15 dipendenti), mentre all’impresa costa meno l’APE aziendale.

Per chi non rientra in nessuno dei benefici sopra elencati potrà accedere alla pensione anticipata con l’Ape volontario. Per accedervi sono richiesti 63 anni di età e almeno 20 anni di contributi versati. Una delle condizioni da rispettare per accedere a questa forma di pensionamento anticipato è quella di avere un assegno pensionistico, calcolato al momento dell’accesso all’Ape, che non risulti inferiore a 1,4 volte il trattamento minimo Inps: la pensione, quindi, non deve essere inferiore a 700 euro mensili.


martedì 6 ottobre 2015

Pensioni anticipata con il prestito aziendale e con il part-time


Il prestito aziendale potrebbe essere la soluzione per raggiungere la tanto agognata flessibilità in uscita. Il meccanismo è attualmente allo studio dell’esecutivo e consentirebbe ai lavoratori, in accordo con l’azienda, un’uscita anticipata dal mondo del lavoro, tramite un prestito aziendale da rimborsare successivamente attraverso l’Inps una volta raggiunta l’età pensionabile.

Lo schema del prestito previdenziale dovrebbe supporre non tanto una scelta del lavoratore di accedere alla pensione anticipata, quanto la volontà dell’azienda di attuare un ricambio o ridurre il personale.

La famosa flessibilità in uscita, tanto desiderata dai lavoratori e discussa negli ultimi mesi, potrebbe infine arrivare tramite il meccanismo del prestito pensionistico. Ha sostenuto il Ministro Padoan per portare a carico dell'azienda il costo dell'uscita dal lavoro. "Nell'ipotesi che la misura vada nella legge di stabilità, azienda e lavoratore dovrebbero trovare un accordo per l'uscita anticipata con costi sia per l'impresa che per il pensionando", un'ipotesi che metterebbe in sicurezza i forzieri pubblici e consentirebbe il compromesso dell'impatto zero sul bilancio dell'Inps. Resta evidente però che tale meccanismo presenta anche un certo grado di rischio, visto che non tutte le aziende potrebbero essere disposte ad intervenire per agevolare il meccanismo della staffetta generazionale.

Quindi nell’ipotesi c’è un prestito pensionistico per il lavoratore vicino all'età di vecchiaia a carico delle aziende: l'ipotesi per introdurre maggiore flessibilità di uscita verso la pensione con una spesa molto bassa per lo Stato, ma il rischio è che sia poco utilizzata per gli alti costi sia per l'impresa sia per il lavoratore che dovrebbe restituire all'azienda una volta andato in pensione e tramite l'Inps il prestito ricevuto. In pratica - hanno spiegato fonti vicine al dossier - nell'ipotesi che la misura vada nella Legge di Stabilità, azienda e lavoratore dovrebbero trovare un accordo per l'uscita anticipata con costi sia per l'impresa che per il pensionando mentre lo Stato avrebbe solo costi residuali.

L'azienda pagherebbe i contributi per la persona che esce in anticipo - L'azienda, a fronte della possibilità di aumentare il turn over, svecchiando il personale, infatti, dovrebbe pagare i contributi per la persona che esce in anticipo rispetto all'età di vecchiaia fino al raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione. L'impresa pagherebbe anche una quota della pensione ma questa dovrebbe poi essere restituita dal lavoratore, tramite l'Inps, una volta raggiunti i requisiti e andato in pensione con un meccanismo ancora da affinare. Ad esempio, una persona che dovesse lasciare il lavoro in anticipo di due anni a fronte dell'accordo su un prestito di 800 euro al mese su una pensione di 1.000 euro al mese, si ipotizza che la persona in pensione anticipata ha maturato un debito di 20.800 euro con l'azienda, venga applicata una trattenuta di 1.400 euro l’anno ovvero poco più di 100 euro al mese- 

Per questo si sarebbe pensato ad una sorta di “prestito” a carico delle aziende. Le società pagherebbero i contributi al lavoratore che lascia in anticipo fino a quando questi non avrà raggiunto i requisiti pensionistici. La società dovrà inoltre pagare anche una quota delle pensioni, ma questa somma sarebbe poi restituita dal lavoratore tramite l'Inps.

I benefici per le aziende? Potrebbero aumentare il turnover a costi tutto sommato contenuti ma elevati anche per i lavoratori, che si vedrebbero, come abbiamo visto sopra, costretti a restituire somme al datore di lavoro.

Una via non molto diversa esiste già: la prevede la riforma Fornero per i lavoratori in esubero, che possono anticipare la pensione a condizione che l’azienda paghi la prestazione e continui a versare i contributi per tutti gli anni di anticipo.

Con la nuova ipotesi, l’azienda non dovrebbe pagare tutto l’assegno anticipato, ma solo una parte che verrebbe ad essa rimborsato in prospettiva. Uno sconto rispetto alla versione Fornero c’è, ma rimane comunque pesante il peso dei contributi da versare per gli anni mancanti all’età pensionabile. E questo potrebbe essere un limite, soprattutto se si volesse puntare a un utilizzo generalizzato del meccanismo anche per realizzare estesi turnover a favore dei giovani.

A quel punto sarebbe davvero più utile tornare alla formula originaria – senza contributi – e magari ampliare le causali di impiego possibile.

Anticipo pensione con il part-time
Anticipo sulla pensione per lavoratori con 20 anni di contributi e meno di 2 dalla pensione di vecchiaia: trasformazione in part-time nelle aziende con contratti di solidarietà espansiva, come previsto nel decreto ammortizzatori attuativo del Jobs Act. Si tratta di una trasformazione da tempo pieno in part-time riservato a lavoratori con meno di 24 mesi dal raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia: in particolari condizioni, potranno ottenere in cambio un anticipo del trattamento, percependo una quota parte dell’assegno finale, mentre l’impresa continuerà a versare i contributi pieni in modo tale che, alla fine dei due anni, non subiranno decurtazioni nel trattamento previdenziale definitivo.

I lavoratori con i requisiti indicati (meno di due anni dal raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia) ed almeno 20 anni di contributi possono chiedere un part-time fino al 50% (è possibile accordarsi per un part time diversamente modulato) e al contempo inoltrare domanda di anticipo della pensione.

L’erogazione della quota anticipata di pensione in cambio della trasformazione in part-time è riservata alla stipula in azienda di contratti di solidarietà espansiva,  che prevedono una riduzione stabile dell’orario di lavoro (e della relativa retribuzione) con contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale. I contratti di solidarietà espansiva sono incentivati con un contributo INPS pari al 15% della retribuzione lorda di ogni nuovo assunto per i primi 12 mesi mentre per i due anni successivi il contributo è ridotto al 10% e 5%. Il contratto di solidarietà espansiva si applica solo per incrementare gli organici e solo in base al contratto collettivo aziendale, che deve prevedere modalità di attuazione.

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