Le piccole imprese italiane sono alle prese con un vero e proprio boom di protesti e sofferenze e almeno una su due non riesce più a pagare gli stipendi ai propri dipendenti ed è costretta a rateizzare o dilazionare i pagamenti, a causa della mancanza di liquidità. A lanciare l'allarme è la Cgia di Mestre, secondo cui, dall'inizio della crisi, i titoli di credito che alla scadenza non hanno trovato copertura sono cresciuti del 12,8%, mentre le sofferenze bancarie delle aziende hanno fatto registrare un'impennata spaventosa: +165%.
Alla fine del 2012 l'ammontare complessivo delle insolvenze ha superato i 95 miliardi di euro.
Nel 2012 la retribuzione lorda per dipendente nelle grandi imprese e il costo del lavoro sono aumentati, nel confronto con l'anno precedente, rispettivamente dell'1,2% e dell'1,1%. Lo rileva l'Istat nel confronto con il 2011. Lo scorso anno, quindi, la crescita dei salari è stata inferiore all'inflazione, pari al 3%.
Nel 2012 l'occupazione nelle grandi imprese, le aziende con almeno 500 lavoratori, scende dello 0,9% su base annua al lordo dei dipendenti in cassa integrazione. L'Istat mette in evidenza che al netto della cig il calo diventa pari all'1,6%. Si tratta di una nuova diminuzione, che si aggiunge e acuisce quella del 2011
sabato 2 marzo 2013
Unione Europea sui giovani e il lavoro
L’Unione Europea punta a fornire garanzie lavorative ai giovani. Il consiglio Ue Occupazione e affari sociali ha approvato lo schema di garanzia proposto dalla Commissione europea volto a garantire a tutti i giovani, entro quattro mesi dalla fine della scuola, un'offerta di lavoro, un tirocinio, una formazione o un nuovo percorso educativo. Adesso i Paesi Ue devono "tradurre questo accordo in azioni concrete il più rapidamente possibile" ha sostenuto il presidente della Commissione Ue, Barroso per sollecitare l'istituzione di “team d'azione” a sostegno del lavoro dei giovani e delle PMI. Oltre ai fondi Ue ad hoc, anche gli Stati membri "devono investire i loro soldi" ha precisato il commissario Ue agli Affari sociali, Andor.
Un terzo dei giovani italiani è senza lavoro. Arriva in coincidenza con i dati Istat sulla disoccupazione giovanile. Insieme all'Italia, altri sette paesi destinatari dell'intervento: Spagna, Grecia, Slovacchia, Lituania, Portogallo, Lettonia e Irlanda. Per tutti loro, l'obiettivo della Commissione, è istituire dei team che preparino entro metà aprile dei piani per l'occupazione giovanile e per lo sviluppo delle PMI da inserire nei rispettivi programmi nazionali di riforma.
Il primo passo da compiere, ha spiegato Barroso nella lettera inviata a Monti, consiste nella nomina di una persona di contatto con cui andare a costituire il gruppo di lavoro per l'Italia. I rappresentanti dell'Esecutivo Ue, attesi in visita a Roma nel mese di febbraio, contribuiranno a definire con il team le misure necessarie per migliorare la formazione dei giovani e creare nuovi posti di lavoro, insieme a strumenti a sostegno delle piccole e medie imprese.
Un ruolo strategico, si legge nella lettera, sarà assegnato ai fondi strutturali non ancora spesi, che potranno finanziare progetti di mobilità dei giovani e opportunità di tirocinio e apprendistato presso le PMI. Sempre per le imprese, inoltre, saranno studiate misure per accelerare l'accesso ai finanziamenti comunitari.
Intanto il numero di disoccupati a gennaio sfiora i 3 milioni. Lo ha rilevato l'Istat, precisando che con un aumento di 110 mila unità (+3,8%) su dicembre si è arrivati 2 milioni 999 mila. Su base annua la crescita è di oltre mezzo milione di disoccupati (+22,7%, +554 mila unità)
Nel 2012 il numero dei precari ha toccato i massimi, con 2 milioni e 375.000 contratti a termine e 433.000 collaboratori: si tratta di 2,8 milioni di lavoratori senza posto fisso. Il livello di dipendenti a termine è il più alto dal 1993 e quello dei collaboratori dal 2004, cioè dall'inizio delle serie storiche relative.
La disoccupazione giovanile (15-24 anni) è salita a gennaio al 38,7%, il massimo dall'inizio delle serie storiche dell'Istat sia mensili (gennaio 2004) che trimestrali, ovvero dal quarto trimestre del 1992.
Per l'Istat ad inizio 2013 il numero dei disoccupati ha toccato quasi i 3 milioni, con un aumento, rispetto a dicembre del 3,8% (110 mila unità). Mentre su base annua si registra una crescita del 22,7% (+554 mila unità). Una crescita di disoccupazione, spiega ancora l'Istat, che riguarda sia la componente maschile sia quella femminile.
Un terzo dei giovani italiani è senza lavoro. Arriva in coincidenza con i dati Istat sulla disoccupazione giovanile. Insieme all'Italia, altri sette paesi destinatari dell'intervento: Spagna, Grecia, Slovacchia, Lituania, Portogallo, Lettonia e Irlanda. Per tutti loro, l'obiettivo della Commissione, è istituire dei team che preparino entro metà aprile dei piani per l'occupazione giovanile e per lo sviluppo delle PMI da inserire nei rispettivi programmi nazionali di riforma.
Il primo passo da compiere, ha spiegato Barroso nella lettera inviata a Monti, consiste nella nomina di una persona di contatto con cui andare a costituire il gruppo di lavoro per l'Italia. I rappresentanti dell'Esecutivo Ue, attesi in visita a Roma nel mese di febbraio, contribuiranno a definire con il team le misure necessarie per migliorare la formazione dei giovani e creare nuovi posti di lavoro, insieme a strumenti a sostegno delle piccole e medie imprese.
Un ruolo strategico, si legge nella lettera, sarà assegnato ai fondi strutturali non ancora spesi, che potranno finanziare progetti di mobilità dei giovani e opportunità di tirocinio e apprendistato presso le PMI. Sempre per le imprese, inoltre, saranno studiate misure per accelerare l'accesso ai finanziamenti comunitari.
Intanto il numero di disoccupati a gennaio sfiora i 3 milioni. Lo ha rilevato l'Istat, precisando che con un aumento di 110 mila unità (+3,8%) su dicembre si è arrivati 2 milioni 999 mila. Su base annua la crescita è di oltre mezzo milione di disoccupati (+22,7%, +554 mila unità)
Nel 2012 il numero dei precari ha toccato i massimi, con 2 milioni e 375.000 contratti a termine e 433.000 collaboratori: si tratta di 2,8 milioni di lavoratori senza posto fisso. Il livello di dipendenti a termine è il più alto dal 1993 e quello dei collaboratori dal 2004, cioè dall'inizio delle serie storiche relative.
La disoccupazione giovanile (15-24 anni) è salita a gennaio al 38,7%, il massimo dall'inizio delle serie storiche dell'Istat sia mensili (gennaio 2004) che trimestrali, ovvero dal quarto trimestre del 1992.
Per l'Istat ad inizio 2013 il numero dei disoccupati ha toccato quasi i 3 milioni, con un aumento, rispetto a dicembre del 3,8% (110 mila unità). Mentre su base annua si registra una crescita del 22,7% (+554 mila unità). Una crescita di disoccupazione, spiega ancora l'Istat, che riguarda sia la componente maschile sia quella femminile.
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Tasse sul lavoro 2013 calcolo imponibile in busta paga
Per conoscere le contingenze fiscali che girano con la busta paga per chi ha un lavoro dipendente o di collaborazione e’ importante chiarire che il calcolo sull'imponibile fa riferimento alle normative e alla tassazione relativa al reddito da lavoro.
A questo proposito, serve per conoscere quanto percepisce in busta paga un lavoratore con busta paga, conoscendo il suo reddito annuo lordo e la sua situazione familiare.
Vediamo i parametri su cui tale calcolo si fonda, con lo scopo di dare delucidazioni a chi ha intenzione di verificare la sua busta paga, ma anche di tentare di scoprire come cambierebbe il suo stipendio a fronte ad esempio di un aumento della sua retribuzione annua lorda.
Vediamo innanzitutto di dare delle risposte.
Che cosa è imponibile previdenziale?
L'imponibile previdenziale è quell'importo su cui sono calcolati i contributi (soldi pagati sia dal datore di lavoro che dal lavoratore per finanziare l'INPS). Quindi rappresenta la percentuale del reddito lordo a carico del lavoratore che deve essere versata mensilmente agli istituti previdenziali di competenza ossia quella parte del reddito che viene accantonato ogni mese e, assieme ai contributi versati dal nostro datore di lavoro, concorrerà alla formazione della pensione.
L'imponibile previdenziale è dato dalla somma delle voci presenti in busta paga nella colonna competenze. Però pur trovandosi nella colonna competenze, non entrano a far parte dell'imponibile previdenziale, oltre alle voci figurative:
Malattia c/INPS; Maternità c/INPS; Donazione di sangue; Assegno Nucleo Familiare (ANF)
questo perché sono soldi che sono corrisposti direttamente dall'INPS e quindi l'INPS non chiede vi si paghino i contributi.
Che cosa sono i contributi?
I contributi sono dei soldi che vengono versati ogni mese sia dal dipendente che dal datore di lavoro per finanziare l'INPS. I contributi versati dal datore di lavoro NON si vedono in busta paga. I contributi versati dal lavoratore sono indicati in busta paga nella casella “contributi”. Sono calcolati come percentuale dell'imponibile previdenziale: per gli apprendisti questa percentuale è pari al 5,84% (per gli altri lavoratori è il 9,19%, per alcuni il 9,49%).
CONTRIBUTI c/DIPENDENTE= 5,84% x IMPONIBILE PREVIDENZIALE
Che cosa è imponibile fiscale?
L'Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) rappresenta la tassazione cui è soggetto il reddito da lavoro dipendente. Si applica non sull'intero reddito annuo lordo, bensì su una parte di tale reddito, detta imponibile fiscale netto o imponibile fiscale o imponibile Irpef o semplicemente imponibile. E' quella parte di reddito su cui si pagano le tasse. Quindi possiamo definire l'imponibile fiscale come la grandezza di riferimento per calcolare le imposte, tasse).
L'Irpef costituisce una percentuale della base imponibile, diversa a seconda di quanto sia l'ammontare di tale base. Si utilizza un sistema a scaglioni, con le seguenti aliquote:
Scaglione (in €) Aliquota
fino a 15000 23%
da 15000,01 a 28000 27%
da 28000,01 a 55000 38%
da 55000,01 a 75000 41%
oltre i 75000 43%
L'imponibile fiscale si calcola sottraendo dall'imponibile previdenziale i contributi c/dipendente
IMPONIBILE PREVIDENZIALE – CONTRIBUTI c/DIPENDENTE= IMPONIBILE FISCALE
Per calcolare quanto incidono le nostre tasse in busta paga, innanzitutto si deve stabilire a quale fasce appartenga il nostro reddito imponibile, quindi si applica l'aliquota corrispondente solo sulla parte di reddito che rientra interamente in tale fascia, quella cioè che eccede il limite massimo relativo alla fascia immediatamente inferiore. Anche per quest'ultima si ripete lo stesso ragionamento: in caso ci siano ancora altre fasce di reddito inferiore, l'aliquota indicata si applica solo alla quota in essa contenuta, e così via, sino ad arrivare alla prima fascia. Sommando tutti i contributi, uno per fascia, si ottiene la cosiddetta irpef lorda.
Che cosa sono le addizionali Irpef
Sono previste due quote, l'addizionale regionale e l'addizionale comunale, che vanno a sommarsi alla componente principale di Irpef. Mentre quest'ultima è di competenza statale, le due addizionali spettano rispettivamente alla regione e al comune di residenza del lavoratore.
Il datore di lavoro (sostituto d'imposta) tiene conto di tali addizionali all'atto di effettuare le operazioni di conguaglio di fine anno, a valere sulle rate trattenute nell'anno successivo. Volendo esemplificare, la quota di Irpef a favore della regione e del comune calcolata sul reddito del 2012 viene effettivamente pagata nel corso del 2013.
Mentre per detrazione fiscale si deve intendere la sottrazione di una data quantità di denaro dall'imposta lorda per determinare l'imposta netta effettivamente dovuta. Nel caso dello stipendio, si parla di detrazioni Irpef, nel senso che vanno a sottrarsi all'imposta lorda data dai due contributi di tassazione appena visti (Irpef base + addizionali). In parole semplici, tali detrazioni riducono le tasse che dobbiamo pagare sul reddito.
Vediamo un esempio di come si calcola il reddito complessivo se si possiede un reddito complessivo di euro 20.000 annui, su tale importo vengono trattenuti euro 2.500 per ritenute previdenziali, si ottiene quindi un reddito base di euro 17.500, ulteriormente da questa cifra è possibile detrarre tutta una serie di oneri deducibili (assegni periodici al coniuge, contributi per pensioni integrative ed altri), che si presuppongono per euro 2.500; l’importo che ne deriva pari a euro 15.000 è il reddito imponibile. E’ su tale cifra che si pagano l'Irpef e le addizionali regionali e comunali (se il comune di residenza le ha deliberate). Una volta determinata l’Irpef lorda dovuta in base agli scaglioni e le aliquote progressive si possono effettuare le detrazioni di imposta per carichi di famiglia (figli o moglie), per tipologia di reddito (dipendente, pensione o d’impresa) e per particolari oneri sostenuti (19% delle spese mediche o di premi assicurativi ed altri).
A questo proposito, serve per conoscere quanto percepisce in busta paga un lavoratore con busta paga, conoscendo il suo reddito annuo lordo e la sua situazione familiare.
Vediamo i parametri su cui tale calcolo si fonda, con lo scopo di dare delucidazioni a chi ha intenzione di verificare la sua busta paga, ma anche di tentare di scoprire come cambierebbe il suo stipendio a fronte ad esempio di un aumento della sua retribuzione annua lorda.
Vediamo innanzitutto di dare delle risposte.
Che cosa è imponibile previdenziale?
L'imponibile previdenziale è quell'importo su cui sono calcolati i contributi (soldi pagati sia dal datore di lavoro che dal lavoratore per finanziare l'INPS). Quindi rappresenta la percentuale del reddito lordo a carico del lavoratore che deve essere versata mensilmente agli istituti previdenziali di competenza ossia quella parte del reddito che viene accantonato ogni mese e, assieme ai contributi versati dal nostro datore di lavoro, concorrerà alla formazione della pensione.
L'imponibile previdenziale è dato dalla somma delle voci presenti in busta paga nella colonna competenze. Però pur trovandosi nella colonna competenze, non entrano a far parte dell'imponibile previdenziale, oltre alle voci figurative:
Malattia c/INPS; Maternità c/INPS; Donazione di sangue; Assegno Nucleo Familiare (ANF)
questo perché sono soldi che sono corrisposti direttamente dall'INPS e quindi l'INPS non chiede vi si paghino i contributi.
Che cosa sono i contributi?
I contributi sono dei soldi che vengono versati ogni mese sia dal dipendente che dal datore di lavoro per finanziare l'INPS. I contributi versati dal datore di lavoro NON si vedono in busta paga. I contributi versati dal lavoratore sono indicati in busta paga nella casella “contributi”. Sono calcolati come percentuale dell'imponibile previdenziale: per gli apprendisti questa percentuale è pari al 5,84% (per gli altri lavoratori è il 9,19%, per alcuni il 9,49%).
CONTRIBUTI c/DIPENDENTE= 5,84% x IMPONIBILE PREVIDENZIALE
Che cosa è imponibile fiscale?
L'Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) rappresenta la tassazione cui è soggetto il reddito da lavoro dipendente. Si applica non sull'intero reddito annuo lordo, bensì su una parte di tale reddito, detta imponibile fiscale netto o imponibile fiscale o imponibile Irpef o semplicemente imponibile. E' quella parte di reddito su cui si pagano le tasse. Quindi possiamo definire l'imponibile fiscale come la grandezza di riferimento per calcolare le imposte, tasse).
L'Irpef costituisce una percentuale della base imponibile, diversa a seconda di quanto sia l'ammontare di tale base. Si utilizza un sistema a scaglioni, con le seguenti aliquote:
Scaglione (in €) Aliquota
fino a 15000 23%
da 15000,01 a 28000 27%
da 28000,01 a 55000 38%
da 55000,01 a 75000 41%
oltre i 75000 43%
L'imponibile fiscale si calcola sottraendo dall'imponibile previdenziale i contributi c/dipendente
IMPONIBILE PREVIDENZIALE – CONTRIBUTI c/DIPENDENTE= IMPONIBILE FISCALE
Per calcolare quanto incidono le nostre tasse in busta paga, innanzitutto si deve stabilire a quale fasce appartenga il nostro reddito imponibile, quindi si applica l'aliquota corrispondente solo sulla parte di reddito che rientra interamente in tale fascia, quella cioè che eccede il limite massimo relativo alla fascia immediatamente inferiore. Anche per quest'ultima si ripete lo stesso ragionamento: in caso ci siano ancora altre fasce di reddito inferiore, l'aliquota indicata si applica solo alla quota in essa contenuta, e così via, sino ad arrivare alla prima fascia. Sommando tutti i contributi, uno per fascia, si ottiene la cosiddetta irpef lorda.
Che cosa sono le addizionali Irpef
Sono previste due quote, l'addizionale regionale e l'addizionale comunale, che vanno a sommarsi alla componente principale di Irpef. Mentre quest'ultima è di competenza statale, le due addizionali spettano rispettivamente alla regione e al comune di residenza del lavoratore.
Il datore di lavoro (sostituto d'imposta) tiene conto di tali addizionali all'atto di effettuare le operazioni di conguaglio di fine anno, a valere sulle rate trattenute nell'anno successivo. Volendo esemplificare, la quota di Irpef a favore della regione e del comune calcolata sul reddito del 2012 viene effettivamente pagata nel corso del 2013.
Mentre per detrazione fiscale si deve intendere la sottrazione di una data quantità di denaro dall'imposta lorda per determinare l'imposta netta effettivamente dovuta. Nel caso dello stipendio, si parla di detrazioni Irpef, nel senso che vanno a sottrarsi all'imposta lorda data dai due contributi di tassazione appena visti (Irpef base + addizionali). In parole semplici, tali detrazioni riducono le tasse che dobbiamo pagare sul reddito.
Vediamo un esempio di come si calcola il reddito complessivo se si possiede un reddito complessivo di euro 20.000 annui, su tale importo vengono trattenuti euro 2.500 per ritenute previdenziali, si ottiene quindi un reddito base di euro 17.500, ulteriormente da questa cifra è possibile detrarre tutta una serie di oneri deducibili (assegni periodici al coniuge, contributi per pensioni integrative ed altri), che si presuppongono per euro 2.500; l’importo che ne deriva pari a euro 15.000 è il reddito imponibile. E’ su tale cifra che si pagano l'Irpef e le addizionali regionali e comunali (se il comune di residenza le ha deliberate). Una volta determinata l’Irpef lorda dovuta in base agli scaglioni e le aliquote progressive si possono effettuare le detrazioni di imposta per carichi di famiglia (figli o moglie), per tipologia di reddito (dipendente, pensione o d’impresa) e per particolari oneri sostenuti (19% delle spese mediche o di premi assicurativi ed altri).
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