giovedì 28 marzo 2013

Marzo 2013 una buona notizia per i lavoratori Telecom

Firmato l'accordo con i sindacati per salvaguardare i livelli occupazionali in Telecom scongiurando i licenziamenti. Dei tremila esuberi individuati 2.500 saranno gestiti con contratti di solidarietà mentre 500 lavoratori andranno in pensione.

Dopo una trattativa per tutta la notte è stato appena firmato l'accordo con i sindacati per salvaguardare i livelli occupazionali in Telecom attraverso il miglioramento della produzione e scongiurando i licenziamenti.

Dei 3 mila esuberi individuati in Telecom Italia Spa, 2 mila 500 saranno gestiti con contratti di solidarietà mentre 500 lavoratori lasceranno la società per andare in pensione, avendo maturato i requisiti necessari. Altri 350 lavoratori di Telecom IT saranno gestiti con analoghi ammortizzatori sociali.

L'azienda e i sindacati, nell'accordo che hanno raggiunto questa mattina dopo la trattativa notturna, prevedono nei prossimi anni una forte internalizzazione del lavoro. In questo modo punterebbero a rendere stabile la tutela dei livelli di occupazione.

Hanno affermato alla Reuters il segretario nazionale SLC-Cgil, Michele Azzola, e il segretario nazionale Uilcom, Salvo Ugliarolo, precisando che l'intesa ha un valore di due anni, passati i quali, in mancanza di un miglioramento della situazione, gli esuberi si potrebbero concretizzare.

Azzola ha spiegato che l'accordo prevede contratti di solidarietà per 2.500 Fte (Full time equivalent) e l'uscita di 160 persone che hanno raggiunto 37 anni di anzianità. "Restano 500 posizioni aperte complessivamente, cioè la possibilità di 500 uscite, ma, se si escludono i 160, sono su base volontaria", ha detto Azzola. "A consuntivo le uscite volontarie dovrebbero essere contenute".

"L'accordo di oggi è difficilmente ripetibile", ha aggiunto Azzola, paventando un reale rischio esuberi se tra 24 mesi la situazione economica non migliora.

mercoledì 27 marzo 2013

Apprendistato dopo la circolare n. 5 del 2013 Ente Regione

L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».Ricordiamo che in tutte le ipotesi in cui il rapporto di apprendistato venga “disconosciuto”, sia per violazione degli obblighi di carattere formativo, che per assenza dei presupposti di instaurazione del rapporto stesso (ad es. violazione limiti numerici, violazione degli oneri di stabilizzazione, assenza requisiti anagrafici ecc.), il lavoratore è considerato un “normale” lavoratore subordinato a tempo indeterminato.

Vediamo alcune importanti fasi di controllo tracciate dalla circolare. Una prima fase riguarda l'individuazione del momento in cui si può ritenere violata la disciplina formativa del contratto per giustificare un intervento ispettivo. Con riguardo all'apprendistato professionalizzante sono due gli aspetti da considerare a seconda che si tratti di formazione trasversale o di formazione di tipo professionalizzante: laddove la Regione decida di rendere facoltativa la formazione trasversale, in assenza della configurabilità di un vero e proprio obbligo, non è possibile l'adozione di un provvedimento di carattere sanzionatorio; laddove il contratto collettivo di riferimento scelga di rimettere al datore di lavoro l'obbligo di erogare anche la formazione trasversale, nelle more dell'intervento della Regione, non potrà non ravvisarsi un corrispondente "ampliamento" delle responsabilità datoriali e pertanto dei connessi poteri sanzionatori in capo al personale ispettivo.

Una volta accertata la violazione dei contenuti formativi, scatta una fase due che ha lo scopo di verificare se è possibile recuperare l'interesse sostanziale della norma e far fare la necessaria formazione all'apprendista. Proprio su questo punto interviene la circolare della direzione generale per l'Attività ispettiva, fornendo un criterio di ragionamento da applicare in modo uniforme sul territorio.

Ricordiamo inoltre che, se la Regione attiva i corsi della formazione trasversale dopo l'inizio del rapporto di apprendistato non è necessario il recupero delle ore riferite ai periodi del contratto già trascorsi. Tuttavia, se la Regione lo prevedesse espressamente in un proprio provvedimento, allora la violazione di questo obbligo potrebbe comportare il disconoscimento del rapporto di lavoro.

Alla luce delle novità contenute nella circolare, è necessario individuare il momento in cui l'azienda incorre in una violazione nella gestione della formazione dell'apprendista. Il primo presupposto per violare la norma è che il datore di lavoro impedisca all'apprendista di ricevere la formazione che costituisce la causa mista del contratto. L'impedimento deve essere di esclusiva competenza del datore di lavoro. Un secondo presupposto che fa scattare la sanzione è il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi.
Impedimento all'apprendista di ricevere la formazione, la responsabilità prevista dalla legge si realizza quando il datore impedisce all'apprendista di seguire i corsi formativi regionali che devono risultare effettivamente operanti (e non solo disciplinati). La responsabilità del datore si potrebbe realizzare anche quando esso violi adempimenti amministrativi previsti dalla Regione ai fini del coinvolgimento dell'apprendista nei percorsi formativi. D'altronde, l'inoperosità del datore di lavoro potrebbe pregiudicare l'organizzazione formativa da parte dell'ente preposto.

Posizione più tenera quando la Regione decida di rendere facoltativa tale formazione: in questo caso la mancata formazione non può dare luogo ad alcun provvedimento di carattere sanzionatorio. E ciò anche se il contratto collettivo di riferimento scelga di rimettere al datore di lavoro l'obbligo di erogare anche la formazione trasversale.

Con riferimento alle modalità di erogazione della formazione cosiddetta "formale" la previsione dei Ccnl trae origine nel Decreto 26 settembre 2012. Il quale prevede che per apprendimento formale si intende quello erogato in un contesto organizzativo e strutturato appositamente progettato come tale, in termini di obiettivi di apprendimento e tempi o risorse per l'apprendimento: a questo riguardo, la declinazione spetta ai contratti collettivi. Per esempio, il contratto del commercio prevede che la formazione interna può essere svolta in aula, on the job, nonché con strumenti di formazione a distanza o di e-learning. In questo ultimo caso, il contratto collettivo prevede che l'attività di accompagnamento potrà essere realizzata in modalità virtualizzata e attraverso strumenti di tele-affiancamento o videocomunicazione da remoto. Ovviamente, la scelta di svolgere la formazione interna deve presupporre la presenza di personale idoneo a trasferire le competenze.

Questa modalità di erogazione della formazione deve necessariamente essere certificata in un documento interno completo di firma dell'apprendista e del contenuto della formazione erogata. L'attività ispettiva sarà concentrata a verificare la documentazione che "certifica" la formazione svolta e ad acquisire le dichiarazioni del lavoratore interessato e di altri soggetti in grado di confermare l'effettività di tale formazione. Peraltro, la Direzione generale per l'attività ispettiva precisa che nei casi di più complessa valutazione è opportuno procedere alla emanazione della "disposizione" per consentire pur sempre una possibilità di recupero del debito formativo.

Mentre è stato dato il via libera all'assunzione di apprendisti anche per le aziende che operano nei settori in cui il contratto collettivo (anche interconfederale) non ha regolato la materia, ovvero per le aziende che regolano i rapporti di lavoro con contratti individuali plurimi: in questo caso è sufficiente applicare le previsioni contenute in un contratto collettivo appartenente a un settore affine a quello di riferimento.
Questa precisazione ha il merito di togliere gli ultimi ostacoli all'applicazione generalizzata del contratto di apprendistato. Infatti una prima categoria è rappresentata dalle imprese che operano sulla base di un contratto collettivo aziendale, ovvero un contratto individuale plurimo. Questi sono casi molto diffusi nell'ambito di scuole o università private. Un altro settore interessato è quello delle palestre e impianti sportivi che sembrerebbe ancora non aver disciplinato la possibilità di assumere apprendisti.

Apprendistato dopo la circolare n. 5 del 2013 e la formazione in azienda


L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».  Ricordiamo che in tutte le ipotesi in cui il rapporto di apprendistato venga “disconosciuto”, sia per violazione degli obblighi di carattere formativo, che per assenza dei presupposti di instaurazione del rapporto stesso (ad es. violazione limiti numerici, violazione degli oneri di stabilizzazione, assenza requisiti anagrafici ecc.), il lavoratore è considerato un “normale” lavoratore subordinato a tempo indeterminato.

Innanzitutto chiariamo che la L. n. 92/2012 è intervenuta a modificare anche la disciplina dell’apprendistato, contenuta nel recente d.lgs. n. 167/2011. Si tratta di interventi che interessano trasversalmente tutte le tipologie di apprendistato disciplinate dal Decreto (per la qualifica e per il diploma professionale, professionalizzante o contratto di mestiere, di alta formazione e ricerca) e di interventi legati alla specifica disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante.

Per quanto riguarda gli obblighi formativi e gli aspetti sanzionatori. Non è prevista nessuna sanzione per il contratto di apprendistato se il datore di lavoro non effettua nel primo anno la formazione annunciata dal piano individuale; al contrario, la violazione genera le sanzioni amministrative e di conversione del rapporto se nel secondo anno di durata del contratto il datore di lavoro non svolge almeno il 40% delle ore di formazione accumulate oppure, nel terzo anno, il 60% delle ore accumulate.

Relativamente agli aspetti sanzionatori è stato stabilito che “in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione”. Qui è sono messi in evidenza due aspetti uno la esclusiva responsabilità del datore di lavoro e della gravità della violazione, tale da impedire il raggiungimento dell’obiettivo formativo.

Questo è uno dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 5/2013  del ministero del Lavoro che ha fatto il punto sulla corretta applicazione del contratto di apprendistato dopo le recenti modifiche introdotte dalla legge 92/2012. La circolare precisa anche che gli apprendisti in somministrazione possono essere assunti solo a tempo indeterminato: sono così nulle le clausole di alcuni Ccnl che dispongono in modo diverso. Inoltre, le aziende con meno di 10 dipendenti dovranno rispettare le percentuali di stabilizzazione fissate dalla contrattazione collettiva. Mentre le aziende con un organico superiore dovranno rispettare i parametri di legge, ossia confermare in servizio almeno il 30% dei contratti venuti a scadere negli ultimi 24 mesi (50% dal 18 luglio 2015).

Solo se le percentuali sono rispettate e quindi il datore ha raggiunto un numero minimo di ore svolte, allora l'ispettore può passare alla fase tre: vale a dire impartire una "disposizione" per effettuare il resto della formazione entro un termine. Diversamente, la fase tre è rappresentata dall'applicazione integrale del regime sanzionatorio.

Nell’ambito dell’apprendistato e dei contratti somministrazione di lavoro sono stati chiariti i limiti di utilizzabilità. Ferma restando la possibilità di ricorrere a personale apprendista fornito da una agenzia di somministrazione – si prevede infatti che il datore di lavoro può assumere un dato numero di apprendisti direttamente o “indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 276/2003” – si chiarisce ora che “è in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”. In sostanza, le agenzie di somministrazione potranno fornire lavoratori assunti con contratto di apprendistato solo in forza di una somministrazione a tempo indeterminato (c.d. staff leasing).
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