martedì 26 novembre 2013

Legge stabilità 2013 prove sperimentali di reddito minimo



Nel maxiemendamento alla legge di Stabilità "vi è un importante intervento, seppur sperimentale, per il contrasto alla povertà: l'introduzione di un reddito minimo". Lo ha detto il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina, nell'ufficializzare la richiesta della fiducia. Il reddito minimo sarà finanziato abbassando da 150mila a 90mila euro la soglia delle pensioni d'oro da cui attingere per il contributo di solidarietà. L'introduzione di un reddito minimo di inserimento in alcune grande aree metropolitane, che avvia un percorso. La copertura arriverà dal contributo di solidarietà sulle pensioni d'oro, con soglia oltre la quale scatta il prelievo del 5% abbassata da 150mila a 90mila euro. Il fondo previsto per questo nuovo ammortizzatore sociale è di 40 milioni l'anno per i prossimi tre anni.

Stipendio orario minimo e reddito minimo garantito si aggirano per l'Europa. Lo stipendio minimo orario è il valore di un'ora di lavoro per qualsiasi tipo di attività. Il reddito minimo garantisce a chi ha perso il lavoro o non ha mezzi adeguati per vivere un aiuto minimo dignitoso. Le due formule sono quindi molto diverse tra loro.

Il Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA) è il nuovo strumento di contrasto alla povertà per garantire il sostegno al reddito a tutti coloro che si trovano in condizione di povertà e risiedono stabilmente sul territorio nazionale da almeno due anni. L'accesso è condizionato ad una «prova dei mezzi effettuata secondo criteri articolati e omogenei a livello nazionale», con soglie patrimoniali che fanno riferimento alla disciplina della componente dell'Isee mentre il controllo dei criteri di ammissibilità verrà affidato all’INPS.

L’obiettivo del Sostegno per l’Inclusione Attiva, si legge nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali «è quello di permettere a tutti l’acquisto di un paniere di beni e servizi ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti. Il sostegno economico non è però incondizionato. Il beneficiario s’impegna a perseguire concreti obiettivi di inclusione sociale e lavorativa.

Il salario orario minimo è sostanzialmente garantito dai contratti, anche se viste le alterazioni del lavoro, oggi meno sicuro del passato; mentre si è avviato un percorso per il reddito minimo. Per stare ai paralleli, in Belgio si chiama Minimax, un salario mensile di 650 euro per chi è in povertà. In Lussemburgo c’è il Revenu minimum guaranti, di1.100 euro al mese. Nei Paesi Bassi ci sono il Beinstand ma anche il Wik di 500 euro, riservato a permettere agli artisti un minimo di libertà creativa. In Austria c'è il Sozialhilfe, in Norvegia il reddito di esistenza, in Germania l’Arbeitslosengeld II. L’Italia è l’unico grande paese europeo a non avere una misura di questo tipo, insieme alla Grecia.

Secondo il testo approvato in commissione, ci sarà una detrazione massima di 225 euro per i redditi tra i 15mila e i 18mila euro, e benefici a degradare fino ai 32mila euro di reddito, e non 55mila come inizialmente previsto dal governo. Lo sconto verrà effettuato mensilmente e non con un ‘bonus’ una volta l’anno. Quindi arriva il fondo per il contrasto alla povertà, che andrà a finanziare il reddito minimo garantito. Le risorse arriveranno dalle pensioni d’oro (a partire da 90.000 euro).


domenica 24 novembre 2013

Pensioni 2014 per le donne a 63 anni, 9 mesi



Scattano a gennaio del 2014 i nuovi requisiti per le pensioni di vecchiaia delle donne, previsti dalla riforma Fornero. Le lavoratrici del settore privato andranno in pensione a 63 anni e 9 mesi, 18 mesi dopo rispetto ai 62 anni e 3 mesi stabiliti per il 2013. All'inizio del 2018 si arriverà all'equiparazione delle età di vecchiaia tra uomo e donna a 66 anni e tre mesi, gli stessi già richiesti, per entrambi i sessi, nel settore pubblico, dove dal 2016 verranno però adeguati alla speranza di vita.

Da gennaio le lavoratrici dipendenti del settore privato potranno andare in pensione di vecchiaia solo dopo aver compiuto i 63 anni e 9 mesi, 18 mesi in piu’ rispetto ai requisiti previsti per il 2013 (62 anni e tre mesi). Dal 2014 scattano infatti i nuovi requisiti per il pensionamento di vecchiaia delle donne previsti dalla riforma Fornero che porteranno gradualmente alla parificazione delle età di vecchiaia all’inizio del 2018 (66 anni e tre mesi ai quali aggiungere l’adeguamento alla speranza di vita). Ecco in sintesi i requisiti per l’uscita da lavoro nel 2014, in presenza comunque di almeno 20 anni di contributi (se si hanno contributi accreditati prima del 1996. Se si e’ cominciato a versare dopo il 1996 e’ richiesto anche un importo di pensione di almeno 1,5 volte la soglia minima):

Donne dipendenti settore privato: potranno andare in pensione di vecchiaia le donne con almeno 63 anni e 9 mesi. Dal 2016 (fino al 31 dicembre 2017) scatterà un ulteriore scalino e saranno necessari 65 anni e tre mesi ai quali aggiungere l’aumento legato alla speranza di vita. Potranno quindi andare in pensione ancora quest’anno con 62 anni e 3 mesi le lavoratrici nate prima del 30 settembre 1951 mentre se si e’ nate a ottobre dello stesso anno l’uscita dal lavoro sarà rimandata almeno fino a luglio del 2015.

Donne autonome e gestione separata: nel 2014 le lavoratrici autonome potranno andare in pensione con almeno 64 anni e 9 mesi, con un anno in più rispetto a quanto previsto per il 2013. Per il 2016 e il 2017 saranno necessari almeno 65 anni e 9 mesi, requisito al quale andrà aggiunta la speranza di vita.

 La legge prevede anche la possibilità di lasciare il lavoro prima (pensione anticipata) ma con disincentivo per chi lo richiede.

Qualora, infatti, la si chieda prima dei 62 anni, l’assegno viene corrisposto, per la quota retributiva (per l’anzianità maturata sino al 2011), con una riduzione pari all’1% per ogni anno di anticipo; taglio che sale al 2%, per ogni anno di anticipo che supera i 2 anni.

Altra possibilità (concessa solo alle donne) è quella di andare in pensione con le vecchie regole, ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se autonome), sino al 2015, scegliendo però un trattamento calcolato interamente con il criterio contributivo.

Un sistema che produce però una perdita in termini di pensione stimata in circa il 25-30%.

Nel 2014 ad esempio, le donne dipendenti, per ottenere la pensione contributiva, oltre ai 35 anni di contribuzione, devono compiere i 57 anni di età entro il prossimo 31 agosto.




Apprendistato la formazione scenderà in base al titolo scolastico


Le Regioni hanno approvato le linee guida destinate a uniformare l'offerta formativa per il contratto di mestiere.

Centoventi ore di formazione (in tre anni) per gli apprendisti privi di titolo di studio o in possesso di licenza elementare o media; si scende a 80 ore (da articolare sempre nell'arco di tre anni) per gli apprendisti in possesso del diploma (statale o di istruzione e formazione professionale). E se l'apprendista possiede la laurea (ma anche un master, un diploma di specializzazione, il dottorato di ricerca) la durata dell'offerta formativa pubblica scende ancora, e si ferma a 40 ore.

È la principale novità delle linee guida varate dalle Regioni per attuare le semplificazioni introdotte dal Dl 76/2013 sull'apprendistato professionalizzante. Le linee guida, proposte dalle regioni al Governo lo scorso 17 ottobre, dovrebbero ricevere il via libera formale nella Conferenza Stato-Regioni il 28 novembre 2013.

Sembra infatti che il Governo non abbia obiezioni sul testo proposto dalle regioni, che è peraltro in linea con le disposizioni del Dl 76. Sui percorsi scuola lavoro, con il decreto Carrozza (Dl 104/2013) arriva l'Erasmus in azienda: intese ad hoc tra università (escluse quelle telematiche) e imprese potranno promuovere progetti formativi congiunti per far svolgere agli studenti periodi di formazione nelle aziende sulla base di un contratto di apprendistato. Si punta poi a sostenere la diffusione dell'apprendistato di alta formazione nei percorsi Its (gli Istituti tecnici superiori, post diploma), anche attraverso incentivi finanziari previsti dalla programmazione regionale.

Si dovranno cioè trasferire al ragazzo competenze sulla sicurezza sul luogo di lavoro, l'organizzazione e la qualità aziendale, diritti e doveri del lavoratore e dell'impresa. Ma anche competenze digitali, sociali, civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, elementi di base del mestiere. La formazione dovrà partire, di norma, nella fase iniziale dell'apprendistato e ci dovranno essere verifiche degli apprendimenti. Si prevede, inoltre, per le aziende che non si avvalgono dell'offerta formativa pubblica, di poter erogare direttamente la formazione per le competenze di base e trasversali. Ma devono disporre di "standard minimi": vale a dire, «luoghi idonei alla formazione» (distinti da quelli normalmente destinati alla produzione) e «risorse umane con adeguate capacità e competenze».

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