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domenica 29 dicembre 2013

Pensioni 2014: anticipata e in uscita dal lavoro




Con il nuovo anno scattano i nuovi requisiti per andare in pensione. A pagare il prezzo più consistente saranno le donne dipendenti del settore privato  che per andare in pensione di vecchiaia dovranno aver compiuto i 63 anni e 9 mesi, 18 mesi in più rispetto ai requisiti previsti per il 2013 (62 anni e tre mesi).

La pensioneanticipata è una prestazione economica a domanda, erogata ai lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive, esonerative ed integrative, la cui pensione è liquidata con il sistema di calcolo retributivo, misto o contributivo.

Ai fini del raggiungimento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità disciplinata dalla previgente normativa.

Per i soggetti che accedono alla pensione anticipata ad un’età inferiore a 62 anni si applica, sulla quota di trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011, una riduzione pari ad un punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata a due punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.

Ricordiamo che i soggetti che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a partire dal 1° gennaio 2012, possono accedere alla pensione anticipata a condizione che risulti maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne.  Tali requisiti sono aumentati di un mese per l'anno 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dal 2014, fermi restando gli incrementi della speranza di vita a decorrere dal 1° gennaio 2013.

I requisiti prescritti a partire dal 1° gennaio 2012 per il diritto alla pensione anticipata, sia in un sistema di calcolo misto (contributivo pro-rata) sia contributivo, sono riportati nella tabella seguente.

La riforma Fornero, diciamo che ha la “sua forza” dal primo gennaio 2014 che entrano in vigore i nuovi requisiti fissati con la legge medesima. Si tratta di disposizioni più stringenti che rimandano l'età pensionabile: 66 anni e 3 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi e per lavoratrici del settore pubblico, 63 anni e 9 mesi per lavoratrici del settore privato; 64 anni e 9 mesi per lavoratrici autonome. In merito alla pensione anticipata, per le persone in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, sono richiesti 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne.

E allora il nuovo anno porta altri requisiti per andare in pensione: 66 anni e 3 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi e per lavoratrici del settore pubblico, 63 anni e 9 mesi per lavoratrici del settore privato; 64 anni e 9 mesi per lavoratrici autonome. In merito alla pensione anticipata, per le persone in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, sono richiesti 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne. In buona sostanza sono aumentati di un mese i requisiti richiesti rendendo più difficile uscire di scena senza subire penalizzazioni nell'assegno mensile corrisposto.

Nel caso della pensione anticipata, è previsto un disincentivo dell'1% per ogni anno di distanza dal raggiungimento dei 62 anni di età e del 2% per ogni anno prima del compimento dei 60 anni. Le ragioni che hanno portato a questi cambiamenti, contestati sia dai sindacati che da buona parte del governo in carica, sono ben note: equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli; flessibilità nell'accesso ai trattamenti pensionistici anche attraverso incentivi alla prosecuzione della vita lavorativa.

Sulla quota retributiva del trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente al 1° gennaio 2012 è applicata una riduzione pari a 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni; tale riduzione è elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni (ovvero rispetto ai 60 anni di età). Nel caso in cui l'età al pensionamento non sia intera la riduzione percentuale è proporzionale al numero dei mesi.

Gli uomini potranno andare in pensione in anticipo rispetto all'età di vecchiaia se hanno almeno 42 anni e 6 mesi di contributi versati, un mese in più di quanto previsto nel 2013. Per le donne saranno necessari almeno 41 anni e 6 mesi di contributi (un mese in più di quanto previsto nel 2013). Anche i requisiti per la pensione anticipata andranno adeguati dal 2016 all'aumento della speranza di vita.




lunedì 23 dicembre 2013

Pensioni per il 2014 aumenti lordi minimi. Massimo 20 euro al mese




Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha annunciato il blocco delle pensioni superiori a 3.000 euro. In effetti, nel 2014 gli assegni dell’Inps pari a 6 volte il trattamento minimo (circa 3.000 euro lordi al mese) nel 2014 non verranno dunque incrementati secondo l’inflazione, come invece dovrebbe avvenire di regola.

Per le pensioni che entreranno in vigore a gennaio 2014, ci sarà una rivalutazione piena o quasi solo per gli importi pensionistici fino a circa 2.000 euro al mese lordi. E' giusto ricordare che solo le pensioni che non superano tre volte il trattamento minimo di 495,40 euro al mese avranno il recupero al 100%.

Al crescere della pensione, la percentuale di rivalutazione scende fino a 2.477,000 (5 volte il minimo ) sarà del 75% oltre questo il limite sarà del 50%. Poi, a partire da sei volte il minimo (2.972 euro al mese) scatta un altro tipo di decurtazione: l’incremento è limitato al 45 per cento, ma si applica solo alla quota di pensione che non supera questa soglia.

Se si guarda alla curva delle pensioni gli aumenti lordi in arrivo a gennaio 2014 porterà soltanto un aumento di circa 20 euro al mese, lordi. Niente di esaltante insomma. Nessuna pioggia di denaro. Ossia pensioni rivalutatesi ma di poche decine di euro è il risultato dopo  tanti annunci e...

In sostanza, operando un raffronto con l'anno passato avverrà che una pensione da 500 euro di quest'anno salirà a 506 euro l'anno prossimo. Per beneficiare di un incremento bisogna prendere una pensione di 900 euro, in quel caso l'aumento sarà di 10 euro mensili circa. Chi oggi incassa 1.800 euro mensili di pensione godrà nel 2014 di un aumento di 20 euro circa. Al crescere degli importi, salgono anche le rivalutazioni, dai 1800,00, per effetto del meccanismo congegnato comincerà a flettere, infatti chi aveva un importo di 2.000,00 euro avrà un aumento mensile di 18,00 chi ne aveva 2.500,00 avrà  un aumento mensile di 15,00, tanto che da 3.000,00 euro in su l'aumento sarà di 14,27 per tutti.

Questo schema durerà fino al 2016 : dall'anno successivo dovrebbe essere riportato in vigore quello degli anni 90 che prevede rivalutazioni differenziate tra il 100% ed il 75%, percentuali applicate però solo sulle fasce di pensione che superano i limiti.

Per quanto riguarda i conti pubblici, la rivalutazione parziale porterà nel 2014 un risparmio 580 milioni che diventano 380 al netto degli effetti fiscali.

Legge stabilita 2014: pensioni, rivalutazione ed esodati




Vediamo cosa accadrà innanzitutto per la previdenza e per le pensioni nel 2014, anno che si sta preparando ad iniziare.

Nuove rivalutazioni delle rendite, con un leggero vantaggio per chi guadagna attorno a 1.500-2mila euro lordi al mese (cioè tra 3 e 4 volte il trattamento minimo).

E' stato mantenuto l’impegno di garantire nel 2014 un recupero pieno o quasi dell’inflazione (comunque bassa lo scorso anno, 1,2 per cento) ai trattamenti bassi e medio-bassi, fino a circa 2.000 euro lordi al mese. Ma se l’assegno risulta essere più alto, ad esempio 2.500 euro, la rivalutazione è solo a metà: su base annua si perde quindi un importo lordo di quasi 200 euro, che si riduce però in termini netti a poco più della metà visto che in conseguenza diminuisce anche la quota aggiuntiva di imposta sul reddito.

Molto più importante la differenza  per le pensioni d’oro, per l’introduzione di un contributo di solidarietà crescente fino al 18 per cento: chi percepisce 200 mila euro l’anno se ne vede togliere oltre 11 mila lorde, equivalenti ad una decurtazione netta di poco più di 6 mila euro.

Oltre mille euro in meno all’anno per chi ha una pensione di poco superiore a tre volte il minimo. Anche se dal 2014 riparte l’indicizzazione dell’assegno previdenziale, nei prossimi tre anni gli importi saranno comunque più leggeri rispetto alla normativa in vigore prima del blocco temporaneo introdotto dal decreto salva Italia di fine 2011.

L’indicizzazione piena dell’1,2% si applica agli 11,5 milioni di pensionati che incassano un assegno di importo fino a tre volte il minimo. Per quelli nella fascia tra tre e quattro volte il minimo (altri 2,5 milioni di persone), la rivalutazione effettiva sarà dell’1,14 per cento; tra quattro e cinque volte il minimo si scende allo 0,9 per cento; tra cinque e sei volte non si va oltre lo 0,6 per cento.

Per esempio, che chi ora incassa un assegno di 1.600 euro lordi 8mensili, nel 2014 riceverà 1.618,24 euro, cioè 237,12 euro in più in un anno per tredici mensilità. Chi, con un assegno attuale di 1.486,29 euro beneficia di una rivalutazione piena, l’anno prossimo avrà un aumento complessivo di 231,92 euro.

Ben più significativi i tagli che subiranno le pensioni redditi più elevati attraverso l'indicizzazione all'inflazione, per cui saranno riviste al 95% gli assegni pari a 4 volte il minimo, del 50% le pensioni superiori a 5 volte il minimo e pari o inferiori a 6 volte il minimo e del 40% nel 2014 per i trattamenti 6 volte sopra il minimo e al 45% per gli anni 2015-2016.

La platea degli esodati salvaguardati aumenta di altre 17.000 unità, che però dovranno perfezionare i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall'entrata in vigore della riforma Fornero (entro il 7 dicembre 2014). La copertura, pari a 199 mln nel 2014, arriva attraverso l'aumento dell'aliquota contributiva per gli autonomi e la riduzione di diversi fondi. E previsto lo stanziamento di 950 milioni dal prossimo anno fino al 2020 per sei diverse categorie. Altra novità approvata dopo giorni e giorni di dibattito è lo stop al cumulo di pensioni e stipendi da incarichi pubblici fino a un massimo di 303.000 euro l'anno. Per quanto riguarda gli statali, confermato il blocco della contrattazione oltre il 2014.

Mentre i disoccupati riceveranno un sussidio e un accompagnamento finalizzato all'inclusione nel mondo del lavoro. La maggior parte del finanziamento necessario pari a 40 milioni per 3 anni, arriva grazie al contributo di solidarietà ovvero al prelievo aggiuntivo dagli assegni pensionistici più pesanti. Saranno infatti trattenuti il 6%, 12% e 18% da chi incassa oltre 90.000, 128.000 e 193.000 euro. A proposito di previdenza, la rivalutazione delle pensioni sarà al 100% per gli assegni fino a tre volte il minimo (1.486,29 euro), al 90% fino a 4 volte, al 75% fino a 5 volte, al 50% fino a sei volte.

Via libera anche al contributo di solidarietà per le pensioni di importi elevati. Il contributo sarà del 6% per parte eccedente l’importo superiore a quattordici volte il trattamento minimo I.N.P.S; del 12% per la parte eccedente venti volte il trattamento stesso e del 18% per la parte eccedente l’importo di trenta volte il medesimo.

In sintesi la legge di stabilità ha posto queste novità che saranno introdotte a partire dal 2014:

Pensioni: per le pensioni fino a tre volte il minimo viene garantita la rivalutazione del 100%; fino a quattro volte il minimo sono rivalutate al 95%; l’indicizzazione scende col salire dell’assegno.

Esodati: vengono stanziati 950 milioni dal 2014 al 2020 per altri 17.000 esodati di sei diverse categorie.

Pensioni d’oro: contributo di solidarietà per le pensioni elevate: 6% per la parte eccedente i 90.168,26 euro annui; il 12% oltre i 128.811,80 euro; il 18% per la parte eccedente i 193.217,70 euro annui.

Contributo solidarietà redditi elevati: per i redditi superiori ai 300.000 euro l’anno viene confermato il contributo di solidarietà del 3% per il triennio 2014-2016.


domenica 24 novembre 2013

Pensioni 2014 per le donne a 63 anni, 9 mesi



Scattano a gennaio del 2014 i nuovi requisiti per le pensioni di vecchiaia delle donne, previsti dalla riforma Fornero. Le lavoratrici del settore privato andranno in pensione a 63 anni e 9 mesi, 18 mesi dopo rispetto ai 62 anni e 3 mesi stabiliti per il 2013. All'inizio del 2018 si arriverà all'equiparazione delle età di vecchiaia tra uomo e donna a 66 anni e tre mesi, gli stessi già richiesti, per entrambi i sessi, nel settore pubblico, dove dal 2016 verranno però adeguati alla speranza di vita.

Da gennaio le lavoratrici dipendenti del settore privato potranno andare in pensione di vecchiaia solo dopo aver compiuto i 63 anni e 9 mesi, 18 mesi in piu’ rispetto ai requisiti previsti per il 2013 (62 anni e tre mesi). Dal 2014 scattano infatti i nuovi requisiti per il pensionamento di vecchiaia delle donne previsti dalla riforma Fornero che porteranno gradualmente alla parificazione delle età di vecchiaia all’inizio del 2018 (66 anni e tre mesi ai quali aggiungere l’adeguamento alla speranza di vita). Ecco in sintesi i requisiti per l’uscita da lavoro nel 2014, in presenza comunque di almeno 20 anni di contributi (se si hanno contributi accreditati prima del 1996. Se si e’ cominciato a versare dopo il 1996 e’ richiesto anche un importo di pensione di almeno 1,5 volte la soglia minima):

Donne dipendenti settore privato: potranno andare in pensione di vecchiaia le donne con almeno 63 anni e 9 mesi. Dal 2016 (fino al 31 dicembre 2017) scatterà un ulteriore scalino e saranno necessari 65 anni e tre mesi ai quali aggiungere l’aumento legato alla speranza di vita. Potranno quindi andare in pensione ancora quest’anno con 62 anni e 3 mesi le lavoratrici nate prima del 30 settembre 1951 mentre se si e’ nate a ottobre dello stesso anno l’uscita dal lavoro sarà rimandata almeno fino a luglio del 2015.

Donne autonome e gestione separata: nel 2014 le lavoratrici autonome potranno andare in pensione con almeno 64 anni e 9 mesi, con un anno in più rispetto a quanto previsto per il 2013. Per il 2016 e il 2017 saranno necessari almeno 65 anni e 9 mesi, requisito al quale andrà aggiunta la speranza di vita.

 La legge prevede anche la possibilità di lasciare il lavoro prima (pensione anticipata) ma con disincentivo per chi lo richiede.

Qualora, infatti, la si chieda prima dei 62 anni, l’assegno viene corrisposto, per la quota retributiva (per l’anzianità maturata sino al 2011), con una riduzione pari all’1% per ogni anno di anticipo; taglio che sale al 2%, per ogni anno di anticipo che supera i 2 anni.

Altra possibilità (concessa solo alle donne) è quella di andare in pensione con le vecchie regole, ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se autonome), sino al 2015, scegliendo però un trattamento calcolato interamente con il criterio contributivo.

Un sistema che produce però una perdita in termini di pensione stimata in circa il 25-30%.

Nel 2014 ad esempio, le donne dipendenti, per ottenere la pensione contributiva, oltre ai 35 anni di contribuzione, devono compiere i 57 anni di età entro il prossimo 31 agosto.




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