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martedì 21 aprile 2015

La proposta di Boeri: reddito minimo garantito per over 55



Il presidente dell’Inps, Tito Boeri «rivendica il diritto a fare proposte» dell’Istituto e torna a sostenere l’ipotesi di un reddito minimo per gli over 55 che perdono il lavoro e sono in una condizione di povertà. La proposta da sottoporre a Governo e Parlamento dovrebbe arrivare a giugno e per ora si sa solo che dovrebbe basarsi su risorse per un miliardo e mezzo di euro l’anno da ricercarsi all'interno della spesa per la protezione sociale. «Non credo che dare loro un trasferimento, che sarà basso - dice Boeri - li esponga al rischio di non mettersi in cerca di un lavoro». Si tratta di persone che «difficilmente trovano un nuovo impiego (solo il 10%)».

Sul salario minimo il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, ha detto che l'associazione è a favore così come è previsto dalla delega (solo per i settori non coperti da contratti) e di non vedere rischi per i contratti collettivi. «Se c'è un'idea per dare un sostegno al reddito a chi non ce l'ha siamo favorevoli, ma servono regole chiare e controlli incisivi. E i controlli in Italia non sempre sono efficaci», ha sottolineato la Panucci, interpellata a margine di un convegno sull'ipotesi su cui sta lavorando il governo di inserire un reddito minimo per i lavoratori over 55 disoccupati. «Il nostro sistema sociale è molto ampio e costoso e bisogna vedere come si realizza il reddito minimo. Tutto cioè andrà a visto nel complesso», ha detto. Il livello del sussidio, inoltre, « deve essere tale da non disincentivare la ricerca del lavoro». Una equazione, la Marcella Panucci, «non semplice da raggiungere». Panucci ha comunque ribadito che nella riforma del modello contrattuale è necessario un rafforzamento tra salario e produttività.

Se imprese e sindacati non riusciranno a riformare in autonomia il modello contrattuale «farà bene il governo a intervenire», ha sottolineato il direttore generale di Confindustria. «Se non riusciremo a fare il nostro dovere di parti sociali in autonomia - ha detto - qualcuno ci riformerà come è successo con le banche popolari. Io preferisco riformarmi da sola».

L'Inps presenterà "a giugno" una proposta per introdurre "un reddito minimo garantito per le persone tra i 55 e 65 anni". Lo ha detto il presidente Tito Boeri. "Non credo che dare loro un trasferimento, che sarà basso - dice - li esponga al rischio di non mettersi in cerca di un lavoro". Si tratta di persone che "difficilmente trovano un nuovo impiego (solo il 10%)".

"Sarei felice se il governo riuscisse a trovare le risorse per finanziare un reddito minimo garantito per tutta la popolazione", puntualizza Boeri, sottolineando che la proposta per gli over 55enni "è complementare". Il professore evidenzia poi che con la crisi "abbiamo avuto una forte crescita di povertà per questa fascia di età". Si tratta di persone che se perdono il lavoro "riescono a trovare un reimpiego solo nel 10% dei casi", indica Boeri.

Allarme povertà, nuova emergenza 55-65enni - E' la povertà "il dato più allarmante" provocato dalla recessione in Italia. Lo sottolinea il presidente dell'Inps, Tito Boeri, spiegando che "il fattore trainante della povertà è la perdita di lavoro" "La povertà in Italia durante questa grande recessione è aumentata di un terzo", spiega Boeri durante un convegno all'Università Bocconi, sottolineando che "ha interessato le fasce più giovani, ma anche le persone tra 55 e 65 anni". E questa "è una nuova emergenza per il Paese che si è aggiunta a quella giovanile".

Crisi è stress test per sistemi protezione sociale - In Italia "la recessione è stata lo stress test per i nostri sistemi di protezione sociale". E' quanto sostiene il presidente dell'Inps, Tito Boeri, a un convegno sulla disoccupazione in Bocconi. "Non è affatto vero che quando ci sono degli shock così pesanti la povertà inevitabilmente debba aumentare", spiega Boeri, evidenziando che "dalla povertà ci si può tutelare con strumenti di protezione sociale, come il reddito minimo". Ma l'Italia "è l'unico paese in Europa a non avere questi strumenti - avverte Boeri -. Anche la Grecia, seppure in via sperimentale si è dotata di uno strumento di questo tipo".

Sì banche a pagamenti 1 mese; ora decreto - Sui pagamenti di tutte le pensioni il primo del mese "abbiamo trovato l'accordo con le banche", adesso, "aspettiamo il decreto del governo che mi auguro venga varato il prima possibile". Lo ha detto il presidente dell'Inps, Tito Boeri, durante un convegno in Bocconi, sottolineando che "è a costo zero per le banche e per lo Stato, mentre c'è un grande vantaggio per i pensionati". "In queste settimane abbiamo trattato con le singole banche" per erogare il primo di ogni mese tutte le pensioni diverse dall'Inps, ha detto Boeri, spiegando che "le banche abbasseranno i costi dei bonifici, in cambio dell'accredito sui conti correnti il primo del mese". "L'operazione deve essere neutra da un punto di vista economico", ha aggiunto il professore, precisando che l'ammontare complessivo delle pensioni diverse dall'Inps, erogate il 10 o il 16 di ogni mese, "è pari a circa 4 miliardi di euro".

Inps ha diritto proporre; non viola democrazia - "Rivendico il diritto di poter fare delle proposte. Non è certamente un modo di violare le regole della democrazia, come qualcuno ha sostenuto". Così il presidente dell'Inps, Tito Boeri,in merito al pacchetto di proposte che - assicura - l'istituto presenterà a "governo e parlamento entro giugno". Per Boeri, "un ente come l'Inps ha conoscenze e competenze che può mettere a servizio del paese. Inoltre abbiamo dati importanti che ci permettono di valutare meglio di altri le politiche fatte sin qui in Italia"

La linea di Boeri però è destinata a scontrarsi contro il muro del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che già lo scorso 15 aprile in Parlamento aveva allontanato l'ipotesi di aumentare le tasse sulle pensioni superiori ai 2 mila euro, anzi in quella occasione Poletti aveva richiamato Boeri a stare al suo posto: "L'Inps è uno strumento importante a supporto dell'azione del governo e del parlamento. Fa elaborazioni interessanti - ha aggiunto Poletti - ma il lavoro comunque compete al governo".

Boeri non ha chiarito quali dovrebbero i requisiti per accedere a questo assegno. Si sta ragionando su tutti coloro che sono in questa fascia di età con un reddito familiare sotto una certa soglia ma è possibile che a fronte della carenza di risorse la platea si restringa a coloro che hanno perso il lavoro (e quindi hanno lavorato e magari hanno esaurito gli altri ammortizzatori sociali compreso l’Aspi) e che si trovano in condizione di povertà. Nel 2014 i disoccupati sopra i 55 anni - secondo i dati Istat - erano 209.000 (230.000 se si guarda all'ultimo trimestre dell’anno) e le risorse annue potrebbero quindi bastare se si ipotizzasse un sussidio di circa 600 euro per 12 mesi e senza accreditare contributi figurativi (come invece avviene per la cassa integrazione e l’Aspi), ipotizzando che la grandissima maggioranza di questi disoccupati abbia un reddito sotto la soglia definita. Le cifre necessarie a un intervento senza paletti oltre a quelli anagrafici e di reddito chiaramente lieviterebbero di molto.


I sindacati esprimono preoccupazione soprattutto per il crollo della cig in deroga. «Il calo del ricorso alla cassa integrazione - afferma la Cgil in una nota - non può essere scambiato come un segnale di miglioramento della situazione produttiva nel nostro Paese. La riduzione del dato ha origine per il 91,2% dal crollo della cassa in deroga e questo si spiega con un’unica ragione: l’esaurimento delle insufficienti risorse rese disponibili dai provvedimenti di legge del 2014, a partire dalla Legge di stabilità».

«Occorre uscire dalla cassa in deroga, che pesa sulla fiscalità generale - sottolinea il segretario confederale Cisl Gigi Petteni - ma prima di restringerne in maniera così forte l’utilizzo, avrebbe dovuto essere realizzata la riforma della cassa integrazione prevista dal Jobs Act, che invece è ancora al palo. Inoltre le risorse già disponibili vanno immediatamente assegnate alle Regioni per consentire il pagamento dei sussidi».




mercoledì 17 settembre 2014

Contratto di lavoro a tutele crescenti per i nuovi assunti



"Per le nuove assunzioni" viene previsto "il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio". E' il senso dell'emendamento presentato dal governo al Jobs act ed in particolare all'articolo 4 sul riordino delle forme contrattuali.

Il contratto di lavoro a tutele crescenti è una proposta di riforma della disciplina delle assunzioni e dei licenziamenti che è ciclicamente emersa nel recente passato. Nella mente del governo, si tratta di un tipo di contratto a tempo indeterminato che congela le tutele legate all'articolo 18 nella fase iniziale del rapporto di lavoro (che però dovrebbe esser lunga tre anni), per poi introdurre "a crescere" le garanzie per il lavoratore.

Dal contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti per i nuovi-assunti al riordino delle forme contrattuali oggi esistenti e dei rapporti di lavoro ma anche delle ispezioni; fino ad un uso più flessibile delle mansioni, per la tutela del posto di lavoro, ed al salario minimo, esteso ai co.co.co. Sono le principali novità del disegno di legge delega sul lavoro, il Jobs act.

Riordino forme contrattuali e rapporti lavoro. Viene indicato l'obiettivo di arrivare ad un "Testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e - aggiunge l'emendamento - dei rapporti di lavoro". Obiettivo è sfoltire le decine di forme contrattuali e le norme.

Modifiche su controlli a distanza. Si introduce "una revisione" della disciplina dei controlli a distanza (vietati dall'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori con impianti audiovisivi o altre apparecchiature), aprendo all'utilizzo delle nuove tecnologie per la 'sorveglianza' ed il 'tele-lavoro', tutelando comunque "dignità e riservatezza" del lavoratore.

Demansionamenti. Revisione anche della disciplina delle mansioni (l'articolo 13 dello Statuto dei lavoratori prevede che il lavoratore "deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto"). In questo modo si va verso un utilizzo più 'flessibile' delle mansioni, "in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale con l'interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita, prevedendo limiti alla modifica dell'inquadramento".

Salario minimo anche a Co.co.co. L'introduzione, "eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo" che il Jobs act già inizialmente prevedeva tra le deleghe al governo, applicabile ai lavoratori subordinati viene estesa ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. A dettagliarlo sarà il decreto delegato successivo. Co.co.co: salario orario minimo in settori senza contratto nazionale. Infatti è prevista l'introduzione del compenso orario minimo, , nonché nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, previa consultazione - conclude l'emendamento - delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano sociale».

Riordino anche dell'attività ispettiva, in arrivo anche la razionalizzazione dell'attività ispettiva nelle aziende con l'introduzione di una Agenzia unica per le ispezioni di lavoro. La semplificazione dei controlli sarà possibile «attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l'istituzione di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l'integrazione in un'unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'Inps e dell'Inail, prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle Asl e delle Arpa».

Sarà il governo, nell'ambito dell'esercizio della delega, ha spiegato il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, a varare i decreti delegati «entro il termine di sei mesi dalla data di entrata della presente legge» prevedendo in essi la gradualità delle tutele e il periodo di contratto. Con l'emendamento il Governo viene delegato ad emanare, entro sei mesi, un «testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro» per «rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione».

A differenza delle prima versione del testo, il contratto a tutele crescenti non sarà più opzionale e non riguarderà più solo l’inserimento nel mondo del lavoro ma anche il reinserimento. Oltre alla individuazione del contratto a tutele crescenti come il canale normale per il tempo indeterminato, il Governo è delegato a compiere una analisi di «tutte le forme contrattuali esistenti» per valutarne la «effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo» anche in vista di una «semplificazione delle medesime tipologie contrattuali».

martedì 26 novembre 2013

Legge stabilità 2013 prove sperimentali di reddito minimo



Nel maxiemendamento alla legge di Stabilità "vi è un importante intervento, seppur sperimentale, per il contrasto alla povertà: l'introduzione di un reddito minimo". Lo ha detto il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina, nell'ufficializzare la richiesta della fiducia. Il reddito minimo sarà finanziato abbassando da 150mila a 90mila euro la soglia delle pensioni d'oro da cui attingere per il contributo di solidarietà. L'introduzione di un reddito minimo di inserimento in alcune grande aree metropolitane, che avvia un percorso. La copertura arriverà dal contributo di solidarietà sulle pensioni d'oro, con soglia oltre la quale scatta il prelievo del 5% abbassata da 150mila a 90mila euro. Il fondo previsto per questo nuovo ammortizzatore sociale è di 40 milioni l'anno per i prossimi tre anni.

Stipendio orario minimo e reddito minimo garantito si aggirano per l'Europa. Lo stipendio minimo orario è il valore di un'ora di lavoro per qualsiasi tipo di attività. Il reddito minimo garantisce a chi ha perso il lavoro o non ha mezzi adeguati per vivere un aiuto minimo dignitoso. Le due formule sono quindi molto diverse tra loro.

Il Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA) è il nuovo strumento di contrasto alla povertà per garantire il sostegno al reddito a tutti coloro che si trovano in condizione di povertà e risiedono stabilmente sul territorio nazionale da almeno due anni. L'accesso è condizionato ad una «prova dei mezzi effettuata secondo criteri articolati e omogenei a livello nazionale», con soglie patrimoniali che fanno riferimento alla disciplina della componente dell'Isee mentre il controllo dei criteri di ammissibilità verrà affidato all’INPS.

L’obiettivo del Sostegno per l’Inclusione Attiva, si legge nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali «è quello di permettere a tutti l’acquisto di un paniere di beni e servizi ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti. Il sostegno economico non è però incondizionato. Il beneficiario s’impegna a perseguire concreti obiettivi di inclusione sociale e lavorativa.

Il salario orario minimo è sostanzialmente garantito dai contratti, anche se viste le alterazioni del lavoro, oggi meno sicuro del passato; mentre si è avviato un percorso per il reddito minimo. Per stare ai paralleli, in Belgio si chiama Minimax, un salario mensile di 650 euro per chi è in povertà. In Lussemburgo c’è il Revenu minimum guaranti, di1.100 euro al mese. Nei Paesi Bassi ci sono il Beinstand ma anche il Wik di 500 euro, riservato a permettere agli artisti un minimo di libertà creativa. In Austria c'è il Sozialhilfe, in Norvegia il reddito di esistenza, in Germania l’Arbeitslosengeld II. L’Italia è l’unico grande paese europeo a non avere una misura di questo tipo, insieme alla Grecia.

Secondo il testo approvato in commissione, ci sarà una detrazione massima di 225 euro per i redditi tra i 15mila e i 18mila euro, e benefici a degradare fino ai 32mila euro di reddito, e non 55mila come inizialmente previsto dal governo. Lo sconto verrà effettuato mensilmente e non con un ‘bonus’ una volta l’anno. Quindi arriva il fondo per il contrasto alla povertà, che andrà a finanziare il reddito minimo garantito. Le risorse arriveranno dalle pensioni d’oro (a partire da 90.000 euro).


domenica 22 settembre 2013

Dal 2013 sostegno per l'Inclusione Attiva: salario minimo per il sostegno al reddito



Il Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA) è il nuovo strumento di contrasto alla povertà per garantire il sostegno al reddito a tutti coloro che si trovano in condizione di povertà e risiedono stabilmente sul territorio nazionale da almeno due anni. L'accesso è condizionato ad una «prova dei mezzi effettuata secondo criteri articolati e omogenei a livello nazionale», con soglie patrimoniali che fanno riferimento alla disciplina della componente dell'Isee mentre il controllo dei criteri di ammissibilità verrà affidato all’INPS.

L’obiettivo è di colmare una carenza nel sistema di protezione sociale italiano, attraverso uno strumento universale di contrasto alla povertà.

Il ministro del lavoro Enrico Giovannini ha precisato che non si tratta di «un reddito di cittadinanza universale incondizionato», bensì di «un programma di inserimento sociale e lavorativo». In pratica il beneficiario per fruire del sussidio deve stipulare un patto di inserimento con i servizi sociali locali, da rispettare pena l’annullamento del sussidio.

L’obiettivo del Sostegno per l’Inclusione Attiva, si legge nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali «è quello di permettere a tutti l’acquisto di un paniere di beni e servizi ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti. Il sostegno economico non è però incondizionato. Il beneficiario s’impegna a perseguire concreti obiettivi di inclusione sociale e lavorativa. Si tratta innanzitutto di consentire, e richiedere ai beneficiari, quei comportamenti che ci si aspetta da ogni buon cittadino. È comunque un patto di reciproca responsabilità tra il beneficiario e l’amministrazione pubblica, che si impegna a offrire adeguati servizi di accesso e di sostegno». Si tratta di una misura «che ci chiede l’Europa. Nel 2008 la Commissione Europea ha emanato una Raccomandazione a tutti i Paesi per l’adozione di una strategia d’inclusione attiva», prosegue il Ministero. Il sussidio, che potrà essere erogato sotto forma di carta di debito, sarà pari alla differenza tra la misura delle risorse economiche familiari e il livello di riferimento per la soglia di povertà stabilito per legge.

Il Ministero del lavoro ha stimato che in totale il costo a regime del SIA potrà essere di 7-8 miliardi di euro, ma è necessaria «una specificazione dettagliata di tutti i suoi aspetti e tempi più lunghi di quelli di elaborazione del documento». In ogni caso il suo costo è destinato a decrescere con la ripresa economica, quando sarà ipotizzabile un calo dei livelli di povertà, e con la razionalizzazione delle misure di sostegno alla famiglia, con «l’introduzione dell’assegno unico per i figli in sostituzione delle detrazioni per familiari a carico e dell’assegno al nucleo familiare superando il problema dell’incapienza che caratterizza i programmi vigenti», ha spiegato il  Ministro.

Parte delle risorse per finanziare il SIA (2-3 miliardi di euro) potranno essere reperite per mezzo di una riforma delle attuali forme di contrasto della povertà. Le rimanenti risorse (4 miliardi di euro) potrebbero arrivare con il riordino delle pensioni di guerra indirette, da un contributo di solidarietà dalle pensioni elevate, dal riordino delle agevolazioni fiscali, dalle maggiori imposizioni su concorsi a premio, lotto, lotterie che hanno una potenzialità di finanziamento di almeno 4 miliardi.

Il Sia può essere finanziato con una riforma delle attuali forme di contrasto della povertà (assegni sociali e pensioni integrate al minimo), che riduca la quota delle prestazioni destinate a nuclei familiari che appartengono ai due/tre decili superiori della distribuzione della condizione economica misurata dall'Isee. Queste risorse sono valutabili in 2-3 miliardi, a seconda che ci si riferisca ai due o ai tre decili più elevati di Isee, cioè a nuclei con Isee superiore a 26,8 e 33,7 mila euro. Altre risorse possono essere reperite dall'area della protezione sociale: con il riordino pensioni di guerra indirette, un contributo di solidarietà da parte di percettori di pensioni elevate, il riordino delle agevolazioni fiscali, inasprimento imposizione sui concorsi a premio, lotto, lotterie che hanno una potenzialità di finanziamento di almeno 4 miliardi. Va anche considerato che i Comuni impegnano già circa 800 milioni di euro in programmi di contrasto della povertà.

venerdì 11 gennaio 2013

Emergenza lavoro in area Euro: idea salario minimo europeo


Jean Claude Juncker: «Lavoro, sì al salario minimo europeo». La situazione della disoccupazione "è drammatica, avevamo detto che l'euro avrebbe riequilibrato la società e invece la disoccupazione aumenta" ha detto il presidente dell'Eurogruppo Juncker al Parlamento Ue. "Nell'area euro - ha continuato - supera l'11%, e non ce lo possiamo permettere. E' una tragedia che stiamo sottovalutando". Per questo, ha aggiunto, "dobbiamo realizzare politiche più attive per il mercato del lavoro".

Serve salario minimo su tutta l'Eurozona. "Bisogna ritrovare la dimensione sociale dell'unione economica e monetaria, con misure come il salario minimo in tutti i Paesi della zona euro, altrimenti perderemmo credibilità' e approvazione della classe operaia, per dirla con Marx.".

Ha quindi lanciato un appello affinché si ritrovi "la dimensione sociale dell'unione economica e monetaria, con misure come il salario minimo in tutti i Paesi della zona euro, altrimenti perderemmo credibilità e approvazione della classe operaia, per dirla con Marx". Infine ha annunciato che sarà una donna francese a dirigere il meccanismo unico di sorveglianza sulle banche europee.

Il salario minimo è una soglia di paga base oraria che i datori di lavoro devono corrispondere a impiegati e operari. Ha fatto il suo esordio in Australia e Nuova Zelanda, ma in Europa non esiste una legislazione comune sul tema. In Francia, c'è lo "Smic", introdotto nel 1950, e che ora viene calcolato in base a un mix tra potere d'acquisto e altri fattori (nel 2010 vale circa 1.343 euro lordi al mese). In Spagna il salario minimo è disciplinato nello statuto dei lavoratori. Il salario minimo è previsto per legge in molti altri Paesi. Mentre altri Stati, come i paesi scandinavi, Germania, Italia, Austria e Cipro, non hanno un salario minimo imposto per legge, ma delegano alla contrattazione fra le parti sociali tale decisione.

"'La discussione sul Salario Minimo per Legge a livello Europeo quale strumento necessario per tutelare meglio i redditi dei lavoratori , contrastare le diseguaglianze ed introdurre maggiori elementi di equita' dovrebbe uscire dal solito schema polemico o di contrapposizione e guardare invece al merito ed ai contenuti delle scelte proposte e indicate''. Lo ha dichiarato in una nota il Segretario Confederale Cisl, Luigi Sbarra.

 
''L' Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere un salario minimo di legge. Ma lo è a ragione - spiega Sbarra -, in virtù di una forte copertura contrattuale esercitata attraverso i contratti nazionali di
categoria , circa 500 , che coprono praticamente tutti i settori del lavoro presenti nel paese. Anche se non esiste un erga omnes di legge di fatto i CCNL vengono applicati a tutti i lavoratori. Il nostro sistema di minimi salariali definito dai contratti nazionali di lavoro si colloca ad un livello più elevato di retribuzione e di maggiore tutele del potere di acquisto dei redditi dei lavoratori, rispetto alla media dei minimi salariali definiti per legge nei paesi europei''.

sabato 12 maggio 2012

Lavoro a progetto salario minimo

Le modifiche al ddl lavoro riferito ai contrati di lavoro per i co.co.pro., arriva una sorta di salario minimo o salario.

Il compenso dei collaboratori a progetto «deve essere adeguato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e non può comunque essere inferiore, in proporzioni di durata del contratto, all'importo annuale determinato periodicamente con decreto del Ministero del Lavoro». Per raggiungere questo obiettivo, i principi previsti sono «da un lato gli emolumenti previsti per analoghe prestazioni svolte nella forma del contratto d'opera» così come previsto dal codice civile e «dall'altro la media delle retribuzioni previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, in riferimento a prestazioni comparabili e omogenee rese in forma di lavoro subordinato. Il decreto ministeriale è emanato sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro».

Per i cosiddetti co.co.pro., viene introdotto il principio della giusta retribuzione calcolata sulla media tra le tariffe del lavoro autonomo e dei contratti collettivi di lavoro. Quindi le aziende dovranno corrispondere ai collaboratori un salario minimo in modo tale da tutelare soprattutto i giovani precari che spesso vengono “sfruttati” come si sul dire, con compensi irrisori.

Altra novità è la volonta di introdurre una indennità di disoccupazione per chi ha un contratto a progetto, anche se in una unica soluzione, guardando verso una mini Aspi. Gli emendamenti dei relatori prevedono infatti che venga rafforzata l’attuale una tantum per una fase sperimentale che durerà 3 anni al termine della quale sarà effettuata una verifica per passare ad una mini Aspi.

L’esempio fatto dai relatori è quello di un collaboratore a progetto che, avendo lavorato 6 mesi, percepirà nell’anno successivo circa 6 mila euro sotto forma di una-tantum.

Si tratta sicuramente di importanti novità nel mondo del lavoro che coinvolgeranno i lavoratori parasubordinati che in Italia, secondo i dati Isfol, sono 1 milione 422 mila. Il 46,9% (676 mila) sono collaboratori a progetto (co.co.pro.) con un reddito medio di 9.855 euro l’anno e il 35,1% di loro ha un’età inferiore ai 30 e il 28,7% tra i 30 e i 39 anni. Quindi una salario minimo e indennità di disoccupazione per i contratti di collaborazione a progetto andranno a beneficio dei giovani lavoratori.
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