martedì 3 marzo 2015

Riforma della scuola, tutto rinviato. Renzi: «Le assunzioni non slitteranno», forse



Non c’è nessun rischio che slittino le assunzioni dei precari, non c’è nessun passo indietro del governo. Stiamo cercando di essere il più trasparenti e pronti al confronto". "Vogliamo investire sulla scuola come strumento di crescita del Paese: la crescita non la fa l’Istat. La scuola è lo strumento di crescita del Paese, non l’Istat", ha concluso il premier.

Rinviato di una settimana il disegno di legge sulla riforma della scuola, ma non c’è nessun rischio di slittamento delle assunzioni di 180mila insegnanti precari. Lo ha detto il premier Matteo Renzi, precisando che non ci sono problemi di copertura: un miliardo sarà disponibile subito, 3 miliardi dal 2016. Il disegno di legge in materia slitta.

La parola passa al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che ha illustrato i cardini della riforma. «Abbiamo un obiettivo molto preciso che è quello di dare attuazione reale a un concetto rimasto congelato per 15 anni che è quello dell’autonomia scolastica», ha detto la Giannini.

«Si passa a un sistema di valutazione e di carriera degli insegnanti innovativo e rivoluzionario per il Paese che finora ha visto la progressione di carriera legata solo all'anzianità». Lo ha detto il ministro Giannini confermando che il 70% degli scatti sarà legato al merito.

«Ci sono poi misure fiscali - ha continuato il ministro - sulle quali dobbiamo prendere una decisione, che sono molto interessanti e innovative. In particolare la detrazione per le famiglie di alunni di scuole paritarie. Oltre alla possibilità di destinare il 5 per mille alla scuola, i provvedimenti sulla scuola prevedono sul piano fiscale uno School Bonus per chi investe in progetti legati alla scuola e la detrazione per chi frequenta le scuole paritarie». Tornando sulle assunzioni il ministro ha dichiarato che lo strumento legislativo «lo decideremo martedì prossimo». «Per noi - ha aggiunto - le assunzioni sono una priorità e un’urgenza. Quindi sarà uno strumento che consenta di ottenere questo risultato».

«Per cambiare la scuola bisogna partire da un progetto educativo, potenziando l’autonomia. Una scuola che dia competenze linguistiche (inglese in modalità Clil dalla primaria), musica, arte, educazione motoria con insegnati specialisti». E poi gli altri capisaldi della Buona Scuola targata Renzi-Giannini: l’alternanza scuola- lavoro (400 ore negli istituti tecnici e 200 ore per i licei) e soprattutto la riforma della carriera degli insegnanti. «Si passa a un sistema di valutazione degli insegnanti innovativo e rivoluzionario per il Paese che finora ha visto la progressione di carriera legata solo all’anzianità», ha detto il ministro Giannini confermando che il 70% degli scatti sarà legato al merito. Nel disegno di legge finirà anche la riforma della scuola per l’infanzia , con un ciclo unico 0-6 anni.

«Abbiamo un obiettivo molto preciso che è quello di dare attuazione reale a un concetto rimasto congelato per 15 anni che è quello dell’autonomia scolastica», ha detto la Giannini. «Per cambiare la scuola bisogna partire da un progetto educativo, potenziando l’autonomia. Una scuola che dia competenze linguistiche (inglese in modalità Clil dalla primaria), musica, arte, educazione motoria con insegnati specialisti». E poi gli altri capisaldi della Buona Scuola targata Renzi-Giannini: l’alternanza scuola- lavoro (400 ore negli istituti tecnici e 200 ore per i licei) e soprattutto la riforma della carriera degli insegnanti. «Si passa a un sistema di valutazione degli insegnanti innovativo e rivoluzionario per il Paese che finora ha visto la progressione di carriera legata solo all’anzianità», ha detto il ministro Giannini confermando che il 70% degli scatti sarà legato al merito. Nel disegno di legge finirà anche la riforma della scuola per l’infanzia , con un ciclo unico 0-6 anni. Infine il ministro ha voluto fare un accenno al nodo emerso nelle ultime ore degli sgravi per le scuole private. «Ci sono delle misure fiscali, sulle quali dobbiamo prendere una decisione, che sono molto interessanti e innovative - ha detto -. In particolare la detrazione per le famiglie di alunni di scuole paritarie».

I precari vivono ore di vera angoscia. Parliamo di 120 mila docenti che sperano di poter finalmente dire addio alla lotteria delle supplenze e alla girandola delle scuole e che adesso vedono sfumare all’ultimo la possibilità di un posto fisso. Di questi 105 mila sono iscritti alle Gae, le graduatorie a esaurimento chiuse dal 2007 di cui il premier Renzi aveva promesso lo svuotamento integrale; e 15 mila iscritti alle graduatorie di istituto (principalmente professori di matematica e fisica che scarseggiano nelle graduatorie provinciali) per i quali il decreto prevedeva un contratto-ponte in vista dell’assunzione definitiva (possibile solo dopo il prossimo concorso per 75 mila nel triennio 2016-2018) .




Dubbi di costituzionalità sul contratto di lavoro a tutele crescenti



Con la legge delega sul lavoro n. 183/2014 viene introdotto il contratto a tempo indeterminato  a tutele crescenti per i lavoratori assunti dopo l'entrata in vigore. Comunque si contesta  appunto la creazione del  dualismo di categorie di lavoratori, quelli che soggiacciono alla nuova disciplina e coloro ai quali continuerà ad applicarsi la vecchia formulazione dell'articolo 18. Un altro problema nasce dal fatto che il decreto attuativo in materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti  si applica anche  nei casi di “conversione” - successiva all'entrata in vigore del decreto - di contratti a tempo determinato o di apprendistato a tempo indeterminato ma non è chiaro che  se ciò valga anche per i lavoratori reintegrati in azienda all'esito di un procedimento giudiziale.

Jobs Act e il nuovo contratto a tutele crescenti: quali novità concrete introduce, a chi si applica, cosa comporta per lavoratori e aziende?

Il nuovo contratto a tutele crescenti è il presupposto che il contratto a tempo indeterminato, pur cambiando nome, rimane pressoché invariato rispetto al passato, cambiano sono le tutele rispetto al licenziamento del lavoratore, ovvero le tutele reali ed obbligatorie, che fino ad ora erano garantite per la generalità dei lavoratori dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori L. 300/1970 e dalla L. 604/1966.

Vediamo a chi si applica:
tutti i lavoratori assunti con contratti a tempo indeterminato stipulati a partire dal 1° marzo 2015;

per tutte le stabilizzazioni di apprendistato, ovvero per le trasformazioni di contratti da tempo determinato in indeterminato, avvenute dal 1° marzo 2015;

nel caso in cui una o più assunzioni a tempo indeterminato determinano il superamento in azienda della soglia del numero di 15 dipendenti, la nuova disciplina si applicherà a tutti, anche ai vecchi dipendenti;

come specificato nel testo di legge la nuova normativa dovrà essere applicata anche ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.

Nello specifico, per quanto riguarda i lavoratori, tale contratto sostituisce tutte le forme di contratto di lavoro attualmente vigenti, per cui un’azienda che vuole assumere deve farlo utilizzando o il contratto a tutele crescenti oppure a tempo determinato o con il nuovo apprendistato.

In questa prospettiva, i lavoratori nel 2015 saranno quindi solo dipendenti, a tempo indeterminato o a tempo determinato, oppure, autonomi con partita IVA che svolgeranno la propria attività autonomamente.

Per i neoassunti con questa tipologia non varrà l’articolo 18, quindi il lavoratore non avrà diritto al reintegro nel caso di licenziamento ingiustificato (a meno che non sia discriminatorio o uno dei rari casi di licenziamento disciplinare che saranno individuati nei decreti delegati).

Al posto del reintegro il lavoratore avrà diritto a un indennizzo che cresce con il crescere dell’anzianità lavorativa (appunto un’indennità crescente in funzione agli anni di servizio,  per ogni anno di lavoro oltre al riconoscimento da parte dello Stato dell’indennità di disoccupazione ASpI).

Se, ad esempio, un lavoratore neoassunto con contratto a tutele crescenti e con stipendio da 1.200 euro al mese dovesse lavorare per due anni, potrà poi essere licenziato liberamente dall'azienda dietro il versamento di un’indennità di poco più di 3.000 euro, nel migliore dei casi di quasi 5 mila euro.

I contenuti di larga parte dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella legge delega ha già spinto molti commentatori ad invocare un vaglio di costituzionalità da parte della Corte costituzionale. Il tema si pone, evidentemente, in ragione di quanto previsto dall’art. 76 della Costituzione, il quale ammette la delega dell’esercizio della funzione legislativa al Governo soltanto “con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”.

La Corte ha, in effetti, specificato che “le direttive, i principi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere il campo della delega, sì da evitare che essa venga esercitata in modo divergente dalle finalità che l’hanno determinata, ma, dall’altro, devono consentire al potere delegato la possibilità di valutare le particolari situazioni giuridiche da regolamentare. In particolare, la norma di delega non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali, riferibili indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalità, inidonee o insufficienti ad indirizzare l’attività normativa del legislatore delegato” (così C. Cost., n. 158/1985).

La Corte costituzionale si è più volte mossa verso una censura sulla costituzionalità dei decreti delegati per estraneità della disciplina regolatoria stabilita nel decreto delegato in raffronto con l’oggetto della delega, come pure per l’estraneità dell’oggetto rispetto ai contenuti della delega. In effetti, “l’impossibilità di individuare nella legge di delegazione un’idonea base della normativa impugnata ne comporta quindi la dichiarazione di illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 76 della Costituzione”, peraltro “il sindacato di costituzionalità sulla delega legislativa si esplica attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l'uno, relativo alle norme che determinano l'oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalità poste a fondamento della legge di delegazione; l'altro, relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega”.

D’altro canto, proprio con riguardo alle deleghe volte al riordino e al coordinamento di una specifica disciplina normativa  la Corte ha già avuto modo di pronunciarsi per riconoscere che se la delega volta riordino e al coordinamento della materia non contiene l’enunciazione esplicita di principi ai quali il Governo deve specificamente uniformarsi, l’attività del legislatore delegato resta limitata e la delega va intesa “in senso minimale”, per cui le nuove disposizioni dovranno avere carattere di sostanziale conferma di quelle vigenti prima del riordino.





lunedì 2 marzo 2015

Lavoratori dipendenti e pensionati:arriva la CU per redditi 2014



Disponibile sul sito INPS il modello di Certificazione Unica 2015, relativo all'anno di imposta 2014. Si tratta del modello necessario per la presentazione della dichiarazione dei redditi di quest’anno, che dal 2015 ha sostituito il CUD. Per ottenere la Certificazione Unica basta accedere al servizio online disponibile su questo sito dalla voce “Servizi al cittadino”.

Dipendenti e altri lavoratori assimilati e pensionati entro domani non riceveranno più il Cud ma la certificazione unica. Lunedì 2 marzo, infatti, è la scadenza entro la quale i datori di lavoro ma anche gli enti previdenziali nella loro veste di sostituti d’imposta dovranno mettere a disposizione il nuovo modello di certificazione (anche se si tratta di una scadenza senza sanzioni e quindi potrebbero arrivare anche nei giorni successivi). In realtà ci sono almeno tre novità rispetto agli anni scorsi.

1) La certificazione unica non riguarderà solo più dipendenti e assimilati e pensionati ma anche i lavoratori autonomi o chi ha percepito redditi diversi e provvigioni: ecco perché non si chiama più Cud (certificazione unica dipendenti) ma soltanto «Cu».

2) C’è un maggior numero di informazioni rispetto agli anni passati. Tra i dati fiscali i contribuenti troveranno un prospetto con le informazioni relative ai familiari a carico (funzionale all'attribuzione delle detrazioni a riguardo), in cui vanno indicate tutte quelle informazioni che comportano il riconoscimento di particolari benefici, come la presenza di un figlio con disabilità, il primo figlio che sostituisce il coniuge mancante e i figli minori di tre anni. Per ogni persona saranno indicati il codice fiscale, il numero dei mesi a carico, la percentuale di detrazione e l'eventuale detrazione al 100% in caso di affidamento dei figli. Nell'ultimo rigo del prospetto c’è anche la casella relativa alle famiglie numerose, che eventualmente riporterà la quota di detrazione spettante.

E i lavoratori dipendenti (con redditi fino a 26mila euro) si ritroveranno nella certificazione unica anche una sezione dedicata al bonus di 80 euro in busta paga.

3) La certificazione unica dovrà, poi, essere inviata dai sostituti d’imposta entro lunedì 9 marzo (la scadenza del 7 marzo cade, infatti, di sabato) anche alle Entrate perché costiturà la base dati del 730 precompilato che da quest’anno sarà messo a disposizione di circa 20 milioni di italiani. Anche se, di fatto, ci saranno due velocità. Le certificazioni che interessano il 730 dovranno rispettare la scadenza mentre quelle con redditi non dichiarabili con il modello 730 o esenti potranno essere inviate anche dopo il 9 marzo (il termine del 7 marzo cade, infatti, di sabato e slitta al lunedì successivo) senza applicazione di sanzioni. In pratica, quindi, i sostituti potranno non rispettare la scadenza del 9 marzo per l'invio telematico della certificazione unica relative ad autonomi con partita Iva senza incorrere in sanzioni (100 euro per ogni certificazione omessa o errata).

La certificazione unica è solo una delle circa cento scadenze fiscali che propone il calendario di marzo. In realtà, proprio l’inizio del mese è particolarmente in salita. Il 2 marzo scade, infatti, il termine per presentare in forma separata la dichiarazione Iva relativa all’anno d’imposta 2014. Chi decidesse, invece, di prendersela più comoda e inviarla in estate con il modello Unico dovrà comunque inviare sempre entro il 2 marzo la comunicazione annuale dei dati Iva.

Ricordiamo che il 2 marzo (era il 28 febbraio ma quest’anno cadeva di sabato) è il termine ultimo per la presentazione della nuova Certificazione Unica 2015 ai lavoratori dipendenti e autonomi che presentano la propria dichiarazione dei redditi con il modello UNICO, in sostituzione del vecchio CUD e della Dichiarazione IVA 2015. Poi, entro il 9 marzo (il 7 marzo cade di sabato), il modello CU 2015 dovrà essere inviato all’Agenzia delle Entrate.

La CU 2015 è necessaria all’Agenzia delle Entrate per poter predisporre il modello 730 precompilato, che debutta quest’anno. Per quanto riguarda l’invio della Certificazione Unica 2015 relativa a lavoratori autonomi e titolari di partita IVA l’Agenzia delle Entrate ha comunicato che non verranno applicate sanzioni alle comunicazioni inviate in ritardo, non essendo i dati contenuti nella CU necessari per la compilazione del modello 730 precompilato. Lo stesso vale per tutte le certificazioni contenenti esclusivamente redditi non dichiarabili con il modello 730 o esenti. Diversamente per tutte le altre certificazioni inviate oltre la data del 9 marzo verrà applicata una sanzione di 100 euro per ogni Cu inviata in ritardo o con errori.

Tra i dati fiscali bisognerà segnalare la tipologia dei redditi, gli assegni erogati al coniuge, le somme erogate come premi di produttività al personale ed anche i contributi di previdenza complementare per i familiari a carico. Sono previste anche sezioni per il bonus di 80 euro e gli oneri detraibili. Per quanto concerne i familiari, inoltre, sarà necessario con la Certificazione Unica 2015, inserire tutti i codici fiscali e le relazioni di parentela con ognuno, specificando periodo e detrazioni spettanti.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che le certificazioni contenenti esclusivamente redditi non dichiarabili con il modello 730 o esenti possono essere inviate anche dopo il 9 marzo (il termine del 7 marzo cade, infatti, di sabato e slitta al lunedì successivo) senza applicazione di sanzioni.

Per quanto riguarda, invece, le sanzioni previste per invii in ritardo o errori della Certificazione Unica, è prevista una sanzione di euro 100 per ogni Cu inviata in ritardo o con errori. Il Mef ha ribadito che devono presentare la Certificazione Unica 2015 tutti i soggetti che, nel corso del 2014, hanno percepito redditi da lavoro dipendente e assimilati o anche redditi da lavoro autonomo e che tutte le informazioni devono essere rese disponibili entro il 28 febbraio 2015. Toccherà poi al Noi Pa (Dipartimento Amministrazione Generale, Personale e Servizi del MEF) trasmettere in via telematica entro il prossimo 7 marzo tutte le Certificazioni Uniche 2015 all’Agenzia delle Entrate.




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