giovedì 8 ottobre 2015

Assunzioni nominative per i disabili


Il decreto legislativo n. 151/2015, in vigore dal 24 settembre 2015, introduce diverse novità in materia di collocamento obbligatorio. La nuova normativa modifica la legge n. 68/1999 nella prospettiva di una maggiore semplificazione per l’inserimento lavorativo degli appartenenti alle categorie protette. Le aziende potranno assumere tramite richiesta nominativa o convenzione. Arriva maggiore libertà nella scelta delle persone da avviare al collocamento obbligatorio.

Dal punto di vista delle aziende il decreto intende attribuire maggiore libertà per le aziende nella scelta dei lavoratori da avviare al lavoro. I datori di lavoro infatti potranno assolvere l'obbligo di avviamento al lavoro scegliendo tra la chiamata nominativa o la stipula di apposite convenzioni con i centri per l'impiego aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali.

All'azienda viene anche riconosciuta la possibilità di far anticipare la richiesta nominativa dalla richiesta agli uffici competenti di effettuare la preselezione delle persone con disabilità iscritte negli speciali elenchi tenuti dai centri per l’impiego che aderiscano alla specifica occasione di lavoro (sulla base delle qualifiche e secondo le modalità concordate dagli uffici con il datore di lavoro).

Oltre alla chiamata nominativa o per convenzione i datori di lavoro potranno effettuare l'assunzione diretta di lavoratori in specifiche condizioni di difficoltà, riconoscendo altresì per tali datori di lavoro il diritto a fruire degli incentivi all’uopo previsti. Nello specifico la chiamata diretta potrà essere effettuata nei confronti di persone con disabilità che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al D.P.R. 915/1978 o che abbiano una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% ed il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle tabelle citate, oppure lavoratori con disabilità intellettiva e psicofisica e con riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% per un periodo di 60 mesi.

Solo in caso di mancata assunzione secondo le richiamate modalità entro 60 giorni dal momento in cui sorge l’obbligo di assunzione, scatta l’obbligo, per gli uffici competenti, di avviare o i lavoratori secondo l'ordine di graduatoria per la qualifica richiesta o altra specificamente concordata con il datore di lavoro sulla base delle qualifiche disponibili. Gli uffici possono altresì procedere anche previa chiamata con avviso pubblico e con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro).

Un’altra novità riguarda la modulazione variabile degli obblighi quantitativi di assunzione (cosiddette quote di riserva) che, a decorrere dal 1 gennaio 2017, non saranno subordinati alle nuove assunzioni.

Questo significa che, per i datori di lavoro che impiegano tra 15 e 35 dipendenti, l’obbligo sussisterà
a prescindere da una nuova assunzione, purché ovviamente ricorrano i requisiti previsti dalla legge.

Un ulteriore obbligo introdotto dal decreto legislativo n. 151/2015 è quello di inserire nella quota di riserva i lavoratori dipendenti che risultavano disabili prima dell’instaurazione del rapporto lavorativo, con capacità lavorativa ridotta al 60% o con disabilità psichica maggiore del 45%.

In conclusione il decreto, dal punto di vista delle aziende, lascia una maggior libertà nella scelta dei dipendenti da avviare all’attività. Essi potranno, infatti, scegliere tra la chiamata nominativa e la stipula di convenzioni con i centri dell’impiego mirate al raggiungimento degli obiettivi occupazionali. Allo scopo di agevolare l’inserimento lavorativo dei disabili gravi, si prevedono incentivi economici per un periodo di 36 mesi. L’incentivo, che si applica dal 1 gennaio 2016, è pari al:  70% se si assumono disabili con riduzione della capacità lavorativa di almeno l’80%; 35% se si assumono disabili con riduzione della capacità lavorativa tra il 67% ed il 79%; 70%, per un periodo di 60 mesi, in caso di assunzione di disabili psichici con riduzione superiore al 45%.

mercoledì 7 ottobre 2015

Assenze per malattia e licenziamento


La disciplina del licenziamento del dipendente in caso di assenze per malattia è contenuta nell’art. 2110 del codice civile. Questa norma stabilisce – in un modo che almeno fino ad oggi è risultato oggettivo e insindacabile – il periodo in cui vige il diritto alla conservazione del posto di lavoro (c.d. periodo di comporto) e l’impossibilità di licenziare in ragione della malattia. E lo stabilisce attraverso il richiamo alle specifiche disposizioni contenute nei contratti collettivi, che fissano il tetto massimo di assenze.

Oltre tale limite il lavoratore è immediatamente licenziabile, senza che il datore di lavoro debba fornire alcuna ulteriore ragione o prova: è sufficiente elencare nella lettera di licenziamento i giorni di assenza e la durata complessiva della stessa.

Queste sicurezze sono mutate dopo la sentenza della Corte di Cassazione n. 18678 del 2014, seguita da successivi e recenti provvedimenti del Tribunale di Milano, che stanno aprendo un dinamico dibattito sul tema delle assenze per malattia e del licenziamento per scarso rendimento (Trib. Milano, ordinanze n. 1341, del 19 gennaio 2015 e n. 26212, del 19 settembre 2015).

In questi casi la "giusta causa" e il "giustificato motivo" del licenziamento costituiscono qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, l'uno con effetto immediato e l'altro con preavviso, fermo restando il principio dell'immutabilità della contestazione e persistendo la volontà del datore di lavoro di risolvere il rapporto. Nel fatto tipico, l’azienda ha correttamente applicato il licenziamento per giustificato motivo.

L’azienda ha denunciato il comportamento del lavoratore, con licenziamento per giustificato motivo oggettivo, applicando la pronuncia della Corte di Cassazione, n. 18678 del 2014 , la quale considera legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento, dovuto ad una eccessiva morbilità, qualora sia verificata, sulla scorta della valutazione complessiva dell'attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente - ed a lui imputabile - in conseguenza dell'enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, tenuto conto della media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione. Quindi è legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento.

Il Tribunale di Milano ha precisato però che il licenziamento non è stato intimato per superamento del periodo di comporto, ma per numerose assenze che hanno interferito con la prestazione lavorativa (nel caso specifico 808 assenze su 1500 giorni di lavoro). Inoltre, il tribunale ha precisato che il datore di lavoro può licenziare un dipendente per giustificato motivo oggettivo se le sue assenze danno luogo a un rendimento così inadeguato da rendere inutile la prestazione. Tuttavia, tale inutilità deve essere provata in concreto, nel senso che le assenze devono rendere inutile la prestazione lavorativa nelle giornate di presenza in azienda. Ciò non è accaduto, in quanto l’azienda non ha provato che l’attività lavorativa svolta dal lavoratore nei giorni di presenza in azienda sia inutile per l’azienda.

Vale a dire la Corte ha affermato la legittimità del licenziamento di un dipendente, decretato in ragione di ripetute assenze “agganciate” ai giorni di riposo e comunicate all’ultimo momento (senza superamento del periodo di comporto), in quanto avrebbero determinato scarso rendimento ed una prestazione lavorativa non proficuamente utilizzabile per il datore di lavoro, incidendo negativamente sulla produzione aziendale.

La seconda ordinanza del Tribunale di Milano ha invece accolto il ricorso del lavoratore licenziato, senza tuttavia disporne la reintegra (stabilendo soltanto il pagamento di un’indennità risarcitoria), avendo ritenuto la non manifesta insussistenza dello scarso rendimento, sulla scorta della seguente considerazione: la società avrebbe dimostrato che l’elevato numero di assenze e le modalità di fruizione delle stesse avrebbero generato un impatto negativo per l’organizzazione aziendale.

La Corte ha chiarito che mentre lo scarso rendimento è caratterizzato da colpa del lavoratore, non altrettanto può dirsi per le assenze dovute a malattia, e quasi a voler rimettere ordine su un tema tanto delicato, ha stabilito: “E poiché è stato intimato per scarso rendimento dovuto essenzialmente all’elevato numero di assenze, ma non tali da esaurire il periodo di comporto, il recesso in oggetto si rivela ingiustificato”.

Come trovare lavoro su LinkedIn


Se state cercando lavoro sul web, non trascurate i social network. Soprattutto quelli professionali. In rete ce ne sono molti, anche se tra i più utilizzati - e frequentati da chi si occupa di selezione delle risorse umane - c'è senz'altro LinkedIn.

Su LinkedIn è possibile stringere nuovi rapporti professionali, mettere in evidenza le proprie competenze, implementare le proprie conoscenze e restare in contatto con le aziende che assumono.

Le relazioni – anche quelle professionali – si spostano sempre più sul filo del web. E il web, di rimando, può aiutare le relazioni che costruiamo a diffondere il nostro nome e il nostro apprezzamento fino a farci trovare il lavoro dei sogni.

Ma bisogna usarlo con consapevolezza ed evitare alcuni errori tanto comuni quanto deleteri.
Dalla creazione del proprio profilo alla costruzione di una rete di relazioni, dalla partecipazione ai gruppi ai contatti con le aziende, il social network offre infatti molte possibilità: la prima cosa da tenere presente è che LinkedIn, a differenza di altri social network, è focalizzato sullo specifico tema del lavoro.

Si dovrà dunque creare un profilo che abbia caratteristiche professionali, che sia sintetico, ma ricco di informazioni, preciso e conciso Altra regola fondamentale è quella di creare una rete di contatti e poi curarla: non lasciare cadere nel vuoto gli inviti che si sono inviati, leggere e commentare ciò che scrivono i propri contatti, proporre temi e argomenti di discussione.

Quindi è importante curare e, soprattutto, aggiornare con costanza il proprio profilo all'interno di questa piattaforma è ormai indispensabile per ricercare opportunità di lavoro e carriera.

Coltivare il proprio network. Per questo è utile collegarsi con i propri colleghi o con persone che lavorano nello stesso settore. Coltivare la rete di contatti significa anche aggiornare periodicamente il proprio profilo e interagire attraverso post e commenti con la propria rete.

Partecipare alle discussioni. Frequentando attivamente i gruppi di Linkedin ponendo domande o commentando gli interventi degli altri non solo si acquisiscono nuove competenze, ma è anche più facile entrare in contatto con potenziali datori di lavoro e collaboratori.

Ottenere segnalazioni. Linkedin, come tutti i social network è uno strumento che si basa sulla collaborazione e la reciprocità. È buona prassi scrivere una segnalazione sulle persone con cui si è lavorato, senza limitarsi soltanto a colleghi e collaboratori, o confermarne le qualità e le competenze secondo il meccanismo di riconoscimento recentemente introdotto sulla piattaforma. È il modo migliore per ottenere segnalazioni.

Il social network professionale da 8 milioni di utenti in Italia ha appena registrato un esordio-boom al primo settembre 2015: +61% degli accessi rispetto all'ultima settimana d'agosto. Marcello Albergoni, head of Italy di LinkedIn, ha spiegato che è solo un segnale di un «grande fermento da entrambe le parti»: le aziende fanno più ingressi e i candidati rinfrescano il curriculum con tutto quello che attira l'attenzione dei datori di lavoro”.

Quali sono i trucchi per aumentare l'efficacia di LinkedIn?

Iniziamo dal riepilogo, il biglietto da visita che riassume in poche righe chi siete, cosa fate e per chi. Albergoni (LinkedIn) consiglia di evitare frasi fatte e termini abusati nel linguaggio delle auto-presentazioni. Una ricerca a firma della stessa LinkedIn, risalente al 2014, ha stilato una top 10 dei termini più inflazionati sul web. Nell'ordine: i candidati italiani amano qualificarsi come «esperti», «creativi», «specializzati», «appassionati» e «motivati». Hanno lavorato o vogliono lavorare in «multinazionali», senza specificare dove e in che ruolo. Pensano in maniera «strategica», sono esperti (appunto…) in «problem solving» e gestiscono la vita con spirito «dinamico».

Albergoni consiglia di rimpiazzare i luoghi comuni con quello che è registrato e dimostrabile, le esperienze. Ad esempio, se si parla di «motivazione», bisognerebbe «provare a inserire alcuni esempi che dimostrino chiaramente la propria motivazione». Come? «Semplicemente caricando nel curriculum esempi significativi a dimostrazione dei risultati ottenuti con il proprio lavoro». «La descrizione personale o meglio il riepilogo, che non deve superare le 400 parole, deve essere come i paragrafi introduttivi della miglior lettera di presentazione mai scritta: deve essere concisa ma al tempo stesso estremamente chiara sulle qualifiche e gli obiettivi».

Per i nuovi ingressi. Non è frequente, per un neolaureato, vantare trascorsi diversi da tirocini low cost, borse di studio o soggiorni all'estero. Secondo Francesca Contardi, managing director di Page Personnel Italia, la soluzione sta nel dare peso a tutto quello che forma le competenze extra-professionali: da una tesi di laurea sperimentale a un campo estivo di volontariato. «Se è un neolaureato si può concentrare sul percorso di studi fatto, il tipo di tesi che si è svolta, esperienze di studio all'estero. Tendono a essere tenuti in ombra, quando sono competenze che indicano un carattere intraprendente e stimolante per un datore di lavoro».

In ogni caso, dagli universitari agli ingegneri senior, le regole sono due: precisione e chiarezza. Un binomio che si incrocia spesso, viste le “concessioni” che diversi utenti fanno alla propria carriera: «Ci sono quelli che, da direttore commerciale, si trasformano in country manager sul web – fa notare la Contardi -. Il punto è che le informazioni sono online e alla portata di tutti, quindi informazioni parziali o fittizie rischiano di ritorcersi contro chi le ha pubblicate».

Lo stesso principio vale per le competenze, la griglia di capacità che salta all'occhio quando si clicca su un profilo. Lorenzo Selmi, senior manager di Technical Hunters consiglia di essere «il più specifici possibile», con una descrizione realistica delle proprie abilità. A cominciare dalle lingue: meglio non parlare di «conoscenza professionale completa» dell'inglese se si è digiuni del gergo tecnico. «Conoscenza professionale completa dell'inglese non significa saper andare al bar, significa sapersi muovere in un contesto lavorativo con confidenza. Bisogna essere chiari ed esprimere il proprio livello, cosa che è anche più interessante per un recruiter» dice Contardi, di Page Personnel.

LinkedIn stima che la presenza delle skill online moltiplichi di 13 volte tanto la possibilità di essere notati, oltre a rappresentare un «brand professionale» di sé. Il trucco sta nell'usare termini chiave, utili per essere rintracciati dalle aziende a seconda di posizione aperta e area geografica. «È importante individuare le parole e gli slogan più accattivanti nelle offerte di lavoro che potrebbero interessarti e nei profili degli utenti che ricoprono posizioni simili a quelle a cui aspiri» dice Albergoni.

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