domenica 25 ottobre 2015

Cgil: a settembre torna ad aumentare la disoccupazione


A settembre torna ad aumentare la Cig (cassa integrazione guadagni) sul mese di agosto (+54,31%), aumento in parte prevedibile ma con un'accelerazione più marcata di 10 punti percentuali rispetto a quella che c'era stata tra settembre e agosto 2014. Lo afferma la Cgil. Un incremento in parte prevedibile ma con un’accelerazione più marcata di 10 punti percentuali rispetto a quella che c’era stata tra settembre e agosto 2014. A fotografare l’andamento della cassa integrazione è il rapporto della Cgil che legge i dati come un «segno che il miglioramento nelle attività produttive tende a stabilizzarsi piuttosto che continuare a seguire una linea di crescita».

Secondo la Cgil, le ore di Cig totali tornano nel livello medio registrato in questo anno, intorno ai 60 milioni di ore mese. Le ore di Cig a settembre sono state 60.690.783 con una riduzione su settembre 2014 del 38,10 per cento. Mentre in questi nove mesi del 2015 sono state autorizzate 517.904.592 ore di Cig con una riduzione sul 2014 del 31,98 per cento. Il volume delle ore di Cig in questi nove mesi del 2015 conferma l’assenza di attività produttiva (zero ore) per potenziali 330mila posizioni lavorative dalle prospettive sempre più incerte.

La richiesta delle ore di Cigs e di Cigo di questo mese, spiega l’Osservatorio Cig del sindacato, conferma le preoccupazioni legate agli alti volumi di ore della Cigs che continuano a indicare un contenuto strutturale delle crisi industriali anche in questi mesi del 2015, mentre anche le ore di Cigo tornano ad aumentare. È però anche il segno che il miglioramento nelle attività produttive tende a stabilizzarsi piuttosto che continuare a seguire una linea di crescita. Il miglioramento, sottolinea il rapporto, riesce comunque contribuisce a recuperare gli ampi margini indotti dalla crisi, nella sottoutilizzazione degli impianti e nella messa a regime del sistema produttivo, certo anche con un riflesso sull’aumento occupazionale.

Per la segretaria confederale della Cgil, Serena Sorrentino, «il rialzo della cassa dimostra che i dati andrebbero letti con maggiore prudenza e attenzione e che i toni entusiastici del governo e di alcuni politici dopo il dato del mese precedente erano del tutto fuori luogo».

Inoltre, aggiunge Sorrentino, «l’aumento in settembre della cassa con una percentuale così significativa è il segnale di una ripresa più lenta di quella prevista dalle stime. Per questa ragione continuiamo a chiedere al governo di modificare il decreto sugli ammortizzatori sociali che, peraltro, sta già evidenziando una serie di pasticci: dal regime delle sospensioni, non solo per gli artigiani, alla riduzione delle durate che rendono scettiche le imprese, alle assurde penalizzazioni per i lavoratori sui contratti di solidarietà». Insomma: per la sindacalista della Cgil, «non siamo nella ripresa che traina la piena occupazione e il volume consistente di lavoratori a zero ore e gli aumenti dei costi per imprese e lavoratori sugli ammortizzatori rischiano di produrre ricadute sociali che spostano dal lavoro al sostegno per disoccupazione migliaia di lavoratori».

«Cgil surreale, anche suoi dati confermano andamento positivo», replica a stretto giro il responsabile economico del Pd Filippo Taddei. «Sul mercato del lavoro non ci sono toni trionfalistici da parte del Partito Democratico, ma solo un riconoscimento che il recupero dell’occupazione (+325mila occupati tra agosto 2015 e agosto 2014) e del lavoro stabile (+220mila posti di lavoro a tempo indeterminato in più) è davvero sorprendente e in completa controtendenza rispetto agli ultimi 5 anni (-950mila occupati e -610mila rapporti di lavoro a tempo indeterminato)», ha spiegato Taddei, evidenziando che il dato della Cig di settembre 2015 sul 2014 «conferma l’andamento positivo con un calo del 38,1%».

Il responsabile Economia del Pd definisce poi «sorprendente» utilizzare questi dati per attaccare la riforma del Governo sugli ammortizzatori sociali o sul contratto a tempo indeterminato: «In primo luogo perché ai lavoratori in cassa integrazione fino a settembre non si applica la riforma, in secondo luogo perché l’anomalia non è chiedere alle imprese che usano la cassa di contribuire al suo costo ma esattamente il contrario. Infatti il contributo all'uso della cassa integrazione da parte delle imprese utilizzatrici già esiste in Austria e in Germania ed è molto più elevato di quanto non preveda la riforma appena approvata dal Governo italiano».

Il sindacato riconoscendo come "il miglioramento contribuisce a recuperare gli ampi margini indotti dalla crisi, nella sotto utilizzazione degli impianti e nella messa a regime del sistema produttivo anche con un riflesso sull'aumento occupazionale" ammonisce l'esecutivo a far conto sulla possibile crescita "spontanea dell'economia": "non si può aspettare un aumento indotto da una crescita spontanea dell'economia, non in grado di recuperare i gravi e profondi scompensi e inefficienze presenti nel sistema Italia, dove anche le recenti proposte sulla legge finanziaria (da liberi tutti) rischiano di aggravare.

venerdì 23 ottobre 2015

Infortunio fuori orario di lavoro: azienda responsabile


L'infortunio sul lavoro è l'evento traumatico, avvenuto per una causa violenta sul posto di lavoro o anche semplicemente in occasione di lavoro, che comporta l'impossibilità di svolgere l'attività lavorativa per più di tre giorni. Si tratta del sintomo più evidente del mancato rispetto degli obblighi di prevenzione previsti per tutelare la salute dei lavoratori. La legge prevede una specifica assicurazione obbligatoria per indennizzare i lavoratori che subiscono uno di questi eventi e che copre anche gli infortuni che si verificano nel tragitto che il lavoratore compie per recarsi sul luogo di lavoro o per rientrare a casa (il c.d. infortunio in itinere).

Il datore di lavoro è responsabile degli infortuni dei dipendenti, anche fuori orario, se mancano i requisiti di sicurezza: è quanto è stato disposto dalla sentenza n .37598 del 16 settembre 2015 dalla Corte di Cassazione.

Le responsabilità dell’azienda nel caso di infortuni sul lavoro di un dipendente restano tali, sul fronte giuridico, anche se c’è stata negligenza da parte del lavoratore infortunato e anche se l’incidente avviene fuori orario di lavoro in relazione al caso di un operaio edile caduto dall'impalcatura di un cantiere. L’impresa è stata ritenuta responsabile di lesioni personali colpose, anche se in effetti il dipendente aveva commesso una serie di irregolarità, presentandosi in cantiere fuori dall'orario di lavoro e non indossando l’imbracatura di sicurezza.

I giudici hanno sottolineato che le misure di sicurezza sul cantiere erano comunque insufficienti: mancavano reti di protezione e impalcature adeguate. Non aver indossato l’imbracatura di sicurezza fornita è certamente motivo di negligenza del lavoratore ma non esclude le responsabilità del datore di lavoro. Così come non è rilevante il fatto che l’incidente sia avvenuto al di fuori orario di lavoro: il dipendente stava comunque svolgendo le sue mansioni e di fatto è questo il dato determinante.

L’unico caso in cui il datore di lavoro non è responsabile, ricorda la Cassazione, è rappresentato da una causa del tutto estranea al processo produttivo e alle mansioni attribuite, con carattere di eccezionalità. Nel caso specifico, invece, mancavano questi elementi. Viceversa, è certo che erano assenti misure di sicurezza sul lavoro obbligatorie, come un’impalcatura a norma e una rete anti caduta, e il fatto che il lavoratore non indossasse gli indumenti di sicurezza è un’aggravante a carico dell’impresa, che non è riuscita a dare a quest’obbligo il carattere di assoluta prioritaria necessità.

Vediamo il caso di una vicenda lontana avvenuta in Australia riguardante un episodio da leggere alla luce della circolare INAIL n. n.52/2013. Nel dettaglio, la circolare richiama le caratteristiche essenziali dell’occasione di lavoro come elemento qualificante della nozione di infortunio con riferimento alla fattispecie specifica dell’infortunio in attualità di missione, con un punto di partenza del ragionamento significativo nel tempo della missione il lavoratore cessa di essere nella propria disponibilità per rientrare nella obbligatorietà organizzativa prodotta dal datore di lavoro.

Che possiamo sintetizzare così: che qualsiasi infortunio occorso sia nella normalità della prestazione di lavoro sia nelle ore occupate fuori orario per le proprie esigenze di vita è riferibile al rischio della missione affidata dal datore di lavoro che ne sopporta (e l’assicurazione con lui) tutte le conseguenze.

Anche quelle di un infortunio occorso nella camera di albergo, a differenza degli infortuni occorsi nella propria abitazione, esclusi dalla tutela assicurativa poiché il lavoratore esce dal vincolo aziendale per entrare in un ambiente di rischio da lui stesso governato.

La conclusione è inattaccabile e costituisce una chiave di lettura della scelta del decreto 38/2000 per
la definizione di infortunio in itinere indennizzabile, comprensiva degli infortuni su mezzi (e strade) pubblici, ma non – salvo eccezioni –  su mezzi privati. Istintivamente, infatti, verrebbe da privilegiare l’infortunio da circolazione stradale in quanto più rischiosa; mentre in una assicurazione basata sul rischio professionale la diversa scelta accolta nel decreto 38 è ineccepibile poiché si tutela, così, le situazioni in cui il lavoratore esce dalla propria sfera affidandosi alla costrittività del trasporto pubblico, ideale prosecuzione di quella aziendale.

La Cassazione ha stabilito che il caso di trasferta del lavoratore senza imposizione del luogo del soggiorno da parte del datore di lavoro (lasciato a libera scelta del lavoratore), concreta un’ipotesi di rischio “elettivo”, cioè non immediatamente connesso con la prestazione lavorativa, con la conseguenza che all’infortunio occorso al lavoratore durante il percorso per recarsi all’albergo prescelto non può riconoscersi la natura di infortunio in itinere.

Ricordiamo inoltre che con la lettera del 1 agosto 2013 l’INAIL ha chiarito che, in base al regolamento comunitario, il lavoratore che dovesse subire un infortunio sul lavoro durante un distacco o la trasferta in un altro paese della Comunità Europea ha comunque diritto alle conseguenti prestazioni mediche e all’indennità economica da parte dell’INAIL . A tale riguardo l’Istituto suggerisce ai datori di lavoro la preventiva richiesta del modulo PD DA1, anche con validità semestrale o annuale, da consegnare al lavoratore interessato, precisando che comunque il mancato espletamento di questa formalità non comporta sanzioni.

La Cassazione, inoltre, ha fissato un principio fondamentale in ordine al rapporto tra sicurezza e responsabilità del datore di lavoro, stabilendo a carico di quest’ultimo l’obbligo di garantire la sicurezza sul luogo di lavoro sempre e comunque, a prescindere dall'orario di lavoro dei dipendenti. In particolare la Corte ha previsto che “il legale rappresentante della società, quale responsabile della sicurezza, risponde dell’infortunio del lavoratore anche se avvenuto fuori dell’orario di lavoro, in quanto le norme antinfortunistiche sono poste a tutela di tutti coloro che si trovano a contatto degli ambienti di lavoro, a prescindere dall'orario di servizio”.

mercoledì 21 ottobre 2015

Lavoro: le nuove misure per l’occupazione per l’anno 2016


Ricordiamo che lo sgravio triennale sulle assunzioni previsto dal comma 118 dell’articolo 1 della legge 190/2014 riguarda le assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2015.

Dunque una agevolazione transitoria, per i contratti firmati nel 2016 la riduzione dei contributi al 40% avrà una durata massima di 24 mesi per una soglia di 3.250 euro;  ecco il motivo per il quale la Legge di Stabilità 2016 interviene nuovamente. Dimezzati gli sgravi contributivi per le imprese che assumono a tempo indeterminato rispetto all'attuale tetto dagli attuali 8.060 euro per 36 mesi di oggi.

Più in particolare:
dal 2017 la durata massima scende a 12 mesi, con una soglia di circa 1.600 euro.

Dal 2018 il meccanismo dovrebbe essere completamente azzerato. La misura porta, complessivamente, ad un alleggerimento pari a 834 milioni nel 2016 per salire a 1,5 miliardi nel 2017.

Bonus 80 euro trasformato in sgravio, dimezzati gli sgravi contributivi per le nuove assunzioni, ripristinata e ampliata la detassazione dei premi produttività: tutte le misure per l'occupazione della Legge di Stabilità 2016.

Diverse le misure contenute nella Legge di Stabilità 2016 a favore dell’occupazione in Italia, dal bonus di 80 euro in busta paga che cambia veste e viene trasformato in sgravio fiscale, al dimezzamento degli sgravi contributivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, al ripristino e l’ampliamento della detassazione dei premi produttività.

Vediamoli nel dettaglio.
Cambia il bonus di 80 euro in busta paga per i dipendenti che guadagnano fino a 26mila euro annui: d’ora in poi non sarà più una “prestazione sociale” diventa uno sgravio fiscale che viene tolto dalla busta paga. Un modo per alleggerire la pressione fiscale perché in questo modo il bonus non figura più come maggior spesa per ben 10 miliardi l’anno e il peso del fisco scenderà il prossimo anno dall’attuale 43,1% al 42,6%. In parole povere il bonus non corrisponderà più ad un esborso di Stato ma ad un mancato introito per l’Erario. Cambia inoltre, seppur di pochi euro, l’ammontare della detrazione: lo sgravio sarà variabile a seconda del reddito.

Per il 2016 viene ripristinata la detassazione dei premi produttività, con uno stanziamento di 430 milioni nel 2016, che salgono a 589 milioni gli anni successivi. Tra le novità anche l’ampliamento della platea di beneficiari, includendo i redditi fino a 50mila euro lordi annui (non più i 30-40 mila euro ammessi finora): anche i quadri, oltre agli impiegati e agli operai, potranno godere dell’agevolazione fiscale. La Legge di Stabilità 2016 fissa l’asticella a 2.500 euro per l’importo del premio legato al raggiungimento di obiettivi legati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, assoggettato alla tassazione del 10%. Le aziende potranno inoltre distribuire ai dipendenti gli utili fino a 2.500 euro sempre con tassazione al 10%. L’altra novità è che le somme incentivanti non concorrono alla formazione del reddito ai fine ISEE. In buona sostanza, le somme corrisposte ai lavoratori fini a 2.500 euro a seguito di accordi collettivi aziendali o territoriali sconteranno un’aliquota fiscale del 10% e sarà una imposta sostitutiva che non andrà a cumularsi con gli altri redditi del lavoratore.

Debutterà anche lo Statuto dei lavoratori autonomi finalizzato ad estendere nuove tutele e benefici fiscali sarà una misura organica su fisco e nuove tutele;

contrattazione decentrata, sulla quota di salario di produttività, di partecipazione agli utili dei
lavoratori o di welfare aziendale derivante dalla contrattazione aziendale si applica l’aliquota ridotta del 10% con uno sgravio fiscale complessivo di 430 milioni nel 2016 che sale a 589 negli anni successivi; il bonus avrà un tetto di 2.000 euro (estendibile a 2.500 se vengono contrattati anche istituti di partecipazione) e sarà utilizzabile per tutti i redditi fino a 50.000 euro;

pensionati, aumenta la “no tax area”, ossia la soglia di reddito entro la quale i pensionati non versano l’Irpef; per i soggetti sopra i 75 anni si passa dall'attuale soglia di 7.750 euro a 8.000 euro; per i pensionati di età inferiore ai 75 anni la “no tax area” aumenta da 7.500 euro a 7.750 euro;
previsto il part-time per gli over 63 che dal 2016 a fine 2018 maturano i requisiti per la pensione sulla base della Legge Fornero;

Opzione donna – il regime sperimentale per le donne che intendono lasciare il lavoro con 35 anni di contributi e 57-58 anni di età (e la pensione calcolata con il metodo contributivo) viene esteso al 2016, anno in cui devono essere maturati i requisiti.

Il decreto attuativo del Jobs Act tra le novità per il mondo del lavoro ha previsto una serie di incentivi volti a promuovere il ricorso ai contratti di apprendistato.

Così i datori di lavoro che concludano contratti di apprendistato per la qualifica, il diploma o la specializzazione tecnica superiore tra il 24 settembre 2015 e il 31 dicembre 2016 potranno contare su:

l’esenzione dal contributo di licenziamento di cui all'articolo 2, commi 31 e 32, della legge n. 92 del 2012;

la riduzione dell’aliquota contributiva del 10% di cui all'articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al 5%;

lo sgravio totale dei contributi a carico del datore di lavoro di finanziamento dell’ASpI di cui dello 0,30 per cento, previsto dall’articolo 25 della legge n. 845 del 1978;

lo sgravio pari allo 0,30% delle aliquote contributive previste dall'articolo 25 della legge n. 845 del 1978, per favorire l’accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti realizzati dagli organismi dell’Unione Europea.
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