mercoledì 27 luglio 2016

Danno biologico dovuto ad infarto: il lavoratore può chiedere il risarcimento al datore di lavoro



L’art. 13 d.lgl 38/2000 ha esteso la tutela del danno biologico definito come “lesione all'integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico legale".

Un esempio di danno biologico riconducibile ad un infortunio sul lavoro è quello di un infarto cagionato da stress da superlavoro. Il risarcimento del danno biologico è determinato con riferimento alle menomazioni prodotte dall'infortunio (indennizzo reddituale) in misura indipendente dalla capacità di produzione di reddito del soggetto danneggiato.

Su tale aspetto è intervenuta la Cassazione esprimendo un principio di estrema importanza. La Suprema Corte è stata chiamata ad occuparsi della controversia promossa da un lavoratore colpito dapprima da depressione, e poi da un infarto al miocardio, di gravità tale da determinare un’invalidità di grado elevato. Tali danni alla salute erano stati ritenuti imputabili, dal Tribunale in precedenza occupatosi del caso, in parte al comportamento del datore di lavoro, che per lungo tempo aveva sottratto al lavoratore i compiti di sua pertinenza, così determinando una situazione di stress sfociata dapprima in una sindrome depressiva e poi nell'infarto, ed in parte ad una preesistente patologia coronarica, che poteva essere considerata una delle cause dell’infarto. Pertanto, la responsabilità del danno, ed il conseguentemente risarcimento, erano stati posti solo in parte a carico della società datrice di lavoro.

Accogliendo il ricorso del dipendente, la Cassazione, ha invece posto interamente a carico della società la responsabilità del danno subito dal dipendente. Ciò in quanto, secondo la Suprema Corte, la comparazione del grado di incidenza di più cause nel verificarsi di un danno può essere effettuata solo in presenza di più comportamenti umani colpevoli, ma non quando una delle concause sia, come nell’ipotesi esaminata, di origine naturale. Ciò significa, in sostanza, che il datore di lavoro può essere esonerato, in parte, dalla responsabilità a lui imputabile, solo nel caso in cui dimostri che il danno è stato determinato anche da un inadempimento ai propri obblighi del lavoratore, o di un altro soggetto, mentre non può invocare a giustificazione del danno subito dal lavoratore il fatto che lo stesso fosse precedentemente malato, o che comunque a determinare il danno abbia concorso anche qualche evento naturale ed imprevedibile.

Con altra sentenza (n. 1307 del 5/2/2000), la suprema Corte ha esaminato il caso di un lavoratore con qualifica di quadro, che aveva svolto per circa sette anni le mansioni di capo ufficio addetto alla organizzazione delle esposizioni di un Ente Fiera e, nel marzo 1986, aveva subito un infarto cardiaco. Conseguentemente si era rivolto al Pretore di Bari per ottenere la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno biologico, sostenendo di essere stato costretto ad un'estenuante attività lavorativa con impegno medio settimanale di 60 ore a causa della inadeguatezza dell'organico e della complessità dei compiti affidatigli.

La domanda veniva rigettata dal Pretore e dal Tribunale. La sentenza del Tribunale era stata cassata dalla Suprema corte, sulla base del seguente principio: il potere imprenditoriale, volto alla massimizzazione della produzione, incontra un imprescindibile limite nella necessità di non arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana e nel far sì che nell'attività di collaborazione richiesta ai dipendenti venga predisposta una serie di misure, oltre quelle legali, che appaiono utili a impedire l'insorgere o l'ulteriore deteriorarsi di situazioni patologiche idonee a causare effetti dannosi alla salute del lavoratore (art. 41 c. 2 Cost. e art. 2087 c.c.). Conseguentemente, la Corte ha rinviato la causa al Tribunale di rinvio.

Il Giudice del rinvio ha successivamente accolto la domanda del lavoratore, ritenendo provata la sussistenza delle condizioni di superlavoro in cui aveva operato il dipendente nell'indifferenza del datore di lavoro. Il giudice del rinvio, inoltre, sulla base della consulenza tecnica che già era stata disposta dal Pretore, ha ritenuto che l'infarto subito dal lavoratore fosse da attribuire all'attività lavorativa, nonostante la sussistenza di altri fattori di rischio, quali la familiarità ipertensiva, il fumo di 15 sigarette al giorno e la vita sedentaria. Conseguentemente, il datore di lavoro è stato condannato a risarcire il danno, quantificato in L. 300.000.000, oltre interessi e rivalutazione.

La questione è infine tornata all'esame della Suprema corte a seguito di ricorso del datore di lavoro. L'impugnazione è stata rigettato dalla sentenza sopra citata, che ha definitivamente posto fine alla controversia. In particolare, è stato ritenuto che il datore di lavoro, per non compromettere l'integrità psico-fisica del lavoratore, deve attare tutte misure necessarie, compreso l'adeguamento dell'organico. L'adozione di tali misure, comprese appunto quelle intese ad evitare eccessività di impegno da parte del lavoratore, resta necessaria anche nel caso in cui il lavoratore accetti di prestare lavoro straordinario continuativo, ancorché contenuto nel c.d. monte ore contrattuale massimo, o rinunci a un idoneo periodo feriale. Né ha efficacia esimente per il datore di lavoro, che abbia omesso le misure atte ad impedire l'evento lesivo, l'eventuale concorso di colpa del lavoratore: il datore di lavoro è esonerato da ogni responsabilità soltanto quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'abnormità, dell’imprevedibilità e dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute.

Infine la Corte ha precisato che spetta al lavoratore fornire la prova della violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di non recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana e di adottare tutte le misure necessarie a tutelare la integrità psico-fisica del lavoratore. Al datore di lavoro spetta invece l’onere di provare che l’evento lesivo dipenda da un fatto a lui non imputabile e cioè da un fatto che presenti i caratteri dell’abnormità, dell’ imprevedibilità e dell’esorbitanza in relazione al procedimento lavorativo e alle direttive impartite.

La lesione della integrità psico - fisica è valutata sulla base di apposite tabelle in cui si tiene conto degli aspetti dinamico relazionali. Le prestazioni stabilite in presenza di danno biologico sono le seguenti:

indennizzo in capitale- quando la menomazione riportata dal danneggiato è di grado compreso tra il 6° e 15°;

rendita - per il danno biologico specifico

rendita - per indennizzo delle conseguenze dell’infortunio: quando la menomazione riportata dal danneggiato è di grado pari o superiore al 16°.




Lavoro: definizione danno biologico



Esistono diverse accezioni di danno biologico che, in generale, consiste nella lesione dell’integrità della persona, bene primario e costituzionalmente garantito. Ne deriva che la lesione può essere fisica o psichica, reversibile o permanente, e compromette quelle attività del soggetto considerate vitali.

La Corte di Cassazione (Sentenza 12/05/2006, n. 11039) ha decretato:

"Il danno biologico consiste nelle ripercussioni negative, di carattere non patrimoniale e diverse dalla mera sofferenza psichica, della lesione psicofisica".

Il danno biologico è quindi un danno non patrimoniale, ma che lede un diritto costituzionalmente garantito, per cui è risarcibile ai sensi dell’art. 2043 del Codice Civile.

Qualificandosi in generale come un danno alla salute, rientrano in questa fattispecie incidenti stradali o errori del chirurgo che causano invalidità al paziente.

La valutazione del danno biologico avviene tramite perizia medico legale e considera:

l’invalidità temporanea;

l’invalidità permanente.

Il grado di quest’ultima viene classificato in ragione di un punteggio percentuale e l’indennizzo avviene considerando delle tabelle, che prevedono una certa somma di denaro:

per ogni giorno di invalidità temporanea;

per ogni punto percentuale di invalidità (variabile in base all’età).

La giurisprudenza ha riconosciuto che qualunque danno alla salute comporta anche un danno in termini di ostacoli alla normale vita di relazione che, conseguentemente, risulta menomata. Questo è, in sintesi, il concetto del danno biologico, il cui risarcimento è ormai pacificamente ammesso.

La nozione del danno biologico trova, nel rapporto di lavoro subordinato, importanti applicazioni la legge impone al datore di lavoro l'obbligo di tutelare l'integrità fisica e psichica del lavoratore. In altre parole, datore di lavoro non solo deve rispettare le norme anti - infortunistiche che disciplinano il lavoro in luoghi pericolosi o insalubri, prescrivendo specifici mezzi di prevenzione e protezione. Oltre a ciò, il datore di lavoro deve prevenire i danni, tra l'altro, alla salute, adottando tutti gli strumenti resi disponibili dall'attuale stato della scienza e della tecnica, benché non espressamente contemplati dalle norme anti - infortunistiche.

Insomma, il datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno biologico derivante da una menomazione fisica o psichica subita nell'espletamento della attività lavorativa. Esattamente, il datore di lavoro è tenuto al risarcimento qualora il lavoratore possa dimostrare non solo di aver subito una lesione fisica o psichica, ma anche che la lesione è dovuta al lavoro e non ad una causa diversa. Da quest'ultimo punto di vista, si può aggiungere che, per esempio nel caso di sordità, o in caso di simili lesioni, la prova che il danno dipende dal lavoro può essere fornita anche mediante l'allegazione della rendita riconosciuta dall'Inail per invalidità professionale. A tale riguardo bisogna anche precisare che la rendita per invalidità non è alternativa, ma aggiuntiva al risarcimento del danno biologico.

Se il lavoratore ha fornito le prove di cui si è parlato, il datore di lavoro potrà esimersi dal risarcimento dimostrando di aver rispettato non solo le norme anti - infortunistiche, ma anche di aver utilizzato tutti i rimedi preventivi consentiti dall'attuale stato della scienza e della tecnica.

Se il datore di lavoro fallisce questa prova, il lavoratore potrà ottenere il risarcimento del danno, normalmente commisurato al grado di invalidità corrispondente alla lesione subita. Di regola, questo accertamento viene effettuato mediante consulenza tecnica, affidata ad un medico legale, che provvede alla quantificazione della invalidità; sulla scorta di questa quantificazione, il giudice liquiderà in via equitativa il danno.

Una sentenza della Corte di Cassazione ha affermato che il datore di lavoro è responsabile nei confronti del lavoratore dipendente, nel caso in cui quest’ultimo abbia subito una compromissione della salute determinata da un impegno eccessivo sul lavoro, ricollegabile a un numero di dipendenti insufficiente.

Secondo la Corte di Cassazione, la ricerca di livelli competitivi di produttività non può compromettere l’integrità psico-fisica del lavoratore; da questo principio viene fatto discendere il conseguente dovere dell’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e psichica del lavoratore, compreso un organico adeguato al volume di produzione dell’azienda stessa.

Anche se il dipendente accetta di lavorare troppo, svolgendo una consistente mole di lavoro straordinario, pur nei limiti fissati dalla contrattazione collettiva, ciò non esime il datore di lavoro dal dovere di limitare questo sforzo eccessivo. Le risorse umane insomma debbono essere sufficienti a consentire un impegno lavorativo non eccessivo e comunque non pregiudizievole alla salute; se necessario, al fine di evitare che l’usura fisica e psichica determini danni alla salute del dipendente, l’organico aziendale deve essere rivisto e adeguato a un impegno sopportabile per tutti i dipendenti.

L’importo dell’indennizzo dipende dal grado di menomazione:

inferiore al 6%: nessun indennizzo;

dal 6% al 15%: indennizzo del danno biologico in capitale (nessun indennizzo per conseguenze patrimoniali);

dal 16% al 100%: una rendita diretta composta da un indennizzo del danno biologico in rendita e da un’ulteriore quota di rendita, per conseguenze patrimoniali.

Per capire l’entità dell’indennizzo dobbiamo considerare:

tabella delle menomazioni, prevista dal decreto legislativo 38/2000, aggiornata con menomazioni quali il danno estetico e quello all'apparato riproduttivo, oltre al «tradizionale» danno biologico per infortunio sul lavoro o malattia professionale;

tabella di indennizzo, che presenta una serie di caratteristiche: è areddituale, indipendente dal reddito, poiché la menomazione produce lo stesso pregiudizio alla salute per tutti gli essere umani; crescente, al crescere della gravità della menomazione; variabile, in funzione dell’età (decresce al crescere dell’età) e del sesso (tiene conto della maggiore longevità femminile); uguale, per i settori industria ed agricoltura. La struttura della tabella segue questi criteri di applicazione:

- inferiore al 6% è prevista la franchigia;

- dal 6% al 15% è differenziata per sesso, l’indennizzo in capitale è in funzione dell’età e del grado di menomazione;

- dal 16% al 100%: indennizzo in rendita in funzione del grado di menomazione.


martedì 26 luglio 2016

Riforma pubblico impiego: addio a posto fisso e scatti automatici




Secondo la bozza del nuovo testo unico sul pubblico impiego, vengono eliminate due delle certezze dei dipendenti pubblici. Il documento, che appartiene ad una parte della legge delega sulla riforma della P.A., prevede che ogni anno tutte le amministrazioni comunichino al ministero della Pubblica Amministrazione le "eccedenze di personale" rispetto alle "esigenze funzionali o alla situazione finanziaria": in pratica i dipendenti in esubero possono essere trasferiti in un altro ufficio, purché questo si trovi a 50 chilometri da quello di provenienza, con la mobilità obbligatoria.

In alternativa, le 'eccedenze' possono essere messe in 'disponibilità', ossia non lavorano e percepiscono l'80% dello stipendio, compresi i contributi per la pensione. Ma se entro due anni non riescono a trovare un altro posto, anche accettando un inquadramento più basso con relativo taglio dello stipendio, il loro «rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto» praticamente licenziati. In teoria un meccanismo simile c’è già adesso. Con le nuove regole, invece, ci sarà lo stop alle assunzioni e il procedimento disciplinare per il dirigente.

Una differenza non da poco.

Di fatto finora le amministrazioni hanno l'obbligo di segnalare il personale in eccesso. Ma chi non lo fa non viene sanzionato. Adesso, col nuovo piano, i dirigenti dovranno segnalare i dipendenti in eccesso e qualora non lo facessero potrebbero venire sanzionati.

Per quanto riguarda gli scatti di anzianità, la bozza del nuovo testo li elimina del tutto e prevede che il lavoro dei dipendenti pubblici sia valutato ogni anno dai dirigenti.

Sulla base di tale valutazione, verrà assegnato un aumento, variabile a seconda delle risorse disponibili e comunque erogato a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministrazione. Tra le altre novità c'è anche l'obbligo della conoscenza dell'inglese per i concorsi pubblici e la visita fiscale automatica che scatterà per le assenze del venerdì e nei giorni prefestivi. Inoltre, la bozza prevede anche il buono pasto di 7 euro al giorno, uguale per tutti gli impiegati, stop anche all'indennità di trasferta.

Sullo stipendio la novità era nell'aria, visto che gli scatti di anzianità sono stati congelati a lungo. Il nuovo testo unico, però, li cancella per sempre. Ogni anno tutti dipendenti pubblici saranno valutati dai loro dirigenti per il lavoro fatto. E sulla base di quelle pagelle sarà assegnato un aumento, piccolo o grande a seconda delle risorse disponibili, a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministrazione.

Nella bozza ci sono tante altre novità. L’obbligo della conoscenza dell’inglese come requisito per i concorsi pubblici. La visita fiscale automatica per le assenze fatte al venerdì e nei prefestivi. Un procedimento disciplinare più veloce, sull'esempio di quello in 30 giorni per gli assenteisti colti in flagrante. E ancora la fine dell’indennità di trasferta e il buono pasto uguale per tutti, sette euro al giorno. Tutte materie che vengono regolate per legge, togliendo margine di manovra ai sindacati.

In base alla riforma della pubblica amministrazione questa parte delle delega potrà essere esercitata già entro febbraio 2017, e non più entro settembre come più volte annunciato.



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