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domenica 5 febbraio 2017

Pubblica amministrazione, quando si rischia il licenziamento



Il “decalogo” dovrebbe fare chiarezza sulla questione, mettendo in fila le condizioni che determinano l'espulsione del dipendente: dalla falsa attestazione della presenza in servizio allo scarso rendimento. E la sanzione massima si attiverebbe anche, nei casi più gravi, per il responsabile gerarchico del dipendente assenteista che chiuda un occhio (o tutti e due) davanti agli illeciti. La casistica elencata nel “decalogo” si occuperà anche delle gravi e reiterate violazioni del Codice di comportamento. Per esempio, l'accettare regali costosi o l'abuso dell'auto di rappresentanza.


Ecco quando scatta il licenziamento disciplinare per gli statali. L'elenco precisa le situazioni 'a rischio', esplicitandole, tra cui le gravi e reiterate violazioni del codice di comportamento (accettare regali costosi, abusare dell'auto di rappresentanza). Nel decreto, previsto per metà febbraio, dovrebbe anche essere stabilito che in caso di procedura ordinaria entro tre mesi, non più quattro, l'azione deve essere conclusa. Resta fermo il licenziamento sprint, di 30 giorni, per il furbetto del cartellino, che dovrebbe essere esteso a tutte le forme illecite che portano a licenziamento accertate in flagranza. E la sanzione massima si attiverebbe anche, nei casi più gravi, per il responsabile che davanti agli illeciti «si volta dall’altra parte».

Il caso più classico di «bollino rosso» da assenteismo è quello del venerdì e del lunedì che permette a  chi lavora nella Pubblica amministrazione di allungare il week-end. Problema che si acuisce se il week-end lungo arriva in settimane più «a rischio» a causa della presenza della possibilità di «ponti».

Vi sono altre date sensibili, periodi «caldi» in cui un’amministrazione pubblica deve essere al 100% e non può permettersi intoppi a causa di assenze «anomale». Tra queste date quelle in cui è in programma un grande evento, per esempio un G7. Quest’anno è in calendario un G7 in Italia, il 26 e il 27 maggio a Taormina, preceduto dal G7 finanziario a Bari, dall’11 al 13 maggio.

Altre date a rischio sono quelle in cui scattano le iscrizioni alle scuole. Quest’anno il periodo valido per presentare le domande di iscrizione online alle scuole va dal 16 gennaio al 6 febbraio 2017. Ma chi per motivi validi non riuscirà a presentare domanda entro tale scadenza dovrà fare l’iscrizione in formato cartaceo. E anche per le scuole dell’infanzia si deve presentare domanda cartacea.

Tra i periodi monitorati dal ministero per evitare assenza di massa in grado di creare disservizi c’è anche quello del pagamento del modello  730 all’Agenzia delle Entrate, a luglio. Quest’anno la Dichiarazione dei Redditi 2017 va fatta entro il 23 luglio per il 730 precompilato inviato direttamente dai contribuenti e per i Caf, commercialisti e intermediari che entro il 7 luglio.

I provvedimenti disciplinari, inoltre, dovranno avere anche tempi più veloci. La procedura ordinaria, infatti, dovrà terminare entro 3 mesi e non più quattro mentre viene confermato il licenziamento sprint, di 30 giorni, per il “furbetto” del cartellino.

A parte il licenziamento, viene anche rivista tutta l’azione disciplinare. Con tutta probabilità si preciserà che per le infrazioni di minore gravità, per cui è previsto il solo richiamo verbale, le regole saranno stabilite dai contratti. I tecnici del ministero della Pubblica amministrazione stanno lavorando a una semplificazione dell’iter e si dovrebbe anche aprire a una gestione unificata per le sanzioni più gravi, per cui più amministrazioni possono fare capo a uno stesso ufficio. Anche qui ci sono dei chiarimenti, delle puntualizzazioni sul ruolo dell’ufficio per il procedimento disciplinare. Inoltre i vizi formali, i cavilli giuridici, non potranno fermare l’azione. Anche in questo caso, viene estesa una clausola anticipata con il decreto anti-furbetti. Quindi la violazione dei termini interni fissati per la procedura non potrà impedire di andare avanti, né potrà annullare la validità della sanzione inflitta, fatto salvo il diritto alla difesa. Inoltre se il giudice accerta una sproporzione con la sanzione disciplinare, il procedimento si ripete.



martedì 23 agosto 2016

Rinnovo contratto statali quanto deve spettare al dipendente pubblico




La vicenda degli stipendi degli statali risale ormai dal 2010, quando si impose per decreto il blocco delle buste paga di circa 3,3 milioni di dipendenti pubblici per gli anni 2011-2012-2013. poi non più revocato.

Sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego si è partiti col il passo inopportuno, infatti sono fermi da sei anni, in seguito  la Corte costituzionale, con la sentenza n. 178 del luglio 2015, ha stabilito che il blocco doveva cessare, e bisognava rinnovare i contratti. Di qui all'ultimo giorno in cui la legge di stabilità 2017 uscirà dal parlamento  sarà  aperto lo scontro su quante risorse destinare al rinnovo dei contratti degli statali. Ovvero i dipendenti statali, circa tre milioni di dipendenti pubblici. Subiscono il blocco dei contratti di lavoro da sei -sette anni, e hanno diritto, non fosse altro che per la sentenza sopra menzionata, al rinnovo del contratto di lavoro.

Vediamo gli effetti dello stop retributivo pubblico. È ovvio che i sindacati del pubblico impiego considerino molto grave che, fatta 100 la base retributiva pubblica del 2010, essa sia la stessa a giugno 2016, sicché in termini reali i dipendenti pubblici hanno perso potere d'acquisto.

Mentre le retribuzioni del settore privato sono passate da 100 del 2010 a 109,9. Bisogna però equilibrare questo dato con un altro, più di lungo periodo. Le retribuzioni pubbliche conoscevano da decenni andamenti nel complesso superiori rispetto a quelle private. Nel solo periodo 2001-2009, cioè prima dello stop, l'incremento complessivo nominale delle retribuzioni di fatto pubbliche è stato secondo l'Istat del 31,9%, a fronte del 27% nell'industria privata e del 23,% nei servizi di mercato.

Il rinnovo del contratto degli statali sembra che stia entrando nel vivo, appena qualche giorno fa la UilPa ha piazzato l’asticella delle risorse che il governo dovrebbe mettere sul tavolo del rinnovo del contratto degli statali a 7 miliardi a regime, al di sotto di questa cifra non avrebbe senso neanche sedersi al tavolo della trattativa per discuterne, le altre sigle sindacali come Cgil e la Cisl sono quasi sulla stessa lunghezza d’onda della UilPA.

La CGIL ha chiesto un’aumento di stipendio per i 3 milioni di dipendenti statali di circa 220 euro lordi al mese, che al netto delle tasse fanno 132 euro, mentre la Cisl ha chiesto un’incremento in busta paga di 150 euro, cifre molto distanti di quelle fornite dal Governo che ad oggi sarebbe disposto a stanziare circa 300 milioni di euro che divisi per tutti i dipendenti statali sarebbero non più di 10 € di aumento a testa, una vera e propria presa in giro.

Il governo in queste ultime settimane si è reso conto che i 300 milioni di euro sono davvero irrisori ed i fondi da destinare ai dipendenti pubblici devono essere aumentati.

Tra le soluzioni al momento in discussione c’è l’idea di un’aumento di 80 € come è accaduto appena qualche anno fa per i redditi più bassi in questo modo non si andrebbe al di sotto del bonus 80 euro ed allo stesso tempo si tratterebbe di un aumento contrattuale qualche gradino al di sotto di 110 euro mediamente ottenuto dai dipendenti privati nei contratti rinnovati fino ad ora.

Poniamoci delle domande Hanno diritto ad un aumento salariale?

Già, ma quanto? Quanti euro fa questo diritto? Subito dopo la sentenza il governo pro forma mise a bilancio trecento milioni per gli statali: faceva 5/6 euro al mese lordi per lavoratore.

Appena iniziate le trattative reali il governo ha subito spiegato che non sarà trecento milioni la sua disponibilità, sarà di più. Ma quanto di più il governo non ha detto. Hanno detto invece i sindacati: sette miliardi.

Che fa più o meno 150 euro lordi al mese di aumento per dipendente pubblico. Come li calcolano i sindacati questi sette miliardi?

Più o meno così: moltiplicando per tutti gli anni di blocco contrattuale l’inflazione più un totale inerente alla per loro naturale e doverosa progressione delle retribuzioni. Ci provano, è il loro mestiere.

Ma il diritto, come espresso sopra agli statali spetta da sentenza della Corte Costituzionale non sono 150 euro lordi di aumento al mese.

Quel che spetta agli statali, sentenza alla mano è 20/40 euro lori al mese a seconda del grado e qualifica del lavoratore.

La sentenza non impone il recupero del passato, anzi di fatto fissa da quando si ricomincia ad avere contratti non bloccati. E quel quando è il 30 luglio 2015. Quindi agli statali spetta il recupero dei soldi perduti da quella data, dal 30 luglio 2015.

Il recupero da quella data fa 1,2 miliardi di euro e significa appunto 20/40 euro al mese di aumento per dipendente pubblico. Fin qui quel che loro spetta da sentenza, liberissimi di chiedere di più. Ma non in nome di una sentenza che esclude il recupero integrale del blocco contrattuale. Quanto poi alla richiesta del recupero integrale di quanto perso nei sette anni e passa della crisi economica, una domanda impertinente ma assolutamente pertinente. I sindacati, non solo degli statali, quasi sempre si ingegnano a calcolare l’ammontare degli aumenti non avuti se fosse andata come prima della crisi. Fanno al cifra e la dichiarano “soldi persi dai lavoratori”.

Nel calendario della P.A. prima dei contratti viene però la riforma della dirigenza, con la creazione del ruolo unico, la determinazione della durata degli incarichi (quattro anni), l'accesso per concorso con esame di conferma dopo tre anni (altrimenti si retrocede). In linea di principio le novità trovano il favore dei sindacati, che però lanciano l'allarme su eventuali discriminazioni. «In una riforma che già non comprende tutta la dirigenza della Repubblica, perché esclude prefetti e diplomatici, professori universitari e presidi, vogliamo creare ulteriori divisioni?», si chiede Barbara Casagrande, segretario generale di Unadis e Confedir.


martedì 26 luglio 2016

Riforma pubblico impiego: addio a posto fisso e scatti automatici




Secondo la bozza del nuovo testo unico sul pubblico impiego, vengono eliminate due delle certezze dei dipendenti pubblici. Il documento, che appartiene ad una parte della legge delega sulla riforma della P.A., prevede che ogni anno tutte le amministrazioni comunichino al ministero della Pubblica Amministrazione le "eccedenze di personale" rispetto alle "esigenze funzionali o alla situazione finanziaria": in pratica i dipendenti in esubero possono essere trasferiti in un altro ufficio, purché questo si trovi a 50 chilometri da quello di provenienza, con la mobilità obbligatoria.

In alternativa, le 'eccedenze' possono essere messe in 'disponibilità', ossia non lavorano e percepiscono l'80% dello stipendio, compresi i contributi per la pensione. Ma se entro due anni non riescono a trovare un altro posto, anche accettando un inquadramento più basso con relativo taglio dello stipendio, il loro «rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto» praticamente licenziati. In teoria un meccanismo simile c’è già adesso. Con le nuove regole, invece, ci sarà lo stop alle assunzioni e il procedimento disciplinare per il dirigente.

Una differenza non da poco.

Di fatto finora le amministrazioni hanno l'obbligo di segnalare il personale in eccesso. Ma chi non lo fa non viene sanzionato. Adesso, col nuovo piano, i dirigenti dovranno segnalare i dipendenti in eccesso e qualora non lo facessero potrebbero venire sanzionati.

Per quanto riguarda gli scatti di anzianità, la bozza del nuovo testo li elimina del tutto e prevede che il lavoro dei dipendenti pubblici sia valutato ogni anno dai dirigenti.

Sulla base di tale valutazione, verrà assegnato un aumento, variabile a seconda delle risorse disponibili e comunque erogato a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministrazione. Tra le altre novità c'è anche l'obbligo della conoscenza dell'inglese per i concorsi pubblici e la visita fiscale automatica che scatterà per le assenze del venerdì e nei giorni prefestivi. Inoltre, la bozza prevede anche il buono pasto di 7 euro al giorno, uguale per tutti gli impiegati, stop anche all'indennità di trasferta.

Sullo stipendio la novità era nell'aria, visto che gli scatti di anzianità sono stati congelati a lungo. Il nuovo testo unico, però, li cancella per sempre. Ogni anno tutti dipendenti pubblici saranno valutati dai loro dirigenti per il lavoro fatto. E sulla base di quelle pagelle sarà assegnato un aumento, piccolo o grande a seconda delle risorse disponibili, a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministrazione.

Nella bozza ci sono tante altre novità. L’obbligo della conoscenza dell’inglese come requisito per i concorsi pubblici. La visita fiscale automatica per le assenze fatte al venerdì e nei prefestivi. Un procedimento disciplinare più veloce, sull'esempio di quello in 30 giorni per gli assenteisti colti in flagrante. E ancora la fine dell’indennità di trasferta e il buono pasto uguale per tutti, sette euro al giorno. Tutte materie che vengono regolate per legge, togliendo margine di manovra ai sindacati.

In base alla riforma della pubblica amministrazione questa parte delle delega potrà essere esercitata già entro febbraio 2017, e non più entro settembre come più volte annunciato.



giovedì 21 luglio 2016

Malattia dei lavoratori del settore privato ed esclusione della reperibilità



E’ stata pubblicata la circolare INPS n.95/2016 che detta gli indirizzi operativi e le linee guida in merito alle esenzioni dalla reperibilità per i lavoratori in malattia  del settore privato.

Pertanto sono esclusi dall'obbligo di rispettare le fasce di reperibilità (previste per il settore privato dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 17.00 alle ore 19.00) i lavoratori subordinati la cui assenza sia connessa con:

patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria;

stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%;

infortuni sul lavoro;

malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio.

I lavoratori interessati sono quelli con contratto di lavoro subordinato appartenenti al settore privato rimanendo esclusi, pertanto, i lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Inps.

Le linee guida sono rivolte ai medici che redigono i certificati di malattia e che, solo in presenza di una delle situazioni patologiche in esse enumerate, dovranno:

apporre la valorizzazione dei campi del certificato telematico riferiti a “terapie salvavita” / “invalidità” (decreto ministeriale 18 aprile 2012);

nel caso di certificati di malattia redatti in via residuale in modalità cartacea, attestare esplicitamente l’eventuale sussistenza delle fattispecie in argomento ai fini della esclusione del lavoratore dall'obbligo della reperibilità.

In base alla nuova circolare INPS, l'esclusione obbligo reperibilità orari visite fiscali dipendenti privati, avviene in modo analogo a quella applicata ai lavoratori del Pubblico Impiego ma con alcune differenze.

Mentre per i dipendenti pubblici le cause di esclusione dall'obbligo di rispettare le fasce orarie delle visita fiscale, sono per:

Patologie gravi che richiedono terapie salvavita.

Infortuni sul lavoro.

Malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio.

Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.

Le cause esclusione obbligo di reperibilità per i dipendenti privati sono:
Patologie gravi che richiedono terapie salvavita: ossia, quelle malattie che prevedono ad esempio sedute di chemioterapia, dialisi, radioterapia, riabilitazione per le persone affette da AIDS ecc

Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta: rientrano in questo ambito tutte le menomazioni congenite, genetiche o acquisite, come ad esempio l'insufficienza cardiaca, respiratoria, renale, tumori, sindrome neurologiche, mentali tali da determinare una ridotta o capacità lavorativa superiore al 67%.

L’Istituto di previdenza ha il potere-dovere di accertare fatti e situazioni che comportano il verificarsi o meno del rischio assicurativo, presupposto della prestazione. Pertanto, pur venendo meno, nelle fattispecie oggetto della norma, l’onere della reperibilità alla visita medica di controllo, posto a carico del lavoratore nell’ambito delle fasce orarie stabilite dalla legge, rimane confermata la possibilità per l’Inps di effettuare comunque controlli, sulla correttezza formale e sostanziale della certificazione e sulla congruità della prognosi.

Esclusione obbligo reperibilità visita fiscale dipendenti privati 2016 cos'è e come funziona? E' il riconoscimento della possibilità, per i lavoratori subordinati del settore privato, di essere esclusi dal rispetto delle fasce di reperibilità della visita fiscale, qualora la malattia sia connessa a determinate cause.

Con l’articolo 25 del decreto legge 151/2015 cd. Esenzioni dalla reperibilità e di altri decreti, è stata quindi prevista una nuova normativa finalizzata a stabilire l’esenzione dall'obbligo di reperibilità per i lavoratori dipendenti privati.



domenica 1 maggio 2016

Sondaggio Demos-Coop: lavoro e ripresa, il 70% non ci crede


Il primo maggio si celebra la Festa del lavoro e un sondaggio condotto dall’Osservatorio di Demos-Coop, ha messo in luce come quasi 7 persone su 10 delle intervistate, ritengono che abbia senso celebrare questa giornata anche se sembra un sentimento più legato alla tradizione che altro.

Contrariamente alle indicazioni fornite dalle statistiche dell’Istat e riproposte dal governo, infatti, secondo il sondaggio una larga maggioranza della popolazione non crederebbe alla ripresa. Oltre 7 persone su 10 pensano che non sia vero, che l’occupazione sia ripartita e solo l’8%, invece, ritiene che il Jobs Act abbia funzionato. Mentre, secondo la maggioranza (40%), è ancora presto per vederne i risultati. Ma oltre 3 persone su 10 sono convinte che abbia perfino “peggiorato la situazione”. Le uniche “forme” di impiego effettivamente aumentate sarebbero, infatti, quelle del lavoro nero e quello precario. Così, infatti, la pensa circa il 70% degli italiani (interrogati da Demos-Coop).

Le  quali non vedono grandi cambiamenti nel futuro. Poco più di 2 persone su 10 (per la precisione: il 23%), infatti, contano che la loro situazione lavorativa possa migliorare, nei prossimi anni. Solo cinque anni fa questa sorta di “speranza di vita” – lavorativa – era coltivata da una componente molto più estesa: il 36%. Impiego pubblico, lavoro autonomo e da libero professionista, nel sondaggio di Demos-Coop sono guardati con interesse, ciascuno, da circa il 20% degli intervistati. Con una preferenza per l’attività professionale fra i giovanissimi (15-24 anni) e per l’impiego pubblico fra le persone adulte, ma anche fra i “giovani adulti” (25-34 anni). Così la pensano, almeno, i due terzi degli italiani (intervistati da Demos-Coop). E il 73% della popolazione ritiene che i giovani, per fare carriera se ne debbano andare all’estero. Un’opinione diffusa da tempo, ma mai come oggi, se cinque anni fa, nel 2011, era condivisa dal 56%. Dunque, la maggioranza degli italiani, ma oggi sono 17 punti in più.

È un segno che dimostra dell'incertezza che presente nella nostra società. Non solo nel lavoro. Due italiani su tre, infatti, ritengono inutile, oggi, affrontare progetti impegnativi, perché il futuro è troppo incerto e rischioso. Per questo, il lavoro preferito risulta il pubblico impiego. Infatti il posto, lavoro autonomo e da libero professionista, nel sondaggio di Demos-Coop sono guardati con interesse, ciascuno, da circa il 20% degli intervistati.

I dati di questo sondaggio trovano una corrispondenza, che è molto vicino all'incertezza generata dalla scomparsa, del futuro o pensare a progetti a lunga scadenza. Ed è necessaria, la figura della famiglia per accompagnare in giovani nel percorso precario fra studio e lavoro al che trovino una strada professionale. Per gli italiani è ancora giusto ricordare il Primo maggio, ma per la stragrande maggioranza è in aumento solo il precariato. Per il 40% è presto per vedere i risultati del Jobs Act, solo l’8% crede abbia funzionato. Mentre per il presidente uscente di Confindustria Giorgio Squinzi, sono stati fatti i primi passi avanti, ma sulle riforme il governo è "a metà dell'opera" e "Fatta una legge si è a metà dell'opera. Si deve fare in modo che la sua applicazione sia coerente con lo spirito della legge. Che regolamenti e decreti vengano varati e attuati facendo in modo che i giudici non siano costretti a interpretare, con conseguenze per l'industria e lo sviluppo".


giovedì 6 agosto 2015

Riforma pubblica amministrazione. Dirigenti e pubblico impiego: si cambia



Ecco le principali novità

TRASPARENZA: accesso libero ai documenti e ai dati della pubblica amministrazione.

DIGITALIZZAZIONE: viene introdotta la “carta della cittadinanza digitale”, gestita da un dirigente ad hoc.

LICENZIAMENTI PIÙ FACILI: in caso di azione disciplinare obbligo di portare a termine la pratica, compreso il ricorso alla sanzione più grave.

LICENZIANBILITA’ DEI VERTICI: basta incarichi dirigenziali che possano essere ricoperti senza preoccupazione di rimozione. Viene infatti introdotto il criterio della valutazione. Se questa è negativa, due le possibilità: o lasciare l’amministrazione dello Stato, o accettare di passare da un incarico di dirigente a quello di funzionario. Inoltre viene introdotta la revoca o il divieto dell’incarico in settori esposti al rischio corruzione, quando c’è una condanna (anche non definitiva) da parte della Corte dei Conti al risarcimento del danno erariale per condotte dolose.

ABOLITO IL VOTO MINIMO DI LAUREA: viene abolito il requisito del voto minimo di laurea per partecipare ai pubblici concorsi.

LOTTA ALL’ASSENTEISMO: passano dalle Asl all’Inps le funzioni di controllo sulle malattie.

STOP AL PRECARIATO. Obiettivo della delega è regolare le forme di lavoro flessibile, limitandole a tassative fattispecie. Il tutto anche al fine di prevenire il precariato.

CONCORSI, POLO UNICO E FOCUS SU INGLESE. Viene sancita l'importanza dell'inglese e di altre lingue straniere. Si va poi verso un polo unico per le selezioni, una sorta di agenzia ad hoc con il compito di gestire le prove.

DIRIGENTI LICENZIABILI DOPO “BOCCIATURA”. I manager potranno essere mandati via dalla PA dopo essere stati valutati negativamente. Per non essere licenziato il dirigente pubblico potrà chiedere di essere demansionato a funzionario.

MAGLIE PIÙ LARGHE PER I PENSIONATI IN PA. Si allentano i vincoli per il conferimento di incarichi pubblici a pensionati. Salta infatti il tetto di un anno come durata massima, purché non si tratti di posizioni direttive o dirigenziali, per cui resta il limite di 12 mesi. Per tutti la condizione è però il “costo zero”, cioè gli incarichi devono essere gratuiti.


Salta la barriera del voto minimo di laurea per la partecipazione ai concorsi della pubblica amministrazione. Marcia indietro, invece, sulla norma cosiddetta 'valuta-atenei' che introduceva nei concorsi pubblici il criterio del 'peso' dell'università in cui ci si è laureati.

E' previsto il taglio da 105 a 60 per le Camere di Commercio. Nell'opera di riduzione si dovrà tenere conto della soglia dimensionale minima di 75mila imprese iscritte o annotate nel Registro delle imprese. PRA Le funzioni del pubblico registro automobilistico passano dall'Aci al ministero dei Trasporti a cui fa già capo la motorizzazione.

Il riordino della dirigenza è uno dei punti più significativi della riforma dovei la carriera e retribuzione saranno valutate in base al merito. Gli incarichi non saranno più a vita, possono durare quattro anni estendibili di altri due ( se necessario, ma per una sola volta)., e si può essere licenziati se l'ultimo incarico ricoperto viene valutato negativamente. Introdotto anche lo stop ai dirigenti condannati dalla Corte dei Conti: si prevede la revoca o il divieto dell'incarico, in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, ai dirigenti condannati dalla magistratura contabile, anche in via non definitiva, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose. Scompare la figura dei segretari comunali, ma per tre anni potranno svolgere la stessa funzione pur essendo confluiti nel ruolo dei dirigenti locali. Tra le deleghe quella della riscrittura del testo unico del pubblico impiego.

Chi rimane senza incarico può chiedere di essere “demansionato” a funzionario per non perdere il posto. In ogni caso, la licenziabilità è sempre vincolata a una «valutazione negativa» sull'operato del dirigente.

E chi è vicino alla pensione potrà scegliere di lavorare part time, mantenendo i contributi pensionistici per il tempo pieno solo con versamenti volontari.


lunedì 16 giugno 2014

Si fondono Perseo e Sirio i fondi del pubblico impiego



L'unione crea la forza, anche nel settore della previdenza complementare pubblica. Infatti, i dirigenti di Sirio e Perseo, i due maggiori fondi pensione del pubblico impiego insieme a Espero, che hanno scelto di dare vita a un unico fondo di categoria dedicato ai lavoratori di Regioni, Enti locali, Sanità, Ministeri, Enac e Cnel: «Ci siamo resi conto che mantenere tre fondi pensione era anacronistico – spiega il direttore generale di Perseo, Maurizio Sarti – e abbiamo pensato di unificare tutto il mondo a contratto, ad eccezione dei lavoratori della scuola, dando ordine al panorama».

L'operazione vuole dare risposta all'esigenza di accrescere il patrimonio in gestione dei fondi, contenerne i costi per i lavoratori (12.290 gli associati di Perseo e 1920 quelli di Sirio) e aumentare la possibilità di diversificazione degli investimenti, con la conseguente minore esposizione al rischio finanziario: «Bisogna sempre essere attenti all'abbattimento dei costi – sottolinea Sarti – e la fusione, con l'allargamento della fascia associativa e l'aumento del patrimonio, permetterà di rendere l'adesione ancora più favorevole in termini di costi, anche considerando che la quota associativa attuale è di 16 euro per Perseo e 20 per Sirio, tra le più basse nel settore».

Fin qui, la strada non è stata semplice per i due fondi, ma i risultati sono in crescita e l'esperienza finora compiuta da Perseo e Sirio non è da buttare. Se la popolazione italiana che sceglie di costruire la propria pensione aderendo ai fondi negoziali rappresenta ancora oggi solo il 10%, quando si punta la lente sul pubblico impiego «le cifre sono ancora più basse e le difficoltà, soprattutto iniziali, sono state molte», ammette Sarti, ma il flusso delle adesione è più che raddoppiato tra gli ultimi mesi del 2013 e il primo scorcio del 2014. Il bicchiere sembra dunque mezzo pieno: «Abbiamo raggiunto un livello importante – evidenzia il direttore generale -, che ci consente di ben sperare per i prossimi mesi. Il nostro obiettivo è fare crescere ulteriormente le adesioni».

Complice l'incertezza occupazionale, il bisogno di reperire risorse aggiuntive per far fronte alle esigenze familiari e l'attesa economica negativa, la previdenza complementare nel nostro Paese agisce in un mercato di difficile penetrazione. In particolare, il destino dei prodotti previdenziali del pubblico impiego si è dovuto scontrare con una situazione di blocco dei rinnovi contrattuali e di progressiva contrazione delle risorse; sono stati gli stessi fondi di categoria a farsi promotori per la risoluzione di problematiche come il finanziamento della previdenza complementare contrattuale e la necessità di una maggiore informazione per ampliare la conoscenza nel settore. Gli ostacoli più rilevanti riguardano le differenze normative tra settore pubblico e privato, la bassa collaborazione da parte degli enti locali e la frammentazione territoriale: «La scarsità delle risorse – evidenzia Sarti – ha condizionato anche l'atteggiamento degli enti, che in alcune situazioni hanno posto delle barriere in entrata. Inoltre, la normativa fiscale tra settore pubblico e privato vede il primo destinatario di misure fiscali meno favorevoli di quelle in adozione per il secondo. Ciò comporta che, nel mercato pensionistico complementare, le forme non contrattuali presentino un vantaggio competitivo sotto il profilo fiscale e abbiano minori vincoli, come la trasformazione del trattamento di fine servizio in godimento in trattamento di fine rapporto, e il conferimento di quest'ultimo a fini previdenziali. Se si intervenisse sulla parificazione tra pubblico e privato, si aprirebbe una nuova stagione anche per il pubblico impiego».

Una nuova campagna di comunicazione e la fusione sono ora le armi in più per dare nuova linfa alla previdenza complementare pubblica e contrastare l'opinione comune che questa sia qualcosa di distante dalle esigenze dei dipendenti pubblici: «Lanceremo un messaggio nuovo, indirizzato ai più giovani, oggi sempre più scoraggiati in fatto di futura pensione – conclude Sarti -. La nostra situazione previdenziale non è così disastrosa come si pensa e il fondo pensione deve essere il nuovo strumento di rendita vitalizia».

“L’adesione ai fondi di previdenza complementare è fondamentale soprattutto per i giovani. Il rapporto fra la pensione e l’ultima retribuzione tenderà a diminuire dall’80% circa di oggi fino al 50-60%. Ciò significa che senza la previdenza complementare lo standard di vita di persone e famiglie, già messo a dura prova dalla crisi, potrebbe risultare compromesso. I fondi rappresentano dunque un’opportunità importante per assicurare ai dipendenti pubblici un reddito adeguato anche dopo l’uscita dal lavoro. Tutti i lavoratori, inoltre, indipendentemente dall’anzianità lavorativa, potranno trarre benefici non solo di natura contributiva ma anche fiscale dall’adesione volontaria al fondo, perché comporterà un obbligo contributivo ripartito fra amministrazioni e lavoratori”.

“Per questo – concludono le quattro organizzazioni di categoria –saremo sempre impegnati a portare avanti un’adeguata campagna informativa e di adesione rispetto ad una conquista che abbiamo conquistato con fatica e con la forza dell’ascolto delle esigenze dei lavoratori”.


venerdì 9 maggio 2014

Buste paga con il bonus di 80 euro per 786mila statali



A maggio i dipendenti della Pubblica amministrazione riceveranno in busta paga il bonus di 80 euro previsto dal decreto legge 66/2014 sulla riduzione del cuneo fiscale.

Il Tesoro ha annunciato che sono pronte le buste paga ‘maggiorate’ per i dipendenti pubblici. Riguarderanno 785.979 lavoratori statali ai quali il ministero prepara i cedolini del 27 maggio. L’importo sarà evidenziato da un apposito spazio in busta paga nella sezione “Altri assegni” in cui è stata inserita la voce “Credito art. 1 DL 66/14″. Il ministero dell’Economia e delle Finanze, attraverso il Dipartimento dell’amministrazione generale – riferisce una nota ufficiale– ha elaborato le buste paga del mese di maggio per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che affidano al Mef il pagamento delle retribuzioni, calcolando e attribuendo ai beneficiari il credito previsto dal decreto legge 66/2014 sulla riduzione del cuneo fiscale”.

Il ministero ha spiegato in una nota - attraverso il Dipartimento dell'Amministrazione Generale (Dag) ha elaborato le buste paga del mese di maggio per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che affidano allo stesso ministero dell'Economia il pagamento delle retribuzioni, calcolando e attribuendo ai beneficiari il credito previsto dal decreto legge 66/2014 sulla riduzione del cuneo fiscale. Il Dag gestisce l'erogazione degli stipendi per più di 1,5 milioni di dipendenti di numerose amministrazioni pubbliche, e tra questi 785.979 lavoratori a fine mese percepiranno l'incremento della retribuzione netta dovuto alla riduzione dell'Irpef, per un ammontare complessivo nel mese di 56.407.365 euro.

Ricordiamo che il Dag gestisce l'erogazione degli stipendi per più di 1,5 milioni di dipendenti di numerose amministrazioni pubbliche: tra questi 785.979 lavoratori a fine mese percepiranno l'incremento della retribuzione netta dovuto alla riduzione dell'Irpef, per un ammontare complessivo nel mese di 56.407.365 euro. Il beneficio pieno di 80 euro netti (che spetta a chi ha redditi annuali tra 8.000 e 24.000 euro lordi e lavora per l'intero anno) è stato calcolato per 618.523 dipendenti.

Il beneficio pieno di 80 euro netti (che spetta a chi ha redditi annuali tra 8.000 e 24.000 euro lordi e lavora per l'intero anno) è stato calcolato per 618.523 dipendenti. L'importo del bonus per ciascun dipendente è evidenziato nel cedolino mensile nella sezione 'Altri assegni' in cui è stata inserita la voce 'Credito art. 1 DL 66/14'. I cedolini saranno consultabili con le normali tempistiche e comunque per tutti entro il 23 maggio. Il Dag si occupa dell'elaborazione e pagamento dello stipendio dei dipendenti delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato (Ministeri, Presidenza del Consiglio, Agenzie, ecc.) e di 74 altre amministrazioni pubbliche (si tratta per lo più di Enti Locali che hanno deciso di utilizzare i servizi del Mef).

I beneficiari interessati sono una piccola parte del numero complessivo dei lavoratori che beneficeranno dell'intervento di riduzione del cuneo fiscale; tuttavia il Mef è tra i soggetti che elaborano singolarmente il maggior numero di cedolini e la predisposizione di quasi 800mila buste paga con il beneficio fiscale testimonia la fattibilità e l'efficacia del provvedimento, che potrà essere implementato tempestivamente tanto nel settore pubblico quanto nel settore privato.

L'importo del bonus per ciascun dipendente è evidenziato nel cedolino mensile nella sezione «Altri assegni» in cui è stata inserita la voce «Credito art. 1 DL 66/14». I cedolini saranno consultabili con le normali tempistiche, e comunque per tutti entro il 23 maggio. Il Dag si occupa dell'elaborazione e pagamento dello stipendio dei dipendenti delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato (ministeri, presidenza del Consiglio, agenzie) e di 74 altre amministrazioni pubbliche (si tratta per lo più di enti locali che hanno deciso di utilizzare i servizi del Mef).




mercoledì 26 febbraio 2014

Contratti di lavoro pubblico impiego : in 8,5mln aspettano rinnovo



Due dipendenti su tre sono in attesa del rinnovo del contratto collettivo di lavoro per un totale di 8,5 milioni di lavoratori. Si tratta della quota più alta dal 2008 e coinvolge il 66,2% degli impiegati.

I contratti in attesa di rinnovo a gennaio sono 51 e riguardano circa 8,5 milioni di dipendenti, corrispondenti al 66,2% del totale. Lo rileva l'Istat, spiegando che si tratta della quota più alta dal gennaio del 2008. In pratica due dipendenti su tre stanno aspettando.

La categoria più numerosa è quella che rientra nel contratto del commercio e tocca 2 milioni di dipendenti. A febbraio sono state ratificate alcune ipotesi di accordo che toccano 4 dei 51 contratti scaduti e interessano 500 mila dipendenti. "E' una beffa che si proponga continuamente la riduzione del cuneo fiscale e poi non si rinnovino nemmeno i contratti, persino quelli dei dipendenti pubblici" tuona il Codacons.

Solo il pubblico impiego, d'altra parte, pesa per 2,9 milioni di lavoratori e 15 contratti. Guardando nel dettaglio quanto accaduto a gennaio, alla fine del mese a fronte del recepimento di un accordo (gomma e materie plastiche) ne sono scaduti ben cinque (agricoltura operai, servizio smaltimento rifiuti privati, servizio smaltimento rifiuti municipalizzati, commercio e Rai). Quel che ha fatto balzare il numero dei dipendenti in attesa si rinnovo, spiega l'Istat, è il contratto del commercio, che include ad esempio i commessi e tocca circa due milioni di dipendenti. Comunque a febbraio già sono state ratificate delle ipotesi di accordo, che toccano quattro dei 51 contratti scaduti, per un totale di circa 500 mila dipendenti (tessili, pelli e cuoio, gas e acqua e turismo-strutture ricettive).

Balzo retribuzioni, +0,6% a gennaio +1,4% annuo - Le retribuzioni contrattuali orarie a gennaio segnano un balzo dello 0,6% su dicembre, mentre sono salite dell'1,4% su base annua. Lo rileva l'Istat, spiegando come il rialzo mensile sia dovuto allo scatto di miglioramenti economici previsti per alcuni contratti in vigore. Aumenti che di solito partono proprio a inizio anno. Si allarga ancora la forbice con l'inflazione, ferma nello stesso mese allo 0,7%. In pratica i salari crescono il doppio dei prezzi, ma il divario è quasi esclusivamente dovuto alla frenata dei listini.


mercoledì 28 novembre 2012

Pubblica amministrazione una speranza per i precari


Il governo sta lavorando a una proroga dei contratti in scadenza nella pubblica amministrazione fino al prossimo 31 luglio da inserire nella legge di stabilità. Lo ha annunciato il commissario straordinario dell'Aran, Antonio Naddeo, all'incontro con i sindacati a Palazzo Vidoni, secondo quanto si apprende da fonti sindacali. Con la proroga, avrebbe riferito Naddeo "non abbiamo più la ghigliottina per definire l'accordo quadro" sui lavoratori flessibili. Di questa misura si parlerà nel Consiglio dei Ministri di venerdì e sarà formalizzata eventualmente ai sindacati in un nuovo incontro con i sindacati.

I precari nel pubblico impiego sarebbero all'incirca 250 mila nei diversi comparti e per la maggior parte con scadenza dei contratti al 31 dicembre 2012. Lo avrebbe comunicato l'Aran all'incontro governo-parti sociali, in corso al ministero della Pubblica Amministrazione, secondo quanto si apprende da fonti sindacali.

I lavoratori flessibili  nella scuola sono 135 mila, 14.800 nello Stato, di cui 3.600 nei Vigili del Fuoco, nella Sanità 35.194 e tra Regioni ed Enti locali oltre 52.000 (52.098), inoltre nelle Regioni a Statuto speciale 12.760.

«Un risultato positivo e utile frutto della nostra iniziativa». Così la Cgil ha commentato l'ipotesi di una proroga ai contratti precari in scadenza nella Pa come illustrato oggi nell'incontro tra il ministero della funzione pubblica e i sindacati a Palazzo Vidoni. «In attesa di leggere il testo della proroga e dell'accordo quadro- dice Michele Gentile, responsabile settori pubblici della Cgil nazionale - salutiamo questo come un risultato positivo e utile, frutto della nostra iniziativa, che permette di costruire un percorso che per quanto ci riguarda prevede la stabilità dei precari della Pa».

 A ottobre risultano in attesa di rinnovo 36 accordi contrattuali, di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione, relativi a circa quattro milioni di dipendenti (intorno ai 3 milioni nel pubblico impiego). Lo ha comunicato l'Istat precisando che la quota di dipendenti che aspettano il rinnovo è pari al 30,7% nel totale dell'economia, in leggero rialzo rispetto a settembre.
A ottobre tra i contratti monitorati dall'indagine l'Istat registra il positivo scioglimento della riserva dell'accordo per i dipendenti dell'industria chimica, rinnovato prima della conclusione naturale del contratto (dicembre 2012), mentre sono scaduti quelli per i lavoratori dell'industria alimentare e olearia (al riguardo l'istituto precisa che alla fine di ottobre per questi accordi è già stata siglata l'ipotesi di intesa, che sarà recepita definitivamente non appena sarà sciolta la riserva da parte dei lavoratori). L'Istat ricorda per quanto riguarda gli statali che a partire da gennaio 2010 tutti i contratti della pubblica amministrazione sono scaduti, subendo il blocco stabilito per legge.

Le retribuzioni contrattuali orarie a ottobre salgono dell'1,5% su base annua, dall'1,4% di settembre, mentre su base mensile crescono dello 0,2%. Il dato tendenziale rimane, nonostante il forte rallentamento dei prezzi, sotto il livello d'inflazione annuo dello stesso mese (+2,6%), ma il divario si restringe a 1,1 punti (da 1,8 di settembre).

Guardando ai primi dieci mesi dell'anno, nella media del periodo gennaio-ottobre 2012 le retribuzioni contrattuali orarie risultano cresciute su base annua dell'1,5%. Analizzando le proiezioni dell'Istat, con riferimento al semestre novembre 2012-aprile 2013, in assenza di rinnovi, il tasso di crescita tendenziale dell'indice generale sarebbe pari all'1,6% a novembre, diminuirebbe leggermente a dicembre all'1,5% e da gennaio 2013 subirebbe una drastica riduzione attestandosi allo 0,9%.

Tenendo conto dei diversi settori, a ottobre presentano i rialzi tendenziali più forti i comparti dell'acqua e servizi di smaltimento rifiuti (3,0%), dell'energia elettrica e gas (2,9%), del tessile, abbigliamento e lavorazione pelli (2,8%). Si registrano invece variazioni nulle per telecomunicazioni e tutti i comparti della pubblica amministrazione.

mercoledì 4 luglio 2012

Lavoro: stretta fatale per i dipendenti statali con la spending review


Vediamo i risultati dei provvedimenti presi per la stretta sul comparto del pubblico impiego.

Taglio della pianta organica del 20% per i dirigenti e del 10% per tutti gli altri dipendenti. Nessuno è in grado di fare stime precise ma considerando che il settore conta 3,5 milioni di lavoratori, l'impatto potrebbe variare tra le 100 mila e le 300 mila persone. L'obiettivo che sarà raggiunto con la messa in mobilità obbligatoria per due anni o, per i più anziani, con un meccanismo di accompagnamento alla pensione. Comunque le prime cifre parlano di almeno 30mila esuberi, a cui riservare se necessario una deroga dalle nuove regole previdenziali per accedere direttamente alla pensione, ma la strada per individuare i numeri ufficiali non sarà molto semplice.

In una situazione del genere, fare in modo di dare una stretta fatale in modo lineare è inutile prima ancora che impossibile. Per questa ragione il Governo ha sottolineato che prima occorre fare un vero censimento degli organici, e poi decidere come sviluppare la riduzione. Probabilmente sarà soluzione semplice e semplicistica dal punto di vista operativo, ma poco produttiva sul piano dei risparmi reali.
Il dato certo che ci sarà un blocco di nuove assunzioni che dovrà rispettare tre scadenze:
le «facoltà assunzionali» per i posti che si libereranno saranno del 20% per il periodo 2012-2015, del 50% nel 2015 e torneranno al 100% a decorrere dal 2016. Si legge che nella Pubblica Amministrazione i concorsi per l'accesso alla prima fascia dirigenziale sono sospese le modalità di reclutamento non oltre il 31 dicembre 2015.

Per i dipendenti statali le novità sono molte e forse ancora non molto chiare. A partire dal primo ottobre di quest'anno il valore dei buoni pasto, anche per i dirigenti, non potrà superare i sette euro. Gli uffici pubblici resteranno chiusi nella settimana di ferragosto e in quella tra Natale e Capodanno quando i lavoratori saranno messi obbligatoriamente in ferie. Diventerà impossibile «monetizzare» , i giorni di vacanza, i riposi e i permessi non goduti. Il divieto scatterà anche in caso di dimissioni o pensionamento. Si procederà alla «tendenziale eliminazione» degli incarichi di studio e ricerca affidati ai dirigenti mentre sono vietate le consulenze affidate a chi è andato in pensione. I contatti per il servizio di pagamento degli stipendi saranno rinegoziati con un abbattimento di «almeno il 15%».I permessi sindacali a partire da gennaio del 2013 saranno ridotti del 10 per cento.

Il Dl che l'Esecutivo si sta apprestando a varare - spiega una nota congiunta di tutte le sigle del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil - «avrà come unica conseguenza l'accentuarsi delle ragioni di dissenso su scelte che intendiamo contrastare con forza, ritenendole inaccettabili» l' 'Esecutivo si é rivelato «reticente» nel fornire le informazioni. È il giudizio del leader della Cgil, Susanna Camusso
Mentre Confindustria condivide l'impostazione del governo sulla spending review e l'efficientamento della pubblica amministrazione giudicandola «un buon inizio». Questa la posizione espressa, a quanto si apprende, dal presidente Giorgio Squinzi al tavolo tra governo e parti sociali. Squinzi si riserva di valutare poi nel dettaglio tutte le misure.

lunedì 25 giugno 2012

Lavoro e pubblico impiego: il piano per il super-Inps


Ventitrè direttori generali in meno, settanta direttori di secondo livello eliminati, cinquemila dipendenti in mobilità. Prende forma il super-Inps, come riportato dalle colonne del Il Messaggero  con l’accorpamento dei tre enti previdenziali Inps, Inpdap ed Enpals, un colosso che dovrà gestire un bilancio tra i 500 e 700 miliardi di euro. Il documento sembra che sia già stato firmato dal presidente Antonio Mastrapasqua. Obiettivo: ridurre i costi complessivi di funzionamento relativi ai tre enti previdenziali di almeno 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di euro per il 2013 e 100 milioni di euro a decorrere dal 2014.

Già entro la fine di questo mese si partirà con i primi adeguamenti delle funzioni centrali e territoriali. Parte centrale della spending review del colosso che nascerà dalla fusione dei tre istituti, sarà la razionalizzazione logistica. Molte sedi saranno dismesse, gli spazi saranno riorganizzati e razionalizzati. La razionalizzazione comporterà anche «la restituzione di immobili in locazione passiva o la riduzione delle superfici locate con la relativa ricontrattazione del contratto di affitto e del canone». Vi rientrano anche quelli presi in affitto dall’Agenzia del Demanio. Per liberare spazi è prevista «l’ottimizzazione degli archivi cartacei», molti saranno «dematerializzati». Le operazioni di razionalizzazione logistica dovranno essere completate entro la fine di gennaio 2013.

"Nei piani di integrazione dell'ex-Inpdap e dell'ex-Enpals in Inps non c'è alcun programma di esubero o mobilità di dipendenti". E' quanto ha fatto sapere l'Inps precisando che "per quanto riguarda il personale non è all'ordine del giorno alcun intervento, sono quindi destituite di ogni fondamento le cifre indicate oggi da alcuni organi di stampa". Secca è stata la replica dell'Inps che in una nota ha affermato: "Il processo di integrazione è stato finora tracciato dagli indirizzi del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (Civ) dell'Istituto e dalle linee programmatiche del Presidente, che affidano alla Tecnostruttura la predisposizione di un piano industriale, che non è stato definito. Mancano peraltro ancora l'approvazione del bilancio 2011 dell'Inpdap e i successivi decreti ministeriali".

L'idea di una "superInps" che inglobi Enpals e Inpdap con cospicui risparmi e rilevanti tagli di personale è da irresponsabili: prima serve un piano industriale e poi se ne parla. Ad affermarlo è stato  il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Commentando le anticipazioni di stampa sull'ipotesi che il Governo accorpi i tre istituti previdenziali, il leader della Cisl è stato molto critico. "Chi da questi numeri è un irresponsabile. Sia chi li dà sull'Inps, sia chi li dà sul pubblico impiego. Chi Governa - ha sottolineato - deve darci un piano industriale dal quale si desume quello che deve avvenire e non il contrario. E' davvero sconcertante - ha detto ancora - come persone pagatissime e con grandi responsabilità, giochino con i numeri, con le sorti degli istituti previdenziali, con le persone e con i servizi".

E' inaccettabile intervenire ancora sul pubblico impiego e sulla sanità ha sottolineato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, commentando le ipotesi di tagli nell'ambito del decreto spending review che il governo si appresta a presentare. "E' inaccettabile - ha osservato Camusso a margine della presentazione di un libro - intervenire ancora sul lavoro pubblico. Non c'è nessun segno di equità in questo".  Il leader della Cgil ha ricordato che domani ci sarà la mobilitazione generale del pubblico impiego "sia per ottenere l'incontro" con il governo "sia per dare un esplicito segnale che non si può fare la spending review tagliando sull'occupazione e sulle condizioni del lavoro pubblico".

sabato 5 febbraio 2011

Cisl e Uil firmano accordo sulla produttività, Cgil no

I sindacati, chiamiamoli responsabili la Cisl e la Uil hanno firmato l'accordo con il Governo sul salario di produttività nella pubblica amministrazione. La Cgil, ancora una volta, non ha siglato l'intesa e ha lasciato il tavolo dei lavori. Ricordiamo che in questo momento di crisi di lavoro, sarebbe bene che i sindacati si muovessero con un'unica voce che è quella dei lavoratori e non di una frangia di essi.

Cosa prevede l 'accordo?
Possiamo affermare due cose una che viene rilanciata la contrattazione nel settore statale e poi nasce la condivisione delle organizzazioni sindacali dei principi cardine della riforma della Pubblica Amministrazione. Questi principi devono essere fondati da maggiore efficienza e produttività del comparto pubblico, la quale
deve unire-legare le retribuzioni al miglioramento del rendimento dei dipendenti.

Certamente questo accordo sul salario di produttività nella P.A., deve essere visto nell'ambito del blocco del rinnovo dei contratti. Ed è grazie a questo accordo che vengono garantite le retribuzioni dei dipendenti pubblici, legando al merito individuale le risorse finanziarie derivanti dal miglioramento organizzativo e di efficienza. aspetto che dovrebbe unire i sindacati e non dividere, soprattutto per il bene di chi lavora e dovrà lavorare ancora per tanto tempo.

La Camusso, leader della CGIL, ha attaccato il governo e le parti sociali che hanno firmato l'accordo sostenendo che si sono inventati un testo che non affronta i problemi urgenti che abbiamo, anche se, e ribadiamo, che  l'accordo ricordiamo ha legato gli aumenti salariali dei dipendenti pubblici alla produttività, sicuramente è una innovazione che deve essere affrontata con un giusto spirito.
Per la Cisl è un accordo importante. Gli stipendi dei dipendenti pubblici devono essere salvaguardati e grazie a questa intesa lo saranno per intero. Anche la Uil ha asserito che questa iniziativa è stata opportuna perché permette, di evitare il rischio di diminuire le retribuzioni dei pubblici dipendenti.
Sarebbe stata una vera opportunità da parte della CGIL firmare l'accordo in quanto l’efficacia e l’efficienza della pubblica amministrazione è da raggiungere non contro i dipendenti ma a favore dei dipendenti, certo che quando si cerca di smuovere i meccanismi complicati ed intricati che regolano l'economia e il lavoro, spingendo la ripresa e puntellando i salari legandoli al merito e facile riscontrare da chi ha fatto del sindacato una linea di consevatorismo delle idee trovare un forte ostacolo verso una nuova e giovane politica economica e del lavoro.
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