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martedì 26 luglio 2016

Riforma pubblico impiego: addio a posto fisso e scatti automatici




Secondo la bozza del nuovo testo unico sul pubblico impiego, vengono eliminate due delle certezze dei dipendenti pubblici. Il documento, che appartiene ad una parte della legge delega sulla riforma della P.A., prevede che ogni anno tutte le amministrazioni comunichino al ministero della Pubblica Amministrazione le "eccedenze di personale" rispetto alle "esigenze funzionali o alla situazione finanziaria": in pratica i dipendenti in esubero possono essere trasferiti in un altro ufficio, purché questo si trovi a 50 chilometri da quello di provenienza, con la mobilità obbligatoria.

In alternativa, le 'eccedenze' possono essere messe in 'disponibilità', ossia non lavorano e percepiscono l'80% dello stipendio, compresi i contributi per la pensione. Ma se entro due anni non riescono a trovare un altro posto, anche accettando un inquadramento più basso con relativo taglio dello stipendio, il loro «rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto» praticamente licenziati. In teoria un meccanismo simile c’è già adesso. Con le nuove regole, invece, ci sarà lo stop alle assunzioni e il procedimento disciplinare per il dirigente.

Una differenza non da poco.

Di fatto finora le amministrazioni hanno l'obbligo di segnalare il personale in eccesso. Ma chi non lo fa non viene sanzionato. Adesso, col nuovo piano, i dirigenti dovranno segnalare i dipendenti in eccesso e qualora non lo facessero potrebbero venire sanzionati.

Per quanto riguarda gli scatti di anzianità, la bozza del nuovo testo li elimina del tutto e prevede che il lavoro dei dipendenti pubblici sia valutato ogni anno dai dirigenti.

Sulla base di tale valutazione, verrà assegnato un aumento, variabile a seconda delle risorse disponibili e comunque erogato a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministrazione. Tra le altre novità c'è anche l'obbligo della conoscenza dell'inglese per i concorsi pubblici e la visita fiscale automatica che scatterà per le assenze del venerdì e nei giorni prefestivi. Inoltre, la bozza prevede anche il buono pasto di 7 euro al giorno, uguale per tutti gli impiegati, stop anche all'indennità di trasferta.

Sullo stipendio la novità era nell'aria, visto che gli scatti di anzianità sono stati congelati a lungo. Il nuovo testo unico, però, li cancella per sempre. Ogni anno tutti dipendenti pubblici saranno valutati dai loro dirigenti per il lavoro fatto. E sulla base di quelle pagelle sarà assegnato un aumento, piccolo o grande a seconda delle risorse disponibili, a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministrazione.

Nella bozza ci sono tante altre novità. L’obbligo della conoscenza dell’inglese come requisito per i concorsi pubblici. La visita fiscale automatica per le assenze fatte al venerdì e nei prefestivi. Un procedimento disciplinare più veloce, sull'esempio di quello in 30 giorni per gli assenteisti colti in flagrante. E ancora la fine dell’indennità di trasferta e il buono pasto uguale per tutti, sette euro al giorno. Tutte materie che vengono regolate per legge, togliendo margine di manovra ai sindacati.

In base alla riforma della pubblica amministrazione questa parte delle delega potrà essere esercitata già entro febbraio 2017, e non più entro settembre come più volte annunciato.



domenica 1 maggio 2016

Sondaggio Demos-Coop: lavoro e ripresa, il 70% non ci crede


Il primo maggio si celebra la Festa del lavoro e un sondaggio condotto dall’Osservatorio di Demos-Coop, ha messo in luce come quasi 7 persone su 10 delle intervistate, ritengono che abbia senso celebrare questa giornata anche se sembra un sentimento più legato alla tradizione che altro.

Contrariamente alle indicazioni fornite dalle statistiche dell’Istat e riproposte dal governo, infatti, secondo il sondaggio una larga maggioranza della popolazione non crederebbe alla ripresa. Oltre 7 persone su 10 pensano che non sia vero, che l’occupazione sia ripartita e solo l’8%, invece, ritiene che il Jobs Act abbia funzionato. Mentre, secondo la maggioranza (40%), è ancora presto per vederne i risultati. Ma oltre 3 persone su 10 sono convinte che abbia perfino “peggiorato la situazione”. Le uniche “forme” di impiego effettivamente aumentate sarebbero, infatti, quelle del lavoro nero e quello precario. Così, infatti, la pensa circa il 70% degli italiani (interrogati da Demos-Coop).

Le  quali non vedono grandi cambiamenti nel futuro. Poco più di 2 persone su 10 (per la precisione: il 23%), infatti, contano che la loro situazione lavorativa possa migliorare, nei prossimi anni. Solo cinque anni fa questa sorta di “speranza di vita” – lavorativa – era coltivata da una componente molto più estesa: il 36%. Impiego pubblico, lavoro autonomo e da libero professionista, nel sondaggio di Demos-Coop sono guardati con interesse, ciascuno, da circa il 20% degli intervistati. Con una preferenza per l’attività professionale fra i giovanissimi (15-24 anni) e per l’impiego pubblico fra le persone adulte, ma anche fra i “giovani adulti” (25-34 anni). Così la pensano, almeno, i due terzi degli italiani (intervistati da Demos-Coop). E il 73% della popolazione ritiene che i giovani, per fare carriera se ne debbano andare all’estero. Un’opinione diffusa da tempo, ma mai come oggi, se cinque anni fa, nel 2011, era condivisa dal 56%. Dunque, la maggioranza degli italiani, ma oggi sono 17 punti in più.

È un segno che dimostra dell'incertezza che presente nella nostra società. Non solo nel lavoro. Due italiani su tre, infatti, ritengono inutile, oggi, affrontare progetti impegnativi, perché il futuro è troppo incerto e rischioso. Per questo, il lavoro preferito risulta il pubblico impiego. Infatti il posto, lavoro autonomo e da libero professionista, nel sondaggio di Demos-Coop sono guardati con interesse, ciascuno, da circa il 20% degli intervistati.

I dati di questo sondaggio trovano una corrispondenza, che è molto vicino all'incertezza generata dalla scomparsa, del futuro o pensare a progetti a lunga scadenza. Ed è necessaria, la figura della famiglia per accompagnare in giovani nel percorso precario fra studio e lavoro al che trovino una strada professionale. Per gli italiani è ancora giusto ricordare il Primo maggio, ma per la stragrande maggioranza è in aumento solo il precariato. Per il 40% è presto per vedere i risultati del Jobs Act, solo l’8% crede abbia funzionato. Mentre per il presidente uscente di Confindustria Giorgio Squinzi, sono stati fatti i primi passi avanti, ma sulle riforme il governo è "a metà dell'opera" e "Fatta una legge si è a metà dell'opera. Si deve fare in modo che la sua applicazione sia coerente con lo spirito della legge. Che regolamenti e decreti vengano varati e attuati facendo in modo che i giudici non siano costretti a interpretare, con conseguenze per l'industria e lo sviluppo".


domenica 26 maggio 2013

Rapporto annuale dell'ISTAT: lo stipendio medio è mille euro

Le differenze permangono anche a parità di caratteristiche e aumentano col crescere dell'anzianità lavorativa, poiché al precario non si applicano gli scatti di anzianità. "La differenza è di 85 euro per chi una carriera lavorativa di 20 anni e oltre, non necessariamente tutta da atipico" ha precisato l'Istat nel suo rapporto annuale.

Nel 2012 la retribuzione mensile di un dipendente a termine è 1.070 euro, 355 euro in meno rispetto a chi ha il posto fisso.

Il lavoro del precario vale meno: in media chi non ha un posto fisso prende uno stipendio più basso del 25% rispetto agli altri lavoratori. A certificarlo è l'Istat nel Rapporto annuale. Nel 2012 la retribuzione media mensile netta di un dipendente a termine che lavora a tempo pieno si ferma a 1.070 euro, 355 euro in meno rispetto a un dipendente assunto a tempo indeterminato.

L'ISTAT parla di lavoratore "atipico", comprendendo in questa categoria chi vive di contratti a termine e collaborazioni. E spiega nel Rapporto come «un indicatore importante dello svantaggio del lavoro atipico è dato dal differenziale retributivo con l'occupazione standard», ovvero stabile e senza riduzioni d'orario. Guardando solo a chi è full time, tra un dipendente a tempo determinato e uno a tempo indeterminato il divario, pari in media a un quarto, è dovuto a più ragioni, anche se ormai può essere considerato una costante.

«Il differenziale è in parte spiegato da effetti di composizione, quali l'età, il settore di attività, la professione. Ma – ha sottolineato l'Istituto - le differenze permangono anche a parità di caratteristiche e aumentano al crescere dell'anzianità lavorativa, poiché al tempo determinato non si applicano gli scatti di anzianità». Ecco che, evidenzia, «la differenza è di 85 euro per chi lavora da appena due anni e cresce a 392 euro per chi ha una carriera lavorativa di 20 anni e oltre, non necessariamente tutta da atipico».

sabato 27 ottobre 2012

Lavoro: aumenta le richieste dei precari e calano gli occupati


Ricordiamo che la legge di riforma del lavoro 2012, stanzia incentivi a favore dei datori di lavoro che stabilizzano i contratti di lavoro nelle imprese: i contributi possono essere utilizzati per stabilizzare i contratti lavorativi dei soggetti inseriti tra il 1 ottobre e il 31 dicembre 2012.

Boom di domande all'Inps per accedere agli incentivi per la stabilizzazione dei lavoratori precari. Nei primi sei giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del decreto attuativo sul bonus di 12.000 euro per chi stabilizza un giovane sotto i 30 anni o una donna, trasformando il contratto a termine in uno a tempo indeterminato, sono arrivate all'Inps 7.600 richieste. In soli 6 giorni è stato "prenotato" oltre un terzo delle risorse disponibili (circa 80 milioni su 230.

Nel secondo trimestre dell'anno il numero degli occupati è diminuito di 48mila unità. Lo calcola l'Osservatorio Cisl, secondo il quale si assiste da un persistente calo dell'occupazione giovanile, mentre è in aumento il posto fisso per gli over 50. In crescita il tempo parziale involontario a scapito del lavoro a tempo pieno. I dati sulla cassa integrazione, inoltre, confermano, secondo Cisl, che il 2012 è un anno critico: a settembre sono state autorizzare 86mila ore per un totale 2012 di 800mila (+10% sul 2011). In fortissimo aumento la cassa integrazione ordinaria (+47%). I settori più colpiti: industria ed edilizia.

sabato 25 febbraio 2012

Ocse consiglia meno tutele sul posto fisso

Lo scenario meno vantaggioso della crisi è stata evitato ma anche stando la situazione in questo modo così ''la disoccupazione resterà alta nel corso del 2013'' mentre ''non si attende un recupero della produzione persa e i bilanci pubblici dovrebbero rimanere sugli stessi livelli insostenibili in molti paesi''. E’ quanto ha affermato l'Ocse nel suo rapporto sulla crescita mondiale.
Vediamo i consigli che sono stati emanati per l’Italia.
L'Italia deve ridurre la proprietà dello Stato ''specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell'energia e dei servizi locali''. E' quanto torna a chiedere l'Ocse nel rapporto sulla crescita. Nel suo rapporto l'Ocse, mette in evidenza che l'Italia si ricorda come il referendum sull'acqua nel 2011 abbia "rovesciato i piani per privatizzare i servizi del settore". Più in generale il nostro paese, pur avendo progressi su diversi temi come l'educazione terziaria, la decentralizzazione dei salari e la corporate governance, abbia "realizzato poco nella riduzione delle società e servizi a controllo pubblico".  L’Ocse ha lanciato un monito sul mercato del lavoro in Italia, che deve  ammorbidire le tutele del posto fisso ed ammansire la protezione del lavoro sui contratti di lavoro cosiddetti standard''. L'Italia ''non ha ancora intrapreso azioni significative'' ma sta ''considerando una riforma del mercato del lavoro, mirata ad ammorbidire le tutele sui contratti standard'' con ''una riforma welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati''.
Quindi più concorrenza su prodotti, professioni e servizi pubblici locali, migliore accesso all'istruzione, più flessibilità “buona “”sul lavoro, dove va ridotto il forte dualismo tra posto fisso e precariato, a fronte di meno presenza pubblica nelle imprese e meno tasse sul lavoro, che vanno invece spostate su consumi e proprietà. In sintesi è questa la ricetta dell'Ocse sulle riforme strutturali da effettuare in Italia per dare impulso al mercato del lavoro che si trova in un momento difficile, contenuta nel rapporto annuale "Going for Growth".
Sul sistema della istruzione l'Ocse ha raccomandato di «legare la carriera degli insegnati alle loro performance» mentre bisogna «decentralizzare i sistemi di gestione e finanziamento delle università».  Sul fisco l'Ocse chiede di «ridurre il cuneo fiscale» che pesa sul lavoro e contemporaneamente di «spostare» maggiormente la tassazione su «consumi e proprietà». Sul sistema di istruzione l'Ocse ha raccomandato di "legare la carriera degli insegnati alle loro performance" mentre bisogna "decentralizzare i sistemi di gestione e finanziamento delle università".

L'attuazione delle riforme strutturali può mitigare l'impatto della crisi, evitando che la disoccupazione resti ''su livelli strutturali'' e contribuire a rilanciare in modo più  veloce il mercato del lavoro. E' quanto scrive l'Osce nel suo rapporto per la crescita secondo cui ''un'ampia e ambiziosa agenda di riforme potrebbe portare per i paesi Ocse a una crescita annua del Pil fino all'1%, in media, nei prossimi 10 anni''. Le riforme possono rendere la ripresa ''più sostenibile e più equa''.
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