domenica 14 aprile 2019

Riscatto laurea agevolato: come fare domanda



L’agevolazione riguarda infatti gli anni di corso dal 1996, periodo di competenza del metodo contributivo, una condizione ben più stringente rispetto al limite di età dei 45 anni che verrà cancellato in caso di approvazione del testo da parte del Parlamento: il riscatto della laurea è agevolato, infatti, solo per gli anni di corso dal 1996 in poi.

Questo non significa che non si possano riscattare gli anni precedenti, ma chiaramente il costo sarà ben più alto. E non significa neanche che al riscatto agevolato possano accedere solo coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1996 in avanti.

Prendiamo il caso di un 50enne, diplomato nel 1988: se ha iniziato l’università nel 1989, concludendola nel 1993, non potrà beneficiare del riscatto agevolato, perché si è laureato “troppo presto”. Potrà ovviamente seguire la strada standard del riscatto. Prendiamo invece un 45enne: nato nel 1974 potrà sì riscattare gli anni di corso a un costo agevolato, ma solo per gli anni dal 1996 in poi solo 2 anni o poco più. Per gli altri anni - precedenti al 1996 - potrà decidere di riscattarli a un costo però più elevato. Si ricorda che il riscatto può essere anche parziale e non riguardare tutti gli anni di studio.

Di fatto la nuova misura del riscatto della laurea può essere pienamente goduta per chi è nato dal 1977 in avanti e si è iscritto all’università proprio nel 1996. Beneficio pieno dunque per tutti gli under 42enni.

La nuova facoltà di riscatto agevolato, ai fini previdenziali, dei periodi non coperti da contribuzione è stata introdotta in via sperimentale dall’articolo 20 del Decreto-legge n. 4/2019 recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”. Con la circolare n. 36/2019 l’INPS ha fornito indicazioni circa le modalità applicative della disciplina del nuovo istituto del riscatto di periodi non coperti da contribuzione e del diverso criterio di calcolo dell’onere di riscatto del diploma di laurea o titolo equiparato (comma 6, articolo 20 del Dl n. 4 /2019), da valutare nel sistema contributivo.

Da sottolineare che la legge di conversione n. 26/2019, ha eliminato la soglia dell’età anagrafica dei 45 anni per essere ammessi alle nuove modalità di calcolo dunque, a partire dal 30 marzo 2019, è possibile accedere al riscatto di laurea agevolato indipendentemente dall’età anagrafica del richiedente, a condizione che siano soddisfatti gli ulteriori requisiti richiesti dalla normativa.

Il decreto legge n. 4/2019 è entrato in vigore il 29 gennaio 2019 e con esso i nuovi istituti per il riscatto agevolato della laurea e dei periodi non coperti da contribuzione che si aggiungono a quelli già previsti dalla disciplina vigente. Le domande di riscatto di laurea agevolato possono riguardare solo il corso legale universitario di studi (non i periodi fuori corso), a patto che l’interessato abbia conseguito il titolo di studio, e devono essere presentate con le stesse modalità previste per il normale riscatto di laurea e dei periodi non lavorati.

La domanda di riscatto si presenta online all’INPS attraverso il servizio dedicato.

Il pagamento dell’onere si effettua utilizzando gli appositi bollettini MAV che lo stesso INPS invierà con il provvedimento di accoglimento. Comunicando il numero della pratica e il codice fiscale è possibile pagare rivolgendosi ai soggetti aderenti al circuito “Reti Amiche” o utilizzando il sistema pagoPA con la modalità “Pagamento online” tramite carta di Credito, debito, prepagata, addebito in conto, oppure con la modalità “Avviso di Pagamento pagoPA”, stampando l’avviso di pagamento contenente il codice IUV (Identificativo Unico del Versamento) e recandosi in uno dei PSP (Prestatori di Servizio di Pagamento), sportelli bancari, istituti di pagamento ed esercenti, aderenti al circuito di pagoPA.

È possibile inoltre scegliere il pagamento rateale, anche mediante addebito diretto sul conto, compilando il modello SDD in cui indicare l’opzione a importo fisso predefinito. Attenzione però, questa opzione implica la rinuncia al diritto di rimborso dell’addebito entro le otto settimane (decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11). L’addebito automatico può essere revocato dal contribuente in qualunque momento, con comunicazione tempestiva all’agenzia bancaria o all’ufficio postale. Le restanti rate potranno essere pagate con le altre modalità di pagamento.

Come calcolare l’onere di riscatto
Per quanto concerne in particolare il riscatto dei corsi universitari di studi per periodi che si collocano nel sistema contributivo l’onere dei periodi di riscatto si traduce in:

Un contributo, per ogni anno riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, vigenti alla data di presentazione della domanda.

Tradotto: l’onere di riscatto va calcolato prendendo come riferimento il minimale degli artigiani e commercianti, vigente utilizzando l’aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), entrambi vigenti nell’anno di presentazione della domanda. L’importo retributivo di riferimento è rapportato al periodo oggetto di riscatto ed è attribuito temporalmente e proporzionalmente ai periodi medesimi. Il contributo è rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data della domanda.

Si tratta di una modalità di calcolo alternativa a quelle precedentemente già in vigore. L’interessato, a patto di possedere i requisiti richiesti, potrà dunque optare per la modalità di calcolo a lui più conveniente, ovvero è possibile richiedere che l’onere di riscatto dei periodi da valutare nel sistema contributivo sia quantificato in base a quanto previsto dalla legge.

Per quanto riguarda la nuova modalità di calcolo, introdotta questa opzione è esercitabile solo per le domande presentate successivamente al 29 gennaio 2019, data di entrata in vigore della disposizione.

Casi di esclusione

in caso di riscatto del corso di studi già definito con l’integrale pagamento dell’onere dovuto, non si può chiedere la rideterminazione dell’onere in base ad una modalità alternativa;

se è iniziato il pagamento rateale, si potrà interrompere lo stesso, ottenere l’accredito del periodo corrispondente alla quota versata del capitale come già determinato e presentare – per il periodo del corso di studi residuo – nuova domanda di riscatto il cui onere potrà essere determinato, a richiesta, con il criterio alternativo;

in caso di riscatto non ancora perfezionato con l’accettazione dell’onere si potrà ritirare la domanda in questione e proporne una successiva. Attenzione però, il calcolo dell’onere terrà conto della nuova data di presentazione della domanda.



martedì 26 marzo 2019

Inps sulle pensioni: ecco a chi sarà tagliato l’assegno



Con la circolare n.44 del 2019, l’INPS ha illustrato i criteri e le modalità̀ di rivalutazione delle pensioni per l’anno 2019 in applicazione delle novità introdotte dalla Legge di bilancio 2019. L’Istituto dettaglia anche quali sono i trattamenti che restano esclusi dal meccanismo di perequazione e specifica la misura da applicare, diversificata in base alla misura della prestazione spettante.

Novità in arrivo per 5,6 milioni di pensioni: dal 1° aprile gli assegni superiori a tre volte l’importo minimo (oltre i 1.522, 26 euro al mese) saranno ricalcolati per applicare quanto previsto dalla legge di Bilancio, che ha introdotto un meccanismo di adeguamento all'inflazione meno generoso rispetto al passato (legge 388/2000) per gli assegni più alti. Lo chiarisce l’Inps in una circolare appena pubblicata (44/2019). L’Istituto di previdenza precisa anche che per circa 2,6 milioni delle posizioni interessate, la riduzione media mensile dell'importo lordo sarà di 28 centesimi.

Vediamo cosa prevede la legge di Bilancio: per le pensioni fino a tre volte il minimo l’adeguamento all'inflazione è piena al 100%, mentre per tutti gli altri assegni la rivalutazione è compresa tra un massimo del 97% e un minimo del 40 per cento. Il 97% per le pensioni tra le tre e le quattro volte l’importo minimo (da 1.522 a 2.029 euro al mese); il 40% per quelle superiori a 4.569 euro.

La Manovra 2019 - che ha introdotto sette scaglioni per il triennio 2019-2021 - nel dettaglio prevede che per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o superiori a tre volte l’assegno minimo Inps e con riferimento all’importo complessivo la rivalutazione è:
del 97% per gli assegni tra 1.522 e 2.029 euro al mese; 

del 77% per gli assegni tra 2.029 e 2.538 euro al mese;

del 52% per gli assegni tra 2.537 e 3.046 euro al mese;

del 47% per gli assegni tra 3.046 e 4.061 euro al mese;

del 45% per gli assegni tra 4.061 e 4.569 euro al mese;

del 40% per gli assegni oltre 4.569 euro al mese.

Tutte queste percentuali vanno applicate all’inflazione che per il 2019 è stata stimata all’1,1 per cento. Di fatto, quindi, se le pensioni fino a 1.522 euro avranno un incremento dell’1,1% quelle oltre le nove volte il minimo (superiori a 4.569 euro al mese) recupereranno solo lo 0,44 per cento.

Nei prossimi mesi l’Inps chiederà il conguaglio di quanto indebitamente erogato nei primi tre mesi dell’anno (la nuova perequazione andava applicata già dal 1° gennaio, ma l’approvazione della Manovra in extremis ha reso di fatto impossibile far scattare gli adeguamenti).

A quanto ammontano i conguagli
Vediamo, con qualche esempio, a quanto potrebbero ammontare i conguagli, posto che per gli importi fino a 1.522,26 euro non ci sarà alcun “taglio”.

Una pensione di 2.300 euro (lordi) nel 2018 è passata a 2.324, 44 euro da gennaio a marzo: ad aprile scenderà a 2.319, 48 euro per effetto delle novità previste dalla legge di Bilancio 2019. L’importo da “restituire” sarà di circa 5 euro al mese, 15 euro per il trimestre gennaio-marzo 2019.

Una pensione di 2.800 euro (lordi) nel 2018 è passata a 2.828,96 euro da gennaio a marzo: ad aprile si abbasserà a 2.816, 02 euro. L’importo da “restituire” sarà di 12,94 euro al mese, 39 euro per il trimestre gennaio-marzo 2019.

Una pensione di 4.700 euro (lordi) nel 2018 è passata a 4.744,64 euro da gennaio a marzo: ad aprile scenderà a 4.720,68 euro per effetto delle novità. In questo caso l’importo complessivo da conguagliare sarà di circa 72 euro.

L’Inps in una nota precisa che «per importo complessivo lordo si intende la somma di tutte le pensioni di cui un soggetto è titolare, erogate sia dall’Inps che dagli altri enti presenti nel Casellario centrale, assoggettabili al regime della perequazione cumulata».

Non sono interessate dalla rimodulazione della perequazione i seguenti trattamenti:

le pensioni erogate alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice;

i trattamenti assistenziali e a carattere risarcitorio, quali le pensioni sociali e assegni sociali, prestazioni a favore dei mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti;

l’indennità integrativa speciale;

le indennità e gli assegni accessori annessi alle pensioni privilegiate di prima categoria concesse agli ex dipendenti civili e militari delle amministrazioni pubbliche.

Meccanismo di perequazione

Per il periodo 2019-2021 la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici è riconosciuta:
per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento;
per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS;

Le misure previste sono le seguenti:

97 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS;

77 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS;

52 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS;

47 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS;

45 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a nove volte il trattamento minimo INPS;

40 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a nove volte il trattamento minimo INPS.


sabato 16 marzo 2019

Cud 2019 istruzioni e scadenze



La certificazione unica (CU) è il documento fiscale che i sostituti d’imposta devono produrre per certificare i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi.

La Certificazione Unica deve essere rilasciata al lavoratore dipendente o autonomo percipiente - percettore delle somme -, utilizzando il modello sintetico e trasmessa all’Agenzia delle Entrate, utilizzando il modello ordinario entro il 7 marzo, in via telematica.

Quest’anno il 31 marzo cade di domenica; di conseguenza per quest’anno la data di scadenza della consegna delle certificazioni uniche da parte del datore di lavoro è il prossimo 1° aprile 2019.

La trasmissione in via telematica delle certificazioni uniche dei compensi degli autonomi, non interessati dal modello 730 precompilato, potrà essere predisposta entro la scadenza prevista per il modello 770/2019 ovvero prossimo il 31 ottobre.

Scadenza certificazione Unica 2019 dipendenti e autonomi: scadenza e sanzioni diverse
Anche per il periodo d’imposta 2018, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che rimane valida la differenza tra scadenza e sanzioni delle due diverse configurazioni di certificazione unica:

certificazione unica 2019 dipendenti;

certificazione unica 2019 autonomi.

Per la certificazione unica 2019 dipendenti, il termine di scadenza per l’invio telematico del 7 marzo 2019 deve considerarsi perentorio.

Finora il Cud ha certificato i redditi di lavoro dipendente, assimilati (per esempio, compensi percepiti da soci di cooperative di produzione e lavoro, remunerazioni dei sacerdoti, assegni periodici corrisposti al coniuge) e di pensione che il datore di lavoro, o l'ente pensionistico, rilascia ai propri dipendenti o pensionati per attestare le somme erogate e le relative ritenute effettuate e versate all'Erario. Con il debutto della dichiarazione precompilata, il Cud è destinato ad arricchirsi dei dati e non verrà più consegnato al contribuente ma sarà inviato entro alle Entrate entro il 7 marzo

Ciò in quanto i dati contenuti nella certificazione unica 2019 devono confluire nel modello 730 precompilato entro i termini previsti dalla normativa fiscale.

Per la scadenza delle certificazioni uniche 2019 autonomi, invece, il termine di scadenza del 7 marzo - quest’anno, così come negli anni scorsi - non è perentorio, salvo che queste certificazioni non dovessero poi confluire nel modello 730/2019 precompilato.

Di conseguenza, per le certificazioni uniche 2019 autonomi l’invio telematico potrà essere effettuato - senza l’aggravio di sanzioni- entro la data di scadenza prevista per il modello 770/2019 ovvero il prossimo 31 ottobre.

Chi deve ricevere la certificazione unica 2019 ex CUD e perché?
La certificazione unica ex CUD viene quindi emessa e inviata dal soggetto che ha effettuato il pagamento. Ovviamente si tratta del datore di lavoro (sostituto d’imposta) nel caso dei lavoratori dipendenti (sostituiti). Sono quindi i lavoratori dipendenti a dover ricevere la certificazione unica. Per quale motivo?

Per i lavoratori dipendenti la certificazione unica ex CUD è fondamentale perché attesta il regolare versamento delle ritenute fiscali e previdenziali da parte del datore di lavoro; la certificazione unica ex CUD assume particolare importanza anche perché i relativi dati sono fondamentali per la compilazione del modello 730 ordinario o precompilato che sia.

In altre parole, con la certificazione unica ex CUD l’Agenzia delle Entrate può disporre di tutti i dati relativi ai redditi da lavoro dipendente che verranno inseriti nel modello 730 precompilato del lavoratore.

Scadenza certificazione unica 2019: cosa succede se il datore di lavoro non consegna la certificazione unica al lavoratore?
La scadenza della certificazione unica ex CUD è il 31 marzo di ogni anno (era il 28 febbraio fino al 2016). Quest’anno il 31 marzo cade di domenica, quindi la scadenza slitta al successivo lunedì 1° aprile 2019.

Entro tale data datore di lavoro e azienda devono consegnare la certificazione unica ai lavoratori dipendenti e autonomi.

Il datore di lavoro può consegnare la certificazione unica ex CUD al lavoratore in due diverse modalità:

in forma cartacea;

via mail.

La certificazione unica ex CUD cartacea si compone di due fogli:

nel primo foglio sono riportati tutti i dati anagrafici di chi ha percepito il reddito, oltre alla firma da parte del datore di lavoro;
nel secondo foglio sono riportati i dati fiscali tipici della certificazione unica ovvero i redditi erogati e le detrazioni effettuate, distinte per tipologia.

I lavoratori dipendenti e autonomi devono conservare la certificazione unica ex CUD in vista della successiva compilazione della dichiarazione dei redditi (modello 730 per i lavoratori dipendenti o modello UNICO per i lavoratori autonomi).

Ove il contribuente si accorga che i dati riportati nella certificazione unica ex CUD non sono corretti deve darne tempestiva comunicazione al datore di lavoro/committente che ha emesso il documento, al fine di farne comunicare la correzione all’Agenzia delle Entrate.

Allo stesso modo il lavoratore dipendente deve segnalare all’Agenzia delle Entrate l’eventuale scorrettezza del datore di lavoro inadempiente, soprattutto in caso di mancata consegna della certificazione unica ex CUD nei tempi e con le modalità previste. L’Agenzia delle Entrate deve, infatti, sanzionare tale comportamento.

La Certificazione Unica (modello CU 2019, ex-CUD), in Italia è l’attestazione cumulativa dei redditi di lavoro autonomo, dipendente, da pensione e assimilati che il datore di lavoro o l’Ente pensionistico rilasciano ai lavoratori o pensionati per certificare le somme erogate e le relative ritenute effettuate e versate allo Stato. Il CU – Certificazione Unica si distingue per il fatto che vengono certificati anche i dati relativi agli imponibili previdenziali, ovvero i contributi trattenuti ai fini della pensione. Riepiloga, dunque, tutti i redditi corrisposti dal datore di lavoro o dall’Ente pensionistico nell’arco di un anno solare. Al modello, inoltre, sono allegate le schede per il versamento del Cinque per Mille e dell’Otto per Mille.

Istruzioni: che cosa si deve fare
Il datore di lavoro o l’Ente pensionistico trasmettono il modello ordinario all’Amministrazione finanziaria entro il 7 marzo, oltre a consegnare il modello sintetico di CU al contribuente entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono stati conseguiti i redditi certificati, oppure entro 12 giorni dalla richiesta del dipendente in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Tale documento può essere consegnato in due modalità:

Cartacea (obbligatorio per eredi o per dipendenti che hanno cessato il rapporto) da parte del datore di lavoro o recandosi presso gli sportelli territoriali dell’Inps, dell’ex Enpals o ex Inpdap (per i pensionati); rivolgendosi ai Caf in modo gratuito o ad altri professionisti abilitati; recandosi presso un ufficio postale e facendone richiesta allo sportello Amico.

Telematica (a patto che il destinatario abbia gli strumenti necessari per riceverlo e stamparlo) recandosi sul portale ufficiale dell’Inps seguendo la procedura automatica e inserendo il proprio codice fiscale e il codice identificativo PIN.

Il contribuente che nell’anno ha percepito soltanto i redditi riportati nella CU o è titolare di uno o più trattamenti pensionistici (per i quali si applica “il casellario delle pensioni”), è esonerato dalla presentazione all’Agenzia delle Entrate della dichiarazione dei redditi utilizzando il Modello 730 o il Modello Redditi (ex-UNICO), a condizione che il datore di lavoro abbia eseguito correttamente il conguaglio delle imposte.

Il contribuente esonerato può scegliere di presentare ugualmente la dichiarazione dei redditi se, per esempio, nell’anno ha sostenuto oneri che intende portare in deduzione dal reddito o in detrazione dall’imposta (per esempio, spese mediche, interessi sui mutui, ecc.).




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