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sabato 16 marzo 2019

Cud 2019 istruzioni e scadenze



La certificazione unica (CU) è il documento fiscale che i sostituti d’imposta devono produrre per certificare i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi.

La Certificazione Unica deve essere rilasciata al lavoratore dipendente o autonomo percipiente - percettore delle somme -, utilizzando il modello sintetico e trasmessa all’Agenzia delle Entrate, utilizzando il modello ordinario entro il 7 marzo, in via telematica.

Quest’anno il 31 marzo cade di domenica; di conseguenza per quest’anno la data di scadenza della consegna delle certificazioni uniche da parte del datore di lavoro è il prossimo 1° aprile 2019.

La trasmissione in via telematica delle certificazioni uniche dei compensi degli autonomi, non interessati dal modello 730 precompilato, potrà essere predisposta entro la scadenza prevista per il modello 770/2019 ovvero prossimo il 31 ottobre.

Scadenza certificazione Unica 2019 dipendenti e autonomi: scadenza e sanzioni diverse
Anche per il periodo d’imposta 2018, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che rimane valida la differenza tra scadenza e sanzioni delle due diverse configurazioni di certificazione unica:

certificazione unica 2019 dipendenti;

certificazione unica 2019 autonomi.

Per la certificazione unica 2019 dipendenti, il termine di scadenza per l’invio telematico del 7 marzo 2019 deve considerarsi perentorio.

Finora il Cud ha certificato i redditi di lavoro dipendente, assimilati (per esempio, compensi percepiti da soci di cooperative di produzione e lavoro, remunerazioni dei sacerdoti, assegni periodici corrisposti al coniuge) e di pensione che il datore di lavoro, o l'ente pensionistico, rilascia ai propri dipendenti o pensionati per attestare le somme erogate e le relative ritenute effettuate e versate all'Erario. Con il debutto della dichiarazione precompilata, il Cud è destinato ad arricchirsi dei dati e non verrà più consegnato al contribuente ma sarà inviato entro alle Entrate entro il 7 marzo

Ciò in quanto i dati contenuti nella certificazione unica 2019 devono confluire nel modello 730 precompilato entro i termini previsti dalla normativa fiscale.

Per la scadenza delle certificazioni uniche 2019 autonomi, invece, il termine di scadenza del 7 marzo - quest’anno, così come negli anni scorsi - non è perentorio, salvo che queste certificazioni non dovessero poi confluire nel modello 730/2019 precompilato.

Di conseguenza, per le certificazioni uniche 2019 autonomi l’invio telematico potrà essere effettuato - senza l’aggravio di sanzioni- entro la data di scadenza prevista per il modello 770/2019 ovvero il prossimo 31 ottobre.

Chi deve ricevere la certificazione unica 2019 ex CUD e perché?
La certificazione unica ex CUD viene quindi emessa e inviata dal soggetto che ha effettuato il pagamento. Ovviamente si tratta del datore di lavoro (sostituto d’imposta) nel caso dei lavoratori dipendenti (sostituiti). Sono quindi i lavoratori dipendenti a dover ricevere la certificazione unica. Per quale motivo?

Per i lavoratori dipendenti la certificazione unica ex CUD è fondamentale perché attesta il regolare versamento delle ritenute fiscali e previdenziali da parte del datore di lavoro; la certificazione unica ex CUD assume particolare importanza anche perché i relativi dati sono fondamentali per la compilazione del modello 730 ordinario o precompilato che sia.

In altre parole, con la certificazione unica ex CUD l’Agenzia delle Entrate può disporre di tutti i dati relativi ai redditi da lavoro dipendente che verranno inseriti nel modello 730 precompilato del lavoratore.

Scadenza certificazione unica 2019: cosa succede se il datore di lavoro non consegna la certificazione unica al lavoratore?
La scadenza della certificazione unica ex CUD è il 31 marzo di ogni anno (era il 28 febbraio fino al 2016). Quest’anno il 31 marzo cade di domenica, quindi la scadenza slitta al successivo lunedì 1° aprile 2019.

Entro tale data datore di lavoro e azienda devono consegnare la certificazione unica ai lavoratori dipendenti e autonomi.

Il datore di lavoro può consegnare la certificazione unica ex CUD al lavoratore in due diverse modalità:

in forma cartacea;

via mail.

La certificazione unica ex CUD cartacea si compone di due fogli:

nel primo foglio sono riportati tutti i dati anagrafici di chi ha percepito il reddito, oltre alla firma da parte del datore di lavoro;
nel secondo foglio sono riportati i dati fiscali tipici della certificazione unica ovvero i redditi erogati e le detrazioni effettuate, distinte per tipologia.

I lavoratori dipendenti e autonomi devono conservare la certificazione unica ex CUD in vista della successiva compilazione della dichiarazione dei redditi (modello 730 per i lavoratori dipendenti o modello UNICO per i lavoratori autonomi).

Ove il contribuente si accorga che i dati riportati nella certificazione unica ex CUD non sono corretti deve darne tempestiva comunicazione al datore di lavoro/committente che ha emesso il documento, al fine di farne comunicare la correzione all’Agenzia delle Entrate.

Allo stesso modo il lavoratore dipendente deve segnalare all’Agenzia delle Entrate l’eventuale scorrettezza del datore di lavoro inadempiente, soprattutto in caso di mancata consegna della certificazione unica ex CUD nei tempi e con le modalità previste. L’Agenzia delle Entrate deve, infatti, sanzionare tale comportamento.

La Certificazione Unica (modello CU 2019, ex-CUD), in Italia è l’attestazione cumulativa dei redditi di lavoro autonomo, dipendente, da pensione e assimilati che il datore di lavoro o l’Ente pensionistico rilasciano ai lavoratori o pensionati per certificare le somme erogate e le relative ritenute effettuate e versate allo Stato. Il CU – Certificazione Unica si distingue per il fatto che vengono certificati anche i dati relativi agli imponibili previdenziali, ovvero i contributi trattenuti ai fini della pensione. Riepiloga, dunque, tutti i redditi corrisposti dal datore di lavoro o dall’Ente pensionistico nell’arco di un anno solare. Al modello, inoltre, sono allegate le schede per il versamento del Cinque per Mille e dell’Otto per Mille.

Istruzioni: che cosa si deve fare
Il datore di lavoro o l’Ente pensionistico trasmettono il modello ordinario all’Amministrazione finanziaria entro il 7 marzo, oltre a consegnare il modello sintetico di CU al contribuente entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono stati conseguiti i redditi certificati, oppure entro 12 giorni dalla richiesta del dipendente in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Tale documento può essere consegnato in due modalità:

Cartacea (obbligatorio per eredi o per dipendenti che hanno cessato il rapporto) da parte del datore di lavoro o recandosi presso gli sportelli territoriali dell’Inps, dell’ex Enpals o ex Inpdap (per i pensionati); rivolgendosi ai Caf in modo gratuito o ad altri professionisti abilitati; recandosi presso un ufficio postale e facendone richiesta allo sportello Amico.

Telematica (a patto che il destinatario abbia gli strumenti necessari per riceverlo e stamparlo) recandosi sul portale ufficiale dell’Inps seguendo la procedura automatica e inserendo il proprio codice fiscale e il codice identificativo PIN.

Il contribuente che nell’anno ha percepito soltanto i redditi riportati nella CU o è titolare di uno o più trattamenti pensionistici (per i quali si applica “il casellario delle pensioni”), è esonerato dalla presentazione all’Agenzia delle Entrate della dichiarazione dei redditi utilizzando il Modello 730 o il Modello Redditi (ex-UNICO), a condizione che il datore di lavoro abbia eseguito correttamente il conguaglio delle imposte.

Il contribuente esonerato può scegliere di presentare ugualmente la dichiarazione dei redditi se, per esempio, nell’anno ha sostenuto oneri che intende portare in deduzione dal reddito o in detrazione dall’imposta (per esempio, spese mediche, interessi sui mutui, ecc.).




domenica 14 gennaio 2018

Pensioni 2018 di integrazione al minimo



L'integrazione al trattamento minimo scatta quando il pensionato con i suoi contributi avrebbe diritto ad un importo pensionistico inferiore al minimo di sopravvivenza stabilito dalla legge.

Con la fine della stagnazione che ha caratterizzato gli ultimi anni l’indicizzazione torna a far salire le pensioni 2018, e fra le conseguenze, oltre agli assegni più alti per coloro che percepiscono l’assegno previdenziale c’è anche l’innalzamento della soglia sotto la quale scatta il diritto all’integrazione al minimo. Si tratta del trattamento riconosciuto ai pensionati che hanno un reddito inferiore alla pensione minima. Quest’anno la pensione minima, per effetto dell’adeguamento all’inflazione, sale a 507,46 euro, e di conseguenza diventa questa la cifra di riferimento per il diritto all’integrazione al minimo.

Il trattamento minimo è un’integrazione che lo Stato, tramite l’INPS, corrisponde al pensionato quando la pensione, derivante dal calcolo dei contributi versati, è di importo molto basso, al di sotto di quello che viene considerato il “minimo vitale”. In tal caso l’importo della pensione spettante viene aumentato (“integrato”) fino a raggiungere una cifra stabilita di anno in anno dalla legge. Il trattamento minimo per l'anno 2018 è fissato in 507,46 euro. Per cui le prestazioni a carattere previdenziale al di sotto di tale soglia possono essere oggetto di una integrazione al minimo. L’anno scorso avevano diritto all’integrazione al minimo i trattamenti inferiori a 501,89 euro, quest’anno invece il diritto scatta sotto quota 507,46 euro, pari a 6mila 596,46 euro all’anno. Questa è la soglia per ottenere l’integrazione piena (pari alla pensione minima), mentre l’importo scende a mano a mano che sale il reddito, fino ad esaurirsi a quota 13mila 192,92 euro (1014,84 euro al mese). Il riferimento è la legge 463/1983, che all’articolo 6 prevede i tetti sopra i quali non si ha più diritto all’integrazione al minimo. La norma differenzia fra pensionati coniugati e non coniugati.

I Requisiti. Per ottenere l'integrazione al minimo il soggetto deve soddisfare determinati requisiti di reddito in quanto non tutte le prestazioni al di sotto della soglia limite possono essere integrate. Vediamoli.

Pensionati non coniugati: prendono l’integrazione piena se hanno un reddito fino a 6mila 596,46 euro all’anno. Se invece hanno un reddito compreso fra 6mila 596,46 e 13mila 192,92 euro, devono fare la differenza fra il tetto massimo e il reddito. Esempio: pensione di 11mila euro. Il calcolo: 13mila 192,92 euro – 11mila = 2mila 192,2. Dividendo per 13 mensilità, si ottiene un’integrazione intorno ai 168 euro al mese.

Pensionati coniugati: i redditi propri (quindi del singolo pensionati che chiede l’integrazione) devono rispettare i paletti sopra descritti. E quelli della coppia non posso essere superiori a 26mila 385,84 euro. Bisogna fare lo stesso calcolo sopra descritto, e poi effettuare la stessa operazione con il reddito della coppia (da sottrarre al reddito massimo consentito per la coppia). L’integrazione sarà pari al più basso fra i due risultati. Esempio reddito del sinolo pari a 11mila euro, reddito della coppia pari a 20mila euro. Il calcolo per il singolo è lo stesso sopra descritto (integrazione spettante 2mila 192,2 euro). Il calcolo sul reddito della coppia è il seguente: 26mila 385,84 – 20mila = 6mila 385,84. L’integrazione è pari alla cifra più bassa, quindi a 2mila 192,2 euro.

Il paletto relativo al reddito coniugale si applica solo alle pensioni con decorrenza posteriore al 1994. Per quelle precedenti, il reddito del coniuge è irrilevante.  Dal calcolo dei redditi si escludono i trattamenti di fine rapporto, la casa di abitazione, le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata, tutti i redditi non soggetti a IRPEF, e il reddito rappresentato dalla pensione da integrare.

L'integrazione al minimo è, pertanto, strettamente legata ai redditi del pensionato e della coppia. Ai fini della valutazione dei redditi bisogna considerare sia quelli personali che quelli del coniuge non legalmente ed effettivamente separato, con la sola eccezione: dei redditi esenti da Irpef (pensioni di guerra, rendite Inail, pensioni degli invalidi civili, i trattamenti di famiglia, Trattamento di fine rapporto, eccetera), della pensione da integrare al minimo, del reddito della casa di abitazione; gli arretrati soggetti a tassazione separata. Qualsiasi altro reddito entra nella valutazione.




giovedì 17 agosto 2017

Pensione di invalidità le nuove regole ecco cosa cambia



Nuove regole per la pensione di invalidità. Nella verifica dei redditi per la liquidazione delle prestazioni di invalidità civile i pagamenti arretrati soggetti a tassazione separata non devono più essere computati sulla base del principio di cassa, cioè nel loro importo complessivo, ma sulla base dei ratei maturati in ciascun anno di competenza. Lo specifica l'INPS nel messaggio 3098/2017, nel quale l'Istituto si conforma all'orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione.

Con tale messaggio l’INPS chiarisce le modalità di computo del reddito per l’erogazione delle prestazioni previdenziali ed assistenziali, distinguendo la procedura da seguire per i periodi futuri da quelli che riguardano le istanze già presentate. L'INPS che, acquisito il parere favorevole del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, nel suo messaggio ha stabilito, che nel computo dei redditi in tema di liquidazione delle prestazioni di invalidità civile gli arretrati siano calcolati non nel loro importo complessivo, ma sulla base dei ratei maturati in ciascun anno di competenza a prescindere dall'anno di competenza.

L’INPS ha stabilito che, a partire dal 25 luglio 2017, nel computo dei redditi in tema di liquidazione delle prestazioni di invalidità civile gli arretrati siano calcolati non nel loro importo complessivo, ma sulla base dei ratei maturati in ciascun anno di competenza. Di conseguenza le sedi, al fine di dare applicazione alla suddetta disposizione, in fase di acquisizione dei redditi, dovranno ripartire manualmente gli importi arretrati per anno di competenza.

Coloro che hanno ricevuto in passato una risposta negativa alla domanda di pensione, motivata dall’applicazione del principio di cassa, per ottenere le pensioni invalidità devono presentare specifica istanza.

Nuovo quadro normativo
Fino a ad oggi, le regole INPS per assegno sociale e prestazioni di invalidità civile si riferivano alla circolare del 2010 (126/2010), secondo cui:

per l’assegno sociale, nel calcolo dei redditi – ai fini del riconoscimento dell’assegno – si applicava il criterio di competenza;

per le pensioni di invalidità civile, tutti gli arretrati soggetti a tassazione separata, a prescindere dall’anno di competenza (criterio di cassa).

Sulla differenziazione è sorto un contenzioso giudiziario, concluso con sentenza di Cassazione 12796/2005 a sezioni unite, che ha dato torto all’INPS: per entrambe le tipologie di prestazione si applica il criterio di competenza.

Revisione domande
Le nuove domande vengono da oggi in poi lavorate in base al dettato della sentenza, recepita dal Messaggio copra citato. Per quanto riguarda istanze in precedenza respinte, ma che applicando l’orientamento accolto dalla Cassazione avrebbero avuto esito positivo, l’INPS di comporta nel seguente modo:

domanda respinta per la quale è pendente istanza di riesame: risposta positiva alla domanda;

domanda respinta per la quale è pendente ricorso amministrativo al Comitato provinciale: la sede INPS dovrà riconoscere la prestazione in autotutela;

domanda respinta per la quale, a seguito di ricorso al Comitato provinciale e di accoglimento dello stesso, il Direttore di Sede abbia sospeso la delibera di esecuzione: dopo la trasmissione della sospensiva alla Direzione centrale sostegno alla non autosufficienza, invalidità civile e altre prestazioni, la medesima Direzione trasmetterà alla Sede competente formale invito di accogliere l’istanza in autotutela.

Se la domanda era stata respinta e non c’è stato nessun seguito, il contribuente ripresenta domanda all’INPS, che dovrà accoglierla.



lunedì 1 maggio 2017

CU 2017 INPS: come ottenere la Certificazione Unica



Nella circolare n. 76 del 27 aprile 2017 l’INPS fornisce le istruzioni sulle modalità di rilascio della Certificazione Unica 2017- La certificazione si può ottenere  sia in modalità telematica che con modalità alternative.

 Anche quest’anno la certificazione unica 2017 potrà essere scaricata attraverso il sito internet dell’Inps. Per scaricare e stampare la certificazione dal sito INPS è necessario autenticarsi con il proprio codice fiscale e PIN  ( non c'è bisogno del PIN dispositivo ma è sufficiente quello ordinario ) e  il percorso è il seguente :  www.inps.it / Prestazioni e servizi > Tutti i servizi > Certificazione unica 2017 (Cittadino) > (codice fiscale e PIN). Se si indica un indirizzo di posta elettronica  si riceve  un avviso di disponibilità  della CU da parte dell'Inps

Gli utenti possono accedere al servizio anche tramite credenziali SPID di livello 2 o superiore,  da richiedere agli Identity Provider accreditati dall’AGID.  Sarà inoltre possibile visualizzare la certificazione unica anche tramite l’APP istituzionale “INPS servizi mobile”, scaricabile dagli store Android e Apple.

Le altre modalità per ottenere  la Certificazione Unica 2017 sono le seguenti:

 Presso gli uffici INPS: in tutte le strutture territoriali dell’Istituto è disponibile almeno uno sportello a disposizione degli utenti  e  postazioni informatiche self service -
Posta Elettronica Certificata : a disposizione dei cittadini titolari di indirizzo di posta elettronica certificata il seguente indirizzo: CertificazioneUnica@postacert.inps.gov.it al quale far pervenire la relativa  richiesta.

Patronati, Centri di assistenza fiscale, professionisti abilitati   all’assistenza fiscale -  l’accesso da parte degli intermediari sopra indicati potrà avveniretramite il sistema SPID  con delega contenente : dati anagrafici dell’interessato e suo codice fiscale; anno d’imposta cui si riferisce la Certificazione Unica da prelevare; data di conferimento della delega.

 Comuni ed altre pubbliche amministrazioni - con le stesse procedure  del punto precedente
Servizio di “Sportello mobile”-il  servizio è riservato a particolari categorie di utenti :  ultraottantenni titolari di indennità di accompagnamento, utenti titolari di indennità speciale (Categoria: Ciechi civili) indipendentemente dall’età, utenti ultraottantenni delle provincie autonome e della Valle d’Aosta che devono contattare le sedi INPS territoriali.

Pensionati residenti all’estero - E' a disposizione un numero ai seguenti numeri telefonici dedicati: 0039- 06.59058000 – 0039-06.59053132, con orario 8–19.

Spedizione della Certificazione Unica 2017 al domicilio : in caso di impossibilità di utilizzare altre modalità gli utenti possono richiedere l'invio  postale contattando i i seguenti numeri verdi: 800 434320 (con risponditore automatico); 803 164 solo da rete fissa; 06 164164 solo da rete mobile.
Rilascio della Certificazione Unica 2017 a chi non è titolare:la richiesta può essere presentata sia da persona delegata, sia da parte degli eredi del soggetto titolare deceduto .

La CU può essere rilasciata anche a persone diverse dal titolare munite di delega con la quale si autorizza l’INPS al rilascio della certificazione richiesta e da copia del documento di riconoscimento.
La Certificazione Unica può essere rilasciata anche a persona diversa dal titolare. In questo caso la richiesta può essere presentata sia da persona delegata, sia da parte degli eredi del soggetto titolare deceduto. Nel primo caso, la richiesta deve essere corredata dalla delega, con la quale si autorizza esplicitamente l’INPS al rilascio della certificazione richiesta, e da copia del documento di riconoscimento dell’interessato e del delegato. Il delegato potrà presentarsi agli sportelli con massimo due deleghe. Nel secondo caso, così come già chiarito con il messaggio n. 7107/2013, l’utente deve presentare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000, con la quale attesti la propria qualità di erede, unitamente alla fotocopia del proprio documento di riconoscimento.

mercoledì 16 marzo 2016

Certificazione Unica 2016: novità ed istruzioni


Il processo di modifica della certificazione dei redditi di lavoro dipendente e assimilati è ancora in corso e ne è prova il nuovo modello di CU 2016 che, da quest’anno, risulta sdoppiato in CU sintetico e CU ordinario. La CU 2016 contiene importanti, modifiche rispetto al 2015. Il contribuente che nell'anno ha percepito soltanto i redditi riportati nel CUD o è titolare di uno o più trattamenti pensionistici (per i quali si applica "il casellario delle pensioni"), è esonerato dalla presentazione all'Agenzia delle Entrate della dichiarazione dei redditi utilizzando il Modello 730 o il Modello UNICO, a condizione che il datore di lavoro abbia eseguito correttamente il conguaglio delle imposte. Il contribuente esonerato può scegliere di presentare ugualmente la dichiarazione dei redditi se, per esempio, nell'anno ha sostenuto oneri che intende portare in deduzione dal reddito o in detrazione dall'imposta (per esempio, spese mediche, interessi sui mutui, ecc.).

La prima manifesta novità è la presenza di un doppio modello. Da quest’anno i sostituti d’imposta saranno chiamati, con riferimento ai redditi del 2015, ad elaborare due distinte certificazioni.
Nel dettaglio i sostituti dovranno procedere a rilasciare ai lavoratori interessati, una certificazione denominata “CU Sintetico”.

Le certificazioni dovranno essere trasmesse Agenzia delle Entrate con la novità che i flussi telematici inviati non saranno equivalenti al modello CU sintetico rilasciato al sostituito. Al contrario, così come chiarito nelle istruzioni, il modello trasmesso conterrà maggiori informazioni – includendo una serie di dati trasmessi, sino allo scorso anno, mediante la presentazione del modello 770 Semplificato - e sarà denominato “CU Ordinario”.

Di seguito si riportano alcune delle novità più significative:

l’obbligatorietà di riportare sempre il codice fiscale del coniuge del sostituito, ancorché non a carico, nell’apposita sezione dei familiari. Tale dettaglio permette di risolvere la problematica di compilazione del modello 730 precompilato, riscontrata lo scorso anno, laddove in casi analoghi risultava necessario intervenire manualmente, al fine di indicare nel modello dichiarativo, il codice fiscale del coniuge non a carico;

risulta sdoppiata la casella relativa ai redditi di lavoro dipendente, in modo da dare distinta evidenza di quanto erogato in relazione a rapporti di lavoro a tempo indeterminato, rispetto ad eventuali erogazioni inerenti rapporti a tempo determinato. Con l’aggiunta di tale distinzione scompare la casella, presente nel vecchio modello, necessaria per indicare la natura del rapporto, a tempo indeterminato o determinato. Attraverso tale modifica, peraltro, non è più necessario, nei casi di certificazioni contenenti entrambe le tipologie, procedere con la predisposizione del cosiddetto “multi-modulo”;

la necessita di indicare, mediante l’apposizione del codice 2, all’apposita casella 11, denominata “Casi particolari”, se sono presenti giorni per i quali non spettano detrazioni d’imposta;

il dettaglio degli oneri da indicare nella sezione “Oneri deducibili”, mediante l’apposizione di appositi codici da rilevare dalla tabella L, annessa alle istruzioni;

l’inclusione nella sezione “Altri dati” della casella 477, necessaria al fine di indicare la liquidazione mensile del TFR come parte integrante della retribuzione (c.d. Qu.I.R.), prevista per i lavoratori dipendenti del settore privato con un rapporto di lavoro in essere da almeno sei mesi.

Per il modello della dichiarazione dei redditi UNICO PF 2016, vediamo le novità.

Nella sezione “Tipo di dichiarazione”, la casella “Dichiarazione integrativa” deve essere compilata indicando il codice 2 nell’ipotesi in cui il contribuente intenda rettificare la dichiarazione già presentata in base alle comunicazioni inviate dall’Agenzia delle Entrate.

La Legge di stabilità 2015, a commi 634-636, stabilisce infatti che l’Agenzia fornisca al contribuente elementi e informazioni su:

ricavi o compensi, redditi, volume d'affari e valore della produzione imputabili al contribuente stesso e la stima dei predetti elementi, anche basandosi sui beni acquisiti o posseduti;

agevolazioni, deduzioni o detrazioni imputabili al contribuente stesso, crediti d'imposta, anche non spettanti.

Nella sezione “Firma della dichiarazione”, la casella “Invio altre comunicazioni telematiche all’intermediario” contiene l’indicazione della richiesta del contribuente che comunicazioni su possibili anomalie, presenti nella sua dichiarazione o nei dati dichiarati dallo stesso negli studi di settore, siano inviate direttamente all’intermediario incaricato della trasmissione telematica dei dati. 

È stata quindi inserita nel riquadro “Impegno alla presentazione telematica”, la casella “Ricezione altre comunicazioni telematiche” che andrà barrata dal professionista nel caso in cui accetti di ricevere queste comunicazioni telematiche.

Dal 2015, per verificare il rispetto del limite dei 26 mila euro occorre aggiungere all’importo del reddito complessivo determinato ai fini Irpef, l’ammontare della quota di reddito esente prevista per i ricercatori e per i lavoratori rientrati in Italia e sottrarre l’ammontare delle somme erogate a titolo di parte integrativa della retribuzione (TFR).

È riconosciuta la detrazione del 19 % delle spese funebri sostenute in dipendenza della morte di persone indipendentemente dall’esistenza di un vincolo di parentela con esse. L’importo, riferito a ciascun decesso, non può essere superiore a 1.550,00 euro e resta fermo anche se più soggetti sostengono la spesa.

È riconosciuta una detrazione del 19 % delle spese per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado per un importo annuo non superiore a 400 euro per alunno o studente. Si ricorda che questa detrazione non è cumulabile con quella prevista per le erogazioni liberali alle istituzioni scolastiche per l’ampliamento dell’offerta formativa.

È riconosciuta una detrazione del 19 % delle spese per la frequenza di corsi di istruzione universitaria presso università statali e non statali, in misura non superiore, per le università non statali, a quella stabilita annualmente per ciascuna facoltà universitaria con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Tale decreto sarà emanato ogni anno entro il 31 dicembre tenendo conto degli importi medi, delle tasse e dei contributi delle università statali.

Sono indicate separatamente le somme restituite al soggetto erogatore nel 2015 da quelle residue provenienti dalle dichiarazioni degli anni precedenti o dalla Certificazione Unica 2016;

È prorogata la detrazione del 50% per le spese relative a interventi di recupero del patrimonio edilizio,

È prorogata la detrazione del 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione, su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro;

È prorogata la detrazione del 65% per le spese relative agli interventi finalizzati al risparmio energetico degli edifici e quelle sostenute per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche, su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità;

È riconosciuta una detrazione del 65% per le spese sostenute per l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari e di impianti di climatizzazione invernali dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili;

È aumentato a 30.000 euro annui l’importo massimo delle erogazioni liberali a favore delle Onlus per cui è possibile fruire della detrazione del 26%, mentre prima era 2.065 euro.

Sono state eliminate le sezioni I-A e I-B, relative al credito d’imposta per redditi prodotti all’estero, in quanto l’intera disciplina che regolamenta tale credito è stata revisionata dal decreto internazionalizzazione (decreto legislativo n. 147/2015) che ha esteso a tutti i contribuenti le disposizioni in precedenza riservate a coloro che producevano solo particolari tipologie di redditi. Ed in caso di successo della negoziazione, ovvero di conclusione dell’arbitrato con lodo, è riconosciuto un credito d’imposta commisurato al compenso corrisposto nel 2015 agli arbitri o agli avvocati abilitati ad assistere il contribuente nel procedimento di negoziazione assistita per un importo massimo di 250 euro.

Se si intende correggere o integrare un precedente mod. Unico 2016, è stata aggiunta una colonna per l’indicazione dell’eccedenza a credito chiesta a rimborso con la precedente dichiarazione e già erogata sia per il rigo RV6 (addizionale regionale) sia per il rigo RV14 (addizionale comunale).

domenica 23 marzo 2014

Domanda di disoccupazione ai co.co. pro: nuovo modello



L’Inps con un messaggio2999/2014 ha comunicato le modalità di presentazione della domanda per l’indennità ai collaboratori coordinati e continuativi a progetto 2014 prevista per i periodi di assenza di contratto di lavoro. Rivalutato per l’anno 2013 anche il limite reddituale e previste le modalità di attestazione del periodo ininterrotto di disoccupazione che sono tra i requisiti necessari per il diritto alla prestazione. Vediamo tutti gli aspetti.

Nel messaggio anche la rivalutazione del requisito reddituale e delle modalità di attestazione del periodo di disoccupazione. Per il 2014 quindi  la presentazione delle domande per chi non ha lavorato  nel 2013, va utilizzato  il nuovo modello "cocopro 2014 cod. Sr 140" disponibile nel sito dell'Inps. Inoltre il limite di reddito massimo per accedere alla prestazioni che  con riferimento al 2013 è stato innalzato a 20.220 euro.

Pertanto, ai fini del riconoscimento dell’indennità ai collaboratori coordinati e continuativi a progetto, l’Inps nel messaggio comunica che il limite di reddito della citata disposizione per l’anno 2013 risulta pari a 20.220 euro. Tale limite si applica per le domande di prestazione con anno di riferimento 2014.

L’Inps inoltre ha comunicato le modalità di presentazione della domanda per l’indennità ai collaboratori coordinati e continuativi a progetto 2014 prevista per i periodi di assenza di contratto di lavoro. Rivalutato per l’anno 2013 anche il limite reddituale e previste le modalità di attestazione del periodo ininterrotto di disoccupazione che sono tra i requisiti necessari per il diritto alla prestazione.

Con la Riforma Fornero è stata disposto, a partire dal gennaio 2013, il riconoscimento di una indennità ai collaboratori coordinati e continuativi a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata dell’Inps, e che si trovino in determinati condizioni, ed in un periodo di disoccupazione. L’una tantum cocopro è quindi una sorta di indennità di disoccupazione per i collaboratori a progetto.

Attestazione del periodo ininterrotto di disoccupazione. L’articolo 2, comma 51, lettera d), della legge citata prevede tra i requisiti richiesti per il riconoscimento dell’indennità ai collaboratori a progetto un periodo ininterrotto di disoccupazione di almeno due mesi.

Per la presentazione delle domande con anno di riferimento 2014 e per quelle degli anni successivi, il requisito del periodo di disoccupazione, da considerare ai sensi dell’ art. 1, comma 2 lett. c), del D. Lgs. n. 181/2000 e successive modifiche, ininterrotto di almeno due mesi sostituisce il requisito dell’assenza di contratto di lavoro ininterrotto di almeno due mesi, valevole esclusivamente per l’anno 2012.

L’attestazione del requisito del periodo di disoccupazione ininterrotto di almeno due mesi è possibile mediante autocertificazione, con la quale il richiedente dichiara di essere stato disoccupato ininterrottamente per almeno due mesi e di aver attestato tale condizione presso il Centro per l’impiego.

La circolare Inps n. 38 del 2013 chiarisce tutti gli aspetti relativi ai requisiti necessari, che sono confermati anche nel 2014. L’art. 2 commi da 41 a 56 della Legge Fornero ha disposto che a decorrere dal 1° gennaio 2013, una indennità ai collaboratori coordinati e continuativi, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l’Inps, e che soddisfino “in via congiunta” una serie di requisiti. Per il triennio 2013-2015 sono previsti in via transitoria, particolari requisiti e finanziamenti integrativi alla misura.

Dall’una tantum cocopro sono esclusi i titolari di redditi di lavoro autonomo e tutti i lavoratori iscritti alla Gestione Separata non inquadrabili nell’ambito di applicazione dei contratti di collaborazione a progetto di cui al citato articolo 61, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003. Esclusi quindi gli assegnisti di ricerca, i dottorandi di ricerca con borsa di studio, i soggetti che svolgono un mero rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, ai sensi del comma 2 dell’art. 61. Sono esclusi, tra l’altro, i soggetti assicurati presso altre casse previdenziali, che siano già titolari di pensione ovvero assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie. I potenziali beneficiari quindi devono essere iscritti in via esclusiva alla Gestione separata.

L’indennità è riconosciuta ai collaboratori che soddisfino “in via congiunta” i seguenti requisiti previsti dall’art. 2, comma 51, della legge di riforma:

a) abbiano operato, nel corso dell’anno precedente, in regime di monocommittenza;

b) abbiano conseguito l’anno precedente  un reddito lordo complessivo soggetto a imposizione fiscale non superiore al limite di 20.000 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuta nell’anno precedente (nel 2014 tale limite è pari a 20.220 euro);

c) con riguardo all’anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata, un numero di mensilità non inferiore a uno;

d) abbiano avuto un periodo di disoccupazione ininterrotto di almeno due mesi nell’anno precedente;

e) risultino accreditate nell’anno precedente almeno quattro mensilità presso la predetta Gestione separata.

I requisiti di cui alle lettere a), b), d), e) devono essere soddisfatti in relazione “all’anno precedente”, mentre il requisito previsto dalla lettera c) è relativo “all’anno di riferimento”. Per “anno di riferimento” si deve intendere l’anno in cui il collaboratore matura il requisito di cui alla lettera c) e presenta la domanda per la prestazione. Per “anno precedente” si deve intendere solo ed esclusivamente l’anno solare immediatamente precedente quello di “riferimento” come sopra individuato.

Gli accrediti contributivi nella Gestione separata relativi “all’anno precedente” e “all’anno di riferimento” si considerano utili ai fini dell’erogazione dell’indennità in argomento i contributi effettivi. I contributi figurativi dell’indennità di maternità, per il periodo di astensione obbligatoria, relativamente al rapporto di collaborazione, essendo equiparati alla contribuzione effettiva da lavoro, sono considerati utili ai fini del raggiungimento del requisito contributivo.

Per quanto riguarda il requisito di cui alla lettera a), la monocommittenza deve essere garantita con lo stesso datore di lavoro/committente per tutto l’anno precedente a quello in cui viene presentata la domanda di prestazione. In particolare, la monocommittenza sussiste anche se nel corso dello stesso anno il lavoratore abbia avuto più rapporti di collaborazione purché con il medesimo datore di lavoro.

Riguardo al requisito della lettera b), per “reddito lordo complessivo soggetto a imposizione fiscale” si deve intendere il reddito lordo conseguito  in qualità di collaboratore coordinato e continuativo.

Per quanto attiene al periodo di disoccupazione, la legge di riforma richiede un periodo ininterrotto di almeno due mesi nell’anno precedente. Si tratta della disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n.181, e successive modificazioni, quindi la condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti.

Lo stato di disoccupazione deve essere comprovato dalla presentazione dell’interessato presso il servizio competente nel cui ambito territoriale si trovi il suo domicilio, accompagnata da una dichiarazione, ai sensi del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti l’eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.



lunedì 17 febbraio 2014

Riforma gestioni previdenziali per il 2014



Tra i molteplici interventi della legge di stabilità 2014 non possono essere dimenticate le nuove aliquote previste per la gestione separata INPS.

Se da un lato i professionisti titolari di partita IVA vengono agevolati con un blocco degli aumenti per l’anno 2014, i pensionati e i soggetti già iscritti ad altre forme di previdenza complementare si troveranno, per l’anno a venire, davanti ad un ulteriore aumento, il quale va a sommarsi a quello già disposto con la Riforma Fornero.

Nessuna modifica è stata invece prevista per la gestione artigiani e commercianti.
I professionisti titolari di partita iva vengono sottratti agli aumenti previsti dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. Riforma Fornero), con la quale erano state fissate aliquote crescenti negli anni, pari al 27 per cento per l'anno 2012 e per l'anno 2013, al 28 per cento per l'anno 2014, al 30 per cento per l'anno 2015, al 31 per cento per l'anno 2016, al 32 per cento per l'anno 2017 e al 33 per cento a decorrere dall'anno 2018.

Non è ancora ben chiaro se ogni volta che si ritorna sul tema della revisione del decreto 703/96 si prospetti la caduta del Governo – con un conseguente nulla di fatto – oppure che la relazione sia di tipo inverso. Ad ogni buon conto, il Consiglio di Stato ha reso pubblico il proprio parere sullo schema di regolamento oggetto di analisi, infinita direi. Il documento è stato sottoposto anche alla pubblica consultazione nella quale sono state raccolte diverse critiche accompagnate però da molteplici spunti di riflessione e proposte di modifica o di integrazione allo stesso. Il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole, dando quindi un preciso impulso alla finalizzazione della riforma, fornendo importanti osservazioni e suggerimenti di modifica.

Il recepimento nel nostro ordinamento della direttiva europea impone una evoluzione dei Fondi Pensione verso un nuovo assetto di governance dove la funzione di risk management assume un ruolo molto più importante ed autorevole. Questa è la direzione che il regulator, la Covip, deve far propria.

Punto nodale risulta è la consapevolezza che le forme pensionistiche non devono guardar e solo all'aspetto finanziario di allocazione delle risorse ma devono adottare una gestione integrata e coerente con le aspettative. Come sottolineato dal consiglio di Stato.

L'operatività del Fondo non può basarsi che sull'interesse dell'iscritto, trovando la sua naturale forma nella esplicitazione degli obiettivi della gestione. L'approccio del nuovo decreto, caldeggiato dalle autorità di vigilanza, conferisce una maggiore autonomia gestionale dei fondi pensione, responsabilizzando i relativi consigli di amministrazione, oggi dotati di una specifica funzione finanza, invitati ad avvalersi di strutture organizzative e di professionalità adeguate ai rischi connessi alla politica di investimento perseguita. Questo pone il tema della dimensione dei fondi. Per giustificare una seria ed efficiente gestione, ottimizzando la combinazione redditività-rischio i fondi devono aggregarsi per raggiungere masse di gestione che consentano delle economie di scala della struttura organizzativa da una parte e una maggior selezione degli amministratori e dirigenti dall'altra.

Come noto sono tenuti ad iscriversi alla gestione separata INPS tutti coloro che percepiscono le seguenti tipologie di redditi:

- Redditi derivanti dall’esercizio abituale e professionale di un’attività di lavoro autonomo per la quale non è stata prevista una specifica cassa previdenziale. Si tratta di tutti i professionisti senza Albo, degli iscritti ad Albi per i quali non è prevista una Cassa di previdenza o, infine, dei professionisti iscritti ad Albi per i quali è prevista la Cassa di previdenza ma risultano essere esonerati dalla stessa;

- Redditi derivanti dai rapporti di collaborazione a progetto o di collaborazione coordinata e continuativa, nonché i redditi derivanti da rapporti di lavoro autonomo occasionale che superano la soglia dei 5.000 euro;

- Redditi derivanti da attività di vendita a domicilio ex art. 36, L. 426/71;

- Redditi derivanti da altre specifiche attività che sono state ricondotte a questa forma previdenziale. Si pensi, a tal proposito, agli assegni di ricerca, alle borse per dottorati di ricerca, ai redditi percepiti dagli amministratori locali, agli associati in partecipazione e ai prestatori di lavoro occasionale accessorio.
Finora, per tutte le categorie reddituali di cui sopra erano previste identiche regole di applicazione di aliquote e massimale.

Il recente intervento legislativo ha infatti previsto che “per l’anno 2014, per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati, l’aliquota contributiva, di cui all’articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è del 27 per cento.”

Viene pertanto momentaneamente “congelato” l’aumento previsto dalla Riforma Fornero, e a beneficiare del blocco dell’aliquota saranno solo i professionisti, in quanto ritenuti più penalizzati dall’eventuale aumento.

Non si deve infatti dimenticare che, mentre per i parasubordinati, i contributi previdenziali risultano essere a carico per i 2/3 del committente e solo per 1/3 a carico del collaboratore, nel caso dei professionisti titolari di partita iva tutti i contributi sono a carico dello stesso, e in un periodo di crisi economica come quello attuale, un aumento di tale portata inciderebbe in misura forte sui redditi netti percepiti dagli stessi.

sabato 5 gennaio 2013

Redditometro 2013: lavoro dipendente e liberi professionisti


Il Redditometro è lo strumento per combattere l’evasione fiscale. La finalità principale deve essere  quella di permettere agli organi di controllo di effettuare accertamenti incrociati tra il reddito e le spese effettuate, con il fine di scoprire eventuali discrepanze tra l’effettivo tenore di vita ed il reddito dichiarato.  E' bene ricordare che gli accertamenti avranno luogo nel caso in cui lo scostamento superi il 20%.

Lo scopo di questo dispiegamento massiccio di strumenti è quello di riuscire a recuperare quasi 120 miliardi di euro di evasione e di permettere quindi, una volta recuperati, di sciogliere la stretta fiscale sul lavoro dipendente.
Comunque chi fa un lavoro dipendente e guadagna cifre minori potrebbe finire nelle maglie del redditometro. E' già successo, a maggio di quest'anno, quando l'Agenzia delle Entrate ha mandato 300 mila lettere ai contribuenti risultati non coerenti con il Redditometro.

Il redditometro effettuerà controlli per i redditi a partire dal 2009 quindi sulle dichiarazioni effettuate nel 2010. Verrà applicato alle persone fisiche e quindi: professionisti, commercianti, artigiani, imprenditori individuali, dipendenti e pensionati. E saranno degli algoritmi  a calcolare se i dati osservati sono regolari o se ci sono delle discrepanze, in qual caso viene segnalato agli operatori che a loro volta conducono un ulteriore accertamento prima di invitare il cittadino a presentarsi presso gli uffici dell’agenzia per documentare la motivazione dello sfasamento dei dati nella dichiarazione dei redditi. Il principio di funzionamento è abbastanza semplice infatti il grosso del lavoro con le difficoltà correlate è stato riuscire a convogliare tutte le informazioni necessarie per il controllo dai vari uffici coinvolti. Sono escluse dai controlli effettuati attraverso il redditometro le imprese, che non subiranno controlli diretti.

Sul sito dell'Agenzia delle Entrate è infatti disponibile il Redditest, che consente a ciascun contribuente di inserire i vari dati sulle spese e verificare se il reddito dichiarato è coerente con le spese effettuate. Il paniere delle voci di spesa che finirà sotto la lente del fisco è vastissimo e copre praticamente qualsiasi tipo di acquisto.

Il redditometro non può prendere in considerazione nel caso di professionisti con partita iva i beni strumentali del professionista che destina alla propria attività: ossia acquisto di uffici, auto, mobili e arredi, yacht di lusso, imbarcazioni, macchinari ed altro. In questo caso l’acquisto di beni non influisce sul redditometro in quanto non rappresenta un “incremento patrimoniale” ai fini della determinazione sintetica del reddito. In tal modo sono esclusi ai fini del redditometro i beni destinati esclusivamente all’attività di impresa o all’esercizio di arti o professioni in quanto beni strumentali. Il contribuente però dovrà dimostrare di utilizzare con idonea documentazione ed evidenze probanti che tali beni sono destinati esclusivamente e questo talvolta non risulta agevole essendo spesso l’intestazione di alcuni beni effettuata solo formalmente in capo all’impresa ma nella realtà l’utilizzo strumentale è dubbio.

Sarà compito del contribuente a dover dimostrare che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d'imposta, redditi esenti o comunque esclusi dalla base imponibile o perché c'è stato il contributo di altri soggetti. Inoltre il contribuente potrà contestare e dimostrare il differente ammontare delle spese che il Fisco gli attribuisce. L'amministrazione finanziaria tra febbraio e i primi giorni di marzo metterà poi a punto le liste selettive dei contribuenti a rischio evasione e da sottoporre ad accertamento.

lunedì 16 gennaio 2012

Studi di settore e redditi

I tassisti hanno un reddito medio annuo di impresa di 14.200 euro, gli esercenti degli stabilimenti balneari 13.600, i baristi 15.800, gli orafi 12.300. E' quanto risulta dalle ultime statistiche fiscali sugli studi di settore pubblicate dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia
A puntare un faro sui guadagni legati alle attività degli studi di settore è il Dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia che ha reso pubbliche le ultime statistiche fiscali (quelle relative all'anno di imposta 2009) di tutte le attività d'impresa. Le aziende che pagano le tasse attraverso gli studi di settore sono state toccate nel 2009, come tutte le attività di impresa, dalla crisi economica: il 37% delle aziende italiane, infatti, ha il bilancio in rosso mentre aumentano i fallimenti.
Dai dati compare una lunga schiera di autonomi e professionisti che dichiara meno di operai e impiegati. Tra coloro che vendono le barche, per esempio, il reddito medio di impresa o di lavoro autonomo è di 14.400 euro l'anno. I pasticceri se la passano meglio con 19.000 euro di reddito. Per gli istituti di bellezza il reddito medio è di appena 5.300 euro l'anno. Accanto alla casella degli esercizi alberghieri e affittacamere appare un reddito di soli 11.900 euro, mentre le lavanderie avrebbero - almeno secondo quanto emerge dalle dichiarazioni dei redditi - un giro d'affari mediamente pari a 8.800 euro. Ricavi sotto i 18.000 euro anche per i giocattolai (11.900 euro l'anno), gli autosaloni (12.000 euro), i giornalai, appunto a 18.000. I fiorai hanno un reddito di impresa poco superiore ai 12.000 euro l'anno e non cambia molto se hanno il negozio (12.600 euro) e se vendono fiori e piante sulla bancarella (12.300 euro). Tra i professionisti - anche loro al centro del provvedimento sulle liberalizzazioni - si registrano redditi di impresa mediamente più alti: per gli avvocati 58.200 euro l'anno, per gli architetti 30.500, per gli studi medici 68.300, solo per citare alcune categorie lavorative.
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