lunedì 25 giugno 2018

Pensione dal 2019 domanda e calcolo



L’età per la pensione di vecchiaia nel 2019 salirà a 67 anni, mentre per la pensione anticipata saranno necessari 43 anni e tre mesi per gli uomini e 42 anni e tre mesi per le donne: è la conseguenza dell’innalzamento dell’aspettativa di vita di cinque mesi confermata dall’ISTAT, ci sarà il conseguente scatto di aumento dei requisiti per andare in pensione, previsto per il 2019, pari appunto a cinque mesi.

Ecco come cambia l’età pensionabile dal 2019:

pensione di vecchiaia: 67 anni per tutti (dipendenti, autonomi, uomini e donne). Attualmente il requisito è pari a 66 anni e sette mesi;

pensione anticipata: 43 anni e tre mesi per gli uomini (che attualmente vanno in pensione a 42 anni e dieci mesi), e 42 anni e tre mesi per le donne (che al momento si ritirano con 41 anni e dieci mesi);

pensione anticipata precoci: passa a 41 anni e cinque mesi. Attualmente il requisito è pari a 41 anni. Ricordiamo che è necessario possedere tutti gli altri requisiti per essere considerati lavoratori precoci, in base a quanto previsto dalla finanziaria dell’anno scorso;

assegno sociale: 67 anni (attualmente il requisito è a 65 anni e sette mesi, ma salirà di un anno nel 2018);

pensione lavoratori usuranti: requisito invariato, la finanziaria 2017 congela gli scatti alle aspettative di vita fino al 2026. Quindi, quota 97,6 per i lavoratori dipendenti, 98,6 per i lavoratori autonomi, da 98,6 a 100,6 per i lavoratori notturni.

Si avvicina per i lavoratori addetti a mansioni gravose o usuranti la domanda di pensione senza applicare i cinque mesi di scatto dell’età pensionabile 2019: le procedure sono definite dal decreto del ministero del Lavoro del 18 aprile 2018. Regolamenta la possibilità di pensione prevista dal comma 147 della legge 205/2017 (Bilancio 2018). Ora, si attendono i documenti di prassi dell’INPS.

Possono andare in pensione senza far scattare i cinque mesi di aspettative di vita i lavoratori dipendenti con un’anzianità contributiva di almeno 30 anni che svolgono da almeno sette anni nei dieci precedenti il pensionamento una delle 15 professioni gravose di cui all’allegato B della manovra, ovvero:

operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;

conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;

conciatori di pelli e di pellicce;

conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;

conduttori di mezzi pesanti e camion;

personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;

addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;

insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili nido;

facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;

personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;

operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti;

operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca;

pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;

lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del decreto legislativo n. 67 del 2011 Q.

marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti.

Gli addetti a lavori usuranti previsti da dlgs 67/2011 (catena di montaggio, turni notturni, conducenti di veicoli pesanti), anche in questo caso con almeno 30 anni di contributi.

Attenzione: applicano invece i cinque mesi di aumento delle aspettative di vita coloro che decidono di utilizzare nel 2019 la pensione precoci per svolgimento di mansioni gravose.

La domanda si presenta all’INPS in via telematica, utilizzando apposito modello, insieme alla dichiarazione del datore di lavoro sui periodi di svolgimento delle professioni gravose, contratto collettivo applicato, livello di inquadramento attribuito, mansioni svolte, codice professionale ISTAT.

In mancanza delle comunicazioni obbligatorie del datore di lavoro e della dichiarazione di attività svolta, ad esempio per cessazione dell’attività, il lavoratore presenta una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante i periodi di svolgimento delle professioni gravose, il contratto collettivo applicato, le mansioni svolte, il livello di inquadramento, il codice professionale ISTAT ove previsto. L’INPS trasmette la pratica all’Ispettorato nazionale del lavoro, che effettua le verifiche. La domanda viene comunque istruita se entro 30 giorni non ci sono rilievi da parte dell’INL.

La pratica rappresenta automaticamente domanda di pensionamento, che l’INPS concede previo accertamento della conformità delle dichiarazioni del lavoratore e del datore di lavoro, con i dati dei propri archivi.

Ribasso in vista, dal 2019, dei coefficienti per il calcolo dell’assegno previdenziale: con lo scatto dell’età pensionabile viene adeguato anche il coefficiente di trasformazione  sulla parte contributiva della pensione, per incamerare il fatto che, a parità di uscita dal lavoro, si percepirà l’assegno per più tempo. In soldoni l’assegno sarà di importo inferiore.

I nuovi moltiplicatori saranno applicati ai trattamenti previdenziale con decorrenza dal primo gennaio 2019 e sono individuati dal Decreto 15 maggio 2018 del Ministero del Lavoro (“Revisione triennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo”) pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che in pratica stabilisce pensioni più basse a parità di età e contributi versati.

I nuovi coefficienti di trasformazione per il triennio 2019-2021 riguardano coloro che maturano i requisiti per la pensione nei tre anni indicati e non hanno effetto su chi è già pensione.

Il coefficiente di trasformazione del montante contributivo della pensione scenderà di una percentuale fra l’1 e il 2,5%. Il calcolo riguarda solo la parte contributiva della pensione, quindi penalizza maggiormente coloro che hanno l’assegno completamente calcolato con il metodo contributivo. I lavoratori che avevano già 18 anni di contributi alla fine del 1995 hanno la pensione calcolata con il retributivo fino alla fine del 2012, e solo per la parte maturata successivamente al primo gennaio 2012 il calcolo contributivo (sul quale incide quindi il coefficiente di trasformazione).

Il meccanismo prevede che il coefficiente salga con l’allungarsi della permanenza al lavoro, quindi favorisce chi va in pensione più tardi. Di fatto, quindi, per controbilanciare l’impatto della revisione sull’assegno previdenziale, conviene restare per più tempo al lavoro.

Coefficienti 2019-2021
57 anni: divisore 23,812 e coefficiente 4,2%
58 anni: divisore 23,236 e coefficiente 4,304%
59 anni: divisore 22,654 e coefficiente 4,414%
60 anni: divisore 22,067 e coefficiente 4,532%
61 anni: divisore 21,475 e coefficiente 4,657%
62 anni: divisore 20,878 e coefficiente 4,79%
63 anni: divisore 20,276 e coefficiente 4,932%
64 anni: divisore 19,672 e coefficiente 5,083%
65 anni: divisore 19,064 e coefficiente 5,245%
66 anni: divisore 18,455 e coefficiente 5,419%
67 anni: divisore 17,844 e coefficiente 5,604%
68 anni: divisore 17,231 e coefficiente 5,804%
69 anni: divisore 16,609 e coefficiente 6,021%
70 anni: divisore 15,982 e coefficiente 6,257%
71 anni: divisore 15,353 e coefficiente 6,513%

Questo innalzamento dei coefficienti va tenuto presente in particolare da coloro che maturano un diritto a pensione entro il 31 dicembre 2018: nel momento in cui si fermano di più al lavoro, rischiano di avere una pensione più bassa perché il coefficiente per calcolare l’assegno è più basso.




mercoledì 20 giugno 2018

Pensione: percorso e calcolo



Il criterio di calcolo della pensione varia a seconda dell'anzianità contributiva maturata dal lavoratore al 31 dicembre 1995. La pensione è calcolata con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità al 31/12/1995 (e per coloro che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo). I sistemi retributivo e misto continuano a convivere per i soggetti iscritti al 31/12/1995.
Dal 1° gennaio 2012, anche ai lavoratori in possesso di un'anzianità contributiva di  almeno 18 anni al 31/12/1995 verrà applicato il sistema di calcolo contributivo sulla quota  di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.

IL SISTEMA CONTRIBUTIVO
La pensione è calcolata esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 e per i lavoratori che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo.

Per esercitare la facoltà di opzione è necessario che i lavoratori abbiano un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31/12/1995 e possano far valere, al momento dell'opzione, una anzianità contributiva di almeno 15 anni, di cui 5 successivi al 1995.
Tale facoltà non può essere esercitata da chi ha maturato un'anzianità contributiva  pari o superiore a 18 anni al 31/12/1995.

Ai fini del calcolo occorre:

individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o i redditi conseguiti dai lavoratori autonomi o parasubordinati;

calcolare i contributi di ogni anno sulla base dell'aliquota di computo (33% per i dipendenti; 20% per gli autonomi; vigente anno per anno per gli iscritti alla gestione separata);

determinare il montante individuale che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (prodotto interno lordo) determinata dall'Istat;

applicare al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell'età del lavoratore, al momento della pensione, così come riportato nella tabella:

IL SISTEMA RETRIBUTIVO
Si applica alle anzianità contributive maturate fino al 31/12/2011 dai lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995.

Secondo tale sistema, la pensione è rapportata alla media delle retribuzioni (o redditi per i lavoratori autonomi) degli ultimi anni lavorativi.

Si basa su tre elementi:

l'anzianità contributiva, è data dal totale dei contributi fino ad un massimo di 40 anni che il lavoratore può far valere al momento del pensionamento e che risultano accreditati sul suo conto assicurativo, siano essi obbligatori, volontari, figurativi, riscattati o ricongiunti;

la retribuzione/reddito pensionabile, è data dalla media delle retribuzioni o redditi percepiti negli ultimi anni di attività lavorativa, opportunamente rivalutate sulla base degli indici Istat fissati ogni anno;

l'aliquota di rendimento, è pari al 2% annuo della retribuzione/reddito percepiti entro il limite (per le pensioni con decorrenza nel 2012 di 44.161 euro annui) per poi decrescere per fasce di importo superiore. Ciò vuol dire che se la retribuzione pensionabile non supera tale limite, con 35 anni di anzianità contributiva la pensione è pari al 70% della retribuzione, con 40 anni è pari all'80%.

L'importo della pensione con il sistema retributivo si compone di due quote:
Quota A determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 e sulla media delle retribuzioni  degli ultimi 5 anni, o meglio, delle 260 settimane di contribuzione immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori dipendenti, e dei 10 anni (520 settimane di contribuzione) immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori autonomi

Quota B determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 alla data di decorrenza della pensione e sulla media delle retribuzioni/redditi degli ultimi 10 anni per i lavoratori dipendenti e degli ultimi 15 anni per gli autonomi.

IL SISTEMA MISTO

Si applica ai lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e a decorrere dal 1° gennaio 2012 anche ai lavoratori  con un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995.

Per i lavoratori con un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31/12/1995 la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996.

Per i lavoratori con un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31/12/1995  la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 2011 secondo le modalità descritte  nel paragrafo relativo al sistema retributivo, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 2012.

Dovrebbe essere ampiamente noto che la pensione è frutto:
a) della contribuzione che il lavoratore versa autonomamente o tramite il suo datore di lavoro, al proprio ente previdenziale e
b) della cura prestata a raccogliere i contributi di primo pilastro integrandoli con quelli di secondo pilastro, scegliendo la tipologia del fondo pensione, i comparti più indicati in base alla propria fase professionale e, infine, la tipologia di rendita. Il primo punto risente del rischio di non avere un'occupazione stabile nel corso del proprio percorso professionale; il che rappresenta un problema solo in parte, purtroppo, rimediabile dal singolo lavoratore. Il secondo punto è nell'80% dei casi in capo al singolo lavoratore, che ha la responsabilità di costruire la propria rendita pensionistica attraverso una serie di decisioni. Innanzitutto scegliere di aderire e poi di farlo nella maniera più coerente con le proprie esigenze. La pensione “si costruisce”, non è qualcosa che “spetta”, che, cioè, ci cade in mano al raggiungimento dei requisiti.

Che, peraltro, negli ultimi anni sono quanto mai in movimento. Un bricolage previdenziale che si arricchisce, a partire dal 2018, di due elementi importati: l'anticipo pensionistico e la rendita integrativa temporanea anticipata. Ape e Rita, questi gli acronomi, sono di fatto due ammortizzatori sociali di natura privata, che i lavoratori devono imparare a conoscere, per poterli utilizzare al meglio: evitando distorsioni, forzature ed errori. Per fare questo occorre quella che si potrebbe chiamare un'«alfabetizzazione previdenziale», che renda comprensibile la materia. Questo fascicolo conta di fare la sua parte, per accompagnare per mano i singoli in questo articolato processo decisionale.

C’è uno nuovo strumento INPS online per calcolare la quota della pensione in base al proprio regime contributivo, che consente anche di effettuare simulazioni relative ad altri eventuali sistemi di calcolo (retributivo, misto): si tratta del servizio “Calcolo Quote di pensione“, per utilizzare il quale l’istituto di previdenza fornisce anche un apposito Manuale.

Il servizio Calcolo Quote di Pensione è accessibile dall’area riservata Servizi Online del sito INPS, che richiede autenticazione (ci vuole il PIN). Una volta effettuata la procedura di autenticazione, bisogna cliccare sul pulsante “Applicazioni” sotto la voce “Calcolo Quote pensione“. Bisogna inserire codice fiscale e data di decorrenza della pensione, quindi si sceglie “Attiva funzione“. A questo punto, si sceglie il regime pensionistico (contributivo, retributivo, misto, misto pro-rata), e compare un riepilogo della propria posizione.






martedì 19 giugno 2018

Lo stipendio può essere pignorato?



Se un lavoratore ha dei debiti e non ha intenzione di saldarli, ogni creditore potrà chiedere il pignoramento dello stipendio per soddisfare i propri crediti. La normativa, infatti, consente al creditore di aggredire anche quei beni che pur appartenendo al debitore non sono ancora nelle sue disponibilità, quale appunto lo stipendio, ma anche la pensione o il TFR. Con il pignoramento presso terzi, infatti, il creditore - su disposizione del giudice incaricato - si rivolge direttamente al datore di lavoro del debitore, il quale avrà il dovere di corrispondergli una parte di retribuzione del dipendente ai fini del soddisfacimento del credito.

Non tutto lo stipendio può essere pignorato, però, poiché al lavoratore va comunque garantito un minimo vitale. Nel dettaglio il pignoramento dello stipendio può riguardare solamente 1/5 dell'importo mensile netto. Quindi tutti gli stipendi sono pignorabili, ma l'importo varia a seconda della retribuzione percepita. Ad esempio, per uno stipendio mensile di 2.000 euro netti il pignoramento è consentito nel limite di 400 euro, mentre per uno stipendio di 500 euro si scende a 100 euro.

Discorso differente per il pignoramento dello stipendio già accreditato in banca. In questo caso, infatti, la procedura per il pignoramento è la stessa ma a cambiare sono i limiti. Dal momento che non è possibile calcolare nel dettaglio quali redditi presenti su conto corrente derivano dalla retribuzione percepita, il legislatore ha stabilito che sono pignorabili le somme depositate sul conto pari a tre volte l'assegno sociale. Quindi, considerando che questo ha un importo pari a 453 euro, il pignoramento può riguardare solamente gli importi che eccedono i 1359 euro. Sotto questa soglia, il patrimonio del debitore è al sicuro da qualsiasi aggressione.

Il calcolo del TFR è l'importo che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore al termine del rapporto di lavoro e a richiesta dopo un periodo (anticipazione del TFR), di solito 8 anni di servizio nella stessa azienda in determinati casi stabiliti dalla legge come, ad esempio, la necessità di affrontare importanti spese medico-sanitarie. L'anticipazione è limitata al 70% dell'importo liquidato in caso di risoluzione del contratto di lavoro.

La cessione del quinto è una tipologia di prestito rivolta ai lavoratori dipendenti (pubblici, statali, di enti parastatali, di aziende private) e da qualche anno a questa parte ai lavoratori in pensione definita cessione del quinto pensionati, ovvero ai soggetti che possono contare su una busta paga o una pensione su cui può essere addebitata la rata del finanziamento.

Nella miriade di offerte che ci sono nella galassia dei prestiti personali un italiano su quattro si affida alla cessione del quinto dello stipendio. Sono questi i risultati di un'indagine svolta dai portali Facile.it e Prestiti.it, secondo cui a richiedere questa forma di prestito sono soprattutto dipendenti e pensionati.

La cessione del quinto della pensione deve essere un prestito personale a tasso fisso e rata costante, da estinguersi mediante cessione pro solvendo di una quota della pensione fino al quinto della stessa, valutato al netto delle ritenute fiscali e fatto salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo, per periodi non superiori a dieci anni.



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