venerdì 19 dicembre 2014

Pensione di invalidità per l’anno 2015: le nuove regole



La Pensione invalidità civile che viene erogata dall’INPS ed è un assegno mensile che spetta ai cittadini affetti da patologie congenite o acquisite, tali da non consentire l’attività lavorativa e quindi il proprio mantenimento.

L’assegno di invalidità civile viene elargito in presenza di determinati requisiti e previa domanda, qualora i cittadini a causa di specifiche malattia non siano in grado di lavorare e quindi sostenersi, indipendentemente dal versamento dei contributi.

Il messaggio INPS 9626/2014 ha chiarito che i titolari di assegno ordinario di invalidità potranno, nel caso in cui questo specifico beneficio vengano confermate, diventa possibile esercitare la totalizzazione della pensione.

In base a questo specifico istituto previdenziale un lavoratore che ha versato contributi presso differenti sistemi e casse per la gestione pensionistica, qualora non abbia maturato il diritto alla pensione in nessuna di queste casse, può decidere di cumulare tutti i suoi contributi per ottenere un’unica pensione, senza ricorre alla ricongiunzione per cui dovrebbe sostenere delle spese economiche.

L’istituto di previdenza ha stabilito che d’ora in poi, i titolari di pensioni di invalidità che perdono l’assegno (ad esempio, perché viene meno il requisito), nel caso in cui abbiano contributi versati in altre gestioni possono effettuare la totalizzazione sia per il trattamento di anzianità (che richiede 40 anni e tre mesi di contributi, più la finestra mobile di 21 mesi), sia per ottenere la pensione di vecchiaia (65 anni e tre mesi più la finestra mobile).

L’unico caso in cui era già possibile la totalizzazione era quello in cui, a seguito di un peggioramento delle condizioni di salute del titolare, l’assegno di invalidità venisse trasformato in pensione di inabilità. La totalizzazione era invece esplicitamente vietata in caso di trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità, ovvero della pensione di invalidità, in pensione di vecchiaia. E non si poteva nemmeno cumulare un assegno di invalidità con contributi versati in un’altra gestione previdenziale, per totalizzarli in un’unica pensione.

Ricordiamo che la totalizzazione dei contributi previdenziali permette a lavoratori dipendenti, autonomi e professionisti che hanno effettuato versamenti in gestioni diverse di utilizzarli in tutto o in parte per ottenere un’unica pensione che sarà la somma dei trattamenti di competenza di ciascun istituto previdenziale. La totalizzazione è gratuita, ed è una possibilità diversa dalla ricongiunzione dei contributi, che spesso è invece onerosa, e permette (sempre a chi ha effettuato versamenti presso più enti) di unirli per ottenere alla fine una pensione da un unico ente previdenziale.

Vediamo chi può beneficiarne. Possono richiedere la totalizzazione dei contributi sia i lavoratori subordinati che i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. La totalizzazione può essere richiesta anche dai parenti di un superstiti di un assicurato, nel solo caso in cui l’assicurato stesso sia morto prima di maturare il diritto alla pensione. Il beneficio della totalizzazione è stato previsto, in particolare per i lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria (invalidità, vecchiaia e superstiti); iscritti alle gestioni pensionistiche che sostituiscono o esonerano dall’assicurazione obbligatoria; iscritti agli enti previdenziali privati; iscritti alla gestione separata o, ancora, iscritti ai fondi di previdenza per i ministri di culto di chiese differenti da quella cattolica.

Con il messaggio recentemente emanato dall’INPS (9626/2014) tuttavia, il divieto di totalizzazione viene limitato ai soli casi in cui l’assegno di invalidità continui ad essere assegnato al soggetto titolare di trattamento pensionistico. Per gli altri contribuenti, ovvero per quei soggetti che perdono la pensione di invalidità in seguito alla revisione del loro stato di invalidità, si prevede un regime di maggiore flessibilità, dal momento che potranno esercitare la possibilità di totalizzare le loro altre pensioni e, nel caso in cui siano i contributi accreditati, alla pensione di anzianità in totalizzazione (40 anni e 3 mesi) o alla pensione di vecchiaia (65 anni e 3 mesi).

La pensione invalidità quindi è un assegno mensile che l’Istituto eroga a favore dei cittadini affetti da determinate malattie che non consentono di svolgere alcun tipo di attività lavorativa e si differenzia dagli altri tipi di invalidità perché non richiede il versamento dei contributi.
Un cittadino quindi affetto da una patologia invalidante, ha diritto a ricevere l’assegno di pensione di invalidità civile anche se non ha mai versato contributi obbligatori all’INPS.

Il riconoscimento del diritto a ricevere la pensione di invalidità civile INPS prevede specifici requisiti, quali:

pensione invalidità civile requisiti Sanitari: il diritto all’assegno di invalidità civile si ottiene solo se il tipo di malattia invalidante di cui è affetta la persona rientra nelle fattispecie individuate dalla legge e se la percentuale di invalidità riconosciuta dalla Commissione Sanitaria ASL è tra il 100% e il 74%;

pensione invalidità civile requisiti di età: il riconoscimento dell’assegno di invalidità è riconosciuto dai 18 anni ai 65 anni, in quanto per i minori e gli ultrasessanticinquenni vi sono altri tipi di prestazioni specifiche;

pensione invalidità civile requisiti di reddito: l’assegno di invalidità spetta in misura proporzionale ai limiti di reddito.

Nello specifico, l’accertamento dei requisiti sanitari, devono essere appurati dall’INPS previa conferma da parte della Commissione Medica ASL, la quale ha il compito di determinare la percentuale di invalidità e confermare il diritto alla pensione di invalidità civile. Una volta accertato e riconosciuto il diritto, il cittadino tramite Caf e Patronati o mediante PIN dispositivo INPS, può inoltrare la domanda online per il riconoscimento dell’invalidità civile e dei vari benefici che ne derivano come la pensione, l’assegno, le agevolazioni fiscali, congedi e permessi lavorativi, esenzione dal ticket sanitario ecc.




martedì 16 dicembre 2014

Pensioni e prepensionamenti per il 2015



I meccanismi di uscita anticipata dovrebbero prevedere pensione anticipata a 62 anni con 35 anni di contributi e una serie di penalizzazioni e, al contrario, incentivi per chi decide invece di rimare a lavoro oltre i 66 anni e fino ai 70; uscita anticipata con prestito pensionistico, per lasciare il lavoro qualche anno prima rispetto ai 66 anni percependo un anticipo sulla pensione finale che dovrà poi essere restituito con piccole trattenute mensili una volta maturati i requisiti normalmente richiesti; e uscita a quota 100.

Ma restano da sciogliere i nodi su caso esodati, quota 96 della scuola, prepensionamenti e ricollocamenti dei dipendenti in esubero delle province, le cui soluzioni dovrebbero arrivare prima del prossimo anno. Ma il 2015 potrebbe essere anche l’anno degli interventi, negativi, già annunciati dal premier prima dell’estate, ma poi rimandati, vale a dire modifiche per le pensioni integrative, di invalidità e reversibilità, nonché novità sulle tanto discusse baby pensioni.

Come sappiamo, la Legge di Stabilità ha scombinato le carte del futuro pensionistico di molti lavoratori, soprattutto nel settore scolastico. Chi effettuerà domanda di pensione alla prossima scadenza del 15 gennaio 2015 (data ultima per la presentazione delle domande) dovrà tenere presente che sono state abolite alcune penalizzazioni destinate a coloro che effettuavano domanda di pensione senza aver raggiunto l'età anagrafica minima, che consisteva nel trattenimento dell'1% dell'assegno pensionistico per i primi due anni, cifra raddoppiata per ogni ulteriore anno fino al raggiungimento dei 62 anni di età.

Attenzione però: non tutti potranno beneficiare di questo sconto, ma solo quanti raggiungeranno la soglia d'età per la pensione entro il 2017. Non varia, al contrario, la norma che prevede il termine fino a due anni per la ricezione del trattamento di fine rapporto, nel caso di richiesta di pensione anticipata.

Rimangono immutati i requisiti per chi effettua domanda di pensione all'inizio del prossimo anno. I requisiti sono molto articolati. Vale la pena riassumerli a beneficio dei nostri lettori.

Per chi ha raggiunto i requisiti dopo l'entrata in vigore della riforma del lavoro del ministro Fornero è possibile richiedere la pensione di anzianità se si compiranno 66 anni e tre mesi entro il 31 agosto o entro il 31 dicembre, nel caso sia lo stesso lavoratore a presentare la domanda. Ovviamente, il requisito indispensabile è aver accumulato almeno vent'anni di contributi.

Chi non rientra nei requisiti precedenti potrà fare domanda di pensione anticipata, a patto che abbia i requisiti elencati di seguito. Per gli uomini è necessario raggiungere un'anzianità contributiva di 42 anni e mezzo entro la fine del 2015, mentre per le donne la soglia è inferiore di un anno. Identica la norma che regola la richiesta di pensione con il sistema contributivo, limitata però alle sole donne, che dovranno avere contributi per almeno 35 anni ed età anagrafica di almeno 57 anni.

Chi invece ha raggiunto i requisiti minimi per il pensionamento prima della riforma Fornero ma si trova ancora in attività potrà usufruire di criteri diversi e, più precisamente, ricevere la pensione di anzianità al raggiungimento della cosiddetta "quota 96" che prevede due casi specifici. Il primo è avere un'età superiore ai 60 anni e 36 anni di contribuzione, mentre il secondo prevede il raggiungimento di 61 di età e 35 di contribuzione (valgono anche le frazioni di anno). Valida per tutti l'opzione che permette di ricevere la pensione di anzianità con 40 anni di servizio, a patto che sia stata maturata entro il 2011.



Riforma del lavoro per il 2015 le deleghe al governo



In Gazzetta Ufficiale le deleghe al Governo per la riforma del lavoro, i decreti attuativi dovranno essere emanati entro sei mesi dalla pubblicazione in Gazzetta e quindi entro il 16 giugno 2015.

Il Parlamento ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 290 del 15 dicembre 2014, la L. 10 dicembre 2014, n. 18, contenente le deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro. La legge è vigente dal 16 dicembre 2014.

La presente Legge Delega contiene cinque deleghe legislative, che intervengono su importanti e vasti ambiti del diritto del lavoro:

delega in materia di ammortizzatori sociali, finalizzata a razionalizzare le forme di tutela esistenti, differenziando l’impiego degli strumenti di intervento in costanza di rapporto di lavoro (Cassa Integrazione) da quelli previsti in caso di disoccupazione involontaria (ASpI). Lo scopo è quello di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori, con tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, nonché di razionalizzare la normativa in materia d’integrazione salariale;

delega in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, avente lo scopo di riordinare la normativa in materia di servizi per il lavoro, per garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politiche attive del lavoro su tutto il territorio nazionale, razionalizzando gli incentivi all'assunzione e all’autoimpiego e istituendo una cornice giuridica nazionale che faccia da riferimento anche per le normative regionali e provinciali. La delega prevede, in particolare, con l’obiettivo di unificare la gestione delle politiche attive e passive, l’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’occupazione (con competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e ASpI, con il contestuale riordino degli enti operanti nel settore) e il rafforzamento dei servizi per l’impiego, valorizzando le sinergie tra servizi pubblici e privati; si prevedono, inoltre, la valorizzazione delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche attive per il lavoro e interventi di semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive;

delega in materia di semplificazione delle procedure e degli adempimenti, per conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, al fine di ridurre gli adempimenti a carico di cittadini e imprese. In particolare, si vuole diminuire il numero di atti amministrativi inerenti il rapporto di lavoro, attraverso specifiche modalità (ad es. l’unificazione delle comunicazioni alle P.A. per gli stessi eventi, l’obbligo di trasmissione di dati tra le diverse amministrazioni, l’abolizione della tenuta di documenti cartacei e la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino);

delega in materia di riordino delle forme contrattuali e dell’attività ispettiva, finalizzata a rafforzare le opportunità d’ingresso nel mondo del lavoro e ai riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo, nonché a rendere più efficiente l’attività ispettiva. In particolare, si prevede la redazione di un testo organico di disciplina delle varie tipologie contrattuali (con possibilità di superamento di alcune di esse); la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio; l’introduzione, anche in via sperimentale, del compenso orario minimo; la ridefinizione della disciplina vigente in materia di mansioni (con la possibilità di “demansionamenti”) e controllo a distanza dei lavoratori;

delega in materia di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, avente lo scopo di garantire adeguato sostegno alla genitorialità e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori. A tal fine si prevede, in particolare, l’estensione del diritto alla prestazione di maternità alle lavoratrici madri cd. “parasubordinate”; l’introduzione di un credito d’imposta per le donne lavoratrici, anche autonome, che abbiano figli minori o disabili non autosufficienti (al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo) e l’armonizzazione del regime delle detrazioni (dall’imposta sui redditi) per il coniuge a carico; la promozione del telelavoro; l’incentivazione di accordi collettivi volti a facilitare la flessibilità dell’orario di lavoro e l’impiego di premi di produttività; la possibilità di cessione dei giorni di ferie tra lavoratori per attività di cura di figli minori; la promozione dell’integrazione dell’offerta di servizi per le cure parentali forniti dalle aziende e dagli enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona.

In arrivo quindi il decreto attuativo con la nuova normativa sul contratto a tutele crescenti. L'obiettivo è di agevolare le nuove assunzioni dall'inizio del 2015 con le agevolazioni della legge di stabilità, che destina fino a 8.060 euro l'anno per gli sgravi contributivi dei neoassunti con la nuova tipologia contrattuale (per un triennio), e con l'abbattimento della componente lavoro dalla base imponibile Irap per i contratti a tempo indeterminato.

La Legge Delega contiene cinque deleghe legislative, che intervengono su importanti e vasti ambiti del diritto del lavoro:

Una scheda di sintesi delle cinque deleghe con i tempi di attuazione

Delega in materia di ammortizzatori sociali           6 mesi

Delega in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive   6 mesi


Delega per la semplificazione e la razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti relativi alla costituzione ed alla gestione dei rapporti di lavoro          6 mesi

Delega per il riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie dei relativi contratti nonché per la razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva              6 mesi

Delega per la revisione e l’aggiornamento delle misure intese a sostenere le cure parentali ed a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro                6 mesi.




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