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mercoledì 27 gennaio 2016

Opzione donna pensioni dal 2016



L'Inps avvia alla lavorazione delle domande di pensione con regime "opzione donna" come previsto dalla legge di stabilità 2016. L'Inps  ha annunciato la ripresa della lavorazione delle istanze di pensionamento delle lavoratrici che nel 2015 hanno maturato i requisiti per andare in  pensione anticipata usufruendo di  Opzione donna. Che dà il via alla possibilità andare in pensione con l'Opzione Donna per chi ha maturato i requisiti di età e di anzianità entro il 2015.

La Legge di Stabilità 2016 ha esteso la possibilità di andare in pensione con l’Opzione Donna coloro che hanno maturato i requisiti di età e di anzianità entro il 2015. Si tratta della possibilità di prepensionamento a 57 o 58 anni (per dipendenti e autonome), con 35 anni di contributi, ora estesa alle lavoratrici che maturano il diritto dopo il 31 novembre 2014 ed entro il 31 dicembre 2015.
Viene inoltre ricordato che la Legge di Stabilità 2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302/2015 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2016, prevede all’art 1, comma 281, che:

“Al fine di portare a conclusione la sperimentazione di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, la facoltà prevista al predetto articolo 1, comma 9, è estesa anche alle lavoratrici che hanno maturato i requisiti previsti dalla predetta disposizione, adeguati agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell’articolo 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, entro il 31 dicembre 2015 ancorché la decorrenza del trattamento pensionistico sia successiva a tale data, fermi restando il regime delle decorrenze e il sistema di calcolo delle prestazioni applicati al pensionamento di anzianità di cui alla predetta sperimentazione”.

Quindi si tratta delle lavoratrici che nel corso del 2015 anno hanno maturato i 57 anni e 3 mesi di età (58 e 3 mesi nel caso delle lavoratici autonome).

Le «domande di pensione di anzianità in c.d. regime sperimentale donna presentate dalle lavoratrici che hanno perfezionato i prescritti requisiti anagrafici e contributivi entro il 31  dicembre 2015 e la cui decorrenza della pensione si colloca successivamente alla predetta data».

La lavorazione delle istanze di pensionamento delle lavoratrici che hanno maturato i requisiti per richiedere la pensione anticipata usufruendo di Opzione donna  erano state sospese alla fine del 2014.
Opzione donna ・infatti un regime sperimentale e, quindi, l'Inps aspettava una proroga dello stesso anche per il 2015 per procedere alla trattazione delle pratiche.

La proroga di Opzione donna ・intervenuta grazie alla Legge di Stabilità 2016 che ha consentito l'elaborazione delle domande rimaste in sospeso.

Opzione donna  è un regime sperimentale introdotto nel 2004 che consente alle lavoratrici che hanno maturato i 57 anni e 3 mesi di et・(58 anni e 3 mesi nel caso di lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi di andare in pensione anticipata accettando un taglio sull'assegno pensionistico il cui importo verrà calcolato utilizzando il  metodo contributivo.

Il termine per poter usufruire di Opzione donna era stato fissato al 31  dicembre 2015: tuttavia l'Inps con due circolari del 2012 ha interpretato tale data come data di decorrenza della pensione e non come termine ultimo di maturazione dei requisiti riducendo di fatto di un anno la durata del regime.

A tal proposito è intervenuta la Legge di Stabilità 2016 consentendo alle lavoratrici che abbiano maturato i requisiti richiesti entro il 31  dicembre 2015 di poter usufruire del regime di Opzione donna, indipendentemente dalla data di maturazione della pensione.

Oltre ad aver prorogato di un anno la scadenza di Opzione donna, inoltre, il governo sta studiando interventi appositi al fine di rendere tale misura una misura strutturale e non pi・sperimentale, consentendo quindi una maggiore flessibilità・in uscita alle lavoratrici donne.

venerdì 17 luglio 2015

Congedo parentale: i limiti per il 2015



Il Jobs Act contiene disposizioni su varie materie socio - economiche tra le quali il congedo parentale retribuito, per l'anno 2015, assegnato ai genitori di un figlio sino al compimento del sesto anno.

L'articolo 7 del decreto legge, di recente pubblicazione, prevede che il congedo parentale possa essere chiesto sino al compito del 12 anno di età del figlio, piuttosto che l'ottavo, come è stato fino ad ora.

Stesso limite di età vale nel caso di ingresso di un minore nel nucleo familiare a seguito di adozione o affidamento.

Il congedo, come dispone l'art. 9 del Decreto Legge, è retribuito con la corresponsione di un indennizzo di ammontare pari al 30% della retribuzione media giornaliera del lavoratore. Questa misura percentuale prescinde le condizioni economiche ed il reddito del lavoratore, e viene corrisposto sino al compimento del sesto anno del bambino (oppure dall'introduzione nella famiglia di un minore adottato o affidato). Il jobs act ha, di fatto, portato al doppio il precedente limite di 3 anni d'età.

Attenzione tali nuovi limiti sono circoscritti ai periodi di congedo fruiti dal 25 giugno 2015 sino al 31 dicembre 2015.

Come chiedere il congedo nel periodo transitorio?
Il mese di luglio corrente anno, viene considerato dal decreto legge, "periodo transitorio", ovvero tempo fisiologicamente necessario all'adeguamento del sistema informatico. Sino allo spirare del mese sarà consentita la presentazione della domanda cartacea attraverso l'utilizzo del classico modello SR23.

Dove trovare la modulistica per presentare la domanda?
Reperire il suddetto modello è facile: basta navigare sul sito internet dell'INPS all'interno della sezione appositamente dedicata al download della modulistica.

Una volta effettuato l'accesso alla detta sezione, basterà digitare, nel campo "ricerca modulo" il codice "SR23" che distingue il modello per presentare domanda di congedo parentale.

Chi può presentare domanda cartacea e chi no?
Per i genitori di figli di età compresa tra gli otto ed i dodici anni, sarà possibile presentare domanda cartacea ma solo fino a quando non sia aggiornato il sistema informatico dell' INPS. Per tutti gli altri aventi diritto ma con figli di età inferiore agli 8 anni, dovrà tassativamente essere utilizzato il modello telematico.
Infine, il decreto legge non fa alcun riferimento al congedo ad ore previsto dal D.L n°80 ma mai introdotto in assenza del relativo decreto attuativo.

La fruizione del congedo parentale è stata estesa e facilitata dal decreto 81/2015 attuativo del Jobs Act, ma solo per il 2015. L'INPS fornisce nuove istruzioni sulla domanda per i figli disabili-

Le disposizioni danno attuazione ai criteri direttivi di cui alle lettere g) e h) dell’articolo 1, comma 9, della legge delega, che prevedono, tra l’altro:

una maggiore flessibilità dei congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche tenuto conto della funzionalità organizzativa all'interno delle imprese;

il riconoscimento della possibilità di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato e il rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

In particolare:
il periodo massimo di fruibilità viene esteso dall’ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino (articolo 7, comma 1, lett. a)). Lo stesso termine si applica anche in caso di adozione e affidamento (articolo 10, comma 1, lett. a)) e di prolungamento del congedo parentale in presenza di figlio minore portatore di handicap ;

viene esteso, anche nei casi di adozione e affidamento, dal terzo al sesto anno di vita del bambino (o entro i sei anni dall’ingresso del minore in famiglia) il periodo di indennizzo previsto, nella misura del 30%, per l’utilizzo del congedo parentale (articolo 9, comma 1, lett.

a) e articolo 10, comma 1, lett. b)). Viene inoltre specificato che la suddetta indennità possa essere percepita per periodi ulteriori (a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria), ma non oltre l’ottavo anno di vita del bambino;

in caso di mancata regolamentazione della modalità di fruizione su base oraria da parte dei contratti collettivi (anche aziendali), viene prevista la possibilità per ciascun genitore di scegliere tra la fruizione giornaliera o oraria; la fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. È esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi previsti dal decreto;

viene ridotto il termine di preavviso per la richiesta del congedo: da 15 giorni si passa a 5 per il congedo giornaliero e a 2 per quello su base oraria.

Nel messaggio di del  16 luglio l'INPS fornisce ulteriori  indicazioni sull' elevazione dei limiti temporali di fruibilità del congedo parentale da 8 a 12 anni per figli con disabilità in situazione di gravità e fa riferimento  anche al precedente messaggio n. 4576 del 6 luglio 2015.

In particolare nel nuovo messaggio si specifica che :

" per l’anno 2015, il prolungamento del congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro 12 anni (e non più 8 anni) dall'ingresso del minore in famiglia. Rimane fermo che il prolungamento del congedo parentale non può essere fruito oltre il raggiungimento della maggiore età del minore.

Rimane salvo, altresì, che il prolungamento del congedo parentale decorre a partire dalla conclusione del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente (circolare n. 32 del 6 marzo 2012).

Alla luce del nuovo quadro normativo, si rileva che i giorni fruiti fino al dodicesimo anno di vita del bambino – o fino al dodicesimo anno dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento - a titolo di congedo parentale ordinario e di prolungamento del congedo parentale non possono superare in totale i tre anni, con diritto per tutto il periodo alla indennità economica pari al 30% della retribuzione.

Si riepilogano di seguito, in base al vigente disposto normativo, i benefici previsti in favore dei genitori lavoratori per l’assistenza a figli con disabilità in situazione di gravità in alternativa al prolungamento del congedo parentale di cui all’art. 33 del Decreto Legislativo n. 151/2001.
tre giorni di permesso mensile, oppure le ore di riposo giornaliere per bambini, anche adottivi o affidati, fino a 3 anni di età;

tre giorni di permesso mensile per bambini tra i 3 e i 12 anni di vita, oppure tra i 3 anni di vita e fino a 12 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento.

Si ricorda che a partire dal compimento del dodicesimo anno di età del figlio biologico, e dal dodicesimo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato, si ricorda che i genitori possono fruire esclusivamente dei tre giorni di permesso mensile.

Si precisa che, a seguito dell’immediata entrata in vigore della riforma (dal  25 .6.2015) , nelle more dell’adeguamento degli applicativi informatici utilizzati per la presentazione della domanda on line, è consentita la presentazione della domanda in modalità cartacea utilizzando il modello rinvenibile sul sito internet dell’Istituto seguendo il seguente percorso: www.inps.it > modulistica > digitare nel campo “ricerca modulo” il seguente codice: SR08.

Si chiarisce che la domanda cartacea va utilizzata solo dai genitori lavoratori dipendenti che fruiscono di periodi di prolungamento di congedo parentale dal 25 giugno 2015 al 31 dicembre 2015, per figli in età compresa tra gli 8 ed i 12 anni, oppure per minori in adozione o affidamento che si trovano tra l’8° ed il 12° anno di ingresso in famiglia.

Per tutti gli altri genitori lavoratori dipendenti aventi diritto al prolungamento del congedo parentale per figli di età inferiore agli 8 anni, la domanda continua ad essere presentata in via telematica."



giovedì 16 aprile 2015

Lavoro le competenze più importanti per il 2015. Inglese professionale



Quali sono le competenze richieste ad un diplomato affinché trovi un lavoro anche senza una laurea? A questa difficile domanda ha provato a rispondere il rapporto Excelsior Unioncamere dal titolo “Il lavoro dopo gli studi” che, nella sua stesura riguardante l’andamento del mercato del lavoro, può contare su una vasta sezione dedicata proprio a coloro che trovano un impiego conseguendo solamente il diploma.

In tempo di crisi la ricerca di un lavoro può diventare una vera e propria impresa. Tuttavia esistono competenze che possono fare la differenza quando si è alla ricerca di un'occupazione.

Per le imprese, oltre ad una buona formazione di base, per cui ai diplomati è richiesto di essere effettivamente capaci e ferrati, nel loro campo, sono alla ricerca di profili che abbiano una serie di caratteristiche. In primis è necessario avere:

La conoscenza di una lingua straniera (richiesta a tre diplomati su dieci)

Conoscenze informatiche (richieste addirittura al 32% dei diplomati)

Una pregressa esperienza di lavoro (richiesta a 6 diplomati su dieci) con le conseguenti abilità pratiche che questa comporta.

La partecipazione ad un corso post-diploma, anello conclusivo della formazione senza laurea che, tra l’altro, ha il vantaggio di offrire l’alternanza scuola lavoro richiesta dalle aziende nel momento in cui preferiscono assumere un diplomato con esperienza.

Allora è bene leggere i risultati di uno studio condotto dalla National Association for Colleges and Employers, ente che mette in contatto gli uffici di placement delle università con le imprese, sulle competenze che ricercano le aziende nei neolaureati nel 2015.

Dai risultati di questa indagine, emerge come i titoli di studio acquistano importanza soltanto se accompagnati dalle giuste competenze: quindi per i laureati in ingegneria, informatica ed economia ci saranno sì maggiori offerte di lavoro, ma senza le competenze giuste tali occasioni potrebbero venire sprecate.

Siamo sepolti da pop up, incollati allo smartphone, in coda ai career centre... L'italiano si è riempito di anglicismi, ma quanti conoscono l'inglese dove serve davvero - e cioè, nella vita lavorativa? Ancora pochi: solo nel 2013, secondo Almalaurea, appena il 21% dei laureati italiani padroneggiava «fluentemente» una lingua che si dà quasi per scontato nel mercato occupazionale: «La conoscenza media dell'inglese corrisponde a quella che io chiamo “conoscenza da fast food”: posso ordinare qualcosa al ristorante, posso viaggiare, ma il mio livello non è affatto adeguato a quello atteso dagli standard delle multinazionali. Basti pensare alla concorrenza che fanno i ragazzi tedeschi e del nord Europa...», spiega Francesca Contardi, amministratore delegato di Page Personnel Italia.

Se poi le lingue richieste sono due o tre, il bilancio si aggrava. Senza scomodare cinese, russo o hindi, le aziende fanno fatica a trovare candidati con un livello sufficiente di tedesco: «Le aziende ci chiedono sempre candidati germanofoni, e paradossalmente facciamo fatica a coprire le posizioni che si aprono - spiega Lorenzo Selmi, manager di Technical Hunters -. Per non parlare di cinesi, hindi e tutti gli idiomi richiesti per i mercati emergenti».

Ecco l’elenco delle competenze richieste ai neolaureati nel 2015: capacità di lavorare in team, abilità di prendere decisioni e risolvere problemi, capacità di comunicare con le persone dentro e fuori l’azienda, capacità di pianificare, organizzare e stabilire priorità nel lavoro, possibilità di ottenere ed elaborare informazioni.

Per trovare lavoro, quindi, più che mettere in risalto titoli di studio o precedenti esperienze lavorative, occorre evidenziare bene le proprie competenze, soprattutto quelle che sono viste di buon occhio dai selezionatori.

L’uscita del rapporto aggiornato sullo stato dell’impiego in Linux per il 2015, stilato da Linux Foundation e Dice, rivela una ulteriore crescita della richiesta di professionisti certificati per il 2015, che però aumenta molto più velocemente rispetto al numero di profili disponibili.

“La richiesta di talenti Linux continua a ritmo sostenuto, e sta diventando sempre più importante per i datori di lavoro essere in grado di verificare che i candidati abbiano le qualifiche di cui essi hanno bisogno“, ha precisato Jim Zemlin, direttore esecutivo della Linux Foundation. “La formazione e le certificazioni sono un modo fondamentale di individuare talenti qualificati, e dato che sempre più persone si uniscono alla comunità Linux, sarà sempre più necessario per i professionisti mostrare di poter emergere in mezzo alla folla.”

Il Linux Jobs Report analizza le risposte di più di 1.000 responsabili del personale di aziende più o meno grandi e oltre 3.400 professionisti del mondo Linux, per fornire una panoramica della situazione del mercato per le carriere con Linux. Il punto saliente del Linux Jobs Report 2015 è la certificazione: chi assume è caccia di titoli di formazione e certificazione per identificare potenziali candidati qualificati.

Vediamo le 5 competenze più difficili da trovare.

Inglese fluente
In Italia ancora si fatica a parlare in modo fluente l’inglese. Colpa di insegnamenti scolastici spesso superficiali o fini a se stessi o dell’abitudine tipicamente italiana a tradurre i film in lingua originale (a differenza, ad esempio, dei Paesi del nord Europa dove la visione dei film in lingua originale aiuta l’apprendimento della lingua inglese), fatto sta che una percentuale ancora troppo bassa di italiani è in grado di parlare la lingua straniera più importante per il mercato occupazionale in maniera professionale.
Secondo Almalaurea nel 2013 solo il 21% dei laureati italiani era in grado di padroneggiare fluentemente la lingua.
Il bilancio peggiora quando ad essere richiesta è la conoscenza di più lingue straniere.

Competenze digitali
Altro tallone d’Achille tipicamente italiano è quello che riguarda le competenze digitali e informatiche, attese soprattutto dai neolaureati. Questo nonostante il settore dell’Ict sia in forte crescita e la ricerca si concentri su figure sempre più specifiche.
L’Italia, a dimostrazione della carenza appena citata, registra la percentuale più bassa nell’Ue di giovani assunti nell’Ict: si tratta dell’11,6% del totale contro la media europea del 16%.

 Esperienze extracurricolari
In un mercato del lavoro dove l’offerta di laureati è crescente, la necessità di differenziarsi anche attraverso esperienze di stage durante il periodo di studi è reale.

Sempre più spesso, infatti, per sbaragliare la concorrenza non sono sufficienti ottimi voti e studi in corso, ma sono richieste esperienze che dimostrino l’intraprendenza e la voglia di apprendimento del candidato.

Propensione alla mobilità nazionale e internazionale
In un mercato del lavoro sempre più dinamico ciò che viene richiesto e che non sempre è facile trovare nei candidati è la propensione alla mobilità sia su territorio nazionale ma, anche e soprattutto, su quello internazionale.

Capacità di muoversi tra gli annunci sul web
Ultima ma non ultima per importanza è la capacità di riuscire a giostrarsi tra i diversi annunci di lavoro presenti sul web. Tale capacità, infatti, secondo le agenzie denota una spinta all’innovazione e familiarità con il flusso di dati fornito dalla rete.



lunedì 23 febbraio 2015

Riforma del lavoro per l’anno 2015 come cambiano i contratti dì lavoro



Cambiano i contratti di lavoro con approvazione decreti attuativi del Jobs Act, dal primo marzo sarà ufficialmente in vigore. Per lo meno, lo saranno i primi due decreti che il governo ha portato oggi in Consiglio dei ministri, a conclusione di una maratona parlamentare durata quasi due mesi.

Riforma dei contratti (con la nuova disciplina che apre al demansionamento), via libera definitivo al nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (con le novità in materia di licenziamenti) e ai nuovi ammortizzatori, misure di flessibilità su conciliazione tempi lavoro-famiglia, a partire da congedi di maternità, paternità e parentali.

Via libera al contratto a tutele crescenti, al riordino delle forme contrattuali e all'abolizione dei contratti di collaborazione a progetto, co.co.pro, e restano i contratti a termine per u massimo di 36 mesi. Nel caso dei co.co.pro, resteranno in vita solo quelli in essere e saranno totalmente aboliti dal primo gennaio 2016, sostituiti dal nuovo contratto a tutele crescenti, contratto a tempo indeterminato e che prevede sgravi contributivi per tre anni per le aziende che assumono.

Significa che  nei casi, come riporta il provvedimento, di ‘modifica degli assetti organizzativi’, le imprese potranno decidere di spostare il lavoratore da un ruolo operativo ad un altro, senza però modificarne il livello di inquadramento o la retribuzione che si percepisce al momento del cambio di mansione. Considerando che, come spiegano diversi esperti, in questo momento di crisi le aziende hanno bisogno di flessibilità nella gestione dei propri lavoratori, questa soluzione è quella giusta che permetterà così proprio quella flessibilità organizzativa necessaria.

In realtà resteranno comunque in vigore altre formule di precariato, come il lavoro a chiamata, i voucher, il lavoro interinale, senza contare che rimarranno 5 i rinnovi di contratti a termine nell’arco di 36 mesi, prima di definire l’assunzione a tempo indeterminato.

“Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”. Il vecchio rapporto di assunzione stabile muterà forma, sotto la sigla del neonato contratto a tutele crescenti, che verrà attivato essenzialmente per le nuove assunzioni nel settore privato.

Confermate le modifiche al licenziamento di tipo economico e disciplinare, che costituiranno, secondo precisi criteri, modalità sufficienti a evitare il diritto al reintegro. Rimane inalterato il licenziamento discriminatorio.

Il decreto legislativo elimina quasi definitivamente i contratti di collaborazione a progetto, che a partire dal primo gennaio 2016 si trasformeranno in contratti a tempo indeterminato, restano alcuni tipi di collaborazione coordinata e continuativa, legati a particolari settori (ad esempio i call center) o tipologie professionali (i professionisti iscritti agli Ordini). In estrema sintesi, la regola è la seguente: quando il decreto entrerà definitivamente in vigore (fra un paio di mesi), le imprese non potranno più stipulare nuovi contratti di collaborazione a progetto, mentre quelli in essere proseguiranno fino alla loro scadenza. Poi, dall’1 gennaio 2016, i contratti di collaborazione «con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro» dovranno diventare rapporti a tempo indeterminato ai quali si applicheranno quindi le nuove tutele crescenti.

Spariscono il contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro e il job sarin , mentre resta sostanzialmente il contratto a tempo determinato (che quindi è applicabile per 36 mesi, tre anni, senza causale). È ampliato il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing), che non necessita più di causali e si può stipulare con un limite fissato al 10% del totale dei contratti a tempo indeterminato esistenti in azienda.

Novità sul part-time: in mancanza di regole precise fissate dai contratti collettivi, vengono stabilite per legge le modalità applicative: il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare, le parti possono pattuire clausole elastiche e flessibili in materia ad esempio di orario di lavoro. Viene infine previsto per il lavoratore il diritto a chiedere il part-time per necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa al congedo parentale.

Lavoro accessorio: elevato a 7mila euro il tetto massimo dell’importo, viene introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a chiamata.

La nuova disciplina delle mansioni introduce la possibilità di demansionamento del lavoratore, vietata dallo Statuto dei Lavoratori, in particolare, in presenza di ristrutturazione aziendale e in altri casi individuati dai contratti collettivi, l’impresa può modificare le mansioni del dipendente, limitatamente a un livello e senza diminuire lo stipendio. È anche possibile contrattare individualmente con il dipendente (in sede protetta, quindi attraverso una specifica procedura) modifica delle mansioni e del livello di inquadramento (e di retribuzione), «nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita».

Un’altra delega interviene sui congedi di maternità, paternità e congedi parentali e introduce novità in materia di telelavoro e donne vittime di violenza di genere. Per quanto riguarda i congedi di maternità, diventa più flessibile la possibilità di godere dei giorni di astensione obbligatoria non goduti in caso di parto prematuro, che possono essere fruiti successivamente, anche superano il limite dei cinque mesi. Prevista la possibilità, per la madre, di sospendere la maternità in caso di ricovero del neonato(previo certificato medico che attesti la buona salute della madre).

Il congedo di paternità è esteso a tutti i lavoratori (ora è previsto solo per i dipendenti): anche gli autonomi quindi possono utilizzarlo, nel caso in cui la madre non usufruisca del congedo di maternità.

Il congedo parentale è esteso ai primi 12 anni di vita del bambino (dagli attuali otto). Ampliati anche il congedo parzialmente retribuito al 30%, dagli attuali tre anni a sei anni di vita del bambino, e quello non retribuito, fino a 12 anni di vita del bambino (dagli attuali sei). Infine, sono introdotte nuove norme per tutelare la genitorialità in caso di adozioni e affidamenti prevedendo estensioni di tutele già previste per i genitori naturali.

In tema di telelavoro, previste agevolazioni per i datori di lavoro privati che lo concedano andando incontro alle esigenze di cure parentali dei dipendenti.

Infine, è previsto un nuovo congedo, di tre mesi, per le donne vittime di violenza di genere e inserite in percorsi di protezione debitamente certificati. La lavoratrice (dipendente o collaboratrice a progetto) mantiene l’intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi, e ha il diritto di chiedere la trasformazione del contratto in part-time.



giovedì 5 febbraio 2015

Contributi previdenziali Inps per artigiani e commercianti


Per il 2015 le aliquote dei contributi Inps dovuti da artigiani e commercianti salgono di 0,45 punti percentuali, come era stato stabilito dal Decreto salva Italia.

Con la Circolare n. 26 del 4 febbraio 2015, l'Inps ha aggiornato i livelli di contribuzione dovuti per l’anno 2015 da parte di artigiani e commercianti. Si deve ricordare, infatti, che, per effetto del decreto Salva Italia (D.L. n. 201/2011), la contribuzione è ulteriormente incrementata di 0,45 punti percentuali rispetto alle aliquote vigenti alla fine del 2013, raggiungendo il 22,65% per gli artigiani e il 22,74% per i commercianti.

L’aumento sarà effettuato – in egual misura - ogni anno fino a raggiungere il 24% nel 2018. Continua ad applicarsi la riduzione del 50% nei confronti degli autonomi con più di 65 anni di età, già titolari di pensione a carico dell’istituto. Resta fermo, per i commercianti, il versamento aggiuntivo dello 0,09% in più rispetto agli artigiani per l’indennizzo per la cessazione definitiva dell’attività commerciale. Per i coadiuvanti e coadiutori di età non superiore a 21 anni l’aliquota è ridotta di 3 punti percentuali.

I contributi previdenziali dovuti da un commerciante iscritto all’Inps vengono calcolati mediante l’applicazione di una percentuale ad un reddito minimo ( attribuito ad ogni singolo soggetto dell'impresa)  + una percentuale sull’eccedenza fino a un massimale, sempre fissato dall'INPS. Il reddito minimo annuo per il 2015 è pari a 15.548,00 euro.

Per periodi inferiori all'anno i contributi dovuti sul minimale devono essere sempre rapportati ai mesi effettivi.

Tali somme vanno versate in 4 rate di pari importo alle scadenze di:
18 maggio 2015
20 agosto 2015
16 novembre 2015
16 febbraio 2016

Nel 2015 vanno anche versati i contributi sul reddito 2014 eccedente il minimo, calcolati con la stessa aliquota  del 22.74%  per redditi fino a 46.123,00 euro , per i titolari di impresa,  mentre per redditi che superano tale soglia  l'aliquota sale al 23,74%.

Il massimale di reddito annuo  ai fini dei contributi IVS per il 2015 è pari a:
76.872,00 per gli iscritti alla gestione e con anzianità contributiva  anteriore al 1996 e  100.324,00 mentre per gli iscritti successivamente.  Queste somme vanno versate  entro i termini previsti dal pagamento delle imposte sui redditi  a titolo di saldo 2014, primo acconto 2015 e secondo acconto 2015.

Qualora il reddito 2015 ecceda il reddito 2014  e quindi quanto versato  in totale tra acconto e saldo,  sia inferire al dovuto, andrà versato un ulteriore  conguaglio.

I contributi previdenziali dovuti da un artigiano iscritto all’Inps vengono calcolati mediante l’applicazione di una percentuale ad un reddito minimo ( attribuito ad ogni singolo soggetto dell'impresa) + una percentuale sull’eccedenza fino a un massimale, sempre fissato dall'INPS. Il reddito minimo annuo per il 2015 è pari a 15.548,00 euro .

Come comunicato dalla Circolare INPS n. 26 del 4 febbraio 2015, l'aliquota per l'anno 2015 dei contributi IVS ( per prestazioni di invalidità, vecchiaia, superstiti) per gli artigiani è salita a

22,65 per i titolari e coadiutori di età superiore a 21 anni e a 19,65% per i coadiutori sotto i 21 anni.

Al contributo IVS va aggiunto il contributo per la maternità pari a 7,44 euro annui.

Di conseguenza i contributi previdenziali minimi ( IVS + maternità) ammontano a:

3.529,06 euro per titolari e coadiutori sopra i 21 anni e a 3,062,62 euro per i coadiutori sotto i 21 anni

 Per periodi inferiori all'anno i contributi dovuti sul minimale devono essere sempre rapportati ai mesi effettivi.

Nel 2015 vanno anche versati i contributi sul reddito 2014 eccedente il minimo , calcolati con la stessa aliquota del 22,65 per redditi fino a 46.123,00 euro, per i titolari di impresa, mentre per redditi che superano tale soglia l'aliquota sale al 23,65%.

Il massimale di reddito annuo ai fini dei contributi IVS per il 2015 è pari a:
 76.872,00 per gli iscritti alla gestione e con anzianità contributiva anteriore al 1996 e 100.324,00 mentre per gli iscritti successivamente

Queste somme vanno versate entro i termini previsti dal pagamento delle imposte sui redditi a titolo di saldo 2014, primo acconto 2015 e secondo acconto 2015.

Qualora il reddito 2015 ecceda il reddito 2014 e quindi quanto versato in totale tra acconto e saldo, sia inferire al dovuto, andrà versato un ulteriore conguaglio.



martedì 6 gennaio 2015

Professionisti, partite Iva, free-lance le tasse per il 2015



Anno nuovo, regole nuove. La legge di stabilità ha cambiato il regime agevolato per le «piccole» partite Iva, dal 2015 mini-imprese e professionisti dovranno fare i conti con un nuovo regime che vedrà un'imposta sostitutiva più alta (15% contro il 5% del precedente regime dei minimi) e con soglie di ricavi variabili a seconda dell'attività.

Il governo sostiene di aver ridotto, tramite la legge di Stabilità, di 800 milioni il monte-tassazione delle partite Iva. Ma è davvero così e il taglio interessa entrambi i segmenti del lavoro autonomo, quello tradizionale e quello di nuova generazione? Esaminando le tabelle allegate al provvedimento si viene a scoprire abbastanza agevolmente che 520 milioni (degli 800) serviranno a intervenire sui minimi contributivi di artigiani e commercianti, misura più che legittima ma che non ha niente a che vedere con il portafoglio di professionisti, chi lavora con partita IVA e freelance. Il resto delle risorse serve a coprire il cambio del regime dei minimi (per Irpef e Iva) con una platea allargata e che vede predominare in benefici dei commercianti.

Che cosa si può fare in concreto per venire incontro alle legittime esigenze delle partite Iva? A detta del sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti si tratta di decidere se si vuole operare a “invarianza di risorse” oppure se siamo in grado di investire risorse aggiuntive.

Nel primo caso Zanetti propone di rinunciare agli interventi sui contributi previdenziali di artigiani e commercianti – che assorbono buona parte degli 800 milioni stanziati per gli autonomi – , di confermare le nuove soglie Irpef previste dalla legge di Stabilità per le varie tipologie di partite Iva e alzare però il forfait per professionisti e freelance da 15 mila a 30 mila, “applicando un’aliquota fiscale tra il 10 e il 12%”. Per operare queste correzioni si potrebbero usare i decreti attuativi della delega fiscale che potrebbero essere approvati entro marzo.

“Tra l’altro la delega fiscale è la sede più appropriata per modificare norme di questo tipo e caso mai si è sbagliato a usare la Stabilità”. E’ chiaro che in questo modo artigiani e commercianti farebbero un passo indietro e i freelance avrebbero un regime fiscale dei minimi più severo di quello di oggi (10-12% contro 5%) ma valido per sempre – e non solo per 5 anni – e senza tetti anagrafici.

Se invece il governo fosse in grado di reperire nuove risorse il passo indietro per la previdenza di artigiani e commercianti non sarebbe più necessario e si potrebbe finanziare con alcune centinaia di milioni di euro il rialzo dei minimi per professionisti e freelance tra i 25 e i 30 mila euro.

Quindi dal 2015 i freelance andranno incontro a un salasso. La legge di Stabilità rivoluziona il regime dei minimi, uno status agevolato destinato agli under 35. Con le vecchie regole, le giovani partite Iva pagavano il 5% di Irpef, a patto di guadagnare meno di 30 mila euro l'anno. Dal primo gennaio l'aliquota triplica: passa al 15%. Ma è solo l'inizio, perché 30 mila euro, a quanto pare, sono troppi. Il governo ha introdotto delle soglie differenti a seconda dell'attività svolta. Per pagare il 15%, i commercianti devono incassare meno di 40 mila euro. I giovani professionisti meno di 15 mila.

In altre parole: chi ha guadagni mensili anche meno che decorosi, sforerà. Per la Confederazione Italiana Libere Professioni del Lazio il nuovo regime dei minimi contenuto nella legge di Stabilità, se non avverranno modifiche comporterà un incre­mento della tassazione dei giovani professionisti del 500% circa. Su un reddito medio ipotizzato di 19 mila euro, se nel 2014 si paga­vano 900 euro di Irpef-sostituto d’impresa, con la riforma in arrivo nel 2015 si sbor­seranno oltre 4 mila euro. Su base men­sile que­sto signi­fica un taglio di 200 euro almeno su un red­dito men­sile da 1400 euro. Questo rove­scio riguarda i professioni­sti under 40, i coe­ta­nei del pre­si­dente del Consiglio. Il vecchio regime dei minimi aveva una tassazione unica al 5%, nella quale si ricomprendevano Irpef, addizionali e Irap. Il limite massimo di reddito era di 30mila euro, e le agevolazioni valevano per cinque anni o fino al compimento del 35esimo anno di età del professionista. La tassazione sale dal 5 al 15%, l’asticella dei 30mila non vale più se non per alcune professioni.

Ad essi poi si applicheranno i cosiddetti coefficienti di redditività, che andranno a definire il reddito su cui applicare l’aliquota del 15%. In pratica un professionista tipo avvocato o commercialista che dovesse ottenere introiti per 20mila euro, ossia il massimo consentito dalle tabelle, si vedrebbe applicare un coefficiente del 78%, con un reddito definitivo di 15.600 euro e una esborso fiscale di 2.340 euro. Stando così le cose, bisognerà valutare bene se converrà aderire al regime dei minimi, tenendo presenti i livelli massimi di reddito e il coefficiente di redditività della propria professione, oppure optare per il regime ordinario dove si pagheranno più tasse ma si potranno però dedurre le spese sostenute.

Cancellato invece il limite dei cinque anni, e questa sembra essere l’unica novità positiva. Chi già paga le tasse con il regime dei minimi avrà una fase transitoria che permetterà di mantenere l’attuale regime agevolato.

Inoltre il governo ha dato il via libera agli aumenti contributivi Inps per gli iscritti alla gestione separata. Una misura, prevista dalla Riforma Fornero e bloccata dai precedenti governi, che porterà l'aliquota dal 27 al 33% entro il 2018. Con un primo scatto oltre il 29% già dal primo gennaio del 2015.

I freelance iscritti ad alcune casse professionali, con aliquote che vanno dal 12 al 22%, sono un po' più fortunati. Gli iscritti all'Inps che rientreranno nel regime dei minimi, vedranno evaporare in tasse il 44% dei loro (bene che vada) 15 mila euro. Chi invece ha la colpa di avere una partita Iva e uno stipendio decente dovrà sopportare una pressione fiscale del 52% nel 2015 e del 56% nel 2018.

Secondo una elaborazione della Fondazione Hume ha calcolato gli effetti del nuovo sistema su un giovane professionista del terziario, ad esempio un consulente informatico, che abbia deciso di mettersi in proprio. Quindicimila euro di compensi l’anno, capitale iniziale di circa duemila (il minimo per un computer e uno smartphone). Se avesse aperto la partita Iva la settimana scorsa, l’imposta sostitutiva si sarebbe attestata a 450 euro. Così, decolla a 811. Un aumento superiore all’80 per cento.

L’altro profilo è quello di un giovane che avvia un’attività di vendita al dettaglio e viaggia sui venticinquemila euro di ricavi l’anno. Bisogna calcolare un 10mila euro di costi, inevitabili per chi inizia. Se con il «vecchio» regime dei minimi, attivato entro il 2014, l’imposta sostitutiva si fermava a 520 euro, con il nuovo forfait - stima la Fondazione Hume - l’importo sfiora i 700.



giovedì 1 gennaio 2015

Lavoro: professioni più richieste e profili professionali per il 2015



Il mondo del lavoro è una realtà dinamica in costante trasformazione. I fabbisogni occupazionali cambiano in base alle fasi economiche, alle trasformazioni sociali e tecnologiche in corso. Professioni che sono molto ricercate potrebbero non esserlo più nel medio termine. Per questo, soprattutto in fasi critiche come quella attuale, è importante conoscere le tendenze che regolano il mercato del lavoro. Anche il percorso dalla scuola al lavoro non è sempre automatico. Per questo è importante, nella scelta degli studi, conoscere quali siano i titoli più richiesti, quali i laureati maggiormente ambiti dalle aziende. Per studiare i movimenti della domanda di lavoro e gli sbocchi professionali dei laureati è possibile consultare, oltre ai rapporti del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, le previsioni dell’Isfol sui fabbisogni occupazionali e i dati periodicamente curati dal sistema Excelsior.

Per quanto riguarda le professioni si conferma la tendenza alla polarizzazione, che vede aumentare le professioni ad alto livello di qualifica (professioni intellettuali e tecniche) e le professioni non qualificate a scapito di quelle a qualifica intermedia (artigiani, operai, conduttori di impianti).

Vediamo i profili:
Professioni alto profilo: ingegneri energetici e meccanici, esperti marketing, analisti e progettisti software.

Con Media specializzazione: in aumento la ricerca di commessi e camerieri.

Operai specializzati:  cresce la richiesta di elettricisti e operai addetti alle macchine confezionatrici.

Settore agricolo: +54mila assunzioni rispetto al 2013, con richieste di stagionali, addetti alla manutenzione di aree verdi e viticoltori.

Tra le dieci professioni emergenti figurano sia profili ad elevata qualifica come ingegneri, specialisti nella formazione, tecnici delle attività assicurative e specialisti in scienze giuridiche, sia professioni  a qualifica medio- bassa come artigiani, operai, addetti alle pulizie e all’igiene degli edifici e personale non qualificato addetto a servizi di pulizia.

Le prime dieci professioni a maggior crescita occupazionale dovrebbero, secondo i dati Isfol, determinare circa il 70% del totale delle nuove posizioni occupazionali previste per il 2015. Tra queste vi sono lavori a bassa qualifica, come personale addetto ai servizi di igiene e pulizia, professioni a media qualifica come personale di segreteria, esercenti, addetti alla ristorazione, esercenti delle vendite all'ingrosso e personale ad elevata specializzazione come tecnici delle scienze quantitative fisiche e chimiche, tecnici delle attività finanziarie ed assicurative e specialisti in scienze giuridiche. Vediamole in dettaglio.

Personale non qualificato addetto a servizi di pulizia, igienici, di lavanderia ed assimilati. Si tratta del personale non qualificato addetto a servizi di pulizia, igienici, di lavanderia ed assimilati. La quota rispetto all'occupazione totale salirà in questo ambito dal 7,8% del 2010 al 9,6% nel 2015. Svolgono attività di igienizzazione su vasta scala degli ambienti interni ed esterni di edifici. Qui nel 2015 le offerte di lavoro cresceranno dello 0,1% da 0,7% a 0,8%.

Esercenti ed addetti alle vendite all’ingrosso. Si tratta degli esercenti ed addetti alle vendite all'ingrosso. La quota rispetto all'occupazione totale passerà dall'1,2% del 2010 all'1,4% nel 2015. Assistono, consigliano e informano i clienti negli esercizi di vendita riservata a produttori, rivenditori distributori. Qui la quota nel 2015 salirà all’1,4% dall’1,2% del 2010.

Artigiani ed operai specializzati addetti alla pulizia ed all’igiene degli edifici. Riguarda tutti quegli artigiani ed operai specializzati addetti alla pulizia ed all'igiene degli edifici. L'incremento dal 2010 al 2015 è di uno 0,1% (da 0,7% a 0,8%).

Fabbri ferrai costruttori di utensili ed assimilati, ovvero costruttori di utensili ed assimilati passeranno nel 2015 dall'1,1% sull'occupazione totale all'1,3%. Dunque una professione letteralmente in risalita. Lavorano manualmente, anche con l’ausilio di macchinari, lingotti, lamiere e profilati in metallo.

Ingegneri e professioni assimilate. Chi si laurea in ingegneria difficilmente resterà senza lavoro. Nel 2015 la quota rispetto all'occupazione totale si manterrà allo 0,8%, un mestiere antico ma sempre attuale.

Personale non qualificato nei servizi turistici, nonostante la crisi e la conseguente minor spesa dei consumatori in chiave turistica, questo tipo di figura manterrà intatta la propria quota occupazione allo 0,3% del totale.

Specialisti in scienze giuridiche. In aumento la quota occupazionale per gli specialisti in scienze giuridiche, da giudici e/o avvocati a impiegati in uffici legali. La quota sul totale sale dall'1% all'1,1%. Avvocati, esperti legali in imprese ed enti pubblici, notai, magistrati: per queste unità professionali l’Isfol prevede un aumento della quota occupazionale dall’1% all’1,1%.

Specialisti dell’educazione e della formazione, ovvero specialisti dell'educazione e della formazione (insegnanti di sostegno). Ma ad alzare la quota dallo 0,3% allo 0,4% del 2015 saranno soprattutto i consulenti della formazione, quindi insegnanti, specialisti dell’educazione ma anche docenti della formazione.

Tecnici ed attività finanziarie ed assicurative. Specialisti in rilevazione e analisi dei dati finanziari, investimento di imprese e famiglie. Per queste offerte di lavoro si prevede un +0,1% dall’1,2% all’1,3%.

Professioni qualificate nei servizi sanitari. Supportano il personale sanitario nella somministrazione di terapie, nella sorveglianza e nella tutela dell’igiene. Anche qui quota occupazionale stabile allo 0,3%.

Profili e titoli di studio maggiormente richiesti 2015

Le Figure professionali della pulizia e dell'igiene.

I Responsabili del commercio all'ingrosso.

 Gli ingegneri in generale.

I fabbricanti di macchine utensili.

I profili non specializzati del settore turistico.

I professionisti in diritto come giuristi, magistrati, ecc.

I professionisti in assistenza infermieristica.

I professionisti del mercato finanziario.

Attestati di scuola superiore con indirizzo tecnico e commerciale.

Attestati di scuola superiore con indirizzo turistico e della ristorazione.

Attestati di scuola superiore con indirizzo tecnico manutentore.

Attestati di laurea in economia e commercio.

Attestati di laurea in ingegneria elettronica e scienze dell'informazione.

Attestati di laurea in ingegneria imprenditoriale.

Attestati di laurea in ingegneria civile e ambientale.

Attestati di laurea in ogni indirizzo di ingegneria.

Attestati di laurea in scienze della formazione.

Attestati di laurea in operatore sanitario-paramedico.





domenica 28 dicembre 2014

I nuovi sussidi di disoccupazione del 2015: Naspi, Asdi e Dis-coll



La riforma degli ammortizzatori sociali 2015 Jobs Act consiste nel mettere a punto il cd. sussidio universale destinato ai lavoratori in disoccupazione involontaria che non hanno i requisiti per accedere all'Aspi o alla mini AspI ed entreranno in vigore dal maggio del 2015.

Prendono forma i nuovi sussidi di disoccupazione, con l’estensione delle tutele a co.co.co. e co.co.pro. e l’introduzione di un sostegno per i disoccupati che abbiano esaurito la Naspi.

Vediamo come funziona il nuovo sussidio universale. Le risorse per finanziarie il nuovo sussidio universale NASPI sono già state inserite nel testo bozza Legge di Stabilità 2015 e utilizzabili già dall'inizio del prossimo anno, quindi un anno prima che il Jobs Act entri a regime nel 2016, e serviranno a coprire l'assegno di disoccupazione per circa un milione e 200-300.000 lavoratori atipici.

Una volta a regime poi, la disoccupazione Naspi sostituirà tutti gli ammortizzatori sociali, fatta eccezione della cassa integrazione ordinaria che sarà ammessa solo in presenza di determinate condizioni, mentre la CIG in deroga sparirà nel 2016 e la mobilità come previsto dalla precedente riforma degli ammortizzatori sociali non ci sarà più a partire dal 2017.

Cos'è e come funziona il nuovo sussidio universale NASPI 2015? E' un assegno che spetta ai lavoratori in disoccupazione involontaria, quindi chiunque perderà il lavoro, avrà diritto ad un assegno di disoccupazione se avrà lavorato almeno 3 mesi. Per cui basta con i ferrei limiti dell'ASPI, contributi da almeno due anni e aver lavorato negli ultimi 12 mesi, e della mini Aspi 13 settimane di contribuzione nell'ultimo anno e avanti con la nuova Naspi 2015 anche per i precari e co.co.co. per i lavoratori che avranno versato almeno tre mesi di contributi.

La NASpI è il sussidio di disoccupazione universale che sostituisce dal 2015 l'assegno unico di disoccupazione introdotto dalla Riforma Fornero, ovviamente, per l'entrata in vigore si dovranno attendere i decreti attuativi e le disposizioni circa le modalità di fruizione da parte del Ministero del Lavoro di concerto con l'INPS a cui spetta l'erogazione dell'indennità agli aventi diritto. L’importo della Naspi è rapportato alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni.

L’indennità mensile è pari al 75% dello stipendio, se questo è pari o inferiore a 1195 euro nel 2015, cifra poi rivalutata annualmente. Se la busta paga invece è superiore, l’importo della Naspi cresce fino a un massimo di 1.300 euro. L’indennità è ridotta progressivamente del 3 per cento al mese dal quinto mese di fruizione. Dal 2016, tale riduzione si applicherà dal quarto mese. Potranno richiedere la Naspi quanti, dopo la perdita involontaria del lavoro, possano far valere almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti e almeno 18 giornate di lavoro effettivo nell’ultimo anno. La Naspi durerà un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni: di conseguenza, sarà erogata per un massimo di due anni. Potrà beneficiarne chi parteciperà alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale.

Il 1 maggio 2015 vedrà la luce l’Asdi, l’Assegno di disoccupazione, in via sperimentale per l’anno 2015. La sua funzione è fornire un sostegno a quanti abbiano esaurito la Naspi per tutta la sua durata e si ritrovino ancora senza lavoro e in gravi difficoltà economiche per cui reddito ISEE entro determinate soglie. L’Asdi sarà erogato per una durata massima di sei mesi e sarà pari al 75% dell’ultimo trattamento percepito ai fini della Naspi. Le risorse per finanziare la misura verranno da uno specifico fondo istituito nello stato di previsione del ministero del Lavoro: la sua dotazione è pari a 300 milioni di euro nel 2015. Il sostegno economico sarà condizionato all’adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l’impiego. La durata ASDI sarà di 6 mesi per i quali l'INPS pagherà un assegno pari al 75% dell’ultimo trattamento percepito ai fini della Naspi.

La Dis-coll è un’altra misura varata in via sperimentale per il 2015, che interessa i nuovi eventi di disoccupazione dal 1 gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015: sarà riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita Iva. L’assegno sarà erogato a quanti possano far valere almeno tre mesi di contribuzione dal primo gennaio dell’anno solare precedente. La Dis-coll sarà pari al 75 per cento del reddito percepito nei casi in cui sia pari o inferiore nel 2015 all’importo di 1195 euro mensili, una cifra che poi sarà annualmente rivalutata. Nei casi in cui il reddito sia superiore, l’indennità cresce, ma senza superare l’importo massimo mensile di 1300 euro nel 2015. La Dis-coll durerà per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione presenti nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione del lavoro al predetto evento. La durata Dis-coll 2015 è pari alla metà dei mesi in cui si è effettuata la contribuzione a partire dal primo gennaio dell’anno solare precedente fino l’evento di cessazione del lavoro, per cui se sino versati 8 mesi di contributi da gennaio ad agosto, la durata dell'indennità dis coll. è pari a 4 mesi.



venerdì 19 dicembre 2014

Pensione di invalidità per l’anno 2015: le nuove regole



La Pensione invalidità civile che viene erogata dall’INPS ed è un assegno mensile che spetta ai cittadini affetti da patologie congenite o acquisite, tali da non consentire l’attività lavorativa e quindi il proprio mantenimento.

L’assegno di invalidità civile viene elargito in presenza di determinati requisiti e previa domanda, qualora i cittadini a causa di specifiche malattia non siano in grado di lavorare e quindi sostenersi, indipendentemente dal versamento dei contributi.

Il messaggio INPS 9626/2014 ha chiarito che i titolari di assegno ordinario di invalidità potranno, nel caso in cui questo specifico beneficio vengano confermate, diventa possibile esercitare la totalizzazione della pensione.

In base a questo specifico istituto previdenziale un lavoratore che ha versato contributi presso differenti sistemi e casse per la gestione pensionistica, qualora non abbia maturato il diritto alla pensione in nessuna di queste casse, può decidere di cumulare tutti i suoi contributi per ottenere un’unica pensione, senza ricorre alla ricongiunzione per cui dovrebbe sostenere delle spese economiche.

L’istituto di previdenza ha stabilito che d’ora in poi, i titolari di pensioni di invalidità che perdono l’assegno (ad esempio, perché viene meno il requisito), nel caso in cui abbiano contributi versati in altre gestioni possono effettuare la totalizzazione sia per il trattamento di anzianità (che richiede 40 anni e tre mesi di contributi, più la finestra mobile di 21 mesi), sia per ottenere la pensione di vecchiaia (65 anni e tre mesi più la finestra mobile).

L’unico caso in cui era già possibile la totalizzazione era quello in cui, a seguito di un peggioramento delle condizioni di salute del titolare, l’assegno di invalidità venisse trasformato in pensione di inabilità. La totalizzazione era invece esplicitamente vietata in caso di trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità, ovvero della pensione di invalidità, in pensione di vecchiaia. E non si poteva nemmeno cumulare un assegno di invalidità con contributi versati in un’altra gestione previdenziale, per totalizzarli in un’unica pensione.

Ricordiamo che la totalizzazione dei contributi previdenziali permette a lavoratori dipendenti, autonomi e professionisti che hanno effettuato versamenti in gestioni diverse di utilizzarli in tutto o in parte per ottenere un’unica pensione che sarà la somma dei trattamenti di competenza di ciascun istituto previdenziale. La totalizzazione è gratuita, ed è una possibilità diversa dalla ricongiunzione dei contributi, che spesso è invece onerosa, e permette (sempre a chi ha effettuato versamenti presso più enti) di unirli per ottenere alla fine una pensione da un unico ente previdenziale.

Vediamo chi può beneficiarne. Possono richiedere la totalizzazione dei contributi sia i lavoratori subordinati che i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. La totalizzazione può essere richiesta anche dai parenti di un superstiti di un assicurato, nel solo caso in cui l’assicurato stesso sia morto prima di maturare il diritto alla pensione. Il beneficio della totalizzazione è stato previsto, in particolare per i lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria (invalidità, vecchiaia e superstiti); iscritti alle gestioni pensionistiche che sostituiscono o esonerano dall’assicurazione obbligatoria; iscritti agli enti previdenziali privati; iscritti alla gestione separata o, ancora, iscritti ai fondi di previdenza per i ministri di culto di chiese differenti da quella cattolica.

Con il messaggio recentemente emanato dall’INPS (9626/2014) tuttavia, il divieto di totalizzazione viene limitato ai soli casi in cui l’assegno di invalidità continui ad essere assegnato al soggetto titolare di trattamento pensionistico. Per gli altri contribuenti, ovvero per quei soggetti che perdono la pensione di invalidità in seguito alla revisione del loro stato di invalidità, si prevede un regime di maggiore flessibilità, dal momento che potranno esercitare la possibilità di totalizzare le loro altre pensioni e, nel caso in cui siano i contributi accreditati, alla pensione di anzianità in totalizzazione (40 anni e 3 mesi) o alla pensione di vecchiaia (65 anni e 3 mesi).

La pensione invalidità quindi è un assegno mensile che l’Istituto eroga a favore dei cittadini affetti da determinate malattie che non consentono di svolgere alcun tipo di attività lavorativa e si differenzia dagli altri tipi di invalidità perché non richiede il versamento dei contributi.
Un cittadino quindi affetto da una patologia invalidante, ha diritto a ricevere l’assegno di pensione di invalidità civile anche se non ha mai versato contributi obbligatori all’INPS.

Il riconoscimento del diritto a ricevere la pensione di invalidità civile INPS prevede specifici requisiti, quali:

pensione invalidità civile requisiti Sanitari: il diritto all’assegno di invalidità civile si ottiene solo se il tipo di malattia invalidante di cui è affetta la persona rientra nelle fattispecie individuate dalla legge e se la percentuale di invalidità riconosciuta dalla Commissione Sanitaria ASL è tra il 100% e il 74%;

pensione invalidità civile requisiti di età: il riconoscimento dell’assegno di invalidità è riconosciuto dai 18 anni ai 65 anni, in quanto per i minori e gli ultrasessanticinquenni vi sono altri tipi di prestazioni specifiche;

pensione invalidità civile requisiti di reddito: l’assegno di invalidità spetta in misura proporzionale ai limiti di reddito.

Nello specifico, l’accertamento dei requisiti sanitari, devono essere appurati dall’INPS previa conferma da parte della Commissione Medica ASL, la quale ha il compito di determinare la percentuale di invalidità e confermare il diritto alla pensione di invalidità civile. Una volta accertato e riconosciuto il diritto, il cittadino tramite Caf e Patronati o mediante PIN dispositivo INPS, può inoltrare la domanda online per il riconoscimento dell’invalidità civile e dei vari benefici che ne derivano come la pensione, l’assegno, le agevolazioni fiscali, congedi e permessi lavorativi, esenzione dal ticket sanitario ecc.




martedì 16 dicembre 2014

Pensioni e prepensionamenti per il 2015



I meccanismi di uscita anticipata dovrebbero prevedere pensione anticipata a 62 anni con 35 anni di contributi e una serie di penalizzazioni e, al contrario, incentivi per chi decide invece di rimare a lavoro oltre i 66 anni e fino ai 70; uscita anticipata con prestito pensionistico, per lasciare il lavoro qualche anno prima rispetto ai 66 anni percependo un anticipo sulla pensione finale che dovrà poi essere restituito con piccole trattenute mensili una volta maturati i requisiti normalmente richiesti; e uscita a quota 100.

Ma restano da sciogliere i nodi su caso esodati, quota 96 della scuola, prepensionamenti e ricollocamenti dei dipendenti in esubero delle province, le cui soluzioni dovrebbero arrivare prima del prossimo anno. Ma il 2015 potrebbe essere anche l’anno degli interventi, negativi, già annunciati dal premier prima dell’estate, ma poi rimandati, vale a dire modifiche per le pensioni integrative, di invalidità e reversibilità, nonché novità sulle tanto discusse baby pensioni.

Come sappiamo, la Legge di Stabilità ha scombinato le carte del futuro pensionistico di molti lavoratori, soprattutto nel settore scolastico. Chi effettuerà domanda di pensione alla prossima scadenza del 15 gennaio 2015 (data ultima per la presentazione delle domande) dovrà tenere presente che sono state abolite alcune penalizzazioni destinate a coloro che effettuavano domanda di pensione senza aver raggiunto l'età anagrafica minima, che consisteva nel trattenimento dell'1% dell'assegno pensionistico per i primi due anni, cifra raddoppiata per ogni ulteriore anno fino al raggiungimento dei 62 anni di età.

Attenzione però: non tutti potranno beneficiare di questo sconto, ma solo quanti raggiungeranno la soglia d'età per la pensione entro il 2017. Non varia, al contrario, la norma che prevede il termine fino a due anni per la ricezione del trattamento di fine rapporto, nel caso di richiesta di pensione anticipata.

Rimangono immutati i requisiti per chi effettua domanda di pensione all'inizio del prossimo anno. I requisiti sono molto articolati. Vale la pena riassumerli a beneficio dei nostri lettori.

Per chi ha raggiunto i requisiti dopo l'entrata in vigore della riforma del lavoro del ministro Fornero è possibile richiedere la pensione di anzianità se si compiranno 66 anni e tre mesi entro il 31 agosto o entro il 31 dicembre, nel caso sia lo stesso lavoratore a presentare la domanda. Ovviamente, il requisito indispensabile è aver accumulato almeno vent'anni di contributi.

Chi non rientra nei requisiti precedenti potrà fare domanda di pensione anticipata, a patto che abbia i requisiti elencati di seguito. Per gli uomini è necessario raggiungere un'anzianità contributiva di 42 anni e mezzo entro la fine del 2015, mentre per le donne la soglia è inferiore di un anno. Identica la norma che regola la richiesta di pensione con il sistema contributivo, limitata però alle sole donne, che dovranno avere contributi per almeno 35 anni ed età anagrafica di almeno 57 anni.

Chi invece ha raggiunto i requisiti minimi per il pensionamento prima della riforma Fornero ma si trova ancora in attività potrà usufruire di criteri diversi e, più precisamente, ricevere la pensione di anzianità al raggiungimento della cosiddetta "quota 96" che prevede due casi specifici. Il primo è avere un'età superiore ai 60 anni e 36 anni di contribuzione, mentre il secondo prevede il raggiungimento di 61 di età e 35 di contribuzione (valgono anche le frazioni di anno). Valida per tutti l'opzione che permette di ricevere la pensione di anzianità con 40 anni di servizio, a patto che sia stata maturata entro il 2011.



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