martedì 23 agosto 2016

CCNL: rinnovo contratto dirigenti terziario



Nel rinnovo, che riguarda oltre 22mila dirigenti, decorre dal 1° gennaio 2015, fatte salve le diverse decorrenze previste da singole norme, e ha scadenza il 31 dicembre 2018, potenziati welfare e politiche attive, regolate le tutele in uscita, previsto un aumento retributivo. Per favorire l’inserimento di dirigenti nelle imprese prive di manager esterni e aumentarne la competitività inserite agevolazioni contributive al welfare contrattuale. L’accordo, siglato da Manageritalia e Confcommercio rende il ccnl dirigenti del terziario, della distribuzione e dei servizi sempre più flessibile e capace di rispondere a esigenze di manager e aziende.

Un rafforzamento delle politiche attive con un voucher di 5.000 euro da utilizzare per servizi di ricollocazione presso società convenzionate o come consulenza per l’avvio di attività imprenditoriali e una contestuale riduzione di quelle passive agendo sui termini di preavviso del licenziamento e sulle indennità risarcitoria per il licenziamento ingiustificato. Un’azione sulla retribuzione attuale e differita, con un aumento retributivo di 350 euro lordi (2017/2018) e della previdenza complementare Mario Negri di circa 400 euro (2015/2018). Un aumento delle tutele previste in caso di malattie più gravi e una diminuzione per quelle che lo sono meno.

L’inserimento di un articolo denominato “Produttività e Benessere” per promuovere e sostenere azioni volte a favorire le buone pratiche della  produttività e del benessere aziendale.

In tema di agevolazioni contributive, sono state mantenute nell'accordo di rinnovo quelle relative all'assunzione e alla nomina di dirigenti che abbiano una determinata età, che siano disoccupati o che siano stati assunti con contratto a tempo determinato. Tali forme di contribuzione ridotta hanno subito modifiche con riferimento alla loro durata e ai requisiti anagrafici dei dirigenti interessati e saranno come di seguito attribuite: fino a 40 anni di età per un periodo massimo di 4 anni; da 41 a 45 anni, per un periodo massimo di 3 anni; da 46 e fino al compimento dei 48 anni, per un periodo massimo di 2 anni; disoccupati di età non inferiore a 55 anni compiuti, per un periodo massimo di un anno. Decorsi tali periodi, al dirigente si applicherà la normativa generale contrattuale. I dirigenti assunti con contratto a tempo determinato potranno usufruire dell’agevolazione indipendentemente dalla loro età anagrafica, per un periodo pari alla metà dell’intera durata del rapporto di lavoro e comunque per non più di due anni. In ogni caso, tale agevolazione non si applica ai contratti di durata inferiore a un anno.

<<Con questo rinnovo – ha detto Guido Carella, presidente Manageritalia – il contratto dirigenti del terziario conferma e amplia la sua capacità di essere un’indispensabile base di partenza perché imprese e manager instaurino rapporti di fiducia basati su valore scambiato, contributo apportato e sviluppo reciproco. Risponde al meglio alle necessità di flessibilità e tutela del lavoratore e dell’azienda con una modularità di valore e costo. Valorizza il management e aiuta la competitività delle imprese, perché da oggi ancor più nessuna azienda, anche la più piccola e in difficoltà, può motivare la sua “carenza” manageriale con la scusa del costo o della rigidità del contratto. Un rinnovo che ribadisce l’indispensabile ruolo e valore del contratto collettivo nazionale, rafforza il ruolo delle parti sociali e la strada della bilateralità>>.

Aumento retributivo e minimo contrattuale Per il biennio 2017/2018 è stato stabilito un aumento retributivo a regime pari a euro 350,00 mensili lordi, assorbibile solo da elementi individuali corrisposti espressamente con tale clausola. Tenendo conto della situazione economica, le Parti hanno concordato di non prevedere nessun incremento retributivo per il 2016.
Gli aumenti mensili lordi verranno corrisposti con le seguenti decorrenze e nelle misure di seguito illustrate:

80,00 euro, a decorrere dal 1° gennaio 2017;

100,00 euro, a decorrere dal 1° gennaio 2018;

170 euro, a decorrere dal 1° dicembre 2018.

È espressamente previsto che ai fini del calcolo dell’indennità supplementare, la retribuzione mensile lorda di riferimento sarà comprensiva:

a) del valore convenzionale dell’eventuale retribuzione in natura (fringe benefits);

b) dei ratei delle mensilità supplementari;

c) della media degli emolumenti corrisposti a titolo di retribuzione variabile negli ultimi 36 mesi o nel minor periodo di servizio prestato;

d) degli effetti sul trattamento di fine rapporto.

Sono state altresì ridefinite le maggiorazioni per l’età in caso di licenziamento di un dirigente con anzianità di servizio prestato in azienda nella qualifica superiore a dodici anni (e non più superiore a dieci, come precedentemente previsto). L'indennità supplementare è automaticamente aumentata in relazione all’età nelle seguenti misure: Da ultimo, un’ulteriore novità ha interessato la normativa che disciplina la malattia: il periodo di aspettativa retribuita è stato ridotto da dodici a otto mesi. Tuttavia, in caso di patologie gravi e continuative che richiedano terapie salvavita, il dirigente potrà richiedere un ulteriore periodo di aspettativa per sei mesi, durante i quali verrà corrisposta al dirigente l’intera retribuzione. In caso di risoluzione del rapporto al termine di quest’ulteriore periodo di aspettativa, al dirigente sarà dovuta, oltre al trattamento di fine rapporto, anche l’indennità sostitutiva del preavviso.


Rinnovo contratto statali quanto deve spettare al dipendente pubblico




La vicenda degli stipendi degli statali risale ormai dal 2010, quando si impose per decreto il blocco delle buste paga di circa 3,3 milioni di dipendenti pubblici per gli anni 2011-2012-2013. poi non più revocato.

Sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego si è partiti col il passo inopportuno, infatti sono fermi da sei anni, in seguito  la Corte costituzionale, con la sentenza n. 178 del luglio 2015, ha stabilito che il blocco doveva cessare, e bisognava rinnovare i contratti. Di qui all'ultimo giorno in cui la legge di stabilità 2017 uscirà dal parlamento  sarà  aperto lo scontro su quante risorse destinare al rinnovo dei contratti degli statali. Ovvero i dipendenti statali, circa tre milioni di dipendenti pubblici. Subiscono il blocco dei contratti di lavoro da sei -sette anni, e hanno diritto, non fosse altro che per la sentenza sopra menzionata, al rinnovo del contratto di lavoro.

Vediamo gli effetti dello stop retributivo pubblico. È ovvio che i sindacati del pubblico impiego considerino molto grave che, fatta 100 la base retributiva pubblica del 2010, essa sia la stessa a giugno 2016, sicché in termini reali i dipendenti pubblici hanno perso potere d'acquisto.

Mentre le retribuzioni del settore privato sono passate da 100 del 2010 a 109,9. Bisogna però equilibrare questo dato con un altro, più di lungo periodo. Le retribuzioni pubbliche conoscevano da decenni andamenti nel complesso superiori rispetto a quelle private. Nel solo periodo 2001-2009, cioè prima dello stop, l'incremento complessivo nominale delle retribuzioni di fatto pubbliche è stato secondo l'Istat del 31,9%, a fronte del 27% nell'industria privata e del 23,% nei servizi di mercato.

Il rinnovo del contratto degli statali sembra che stia entrando nel vivo, appena qualche giorno fa la UilPa ha piazzato l’asticella delle risorse che il governo dovrebbe mettere sul tavolo del rinnovo del contratto degli statali a 7 miliardi a regime, al di sotto di questa cifra non avrebbe senso neanche sedersi al tavolo della trattativa per discuterne, le altre sigle sindacali come Cgil e la Cisl sono quasi sulla stessa lunghezza d’onda della UilPA.

La CGIL ha chiesto un’aumento di stipendio per i 3 milioni di dipendenti statali di circa 220 euro lordi al mese, che al netto delle tasse fanno 132 euro, mentre la Cisl ha chiesto un’incremento in busta paga di 150 euro, cifre molto distanti di quelle fornite dal Governo che ad oggi sarebbe disposto a stanziare circa 300 milioni di euro che divisi per tutti i dipendenti statali sarebbero non più di 10 € di aumento a testa, una vera e propria presa in giro.

Il governo in queste ultime settimane si è reso conto che i 300 milioni di euro sono davvero irrisori ed i fondi da destinare ai dipendenti pubblici devono essere aumentati.

Tra le soluzioni al momento in discussione c’è l’idea di un’aumento di 80 € come è accaduto appena qualche anno fa per i redditi più bassi in questo modo non si andrebbe al di sotto del bonus 80 euro ed allo stesso tempo si tratterebbe di un aumento contrattuale qualche gradino al di sotto di 110 euro mediamente ottenuto dai dipendenti privati nei contratti rinnovati fino ad ora.

Poniamoci delle domande Hanno diritto ad un aumento salariale?

Già, ma quanto? Quanti euro fa questo diritto? Subito dopo la sentenza il governo pro forma mise a bilancio trecento milioni per gli statali: faceva 5/6 euro al mese lordi per lavoratore.

Appena iniziate le trattative reali il governo ha subito spiegato che non sarà trecento milioni la sua disponibilità, sarà di più. Ma quanto di più il governo non ha detto. Hanno detto invece i sindacati: sette miliardi.

Che fa più o meno 150 euro lordi al mese di aumento per dipendente pubblico. Come li calcolano i sindacati questi sette miliardi?

Più o meno così: moltiplicando per tutti gli anni di blocco contrattuale l’inflazione più un totale inerente alla per loro naturale e doverosa progressione delle retribuzioni. Ci provano, è il loro mestiere.

Ma il diritto, come espresso sopra agli statali spetta da sentenza della Corte Costituzionale non sono 150 euro lordi di aumento al mese.

Quel che spetta agli statali, sentenza alla mano è 20/40 euro lori al mese a seconda del grado e qualifica del lavoratore.

La sentenza non impone il recupero del passato, anzi di fatto fissa da quando si ricomincia ad avere contratti non bloccati. E quel quando è il 30 luglio 2015. Quindi agli statali spetta il recupero dei soldi perduti da quella data, dal 30 luglio 2015.

Il recupero da quella data fa 1,2 miliardi di euro e significa appunto 20/40 euro al mese di aumento per dipendente pubblico. Fin qui quel che loro spetta da sentenza, liberissimi di chiedere di più. Ma non in nome di una sentenza che esclude il recupero integrale del blocco contrattuale. Quanto poi alla richiesta del recupero integrale di quanto perso nei sette anni e passa della crisi economica, una domanda impertinente ma assolutamente pertinente. I sindacati, non solo degli statali, quasi sempre si ingegnano a calcolare l’ammontare degli aumenti non avuti se fosse andata come prima della crisi. Fanno al cifra e la dichiarano “soldi persi dai lavoratori”.

Nel calendario della P.A. prima dei contratti viene però la riforma della dirigenza, con la creazione del ruolo unico, la determinazione della durata degli incarichi (quattro anni), l'accesso per concorso con esame di conferma dopo tre anni (altrimenti si retrocede). In linea di principio le novità trovano il favore dei sindacati, che però lanciano l'allarme su eventuali discriminazioni. «In una riforma che già non comprende tutta la dirigenza della Repubblica, perché esclude prefetti e diplomatici, professori universitari e presidi, vogliamo creare ulteriori divisioni?», si chiede Barbara Casagrande, segretario generale di Unadis e Confedir.


domenica 14 agosto 2016

Lavoro: l’importanza delle lingue straniere nel mondo del lavoro



Il mercato del lavoro cambia: l’internazionalizzazione sta producendo la necessità di una sempre maggior qualificazione per accedere ad opportunità lavorative per le quali la concorrenza è forte. È ormai chiaro che un requisito determinante è quello della conoscenza delle lingue straniere : non è più pensabile candidarsi a posti di lavoro in aziende che operino sia su scala nazionale che internazionale senza un’adeguata padronanza almeno dell’inglese.

Conoscere una lingua straniera e l’inglese in particolare, sia uno dei requisiti fondamentali per entrare nel mondo del lavoro, è notizia nota , ma cosa penseresti se ti dicessimo che al giorno d’oggi essere bilingue non è più sufficiente?

In un mondo che muta velocemente, dove tutti sanno che imparare l’inglese non è più un  optional ma un obbligo, è necessario aggiungere al curriculum sempre più requisiti che ci consentano di emergere dalla moltitudine di candidati che competono per un posto di lavoro.

Stabilito che oltre a perfezionare l’inglese è necessario imparare una terza lingua, il passaggio successivo è quello di scegliere quale. Visto che imparare una lingua può richiedere tempo e sacrifici sarebbe a questo punto necessario chiedersi “Quali sono le lingue più richieste nel mondo del lavoro (dopo l’inglese)?”

Solitamente per la scelta della lingua da studiare si prende in considerazione soprattutto il grado di diffusione di quest’ultima nel mondo, tuttavia l’ideale è concentrarsi sulle lingue parlate nei mercati in via di sviluppo.

INGLESE
Diventare fluenti nella lingua e magari specializzarsi anche in un inglese più commerciale è il primo passo da seguire. Un ulteriore consiglio è quello di munirsi di certificazioni, specialmente se si vuole lavorare all'estero.

CINESE
Bisogna guardarsi intorno per capire come il commercio con la Cina si stia sviluppando di giorno in giorno. Non a caso questo paese è il terzo in Italia in quanto a importazione di prodotti nel campo del Fashion e Luxury nonché Sales e Retail. Il cinese dunque non è solo la lingua più parlata al mondo ma sarà anche quella più richiesta da aziende di diverso settore, prima tra tutte quelle di moda.

PORTOGHESE
Nella classifica delle lingue più parlate al mondo il portoghese si piazza al sesto posto. Ma è una delle prime lingue da prendere in considerazione tenendo presente che il Brasile,e non solo, è uno dei mercati che si sta sviluppando più rapidamente. I settori maggiormente interessati a questa lingua sono quelli dell’ingegneria e del commercio.

ARABO
I settori che richiedono maggiormente questa lingua sono il giornalismo, interpretariato e traduzioni, il turismo, nonché l’ingegneria. Ad oggi l’arabo è la quarta lingua più diffusa nel mondo e può aprire diversi sbocchi professionali.

SPAGNOLO
Parlato in 44 Paesi diversi, la lingua spagnola è molto richiesta nel settore del commercio internazionale e nell'ingegneria. Considerando poi che l’America Latina sta crescendo notevolmente dal punto di vista economico, imparare lo spagnolo potrà rivelarsi sicuramente un ottimo investimento per il futuro.

TEDESCO
Tra le lingue Europee il tedesco è probabilmente quella più utile al momento per trovare lavoro in quanto è oramai il partner commerciale più importante per l’Italia. Il settore bancario, dell’auto e finanziario, sono quelli più interessati alla lingua tedesca.


Quanto sia accresciuta l'importanza delle lingue straniere lo dimostra un rapporto curato della Commissione Europea, denominato “Languages for Jobs” , risultato di uno studio al quale hanno partecipato oltre 30 studiosi ed esperti dei vari paesi dell’UE (tra cui anche un paio di Italiani): si trattava di sottoporre un questionario mirato ad oltre 500 aziende, delle più varie tipologie e dimensioni: quel che è emerso con forza è che le conoscenze linguistiche vanno di pari passo con la competitività sui mercati del mondo globalizzato.

Le aziende più dinamiche (spesso quelle di dimensioni minori) e che stanno rispondendo alla crisi con  più efficacia o addirittura non risentendone, sono risultate quelle la cui percentuale di addetti o dipendenti con una buona conoscenza delle lingue è maggiore, rispetto ad imprese meno attente al problema.

Il punto è proprio questo: la padronanza delle lingue o la mancanza di essa può costituire rispettivamente un’opportunità di crescita (chi le sa può trovare nuovi lavori, nuovi mercati) oppure un freno al proprio sviluppo (chi non le sa trova porte chiuse ovunque).

Si stima  da fonti ufficiali dell’UE che nella sola Europa siano in qualche modo presenti 175 “nazionalità”: saper comunicare è a questo punto un pre-requisito.

Uno studio UE d afferma inoltre che le  competenze comunicative  sono al terzo posto tra le caratteristiche maggiormente richieste dai datori di lavoro ai possibili neo-assunti: che cos'altro è una lingua se non il primo è più potente veicolo di comunicazione?

Naturalmente l’importanza della conoscenza di una lingua straniera sta tanto nella sua utilità e spendibilità immediata, quanto nel suo valore maggiormente “culturale”: saper tradurre con precisione una scheda tecnica di un prodotto può essere rilevante quanto la conoscenza della cultura di un paese con il quale si sta intraprendendo una trattativa commerciale.



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