domenica 14 gennaio 2018

Pensioni 2018 di integrazione al minimo



L'integrazione al trattamento minimo scatta quando il pensionato con i suoi contributi avrebbe diritto ad un importo pensionistico inferiore al minimo di sopravvivenza stabilito dalla legge.

Con la fine della stagnazione che ha caratterizzato gli ultimi anni l’indicizzazione torna a far salire le pensioni 2018, e fra le conseguenze, oltre agli assegni più alti per coloro che percepiscono l’assegno previdenziale c’è anche l’innalzamento della soglia sotto la quale scatta il diritto all’integrazione al minimo. Si tratta del trattamento riconosciuto ai pensionati che hanno un reddito inferiore alla pensione minima. Quest’anno la pensione minima, per effetto dell’adeguamento all’inflazione, sale a 507,46 euro, e di conseguenza diventa questa la cifra di riferimento per il diritto all’integrazione al minimo.

Il trattamento minimo è un’integrazione che lo Stato, tramite l’INPS, corrisponde al pensionato quando la pensione, derivante dal calcolo dei contributi versati, è di importo molto basso, al di sotto di quello che viene considerato il “minimo vitale”. In tal caso l’importo della pensione spettante viene aumentato (“integrato”) fino a raggiungere una cifra stabilita di anno in anno dalla legge. Il trattamento minimo per l'anno 2018 è fissato in 507,46 euro. Per cui le prestazioni a carattere previdenziale al di sotto di tale soglia possono essere oggetto di una integrazione al minimo. L’anno scorso avevano diritto all’integrazione al minimo i trattamenti inferiori a 501,89 euro, quest’anno invece il diritto scatta sotto quota 507,46 euro, pari a 6mila 596,46 euro all’anno. Questa è la soglia per ottenere l’integrazione piena (pari alla pensione minima), mentre l’importo scende a mano a mano che sale il reddito, fino ad esaurirsi a quota 13mila 192,92 euro (1014,84 euro al mese). Il riferimento è la legge 463/1983, che all’articolo 6 prevede i tetti sopra i quali non si ha più diritto all’integrazione al minimo. La norma differenzia fra pensionati coniugati e non coniugati.

I Requisiti. Per ottenere l'integrazione al minimo il soggetto deve soddisfare determinati requisiti di reddito in quanto non tutte le prestazioni al di sotto della soglia limite possono essere integrate. Vediamoli.

Pensionati non coniugati: prendono l’integrazione piena se hanno un reddito fino a 6mila 596,46 euro all’anno. Se invece hanno un reddito compreso fra 6mila 596,46 e 13mila 192,92 euro, devono fare la differenza fra il tetto massimo e il reddito. Esempio: pensione di 11mila euro. Il calcolo: 13mila 192,92 euro – 11mila = 2mila 192,2. Dividendo per 13 mensilità, si ottiene un’integrazione intorno ai 168 euro al mese.

Pensionati coniugati: i redditi propri (quindi del singolo pensionati che chiede l’integrazione) devono rispettare i paletti sopra descritti. E quelli della coppia non posso essere superiori a 26mila 385,84 euro. Bisogna fare lo stesso calcolo sopra descritto, e poi effettuare la stessa operazione con il reddito della coppia (da sottrarre al reddito massimo consentito per la coppia). L’integrazione sarà pari al più basso fra i due risultati. Esempio reddito del sinolo pari a 11mila euro, reddito della coppia pari a 20mila euro. Il calcolo per il singolo è lo stesso sopra descritto (integrazione spettante 2mila 192,2 euro). Il calcolo sul reddito della coppia è il seguente: 26mila 385,84 – 20mila = 6mila 385,84. L’integrazione è pari alla cifra più bassa, quindi a 2mila 192,2 euro.

Il paletto relativo al reddito coniugale si applica solo alle pensioni con decorrenza posteriore al 1994. Per quelle precedenti, il reddito del coniuge è irrilevante.  Dal calcolo dei redditi si escludono i trattamenti di fine rapporto, la casa di abitazione, le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata, tutti i redditi non soggetti a IRPEF, e il reddito rappresentato dalla pensione da integrare.

L'integrazione al minimo è, pertanto, strettamente legata ai redditi del pensionato e della coppia. Ai fini della valutazione dei redditi bisogna considerare sia quelli personali che quelli del coniuge non legalmente ed effettivamente separato, con la sola eccezione: dei redditi esenti da Irpef (pensioni di guerra, rendite Inail, pensioni degli invalidi civili, i trattamenti di famiglia, Trattamento di fine rapporto, eccetera), della pensione da integrare al minimo, del reddito della casa di abitazione; gli arretrati soggetti a tassazione separata. Qualsiasi altro reddito entra nella valutazione.




domenica 7 gennaio 2018

INPS: cassetto previdenziale per il lavoro domestico



Il Cassetto nasce dall’esigenza di facilitare i soggetti contribuenti nella consultazione dei dati contenuti negli archivi dell’INPS, fornendo una situazione riassuntiva delle informazioni inerenti la propria posizione previdenziale.

Una volta entrati nella servizio dedicato al lavoro domestico le nuove funzioni sono disponibili sotto la voce “Cassetto previdenziale lavoro domestico”. 

Il nuovo servizio è rivolto ai datori di lavoro domestico che possono consultare i dati relativi ai contratti in essere o passati, ai pagamenti versati o da versare, effettuando eventuali versamenti dovuti attraverso il portale dei pagamenti. Si tratta del Cassetto Previdenziale LD, che consente di visualizzare le informazioni presenti nell’archivio dell’INPS, proposti in modo organico e semplice da consultare, sia al datore di lavoro sia all’intermediario.

Il servizio è ottimizzato sia per la consultazione da pc sia per i dispositivi mobile, smartphone e tablet. A seconda della profilazione dell’utente, sono rese disponibili solo le funzionalità ad esso accessibili. Il percorso di accesso è il seguente:

Home page sito INPS > prestazioni e servizi > naviga per utente > Aziende, enti e datori di lavoro > Datori di lavoro domestico > PIN e codice fiscale > Cassetto previdenziale LD.

Una volta entrati nella sezione dedicata al lavoro domestico le nuove funzioni sono disponibili sotto la voce “Cassetto previdenziale LD”.

Attraverso questo nuovo applicativo, gli utenti possono utilizzare le varie attività di consultazione previste per:

visualizzare la posizione anagrafica del datore di lavoro, compresi i dati del soggetto delegato;

visualizzare la lista dei rapporti di lavoro domestico instaurati dal datore di lavoro e i dati di dettaglio;

visualizzare, per ogni rapporto di lavoro, il riepilogo di tutti i pagamenti effettuati negli ultimi cinque anni e dei pagamenti ancora da effettuare, con indicazione della data di scadenza.

Nei primi mesi del 2018 il Cassetto Previdenziale del Lavoro Domestico verrà implementato con la funzionalità della “Comunicazione Bidirezionale” e sarà resa disponibile la procedura che consente di prendere un appuntamento con un esperto di Sede e poter risolvere eventuali anomalie nella posizione previdenziale.

Nella fase di transizione al nuovo strumento quale unico canale di accesso, continuano a rimanere attive tutte le funzionalità a favore dei datori di lavoro domestico già presenti sul sito internet dell’Istituto.

Una volta effettuato l’accesso, il datore di lavoro avrà la possibilità di:

consultare i dati anagrafici del datore che sono registrati negli archivi centrali dell’INPS,

consultare i dati anagrafici dell’intermediario delegato dal datore. Se il datore di lavoro ha conferito delega ad un consulente/commercialista o associazione datoriale il Cassetto Previdenziale per il Lavoro Domestico ne esporrà la relativa anagrafica;

cercare e consultare il dettaglio dei rapporti di lavoro in stato Attivo,  Cessato, In verifica presso la sede, Respinto, Annullato presenti negli archivi dell’Istituto relativi agli ultimi cinque anni;
consultare i pagamenti versati o da versare dal datore negli ultimi cinque anni contributivi. Saranno consultabili i pagamenti in stato: incassato, incassato in lavorazione, da effettuare, da Recupero Crediti o di cui è stata richiesta sospensione;

accedere direttamente alla home page del sito per la gestione dei pagamenti (portale dei pagamenti);

accedere direttamente alla home page del sito per la gestione del lavoro domestico;

consultare le comunicazioni inviate o da inviare all’INPS (Funzionalità per ora non attiva);

gestire la comunicazione e gli appuntamenti verso la sede INPS(Funzionalità per ora non attiva).




mercoledì 3 gennaio 2018

Incentivi assunzioni over 50


Resta in piedi, nel 2018, l’esonero contributivo introdotto dalla legge Fornero di riforma del mercato del lavoro  per l’assunzione di:

donne disoccupate da almeno 6 mesi, residenti in regioni svantaggiate o occupate in settori lavorativi caratterizzati da una forte disparità occupazionale di genere;

donne disoccupate da almeno 24 mesi;

lavoratori che abbiano compiuto almeno 50 anni di età, disoccupati da almeno 12 mesi.

L’esonero è pari al 50% dei contributi dovuti all’Inps e dei premi dovuti all’Inail ed ha una durata:

sino a 12 mesi, in caso di assunzione a tempo determinato;

sino a 18 mesi, in caso di assunzione a tempo indeterminato o di trasformazione del contratto a termine in tempo indeterminato.

Vediamo come applicare gli sgravi contributivi del 50% per chi assume disoccupati ultracinquantenni.

Contribuzione al 50% per i datori di lavoro che assumono disoccupati ultracinquantenni: si tratta dell’incentivo introdotto dalla Riforma Lavoro 2012, che continua ad essere applicabile dalle imprese anche nel 2018.

Vediamo una breve guida al beneficio contributivo assunzioni over 50, il cui riferimento normativo sono i commi da 8 a 11 dell’articolo 4 della legge 92/2012, mentre le regole applicative sono contenute nella circolare INPS 111/2013.

Dal 1° gennaio 2013, per effetto della Riforma del Lavoro Fornero, sono previsti i nuovi bonus fiscali per le aziende che assumono lavoratori con oltre 50 anni, disoccupati da almeno un anno.

Per questi nuovi contratti – a tempo determinato (anche in somministrazione) o a tempo indeterminato – sono previste assunzioni agevolate sotto forma di sconti contributivi.
Lo sconto sul costo del lavoro – previsto dall’articolo 4, commi 8-10, della Legge 92/2012 (Riforma Fornero) – consiste in una riduzione del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro.

Con un contratto a tempo determinato l’agevolazione avrà durata di 12 mesi, con un indeterminato (anche con trasformazione da assunzione a termine) l’agevolazione durerà per 18 mesi.

Tuttavia, come chiarito dalla circolare INPS n. 13 del 28 gennaio 2013,  mancano ancora le regole operative per far partire tali agevolazioni: “le misure agevolate verranno illustrate con apposita circolare, dopo gli opportuni chiarimenti e le necessarie determinazioni del  Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Contratti intermittenti
Un’altra novità interessante per le aziende che intendono assumere lavoratori con età superiore ai 55 anni è quella di poter stipulare contratti di lavoro intermittenti, nella stessa modalità con la quale vengono regolate le prestazioni di lavoro di tipo discontinuo e occasionale con chi ha meno di 24 anni di età.

Ecco come si fa il calcolo nel caso della trasformazione. La regola è che la trasformazione debba avvenire entro la scadenza del precedente beneficio. Quindi, ad esempio, nel caso di trasformazione di un contratto a termine incentivato, con trasformazione al termine del precedente contratto, non spetta nessun incentivo. Se invece la trasformazione è effettuata prima della fine del contratto, allora si applica l’incentivo. Supponiamo che il precedente rapporto fosse di 15 mesi e la trasformazione sia avvenuta nel decimo mese, l’incentivo si applica fino al 18 mese del complessivo rapporto (ovvero calcolando anche i dieci mesi del contratto a termine).

L’incentivo spetta anche nel caso in cui la stessa azienda riassuma un disoccupato che precedentemente era stato un proprio dipendente, purché sussista il requisito dei 12 mesi di disoccupazione.

E’ invece escluso nel caso in cui sia effettuata in attuazione di un obbligo preesistente, derivante dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

L’incentivo è subordinato a una serie di prerequisiti da parte dell’azienda: degli obblighi contributivi, osservanza delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro, rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, condizioni generali di compatibilità con il mercato interno.




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