martedì 24 settembre 2013

Politiche del lavoro per il 2014. Ipotesi taglio del cuneo fiscale per un rilancio dell’occupazione



Il cuneo fiscale, ricordiamo, è la differenza tra il costo del lavoro (retribuzione lorda+oneri sociali) a carico dell’azienda e la retribuzione netta percepita dal lavoratore. Ed a tormentare è soprattutto la situazione  attuale del mercato di lavoro che si espone  in modo considerevole ai più giovani: nella fascia under 25, nonostante il calo di oltre un punto in un mese, si contano quasi due disoccupati su cinque (38,5%), anche se nei prossimi mesi l'Italia potrà contare su 1,5 miliardi di fondi Ue da destinare al piano garanzia giovani (youth guarantee)  per agevolare il loro ingresso nel mercato del lavoro.

Il problema principale sono le risorse necessarie per dare il via libera al taglio del costo del lavoro che riguarda tutte le fasce di età e che potrebbe spingere le imprese ad assumere a tempo indeterminato. A riguardo tra gli esperti in materia domina un forte scetticismo.  l governo del premier Letta sta cercando di mettere sul piatto 8 miliardi, anche se la cifra potrebbe essere inferiore e non è detto che alla fine sia sufficiente: il ministro dell’Economia del Lavoro Enrico Giovannini ha ricordato che per tagliare il costo del lavoro il governo Prodi mobilitò 5 miliardi di euro, ma "senza sortire gli effetti sperati".

La legge di Stabilità deve portare un taglio della tassazione su stipendi e pensioni, oppure "saremo costretti a riaprire una nuovo periodo di mobilitazione unitaria" è quanto ha sostenuto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, : “questo sarà il punto dirimente, la misura di giudizio del provvedimento", ha affermato. "Il dibattito attuale - ha spiegato - non ci convince. Stiamo galleggiando, non ci si sta confrontando con il profilo del Paese e con le reali necessità dei cittadini. Non aggredisce il nodo fondamentale che è l’ingiusta distribuzione del reddito". Se il provvedimento "non cambierà il passo, saremo costretti a declinare", ha puntualizzato chiedendo l’apertura di un confronto tra Governo e parti sociali. "Se non si scioglie questo nodo non si potrebbe che procedere con una mobilitazione con Cisl e Uil. Non vogliamo seguire uno schema di galleggiamento c’è bisogno di risposte differenti".

Il sostegno all’occupazione deve avere come punti partenza. abbassare la pretesa contributiva e sul reddito di chi emergeva dal nero, incentivare i lavori autonomi invece di alzare i loro contributi come è stato fatto fino ad ora. Quello che continua a mancare è la capacità di abbassare le imposte sui lavoro e reddito: abbiamo un cuneo fiscale troppo alto, se ai contributi obbligatori per impresa e dipendente sommiamo Irap, Tfr e Inail, arriviamo al 53,5% della busta paga lorda, solo il Belgio ci supera col 55%.

Il costo del lavoro è una delle voci che più incide in modo significativo sulla competitività di un’azienda. Il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, ha sottolineato che «l’elevato livello del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro e del carico fiscale sulle imprese ancora differenzia e penalizza il nostro Paese rispetto ai partner europei». Secondo i dati Ocse 2011, il cuneo fiscale in Italia è pari al 47,6%, un valore che è cresciuto negli anni e che ha subito un’impennata tra il 2010 e l’anno successivo pari al 4,2%. Se ci confrontiamo con gli altri Paesi europei, risultiamo al sesto posto dopo Belgio, Germania, Francia, Ungheria e Austria.

Scomponendo la parte a carico del lavoratore e quella a carico dell’impresa, si osserva che siamo tra quei Paesi in cui gli oneri a carico delle aziende sono maggiori rispetto alle trattenute dei lavoratori. Peggio di noi fa la Francia, ma in un contesto industriale differente, dove ad esempio il costo dell’energia è il 40% in meno rispetto al resto dell’Europa, tale da consentire alle aziende d’Oltralpe di reggere la concorrenza. Se si guarda il paese che sta guidando l’economia in d’Europa, si osserva che il cuneo fiscale è tra i più alti, ma a carico del dipendente. A fronte di 100 euro di retribuzione netta, un’azienda tedesca ne versa 32,9 di tasse mentre le trattenute del lavoratore sono 66,3. Se poi si prende in considerazione l’incidenza del cuneo fiscale sul costo del lavoro negli ultimi undici anni, si constata che in Germania è sceso del 6%, dal 52,9% al 49,8%, consentendo a Berlino di restare competitiva sui mercati mondiali.

Il taglio del cuneo fiscale potrebbe avere un duplice effetto: rilanciare la competitività delle nostre imprese e liberare risorse a vantaggio del lavoratore.

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