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sabato 12 ottobre 2013

Una speranza per il 2014, più soldi in busta paga



Il 2014 potrebbe iniziare nel migliore dei modi per gli italiani. Il governo starebbe infatti studiando una riduzione del cuneo fiscale che avrebbe un beneficio sulle buste paghe dei lavoratori.

“Nel 2014 i lavoratori italiani avranno un beneficio in busta paga, ne discuteremo con le parti sociali e ci saranno vantaggi anche per le imprese”, una promessa del premier Enrico Letta, che ha sottolineato che “la legge di stabilità avrà come cuore la riduzione del cuneo fiscale”.

La misura che sarà contenuta nella legge di stabilità 2013. Potrebbe valere tra i 250 e i 300 euro sulla busta paga un ipotetico intervento sul cuneo fiscale di 2,5 miliardi di euro destinato ai lavoratori. E' quanto possibile calcolare considerando l'intervento sulle detrazioni Irpef per il lavoro dipendente e presumendo che del possibile intervento di 4-5 miliardi nella legge di stabilità

Però secondo fonti sindacali, si può calcolare più o meno per ogni 100 euro di aumento medio di stipendio, attraverso l’aumento delle detrazioni Irpef sul lavoro dipendente, circa 1 miliardo di spesa. Ma tra le ipotesi potrebbero esserci anche quelle di mettere un tetto al reddito, per usufruire delle detrazioni. Come c’è anche il capitolo pensionati.

Si tratta dunque di cifre non elevatissime, in media circa 20-25 euro al mese, che possono dare un piccolo contributo positivo alla ripresa dei consumi e alla competitività dell'economia, senza però fare miracoli. Infatti, per ridurre davvero il cuneo fiscale ci vogliono tanti soldi, molto più dei 4-5 miliardi di cui si sta parlando. Va ricordato, infatti, che i contributi sociali pagati ogni anno dalle imprese sulle retribuzioni raggiungono complessivamente la cifra smisurata di quasi 220 miliardi di euro. Destinando alle aziende la metà dei tagli promessi dal governo (cioè 2,5 miliardi su 5), il sistema Italia otterrebbe una riduzione del costo del lavoro totale di poco superiore all'1%.

Su come si snoderanno le misure sul cuneo fiscale, che è l’incidenza sugli stipendi di contributi e imposte cioè la differenza, pari oggi a oltre il 46%, tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del dipendente, si possono fare solo ipotesi. Stando alle cifre circolate finora, pari a circa 2,5 miliardi a favore del lavoro a cui se ne aggiungerebbero altrettanti destinati alle imprese, il beneficio nelle buste paga potrebbe valere tra i 250 e i 300 euro, forse erogati in un’unica tranche . Le imprese «avranno un vantaggio che sarà una spinta ad assumere e capitalizzare le loro imprese» ma solo se « assumeranno con contratti a tempo indeterminato».

Stando invece ai calcoli che si possono fare sulla base delle cifre sull'erosione fiscale fornite dal ministero dell'Economia nel 2011, le detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e da pensione costano 37,726 miliardi. Gli interessati, tra lavoratori e pensionati sono 36,281 milioni per un beneficio pro capite di circa 1.040 euro.

Aumentando di 2-3 miliardi di euro la dotazione di queste detrazioni si avrebbe un beneficio secco medio per ciascuno (tra lavoratori e pensionati) di 70-80 euro l'anno. Solo mettendo paletti sulla platea dei beneficiari si potrebbe dunque arrivare a bonus superiori a queste cifre.

Tredicesime più pesanti con il bonus di 300 euro



Allo studio del Governo per il taglio al cuneo fiscale un bonus di 250,300 euro sulla busta paga di dipendenti e pensionati, da erogare con la tredicesima, che però non prendono tutti . ed in effetti, visto l’attuale momento sembra una possibile mancia sulla busta paga dei lavoratori dipendenti pensionati. Sono queste le ultime indiscrezioni trapelate al riguardo del taglio al cuneo fiscale promosso dal Governo Letta.

Una manovra quella che parte dal 2014 che nelle intenzioni del Governo dovrebbe servire a spingere sull’acceleratore della ripresa mettendo “un po’ di soldi in tasca” – come dice il premier Enrico Letta – ai cittadini. In particolare ai dipendenti che, da primi calcoli, si troverebbero in tasca fino a 300 euro in più e in un’unica “tranche”.

Siamo naturalmente alle supposizioni, infatti si ipotizza un intervento governativo del valore di 4-5 miliardi di euro, che verrebbe equamente ripartito tra le aziende (con una riduzione dei contributi) e i lavoratori (attraverso un alleggerimento delle tasse sugli stipendi). Secondo alcune stime, concentrando i tagli al cuneo fiscale sui redditi più bassi, l'incremento salariale potrebbe raggiungere i 250-300 euro all'anno, da pagare in un'unica soluzione nella mensilità di giugno o sulla tredicesima.

E’ bene ricordare che il cuneo fiscale è un indicatore della somma di tutte le imposte che gravano lavoro e quindi sulle tasse che il datore di lavoro e il lavoratore pagano allo Stato. In sostanza è una percentuale  che rappresenta l’incidenza di tutte le imposte dirette, imposte indirette e contributi previdenziali sul costo complessivo del lavoro.

Taglio cuneo fiscale: quanto costa? . E’Un’operazione che costa a conti fatti circa 5 miliardi di euro e per recuperarli al Tesoro si pensa all’aumento delle aliquota Iva agevolate, quella al 4 e al 10%, rispettivamente fino al 6/8%  e all’11%, producendo così un aumento dei prezzi dei prodotti di largo consumo della spesa delle famiglie italiane, come pane, pasta, latte verdure, quotidiani, ecc Sul taglio al cuneo fiscale dovrà decidere il Consiglio dei ministri, dopo trattative e incontri con le parti sociali a Palazzo Chigi e forse tutto sarà inserito nella prossima legge di stabilità.

Il bonus potrebbe essere erogato in un’unica tranche, forse una tredicesima più “pesante” nel 2014.




sabato 5 ottobre 2013

Istat: il cuneo fiscale erode il 46% del costo del lavoro



Secondo le stime Istat: tasse e contributi nel Nord-ovest assorbono il 47,1% del costo del lavoro. Al Sud e nelle Isole la fetta scende al 44,4%.

La differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, il cosiddetto cuneo fiscale e contributivo, è pari in media al 46,2%, ovvero a 14.350 euro. I contributi sociali dei datori di lavoro ammontano al 25,6% e il restante 20,6% è a carico dei lavoratori. Lo ha rilevato l'Istat con riferimento al 2010.

I dati resi noti dall'Istat mostrano in modo inequivocabile l'enorme peso del fisco sul lavoro. La differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, il cosiddetto cuneo fiscale e contributivo, è pari in media al 46,2%, ovvero a 14.350 euro: i contributi sociali dei datori di lavoro ammontano al 25,6% e il restante 20,6% è a carico dei lavoratori.

Guardando alle cifre il cuneo nel Nord-ovest prende il 47,1% del costo del lavoro, invece al Sud e nelle Isole la fetta scende al 44,4%. Nel Nord-ovest, ha spiegato l’Istituto di statistica, "si riscontra il costo del lavoro mediamente più elevato, i contributi sociali dei datori di lavoro e le imposte sul reddito da lavoro dipendente sono più elevati, con una conseguente contrazione della quota di retribuzione netta a disposizione del lavoratore. Analizzando i diversi settori, i valori più bassi si registrano per l’agricoltura, mentre la quota più alta, pari ad oltre la metà del costo del lavoro (50,4%), si rileva per i dipendenti del comparto attività finanziarie e assicurative".


martedì 24 settembre 2013

Politiche del lavoro per il 2014. Ipotesi taglio del cuneo fiscale per un rilancio dell’occupazione



Il cuneo fiscale, ricordiamo, è la differenza tra il costo del lavoro (retribuzione lorda+oneri sociali) a carico dell’azienda e la retribuzione netta percepita dal lavoratore. Ed a tormentare è soprattutto la situazione  attuale del mercato di lavoro che si espone  in modo considerevole ai più giovani: nella fascia under 25, nonostante il calo di oltre un punto in un mese, si contano quasi due disoccupati su cinque (38,5%), anche se nei prossimi mesi l'Italia potrà contare su 1,5 miliardi di fondi Ue da destinare al piano garanzia giovani (youth guarantee)  per agevolare il loro ingresso nel mercato del lavoro.

Il problema principale sono le risorse necessarie per dare il via libera al taglio del costo del lavoro che riguarda tutte le fasce di età e che potrebbe spingere le imprese ad assumere a tempo indeterminato. A riguardo tra gli esperti in materia domina un forte scetticismo.  l governo del premier Letta sta cercando di mettere sul piatto 8 miliardi, anche se la cifra potrebbe essere inferiore e non è detto che alla fine sia sufficiente: il ministro dell’Economia del Lavoro Enrico Giovannini ha ricordato che per tagliare il costo del lavoro il governo Prodi mobilitò 5 miliardi di euro, ma "senza sortire gli effetti sperati".

La legge di Stabilità deve portare un taglio della tassazione su stipendi e pensioni, oppure "saremo costretti a riaprire una nuovo periodo di mobilitazione unitaria" è quanto ha sostenuto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, : “questo sarà il punto dirimente, la misura di giudizio del provvedimento", ha affermato. "Il dibattito attuale - ha spiegato - non ci convince. Stiamo galleggiando, non ci si sta confrontando con il profilo del Paese e con le reali necessità dei cittadini. Non aggredisce il nodo fondamentale che è l’ingiusta distribuzione del reddito". Se il provvedimento "non cambierà il passo, saremo costretti a declinare", ha puntualizzato chiedendo l’apertura di un confronto tra Governo e parti sociali. "Se non si scioglie questo nodo non si potrebbe che procedere con una mobilitazione con Cisl e Uil. Non vogliamo seguire uno schema di galleggiamento c’è bisogno di risposte differenti".

Il sostegno all’occupazione deve avere come punti partenza. abbassare la pretesa contributiva e sul reddito di chi emergeva dal nero, incentivare i lavori autonomi invece di alzare i loro contributi come è stato fatto fino ad ora. Quello che continua a mancare è la capacità di abbassare le imposte sui lavoro e reddito: abbiamo un cuneo fiscale troppo alto, se ai contributi obbligatori per impresa e dipendente sommiamo Irap, Tfr e Inail, arriviamo al 53,5% della busta paga lorda, solo il Belgio ci supera col 55%.

Il costo del lavoro è una delle voci che più incide in modo significativo sulla competitività di un’azienda. Il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, ha sottolineato che «l’elevato livello del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro e del carico fiscale sulle imprese ancora differenzia e penalizza il nostro Paese rispetto ai partner europei». Secondo i dati Ocse 2011, il cuneo fiscale in Italia è pari al 47,6%, un valore che è cresciuto negli anni e che ha subito un’impennata tra il 2010 e l’anno successivo pari al 4,2%. Se ci confrontiamo con gli altri Paesi europei, risultiamo al sesto posto dopo Belgio, Germania, Francia, Ungheria e Austria.

Scomponendo la parte a carico del lavoratore e quella a carico dell’impresa, si osserva che siamo tra quei Paesi in cui gli oneri a carico delle aziende sono maggiori rispetto alle trattenute dei lavoratori. Peggio di noi fa la Francia, ma in un contesto industriale differente, dove ad esempio il costo dell’energia è il 40% in meno rispetto al resto dell’Europa, tale da consentire alle aziende d’Oltralpe di reggere la concorrenza. Se si guarda il paese che sta guidando l’economia in d’Europa, si osserva che il cuneo fiscale è tra i più alti, ma a carico del dipendente. A fronte di 100 euro di retribuzione netta, un’azienda tedesca ne versa 32,9 di tasse mentre le trattenute del lavoratore sono 66,3. Se poi si prende in considerazione l’incidenza del cuneo fiscale sul costo del lavoro negli ultimi undici anni, si constata che in Germania è sceso del 6%, dal 52,9% al 49,8%, consentendo a Berlino di restare competitiva sui mercati mondiali.

Il taglio del cuneo fiscale potrebbe avere un duplice effetto: rilanciare la competitività delle nostre imprese e liberare risorse a vantaggio del lavoratore.

giovedì 1 novembre 2012

Legge di stabilità 2013 per i lavoratori dipendenti


Niente più taglio delle aliquote Irpef, e destinazione dei risparmi alla sterilizzazione della aliquota intermedia dell'Iva, quella del 10%, e a detrazioni a favore del lavoro. Con la legge di Stabilità 2013: saltano il taglio delle aliquote IRPEF per i primi scaglioni di reddito e la retroattività al 2012 per detrazioni e deduzioni fiscali, a beneficio di una riduzione del cuneo fiscale e della abolizione dell’aumento IVA per la sola aliquota del 10% che non salirà all’11%.

Quindi non è una sorpresa neppure l’abolizione del taglio alle aliquote IRPEF per i redditi fino a 28mila euro. Le imprese avevano espressamente chiesto al Governo di abolire gli sconti per i contribuenti con redditi inferiori preferendovi un taglio del cuneo fiscale.

In sintesi, si dirottano le risorse per ridurre le tasse ai meno abbienti per finanziarie interventi che possano ridurre il costo del lavoro per le imprese (obiettivo: favorire produzione e investimenti) e compensare il mancato aumento dell’aliquota IVA all’11% (obiettivo: non massacrare i consumi).

Le misure che il Governo adotterà per ridurre il cuneo fiscale andranno in primis a vantaggio dei dipendenti e solo in un secondo momento a beneficio anche delle imprese: «prima si redistribuiranno le risorse residue dal mancato taglio delle aliquote al costo del lavoro, privilegiando per il 2013 i lavoratori dipendenti, e dal 2014, una volta valutate le risorse disponibili, anche le imprese», ha dichiarato il relatore Pier Paolo Baretta.

«Nell'ordine - ha precisato Baretta - prima si provvederà a evitare l'aumento dell'Iva e quindi si redistribuiranno le risorse residue dal mancato taglio delle aliquote al costo del lavoro, privilegiando per il 2013 i lavoratori dipendenti, e dal 2014, una volta valutate le risorse disponibili, anche le imprese». Renato Brunetta ha invece «dato atto al Governo che ci sarà una buona riscrittura del testo» e «sarà riscritta interamente e sarà più intelligente».

Dunque salta la riduzione di un punto dei primi due scaglioni delle aliquote Irpef che restano al 23 e al 27%. Con quelle risorse, hanno spiegato i relatori del ddl Stabilità, l'aliquota al 10% dell'Iva non aumenterà, viene «sterilizzata», e ci sarà un taglio del cuneo fiscale a favore del lavoratore per il 2013.

Ci sarà una identificazione del Fondo sociale da 900 milioni di Palazzo Chigi e l'istituzione di un nuovo fondo nel quale potrebbero essere riversate le risorse del cosiddetto piano Giavazzi. Sarà identificato nella parte strettamente sociale, il secondo dovrà invece servire alla riduzione del carico fiscale per famiglie e imprese.

Per cuneo fiscale si deve intendere il 68,3% dei profitti delle imprese, che  è oggi rappresentato da oneri fiscali e contributivi, come ha sottolineato il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, in audizione al Parlamento sulla manovra finanziaria 2013, mettendo a più riprese l’accento sull’elevato «livello del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro e del carico fiscale sulle imprese».
Due sono le possibili alternative, la seconda delle quali è la più accreditata:
1.destinare le risorse che il rigore nella gestione dei conti pubblici (spending review) e l’azione di contrasto all’evasione fiscale libereranno alla riduzione del cuneo fiscale.

2.rinunciare al taglio IRPEF in favore delle detrazioni su lavoro dipendente e riduzione IRAP.

Tema canto caro per i lavoratori dipendenti, ossia l’intervento su detrazioni e deduzioni resta in sospeso: però è data per scontata la cancellazione dell’effetto retroattivo, ma potrebbe entrare successivamente in vigore eventualmente in forma un po’ più raffinata.

domenica 2 settembre 2012

Lavoro, imprese ed il modello tedesco


In attesa dell'incontro con le imprese che si terrà il 5 settembre, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, al Corriere della Sera ha annunciato importanti riforme. Tra queste "il taglio del cuneo fiscale alle imprese che coinvolgono i lavoratori", sul modello tedesco.

Il Ministro Fornero, alla domanda se con le imprese aprirà il cantiere della produttività? ha risposto «È insieme il cantiere dell'occupazione, della produttività e della competitività. La produttività è un elemento chiave della crescita. Ma da sola non basta».

E' necessario "favorire le start up (produzione) ma anche fare in modo che le norme del lavoro che si adatteranno a queste aziende innovative siano coerenti con la riforma". Inoltre,"la produttività non può nascere dai contratti mordi e fuggi", perchè, ha spiegato il ministro, c'è bisogno di "stabilizzazione nei contratti di lavoro" per sostenere "la produttività" delle imprese.

Vediamo in che cosa consiste il modello tedesco.
La via del modello tedesco più volte indicata dal ministro del lavoro Fornero è quella della partecipazione dei lavoratori alle decisioni strategiche dell’impresa, un elemento qualificante che nei grandi gruppi è basato appunto sulla cogestione che in Germania garantisce ai dipendenti i poteri decisionali attraverso una rappresentanza in specifici organismi aziendali e una partecipazione  ai risultati economici e alla redistribuzione degli utili. In particolar modo si tratta di un diritto presente nella Costituzione italiana che all’art. 46 riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

La leva fiscale è "il primo strumento da utilizzare per rilanciare i consumi e l'economia e per far ripartire la contrattazione a livello aziendale". Lo dice il leader della Cisl, Bonanni, a 'La Stampa', sollecitando il taglio delle tasse in vista dell'incontro con il governo con le parti sociali. La crisi, avverte, "è molto pesante, la gente è spaventata per la perdita di posti di lavoro e la chiusura delle aziende". E per questo "servono soluzioni nuove" che siano "credibili". Bonanni plaude a Monti che sentirà "tutti". E invita a valorizzare il patrimonio italiano: "L'industria manifatturiera e i servizi".
Ricordiamo che in questo clima di apparente, sottolineo apparente fiducia del mercato del lavoro ci sono circa 150 tavoli di crisi aziendale aperti al ministero dello Sviluppo economico per circa 180.000 lavoratori coinvolti e oltre 30.000 esuberi: l'autunno - secondo i sindacati che hanno rielaborato dati del ministero - si prepara ad essere molto difficile sul fronte delle crisi industriali, con la situazione più difficile nell'ultimo ventennio. Ci sono poi altre migliaia di posti a rischio in vertenze che non arrivano neanche al ministero dello sviluppo economico come quelle delle piccole aziende tessili.
Oltre alle vertenze gia note come quella del Carbosulcis e dell'Alcoa, ci sono decine di crisi ancora irrisolte, da quelle del settore elettrodomestici (Electrolux, Indesit, Antonio Merloni) a quelle del settore aereo (da Windjet a Meridiana) passando per la produzione nel comparto ferroviario (Ansaldo Breda e Firema), l'Ict e il tessile (alla crisi della Miroglio si è aggiunta quella di Sixty mentre una soluzione si e' trovata per la Golden Lady/Omsa).
Ecco il quadro di alcune delle principali vertenze alle quali si sta cercando di dare una soluzione:

ALCOA: nella multinazionale dell'alluminio lavorano in Italia a Portovesme, sempre in Sardegna, 540 addetti diretti mentre altri 250 circa sono impiegati nell'indotto. Nel complesso l'azienda tra Veneto e Sardegna occupa 900 lavoratori. Nonostante le trattative in corso la multinazionale ha rifiutato una proroga di una settimana dell'avvio della procedura di spegnimento degli impianti che parte oggi mentre la multinazionale Glencore ha confermato l'interesse per lo stabilimento ma si e' presa una settimana di tempo per valutare. Il nuovo appuntamento è fissato per il 5 settembre.
CARBOSULCIS: nella miniera che rischia la chiusura lavorano, spiega la Uilcem Sardegna, 480 minatori mentre altri 150 lavoratori sono impegnati nella manutenzione.Ieri il ministero ha assicurato che la miniera non interromperà l'attività, come paventato, il 31 dicembre e ha annunciato che chiederà al Parlamento una proroga di "sei mesi, massimo un anno" della scadenza prevista dalla legge 99/2009 per il bando di affidamento della relativa concessione.


E' già invece chiusa, sempre in Sardegna, l'EUROALLUMINA (400 dipendenti diretti). Circa il 20% degli operai è impegnato comunque nella manutenzione dell'impianto mentre gli altri sono in cassa integrazione. Il nodo resta quello dei costi energetici.
FINCANTIERI: il gruppo che occupa oltre 9.000 dipendenti ha circa 1.300 esuberi ma i livelli di cassa integrazione straordinaria al momento - spiega il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella - sono piu' che doppi rispetto a questa cifra.
LUCCHINI: in crisi l'acciaieria con la chiusura ad agosto dell'altoforno di Piombino per carenza di ordini. Per i 1.943 lavoratori sono stati adottati contratti di solidarieta' mentre gli enti locali chiedono al ministro dello Sviluppo economico un tavolo nazionale. Nel complesso il Gruppo (presente anche in Puglia e in Friuli Venezia Giulia) occupa 2.800 dipendenti.
MERLONI: la vertenza - segnala la Cgil - è ancora aperta dopo la cessione di tre stabilimenti all'imprenditore della Qs Group con l'impegno di riassumere 700 lavoratori (ma l'azienda ne conta 3.500). Resta problematica anche la situazione dell'ELECTROLUX con 800 esuberi su 7.000 dipendenti (ma 230 sono gia' usciti grazie a esodi incentivati).
Esuberi anche per l'INDESIT dopo l'annuncio della chiusura dello stabilimento di None che produceva lavastoviglie. L'Indesit ha 4.500 dipendenti, i posti a rischio sono 360.
FIAT TERMINI IMERESE: resta ancora incerto il futuro dei circa 1.300 lavoratori dello stabilimento siciliano della Fiat chiuso lo scorso dicembre dopo che e' sfumata l'ipotesi di impegno da parte di Dr Motors. Difficoltà ci sono anche in altri stabilimenti del Gruppo con l'annuncio di cassa integrazione per Pomigliano e Mirafiori. Vivono nell'incertezza anche i lavoratori dell'IRISBUS in cassa integrazione poichè - spiegano alla Cgil - non e' stato ancora raggiunto il 30% da ricollocare in altri stabilimenti del Gruppo per accedere al secondo anno di cigs a zero ore. Il nodo resta la ricerca di un imprenditore che rilevi la produzione.
NATUZZI: l'azienda che occupa 2.700 lavoratori per la produzione di salotti è in crisi e ha chiesto la cassa integrazione per 1.300 dipendenti.
TESSILE: mentre al ministero dello Sviluppo economico approdano le vertenze più significative sul fronte dei numeri (come OMSA, MIROGLIO, ecc) ci sono decine di piccole aziende di conto terzisti che stanno chiudendo con diverse migliaia di lavoratori, soprattutto donne, che perdono il posto.
COSTRUZIONI: la Cisl segnala come uno dei settori piu' in sofferenza sia quello delle costruzioni a causa del blocco degli investimenti pubblici, della crisi e dell'aumento dei costo dei mutui. Per l'occupazione si è registrato un calo del 5,1% tendenziale nel secondo trimestre 2012 con un picco del 10,1% al Sud.
WINDJET: L'azienda che occupa circa 500 lavoratori ha aperto la procedura di mobilità a metà 2012. A giugno è stato firmato un accordo al Ministero del lavoro per 2 anni di cigs a zero ore per tutti i lavoratori.
MERIDIANAFLY: L'azienda - spiegano alla Cgil trasporti - ha aperto la procedura di mobilità a inizio 2012. Da giugno 2012 850 lavoratori sono in cigs per 7 anni (4 + 3). Il personale della compagnia ammonta nel complesso a 2.300 addetti.

TURISMO: In crisi anche diverse aziende del settore. Al ministero dello Sviluppo economico sono aperti tavoli per la VALTUR (3.600 i lavoratori dipendenti del Gruppo) e per l'ALPITOUR (3.500) a dimostrazione del fatto che la crisi non morde solo l'industria.

venerdì 24 agosto 2012

Busta paga 2012 meno tasse, è una nuova promessa?


Che il carico fiscale in Italia è insostenibile e la sua riduzione è uno dei nodi che bloccano le possibilità di rilancio economico è un fatto a cui tutti è chiaro.
Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha sottolineato l'anomalia e il record negativo del cuneo fiscale italiano: vale a dire la differenza fra il costo del lavoro (alto) pagato dalle imprese e la retribuzione netta (bassa) ricevuta dai lavoratori. Una differenza, in quest'ultimo caso, che è conseguenza delle troppe tasse presenti sul cedolino, sulla busta paga del lavoratore dipendente.
Promettere la riduzione delle tasse in busta paga è quanto di più facile. Ma i vincoli di gettito sono tali da far suonare ipotesi e proposte quasi una beffa, una presa in giro per chi è in regola mensilmente con il Fisco. Tanto che il governo ha dovuto con decisione togliere dal tavolo dei piani estivi possibili interventi sull'Irpef: insostenibili se non addirittura controproducenti. Annunciare e promettere tagli in una situazione nella quale tutti finirebbero per aspettarsi nuovi aumenti da subito, spingerebbe a risparmiare e non ad agevolare i consumi.

Il peso del cuneo fiscale è in buon parte dovuto ai contributi sociali che servono per finanziare, ad esempio, le pensioni. E se fosse realmente impensabile una riduzione generalizzata di quelle tasse sul lavoro che gravano sui dipendenti per il 47,6% (la media Ue è del 41,7%). Si dovrebbe agevolare le imprese che assumono, chi fa vera ricerca, si dovrebbe incentivare l'occupazione giovanile e la nascita di nuove imprese. Le promesse e gli annunci trovano un tempo effimero e di pseudo speranza se non sono unite ad una vera politica del lavoro e di azione.

La proposta del ministro del Lavoro è una sperimentazione che serva a ridurre il costo del lavoro. «Non possiamo semplicemente abbattere il cuneo fiscale per tutti i lavoratori - ha affermato Elsa Fornero nel suo intervento al Meeting di Rimini -. Si può pensare a una sperimentazione: le imprese che valorizzano il capitale umano potrebbero avere una sorta di riconoscimento». Il riconoscimento di cui parla il ministro potrebbe avere la forma di uno sconto sui contributi. Fornero ha anticipato che la norma su una possibile sperimentazione della decontribuzione.

Ricordiamo che gli effetti delle manovre del governo Monti, hanno portato fino ad ora ad un aumento delle tasse in busta paga, infatti, si è verificato un sostanziale aumento dell’addizionale regionale Irpef del 0,33 per cento dell’aliquota base (che non è nella discrezionalità delle Regioni); poi c’è già stato un altro prelievo aggiuntivo: il previsto acconto del 30 per cento dell’addizionale del 2012.
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