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mercoledì 14 maggio 2014

Bonus Irpef 80 euro esteso a chi è in cassa integrazione e ai lavoratori in mobilità o con indennità disoccupazione




Anche i cassintegrati, i disoccupati che percepiscono l'indennità e i lavoratori in mobilità riceveranno il bonus Irpef di 80 euro. È quanto prevede una circolare applicativa dell'Agenzia delle Entrate. Il bonus spetta anche i lavoratori ''non residenti'' in Italia se il reddito percepito vale ai fini imponibili per il fisco italiano. Non spetta se, in base alle convezioni contro le doppie imposizioni, non si pagano le tasse in Italia. Nella circolare si specifica che gli 80 euro sono riconosciuti anche ai lavoratori part-time, rapportato al periodo di lavoro effettivo.

Il diritto al bonus, infatti, è da considerare «automatico», perché le somme percepite costituiscono proventi comunque conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente, quindi assimilabili alla stessa categoria di quelli sostituiti. In particolare, l'entità del credito va calcolata in riferimento alle erogazioni effettuate nel 2014, tenendo anche conto dei giorni che danno diritto alle indennità. Naturalmente, spetta all'ente erogatore, in qualità di sostituto d'imposta, il compito di determinare in via automatica la spettanza del credito e il relativo importo sulla scorta dei dati in suo possesso.

I redditi soggetti all'imposta sostitutiva per l'incremento di produttività non rientrano nel calcolo della soglia di reddito di 26mila euro, che fa perdere il diritto al bonus Irpef. Nel 2014 la retribuzione di produttività individuale che può beneficiare di questa agevolazione fiscale non può essere complessivamente superiore a 3mila euro lordi e questa cifra non contribuisce al raggiungimento della soglia di 26mila euro di reddito complessivo. Allo stesso tempo, il reddito di lavoro dipendente assoggettato a imposta sostitutiva deve comunque essere sommato ai redditi tassati in via ordinaria per la verifica della «capienza» dell'imposta lorda, calcolata sui redditi da lavoro rispetto alle detrazioni da lavoro spettanti.

Tra le precisazioni l'Agenzia dell'Entrata mette in evidenza che il credito d'imposta di 80 euro spetta anche ai lavoratori deceduti, in relazione al loro periodo di lavoro nel 2014 e sarà calcolato nella dichiarazione dei redditi del lavoratore deceduto presentato da uno degli eredi

La circolare descrive i passaggi che il datore di lavoro (sostituto d'imposta) deve seguire per il calcolo del credito. Una volta calcolato il credito, la successiva ripartizione potrà avvenire tenendo conto del numero di giorni lavorati in ciascun periodo di paga. Per semplicità di applicazione, è comunque possibile utilizzare anche altri criteri, purché oggettivi e costanti, ferma restando la ripartizione dell'intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell'anno 2014. Ad esempio, per i rapporti di lavoro che si protraggono per l'intero anno 2014 l'importo del credito di 640 euro su base annua potrà essere erogato per un importo pari a 80 euro al mese per ciascuno degli 8 mesi che vanno da maggio a dicembre 2014. Nel caso di contribuenti che hanno lavorato solo una parte dell'anno, inoltre, il sostituto d'imposta deve calcolare il credito sulla base del periodo di lavoro effettivo. Ad esempio, un lavoratore il cui reddito complessivo é di 22mila euro e che ha svolto 120 giorni di lavoro nel 2014 avrà diritto a un credito pari a 210,41 euro (640/365 x 120).

Dopo aver individuato l'importo complessivo del credito spettante, particolare attenzione dovrà poi essere posta nella ripartizione del bonus nelle varie buste paga da maggio in poi.

Infatti, l'importo da erogare nel mese andrà considerato in base ai giorni di cui é composto il singolo mese di retribuzione. Viene inoltre chiarito che nel conto vanno anche i redditi da cedolare secca: il documento precisa che con l'obiettivo di verificare il limite di 26mila euro, oltre il quale il lavoratore non ha diritto al «Bonus Irpef», si deve tenere conto anche dei redditi provenienti dall'affitto di immobili assoggettati a cedolare secca.


mercoledì 11 dicembre 2013

Tasse un vero incubo, addizionali per 503 euro



Conto salato per gli italiani sul fronte delle addizionali comunali e regionali Irpef. In cinque anni, dal 2009 al 2013, il gettito è aumentato del 36%, passando in media da 391 a 503 euro a testa.

In cinque anni, dal 2009 al 2013, il gettito delle addizionali comunali e regionali è aumentato del 36%, passando in media da 391 a 503 euro, appunto. Nello stesso quinquennio i prezzi sono aumentati di circa l’11%. Una bella stangata, dunque. Che l’anno prossimo potrebbe ripetersi. Nello stesso quinquennio i prezzi sono aumentati di circa l’11%. Una bella stangata, dunque. Che l’anno prossimo potrebbe ripetersi.

Per il 2014, infatti, le Regioni potranno decidere ulteriori incrementi del balzello Irpef di loro competenza fino a 0,6 punti, portando l’aliquota al 2,33%, che significherebbe altri 141 euro in più a testa, che diventerebbero 153 calcolando anche 12 euro aggiuntivi di addizionale comunale se i municipi che ancora non l’hanno fatto decidessero di deliberare l’aliquota massima dello 0,8%.

I calcoli li ha fatti il dipartimento Politiche territoriali della Uil, che ha preso in esame le aliquote deliberate dalle Regioni e dai Comuni e le ha rapportate all’imponibile medio ai fini delle addizionali, che risulta, secondo i dati del ministero dell’Economia, di 23mila euro lordi pro capite. I risultati sono allarmanti, dice il segretario confederale Guglielmo Loy, che osserva: «I comuni si stanno affrettando a disporre aumenti generalizzati delle aliquote. Ciò accade anche per effetto dell’incertezza che domina sulle risorse, sopratutto per quanto riguarda l’Imu». I sindaci, insomma, non sapendo bene come andrà a finire la partita sulla seconda rata dell’Imu, sfruttano i margini di aumento delle addizionali 2013, benché l’anno sia quasi finito. Hanno ancora tre settimane di tempo per farlo e chiudere i bilanci. Ma il sistema è talmente assurdo che quello che i comuni devono approvare entro il 30 novembre è il bilancio preventivo (sic!) 2013. Comunque sia, il gettito delle addizionali vale ormai quasi 15 miliardi e mezzo (11,5 quello delle regionali e 4 quello delle comunali), con un aumento di oltre 4 miliardi sul 2009.

A livello regionale quest’anno l’aliquota Irpef aumenta in Toscana (1,43% fino a 15mila euro, 1,73% oltre) e Abruzzo (1,73%). Ma le aliquote massime restano nelle tre Regioni con i peggiori bilanci sanitari: Campania, Calabria e Molise, dove siamo al 2,03%. Sono invece solo 5 le aree che applicano l’aliquota di base dell’1,23%: Val d’Aosta, Bolzano, Trento, Veneto e Sardegna. Sommando addizionali regionali e comunali, la classifica dei più tartassati vede in testa Campobasso, Napoli e Salerno con 651 euro, seguite da Roma con 605 euro e da Chieti, Genova, Imperia, Messina, Palermo e Teramo con 582.

Le addizionali comunali Irpef furono istituite dal governo Prodi nel 1997 e si pagano dal 1999. L’idea era che a fronte del gettito dovesse esservi un corrispettivo in termini di servizi, secondo un principio di responsabilità e verifica, per evitare quanto aveva denunciato la Corte dei Conti, cioè che dal 1991 al 1996 le imposte comunali fossero aumentate del 124% senza che si capisse il perché. Una corsa che non si è fermata. Nel 2003 il gettito delle addizionali Irpef regionale e comunale fu di 6,8 miliardi. Dieci anni dopo siamo a 15 milardi e mezzo. E non è finita. L’anno prossimo dovrebbe arrivare la Tasi, la nuova tassa sui servizi indivisibili: illuminazione pubblica, polizia locale, strade, ecc. Come se finora i contribuenti non fossero stati spremuti anche per finanziare questi servizi. Della serie «non basta mai».

Per l’addizionale Irpef comunale gli italiani pagheranno quest’anno in media 140 euro a testa contro i 129 del 2012, l’8,5% in più, mentre per l’addizionale Irpef regionale, il conto sale dell’1,1%, e pesa in media per 363 euro. Insomma un bel salasso.

martedì 24 settembre 2013

Politiche del lavoro per il 2014. Ipotesi taglio del cuneo fiscale per un rilancio dell’occupazione



Il cuneo fiscale, ricordiamo, è la differenza tra il costo del lavoro (retribuzione lorda+oneri sociali) a carico dell’azienda e la retribuzione netta percepita dal lavoratore. Ed a tormentare è soprattutto la situazione  attuale del mercato di lavoro che si espone  in modo considerevole ai più giovani: nella fascia under 25, nonostante il calo di oltre un punto in un mese, si contano quasi due disoccupati su cinque (38,5%), anche se nei prossimi mesi l'Italia potrà contare su 1,5 miliardi di fondi Ue da destinare al piano garanzia giovani (youth guarantee)  per agevolare il loro ingresso nel mercato del lavoro.

Il problema principale sono le risorse necessarie per dare il via libera al taglio del costo del lavoro che riguarda tutte le fasce di età e che potrebbe spingere le imprese ad assumere a tempo indeterminato. A riguardo tra gli esperti in materia domina un forte scetticismo.  l governo del premier Letta sta cercando di mettere sul piatto 8 miliardi, anche se la cifra potrebbe essere inferiore e non è detto che alla fine sia sufficiente: il ministro dell’Economia del Lavoro Enrico Giovannini ha ricordato che per tagliare il costo del lavoro il governo Prodi mobilitò 5 miliardi di euro, ma "senza sortire gli effetti sperati".

La legge di Stabilità deve portare un taglio della tassazione su stipendi e pensioni, oppure "saremo costretti a riaprire una nuovo periodo di mobilitazione unitaria" è quanto ha sostenuto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, : “questo sarà il punto dirimente, la misura di giudizio del provvedimento", ha affermato. "Il dibattito attuale - ha spiegato - non ci convince. Stiamo galleggiando, non ci si sta confrontando con il profilo del Paese e con le reali necessità dei cittadini. Non aggredisce il nodo fondamentale che è l’ingiusta distribuzione del reddito". Se il provvedimento "non cambierà il passo, saremo costretti a declinare", ha puntualizzato chiedendo l’apertura di un confronto tra Governo e parti sociali. "Se non si scioglie questo nodo non si potrebbe che procedere con una mobilitazione con Cisl e Uil. Non vogliamo seguire uno schema di galleggiamento c’è bisogno di risposte differenti".

Il sostegno all’occupazione deve avere come punti partenza. abbassare la pretesa contributiva e sul reddito di chi emergeva dal nero, incentivare i lavori autonomi invece di alzare i loro contributi come è stato fatto fino ad ora. Quello che continua a mancare è la capacità di abbassare le imposte sui lavoro e reddito: abbiamo un cuneo fiscale troppo alto, se ai contributi obbligatori per impresa e dipendente sommiamo Irap, Tfr e Inail, arriviamo al 53,5% della busta paga lorda, solo il Belgio ci supera col 55%.

Il costo del lavoro è una delle voci che più incide in modo significativo sulla competitività di un’azienda. Il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, ha sottolineato che «l’elevato livello del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro e del carico fiscale sulle imprese ancora differenzia e penalizza il nostro Paese rispetto ai partner europei». Secondo i dati Ocse 2011, il cuneo fiscale in Italia è pari al 47,6%, un valore che è cresciuto negli anni e che ha subito un’impennata tra il 2010 e l’anno successivo pari al 4,2%. Se ci confrontiamo con gli altri Paesi europei, risultiamo al sesto posto dopo Belgio, Germania, Francia, Ungheria e Austria.

Scomponendo la parte a carico del lavoratore e quella a carico dell’impresa, si osserva che siamo tra quei Paesi in cui gli oneri a carico delle aziende sono maggiori rispetto alle trattenute dei lavoratori. Peggio di noi fa la Francia, ma in un contesto industriale differente, dove ad esempio il costo dell’energia è il 40% in meno rispetto al resto dell’Europa, tale da consentire alle aziende d’Oltralpe di reggere la concorrenza. Se si guarda il paese che sta guidando l’economia in d’Europa, si osserva che il cuneo fiscale è tra i più alti, ma a carico del dipendente. A fronte di 100 euro di retribuzione netta, un’azienda tedesca ne versa 32,9 di tasse mentre le trattenute del lavoratore sono 66,3. Se poi si prende in considerazione l’incidenza del cuneo fiscale sul costo del lavoro negli ultimi undici anni, si constata che in Germania è sceso del 6%, dal 52,9% al 49,8%, consentendo a Berlino di restare competitiva sui mercati mondiali.

Il taglio del cuneo fiscale potrebbe avere un duplice effetto: rilanciare la competitività delle nostre imprese e liberare risorse a vantaggio del lavoratore.

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