sabato 9 aprile 2016

Lavoro: criticità delle dimissioni telematiche


La nuova procedura per le dimissioni e la risoluzione consensuale introdotta dal Jobs Act ha ottime ragioni ma può presentare anche qualche problema.

Tra le numerose disposizioni contenute nella Legge delega n. 183/2014 “Jobs Act” il Legislatore, nell'obiettivo di adeguamento della regolamentazione del mercato del lavoro sulla base delle nuove esigenze tecnico/produttive, ha lasciato spazio anche alla revisione di una serie di procedure che trovano loro rappresentazione normativa nel D.Lgs 151/2015 conosciuto come “Decreto Semplificazioni”. Uno degli aspetti contenuti nel suddetto decreto è la volontà del Legislatore di effettuare un nuovo “giro di vite” sul fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”.

Ricordiamo come, a riguardo, era già intervenuta la precedente riforma del mercato del lavoro Legge n. 92/2012 (Legge Fornero) che aveva introdotto la procedura di convalida delle dimissioni volontarie quale strumento che, nelle more di accertare la genuina volontà del recesso da parte del lavoratore, si configurava, fino al 11 marzo 2016, un valido strumento che permettesse  di accertare la legittimità del recesso con una simbiotica compartecipazione delle parti all'adempimento.

Vediamo com’è articolata la nuova procedura per le dimissioni e le risoluzioni consensuali?

Il lavoratore può procedere personalmente oppure tramite soggetti individuati dalla norma.

Nel caso in cui decidesse di procedere direttamente dovrà:

munirsi di Pin Inps (se non ne è già in possesso);

effettuare apposita registrazione sul portale www.cliclavoro.gov.it munendosi, in tal modo, di una user e di una password;

accedere al sito www.lavoro.gov.it per la compilazione dell'apposito modello. Nel caso in cui il rapporto sia iniziato dopo l'anno 2008, il sistema proporrà automaticamente i rapporti di lavoro esistenti, in modo da consentire al lavoratore la scelta di quello dal quale intende recedere. Al contrario, per i rapporti iniziati prima del 2008 (ante introduzione del modello “UniLav”), sarà lo stesso lavoratore a dover inserire manualmente tutti i dati necessari;

inviare telematicamente il modello, ricevendo, al contempo, un codice alfanumerico attestante
l'avvenuta trasmissione. Il modello sarà automaticamente inoltrato alla competente Direzione Territoriale del Lavoro e alla casella di posta elettronica del datore di lavoro. Da quanto indica il Dicastero di Via Flavia, con la circolare n. 12/2016, per il datore di lavoro sembrerebbe possibile indicare anche una mail “ordinaria” e non, necessariamente, un indirizzo di posta elettronica certificata.

Dal 12 marzo 2016 le dimissioni e risoluzioni consensuali dovranno essere rese “efficaci” dal lavoratore attraverso la compilazione e l'invio telematico come abbiamo visto sopra, procedura che questi, pena l'inefficacia del recesso, dovrà aver cura di adempiere per mezzo proprio o per tramite di soggetto delegato. L'utilizzo della procedura telematica costituisce, inoltre, unica modalità con cui il lavoratore, entro sette giorni dalla data di convalida del recesso, potrà anche revocare le proprie dimissioni richiamando codice identificativo della comunicazione inviata e marcata temporalmente.

La nuova procedura riguarda tutti i datori di lavoro privati con esclusione dei rapporti di lavoro domestico. La procedura di convalida ex art. 26 D.Lgs 151/2016 non riguarderà i casi di dimissioni o risoluzioni consensuali intervenute durante il periodo di congedo di maternità/paternità del soggetto lavoratore o dei primi tre anni di vita del bambino che restano soggette all'obbligo.

Vediamo di mettere  in evidenza altre criticità che la nuova norma solleva. Innanzitutto ci si chiede cosa succederebbe se il lavoratore non seguisse la procedura prevista dalla norma. In caso di mancato esperimento della procedura telematica, il datore di lavoro sarà costretto ad aprire un procedimento disciplinare – ex art. 7 della L. n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) – dovendo, molto probabilmente, giungere a un licenziamento disciplinare per assenze ingiustificate. Tale recesso comporterebbe, come noto, l'obbligo di pagare il “ticket di licenziamento”.

Un’altra situazione paradossale nella quale potrebbe venirsi a trovare il datore di lavoro è quella relativa all'esercizio del “diritto di ripensamento”. Immaginiamo un lavoratore che, all'improvviso, si dimette. Il datore di lavoro deve correre subito ai ripari ed effettuare una nuova assunzione. Ma il “vecchio” lavoratore, entro sette giorni, può ripensarci e revocare le dimissioni. Quale sarà la sorte del neo-assunto in “sostituzione”?

Infine, se il lavoratore vuole procedere personalmente all’invio delle dimissioni telematiche e non è già in possesso del Pin Inps, dovrà per prima cosa provvedere a tale richiesta e attendere che gli sia recapitato via posta tradizionale una parte del codice. A questo punto, il lavoratore potrebbe trovarsi nella paradossale situazione di non poter rassegnare le dimissioni, o magari a doverle procrastinare nel tempo, in quanto non ha ricevuto in tempo utile il codice pin.

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