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domenica 22 febbraio 2015

Lavoro: congedi e permessi per cure termali



Hanno diritto ai permessi per cure termali i lavoratori (dipendenti ed autonomi) iscritti all'INPS, eccetto i titolari di pensione in via definitiva e i familiari a carico. I permessi per cure termali spettano solitamente ai lavoratori durante il periodo di ferie fatta eccezione per i casi in cui tali cure sono necessarie a fini terapeutici o per la riabilitazione di affezioni o stati patologici per la cui risoluzione sia giudicato determinante, un tempestivo trattamento termale.

Il periodo di cure termali deve essere fruito dal lavoratore entro 30 giorni dalla richiesta medica e tra la concessione del periodo per cure termali e il godimento di un periodo di ferie deve obbligatoriamente trascorrere un periodo di almeno 15 giorni.

Le cure termali possono essere effettuate solo in relazione a malattie individuate appositamente dal ministro del Lavoro relativamente a patologie:

reumatiche;

delle vie respiratorie;

dermatologiche;

ginecologiche;

dell'apparato urinario;

vascolari;

dell'apparato gastroenterico;

Rientrano nel novero delle cure termali le terapie per il trattamento di determinate patologie effettuate mediante: bagni in acque termali, fanghi,inalazioni di vapori, sabbiature, ecc.

I periodi di cure, per essere retribuiti, non possono superare i 15 giorni l'anno e tra i periodi concessi a qualsiasi titolo per le cure termali e le ferie annuali deve trascorrere un intervallo di almeno quindici giorni.

Per avere diritto al trattamento economico di malattia il lavoratore deve:

presentare all'ASL di residenza la proposta-richiesta del medico curante, entro cinque giorni dal rilascio;

sottoporsi alla visita del medico specialista dell'ASL, che rilascia l'autorizzazione comunicare al datore di lavoro il periodo prescelto per le cure, trasmettendo la proposta-richiesta del medico curante;

farsi rilasciare dal datore di lavoro una dichiarazione da cui risulti che durante il periodo suddetto, non possono essere fruite ferie o congedi ordinari, in quanto sono già state programmate ferie collettive in altro periodo, ovvero non residua nell'anno un numero di giorni di ferie sufficiente per il completamento del ciclo di cure;

inviare all'INPS entro due giorni dall'inizio delle cure da effettuare al di fuori dei periodi di ferie, la copia della proposta-richiesta del medico curante e copia della dichiarazione di cui sopra del datore di lavoro;

inviare al datore di lavoro, sempre entro due giorni dall'inizio delle cure, copia della documentazione in possesso;

effettuare le cure prescritte senza interruzioni presso uno stabilimento termale convenzionato con il SSN;

inviare all'INPS e al datore di lavoro, al termine delle cure, l'apposito modello compilato dallo stabilimento termale.

I permessi per cure termali fruiti durante il periodo di ferie sono invece una prestazione facoltativa dell'INPS, erogata solo in presenza di malattie reumo-artropatiche e bronco-catarrali, la cui concessione è finalizzata ad evitare, ritardare o rimuovere uno stato d'invalidità.

La fruizione delle prestazioni da parte degli assicurati dell'Istituto può dunque avvenire solo in periodo feriale.

L'INPS concede le cure termali ai lavoratori che possiedono almeno 5 anni di anzianità assicurativa e almeno 3 anni di contribuzione nei 5 anni precedenti la domanda: i lavoratori non devono aver usufruito nello stesso anno di altre prestazioni termali.

Per quanto riguarda le spese, le cure termali sono a carico del servizio sanitario nazionale, mentre le spese di soggiorno sono a carico dell'INPS. L'assicurato è invece tenuto al pagamento del ticket nella misura prevista dalla legge

Durante il congedo per le cure, il lavoratore invalido ha diritto ad un trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. I giorni di congedo, però, non si calcolano ai fini del periodo di comporto (cioè il termine di conservazione del posto di lavoro per i lavoratori in malattia, stabilito dai singoli contratti collettivi).

In via ordinaria, il trattamento termale non contempla una prestazione a favore del lavoratore, dovendo la cura essere effettuata durante i periodi di ferie o di congedi. I permessi per cure termali fruiti durante tali periodi sono una prestazione facoltativa dell’Inps, erogata in presenza di malattie reumo-artropatiche e bronco-catarrali, volta ad evitare/ritardare uno stato d’invalidità.

Tuttavia, in casi straordinari – motivi di urgenza, esaurimento delle ferie – si attiva una specifica tutela: la legislazione prevede che i lavoratori dipendenti, nel pubblico o nel privato, possano usufruire di trattamenti idrotermali a carico dell’Inps fuori dai periodi di congedo ordinario e di ferie annuali, per effettive esigenze terapeutiche o riabilitative, su richiesta del medico curante dell’Inail.

Al fine di usufruire dei trattamenti termali “straordinari” è necessario essere in possesso di alcuni requisiti quali l’aver perfezionato almeno 5 anni di anzianità assicurativa, 3 anni di contributi nei 5 anni precedenti la domanda (che – giova ricordarlo – va trasmessa unitamente al correlato referto medico in modalità telematica) e non devono inoltre essere state effettuate prestazioni termali a carico della Asl o di altro Ente nello stesso anno.

Per avere diritto al trattamento economico di malattia il lavoratore deve effettuare alcune operazioni quali presentare all’Asl di appartenenza la richiesta medica entro cinque giorni dal rilascio, sottoporsi alla visita del medico dell’Asl, la cui autorizzazione rilasciata deve essere comunicata al proprio datore, il quale a sua volta rilascerà una dichiarazione, da inviare, insieme alla prescrizione del medico curante, all’Inps entro due giorni dall’inizio delle cure. Le cure devono essere praticate entro 30 giorni dalla proposta medica. Per quanto attiene la durata delle cure termali, essa non può essere superiore a 15 giorni all’anno (con i primi 3 giorni indennizzati come carenza) e tra i periodi di cure ed i congedi/le ferie deve intercorrere un intervallo di almeno 15 giorni.



domenica 4 gennaio 2015

Lavoratori pubblici e privati: orari visite fiscali malattia



Novità per i lavoratori per quanto riguarda le visite fiscali INPS dal 2015 Cambiano dunque gli orari per le visite fiscali per l’anno 2015 e le fasce di reperibilità dei dipendenti. Le regole sono diverse in ragione della categoria di dipendenti: pubblici o privati.

Tratteremo in modo dettagliato quali sono i nuovi orari ASL che i dipendenti pubblici, compresi insegnati, militari, polizia, scuola, sanità pubblica ecc, devono rispettare e quali sono, invece, le fasce orarie obbligatorie che i dipendenti privati, metalmeccanici, personale di poste banche, o il settore del commercio devono garantire, al fine di consentire la visita fiscale da parte dell'INPS o del datore i lavoro.

I lavoratori statali (categoria in cui rientrano anche gli insegnanti, i dipendenti della P.A. e degli enti locali, i militari e il personale ASL) hanno l’obbligo di reperibilità 7 giorni su 7, compresi giorni festivi, prefestivi, non lavorativi e weekend, nelle seguenti fasce orarie:
dalle 9 alle ore 13;
dalle 15 alle 18.

Sono esenti da questo vincolo di reperibilità i dipendenti assenti per una delle seguenti ragioni:
malattie di una certa entità che richiedono cure salvavita;
infortuni sul lavoro;
malattie per cui è stata riconosciuta la causa di servizio o stati patologici inerenti alla situazione di invalidità riconosciuta;
gravidanze a rischio;
dipendenti per cui è già stata effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato.

 Per i lavoratori privati l’obbligo di reperibilità resta quello di 7 giorni su 7, ma le fasce orarie sono diverse:
dalle 10 alle 12;
dalle 17 alle ore 19.

Se il dipendente non viene trovato in casa in occasione del controllo fiscale:
perderà il diritto al 100% della retribuzione per i primi 10 giorni di malattia;
lo stipendio sarà ridotto al 50% per i giorni seguenti.

Egli avrà 15 giorni di tempo per motivare la propria assenza ed evitare di incorrere nella decurtazione dello stipendio.

Quanto viene pagata la malattia?
Durante il periodo di assenza per malattia, il dipendente riceverà uno stipendio che, progressivamente, subirà una decurtazione:
dall’inizio della malattia sino al nono mese incluso lo stipendio sarà pari al 100%;
dal decimo mese e fino ad un anno di assenza per malattia sarà pari al 90%;
dal tredicesimo mese e fino ad un anno e mezzo (diciotto mesi) sarà pari al 50%.

La visita fiscale sui dipendenti del settore del Pubblico Impiego da parte dell'ASL ha lo  scopo di verificare e accertare l’incapacità temporanea dei lavoratori a svolgere l’attività lavorativa tale da giustificare l’assenza dal posto di lavoro. Tali visite, vengono quindi effettuate dal personale ASL su richiesta dell’Amministrazione, secondo le modalità stabilite dalle disposizioni vigenti.

Nello specifico, le nuove fasce orarie 2015 sono dalle ore 09.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00 per tutti i dipendenti PA compresi:
Enti locali, Statali e Comuni.
Agenzie fiscali e Ministeri, INAIL, INPS.

Insegnanti e docenti Scuola, personale ATA Pubblica Istruzione Miur.
Medici, dottori e infermieri appartenenti alla Sanità Pubblica DL 78 del 1 luglio 2009 e dal Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 18/12/ 2009 n. 206
Militari, Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili del fuoco e Polizia Penitenziaria.

In tali orari, il dipendente pubblico che si dichiara malato ha l'obbligo di avvisare l'Amministrazione circa la sua assenza, di certificare la malattia con specifica attestazione medica e rimanere a casa durante le fasce orarie delle visite fiscali a partire dal primo giorno e per tutta la durata del periodo indicato sul certificato medico.

Oltre all'obbligo di comunicare all’Amministrazione, qualsiasi assenza dal domicilio, qualora avvenga negli orari di reperibilità malattia.

Si ricorda a tal proposito che secondo le ultime novità e regole, la visita specialistica esami terapie per dipendenti pubblici non è più consentito prendere un giorno di malattia bensì va richiesto uno specifico permesso per motivi personali che deve essere avallato dalla consegna all'Amministrazione di una attestazione di presenza dipendenti pubblici.

Per quanto riguarda le cause esclusione obbligo di reperibilità malattia, queste sono state individuate e regolamentate dal DM 18 dicembre 2009, n. 206 che ha riconosciuto ai soli dipendenti della Pubblica Amministrazione l'esclusione dall’obbligo di rispettare gli orari qualora l’assenza, sia riconducibile a determinate cause riconosciute per legge, ossia:
Patologie gravi con terapie salvavita.

Quali sono gli orari visite fiscali per i privati?

In generale, per tutti i lavoratori del settore privato:
dipendenti poste, bancari, telecomunicazioni, metalmeccanici, settore commercio
gli orari delle visite fiscali INPS sono: dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.

Tali fasce orarie, devono essere rispettate sin dal primo giorno di malattia e sopratutto anche il sabato e domenica, festivi, Natale e Capodanno, Pasqua e feste patronali. Ricordiamo che la disciplina che regola la visita fiscale e l'obbligo di reperibilità malattia, sono sanciti dall'articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede la facoltà del datore di lavoro o dell'INPS di richiedere il controllo fiscale sul dipendente che si assenta dal lavoro per una patologia, visita o esami, il quale deve garantire la sua presenza in casa, nello specifico presso il domicilio comunicato attraverso il certificato medico di malattia, e rimanere a disposizione durante questi orari mentre può uscire di casa al di fuori di tali fasce.

Per esempio, se ci si ammala e si è soli in casa, per andare in farmacia bisogna andare prima delle 10 o dopo le 12 stessa cosa per il pomeriggio, mentre se ci deve recare dal medico urgentemente, si può uscire ma occorre farsi fare un certificato medico dal dottore che attesti che in quel giorno e in quell'orario, si era a visita. Fare ciò è molto importante, dal momento che la mancata reperibilità ingiustificata è sanzionabile con sanzioni disciplinari, economiche e con il licenziamento.

Cosa succede se il dipendente in malattia esce di casa? Se il medico ASL o INPS si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari delle visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.

La Corte di Cassazione con sentenza del 23.7.1998, ha legittimato e ritenuta giustificata l’assenza del dipendente dal proprio domicilio per sottoporsi a trattamenti fisioterapici, cure e visita medica specialistica, analisi ma con l’accezione che l’assenza è da ritenersi giustificata solo laddove il dipendente fornisca la prova dell’impossibilità, se non a prezzo di gravi sacrifici, di effettuare le cure al fuori delle suddette fasce.

Si può uscire di sabato e domenica? No, se la malattia cade nel fine settimana, weekend, ponte o giorno di riposo, il lavoratore deve rimanere a casa durante gli orari di reperibilità perché potrebbe ricevere il controllo medico della mutua o INPS, anche durante questi giorni. Tale controllo fiscale, infatti, per il datore di Lavoro o l'Amministrazione è un diritto richiederlo anche di sabato o domenica.

E se il citofono è guasto? Se il medico preposto alla visita fiscale si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.



Inps: malattie per i dipendenti pubblici e privati, pronto il ruolo di controllore unico




Ricordiamo che I lavoratori statali della PA, sono soggetti a controlli medici da parte delle singole Asl, mentre quelli del privato vengono monitorati da camici bianchi contrattualizzati dall'INPS. Mentre per evitare che i primi (3,5 milioni il loro totale) facciano i «furbetti» si spendono circa 70 milioni all'anno, l'istituto di previdenza sociale destina solo 13 milioni ai controlli di oltre 22 milioni di dipendenti privati. La differenza di costo non deve sorprendere: le Asl, si sa, sono più care e gli statali ne escogitano una più del diavolo per stare a casa (il profluvio di certificati dei pizzardoni romani lo testimonia). Nel privato l'assenteismo, prima o poi, viene punito e, dunque, i lavoratori tendono ad autolimitarsi.

Dopo la bufera di Capodanno sui presunti assenteisti del pubblico impiego, le polemiche rilanciano il piano del governo per l'aggiornamento del sistema dei controlli sulle assenze per malattia nella Pa. Accertamenti affidati alle Asl, ma che presto potrebbe passare nelle mani dell'INPS. L'istituto è pronto, assicurano fonti interne: «Per i controlli nell'ambito del pubblico impiego il sistema delle Asl ha a bilancio 70 milioni, noi siamo pronti a farlo alla metà del costo». Risparmio garantito, grazie «ad un sistema di data mining e all'archivio dei certificati online di cui l'Istituto ha la gestione».

In tempi di revisione della spesa, la posta in gioco fa evidentemente gola all'istituto nazionale di previdenza. Ma poter “scippare” le visite fiscali alla Sanità pubblica che potrebbe avvenire nell'ambito del ddl Madia di riforma della Pubblica amministrazione, spiega la fonte interna, «occorre una modifica anche delle altre regole, per omogeneizzare il sistema di controlli nel pubblico e nel privato», dando spazio al know how Inps che già oggi si occupa delle assenze nel settore privato. L'adozione di un sistema di “data mining” (letteralmente estrazione di informazioni da una banca dati) permette di ottenere la scelta dei soggetti da sottoporre a visita di controllo attraverso un “sistema informatico esperto”, che garantisce oggettività, conservazione e riproducibilità delle azioni effettuate.

«I tempi sembrano ormai maturi - si legge nella relazione conclusiva dell'indagine conoscitiva «sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia» - per l'individuazione di un solo soggetto cui affidare lo svolgimento della funzione di controllo in merito alle assenze per motivi di salute, da individuarsi necessariamente nell'Inps. Tale scelta richiede alcune modifiche della normativa vigente che andranno meglio precisate con appositi atti».

Il costo del servizio reso dall'Inps nel settore del pubblico impiego «potrebbe trovare risposta nelle cifre già ora stanziate per il medesimo scopo. Si potrebbe valutare un budget annuo complessivo e tale da coprire una quota predefinita di visite di controllo per la Pa, lasciando ad ogni amministrazione la possibilità di integrare tale quota ove risultasse necessario procedere ad un numero maggiore di controlli», prosegue il documento della Camera. «Tale ipotesi consentirebbe di evitare che ragioni di risparmio immediato con conseguente riduzione del numero dei controlli lasci trasparire l'idea di un rallentamento della lotta all'assenteismo», conclude il documento.

Ad oggi non si può chiudere gli occhi dinanzi alla spending review dell'INPS che, per quadrare i bilanci, ha tagliato un pò su tutto. A partire dalle visite «d'ufficio» (quelle richieste dalle aziende sono pagate dalle medesime) scese dalle 789mila del 2009 alle 345mila del 2013 il cui costo si è ridotto a 12 milioni. Inoltre dei 1.400 medici impiegati dall'Inps, solo 300 hanno un rapporto di esclusiva con l'istituto. Se il regime cambiasse, lo Stato sarebbe solerte come un'azienda nell'effettuare i controlli? E i 1.100 medici senza esclusiva sarebbero inflessibili? In Italia dubitare è un obbligo.



mercoledì 4 luglio 2012

Spending review Sanità nuova prospettiva di spesa. Si taglia


Per i dipendenti e le strutture ospedaliere sono previsti grossi tagli per il momento la chiusura di 30 mila posti letto.

Sono previsti il blocco degli stipendi e le ferie coatte per i dipendenti pubblici; la riduzione dei permessi sindacali del 10% per gli statali a partire da gennaio del 2013. Inoltre il fondo sanitario viene ridotto di 3 miliardi in due anni (un miliardo per il 2012 e due per il 2013); chiusi i piccoli ospedali e previsti circa 30mila posti letto in meno negli ospedali pubblici, con un rapporto di 3,7 posti letto per mille abitanti contro gli attuali 4,2.

Dalla riduzione della spesa sanitaria è atteso un contributo di un miliardo di euro già da quest'anno e di due miliardi a partire dal 2013, con un'equivalente riduzione del Fondo Sanitario Nazionale. Il piano di risparmi nella Sanità è drastico: vengono rideterminati i tetti della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera, rinegoziati al ribasso i contratti di appalto, riviste le convenzioni con le strutture private accreditate, ridotti i fondi per l'acquisto dei dispositivi medici, aumentato il contributo delle farmacie all'equilibrio del sistema e delle aziende farmaceutiche all'eventuale sforamento dei tetti di spesa. Per questi ultimi mesi del 2012 le farmacie dovranno concedere al servizio sanitario un extrasconto sui farmaci del 6,5%, che a regime dall'anno prossimo sarà pari al 3,65%. Il tetto alla spesa farmaceutica ospedaliera, che fa registrare sistematicamente uno sforamento, viene alzato dal 2,4% al 3,2%, e parallelamente viene ridotto il tetto alla spesa territoriale (i farmaci a carico del Ssn forniti dalle farmacie) dal 13,3 all'11,5% del totale della spesa sanitaria.

Nello stesso tempo viene aumentato, e di parecchio, il contributo delle aziende farmaceutiche agli eventuali sfondamenti della spesa. Le imprese, infatti, dovranno farsi carico del 50% delle somme che eccedono il tetto fissato dal governo, mentre il restante 50% sarà a carico delle Regioni, ma solo di quelle che, nel complesso, non sono riuscite a rispettare il tetto.

Le Asl, che potranno rinegoziare i contratti con prezzi eccedenti il 20% rispetto al valore di riferimento, saranno obbligate ad ottenere le forniture attraverso la Consip, la centrale pubblica per gli acquisti centralizzati. Il decreto legge prevederebbe, poi, la riduzione del 5%, rispetto al 2011, delle spese per gli appalti di beni e servizi "non sanitari", mentre gli esborsi delle Regioni per le prestazioni sanitarie svolte dai privati accreditati in regime di convenzione dovranno essere tagliati dell'1% nel 2012 e del 2% a partire dal 2013 rispetto ai valori del 2011.
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