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domenica 27 gennaio 2013

Guida al contributo di licenziamento per colf e badanti

I lavoratori domestici sono domestici coloro che prestano un’attività lavorativa continuativa per le necessità della vita familiare del datore di lavoro come ad esempio colf, assistenti familiari o baby sitter, governanti, camerieri. Rientrano in questa categoria anche i lavoratori che prestano tali attività presso comunità religiose (conventi, seminari), presso caserme e comandi militari, nonché presso le comunità senza fini di lucro, come orfanotrofi e ricoveri per anziani, il cui fine è prevalentemente assistenziale.

Il rapporto di lavoro può cessare per libera volontà del lavoratore e del datore di lavoro, a condizione che si dia regolare preavviso all'altra parte.

In caso di licenziamento, per il rapporto di lavoro con impegno superiore a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
15 giorni di calendario, fino a cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro;

30 giorni di calendario, oltre i cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro.

Per il rapporto di lavoro con impegno fino a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:

8 giorni di calendario, fino a due anni di anzianità;

15 giorni di calendario, oltre i due anni di anzianità.

Tali termini sono ridotti del 50% nel caso di dimissioni da parte del lavoratore.
In caso di mancato preavviso da parte del datore di lavoro è dovuta al lavoratore un’indennità pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso spettante.
In caso di dimissioni invece, al lavoratore che non effettua la prestazione nel periodo di preavviso viene
trattenuta dalla liquidazione l’importo che gli sarebbe spettato in tale periodo.

Dal 1° gennaio 2013 chi licenzia una collaboratrice domestica dovrà versare fino a 1.450 euro. La somma si aggiunge al Tfr e alla 13esima e vale per i licenziamenti per giusta causa: ad esempio quando la colf non viene al lavoro o ha rubato in casa.

Diciamo che sono veri e propri nuovi contributi dovuti all’Ente di previdenza (Inps) anche se c'è giusta causa, e non va pagata solo se è il lavoratore a dimettersi o se ovviamente il contratto viene risolto consensualmente.

Quindi con le nuove norme sul lavoro anche per i collaboratori domestici, come per gli altri lavoratori dipendenti, la riforma del mercato del lavoro approvata dal governo Monti prevede il «contributo di licenziamento» che può arrivare fino a 1.450 euro. Una somma che il datore di lavoro deve versare obbligatoriamente all'Inps e che si aggiunge al trattamento di fine rapporto e alla quota della tredicesima già maturata. E’ un vero e proprio esborso che servirà a finanziare l'Aspi e la mini Aspi, cioè le due assicurazioni sociali per l'impiego che proprio a partire dal primo gennaio del 2013 sostituiscono l'indennità di disoccupazione.

Per calcolare quanto si dovrà versare all'Inps si deve devono considerare per ogni anno di anzianità lavorativa 438,80 euro. Se l'anzianità di servizio è inferiore all'anno, andranno conteggiati soltanto i mesi effettivamente lavorati. Dunque, sei mesi di lavoro come colf corrispondono alla metà della quota: 241,90 euro. In ogni caso non è possibile conteggiare più di tre anni: con un tetto massimo di 1.451,40 euro.

L’Assindatacolf, l'Associazione sindacale fra datori di lavoro dei collaboratori familiari ha sostenuto che: «Il contributo è previsto in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato successivi al primo gennaio del 2013». E riguarda anche i licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo, che possono scattare, per esempio, quando la colf o la badante non si presenta più al lavoro.
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