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domenica 29 gennaio 2017

Colf e badanti: i contributi per il 2017



Il contributo previdenziale garantisce copertura assicurativa per la pensione, la maternità, la disoccupazione, gli assegni al nucleo familiare, nonché l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali. Restano invariate rispetto all'anno scorso le fasce retributive e i relativi contributi dovuti all’Inps per il lavoro domestico.

Rispetto agli anni scorsi l’Inps nella circolare ha aggiunto una precisazione, in risposta alle domande arrivate dalle sedi territoriali, per quanto riguarda i casi di regolarizzazione a integrazione di un rapporto di lavoro domestico già denunciato per più di 24 ore a settimana. Se, per esempio, viene presentata una domanda di regolarizzazione per integrare le ore di un collaboratore per il quale sono state già pagate almeno 25 ore per settimana, deve essere mantenuto il calcolo della quarta fascia contributiva, quella riferita all’orario di lavoro superiore a 24 ore settimanali.

Sul fronte del lavoro domestico la Federazione italiana datori di lavoro domestico, è intervenuta sul tema dei voucher in occasione di un’audizione alla Commissione lavoro della Camera dei deputati. «Solo un’equilibrata combinazione di limitazioni, di importo e temporali, - ha affermato Andrea Zini a nome della Federazione - può garantire che i voucher vengano effettivamente usati per retribuire prestazioni a carattere straordinario e non, come invece molto spesso accade, in sostituzione di un regolare contratto di lavoro». La soluzione proposta consiste nell'introduzione di un limite di 2mila euro all’anno per i datori di lavoro domestico, da spendere in un massimo di 3 mesi e non superando la soglia di 30 giorni.

Quindi contributi previdenziali ed assistenziali invariati anche nel 2017 per i collaboratori domestici. I contributi, com'è noto, sono calcolati in modo diverso rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti in quanto vengono determinati in misura convenzionale a seconda che il collaboratore familiare presti la propria attività lavorativa con orario inferiore o superiore alle 24 ore settimanali. Se non supera le 24 ore, il contributo orario è commisurato a tre diverse fasce di retribuzione. Se l'orario, invece, è di almeno 25 ore settimanali, il contributo orario prescinde dalla retribuzione corrisposta ed è fisso per tutte le ore lavorate.

Altra differenza rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti sta nel fatto che le aliquote di contribuzione sono inferiori: l'aliquota IVS di finanziamento della gestione è infatti pari allo 17,4275% della retribuzione contro il 33% della generalità degli altri assicurati. A tale aliquota va aggiunto il contributo Aspi (che è superiore per i datori che non sono soggetti al contributo CUAF, Cassa Unica Assegni Familiari) la tutela Inail e il Fondo per il TFR. Complessivamente l'aliquota su cui si versano i contributi è pari al 19,9675% della retribuzione convenzionale oraria come articolata nella tavola sottostante. Dal 2013, per i soli rapporti di lavoro a tempo determinato, è previsto un contributo addizionale di finanziamento dell'Aspi, a carico del datore di lavoro, nella misura del 1,40 per cento.

La retribuzione presa a riferimento per determinare il contributo corrispondente comprende, oltre alla paga oraria concordata tra le parti, anche la tredicesima mensilità e l'eventuale indennità di vitto e alloggio, calcolate in misura oraria. Il contributo previdenziale - che garantisce copertura assicurativa per la pensione, la maternità, la disoccupazione, gli assegni al nucleo familiare, nonché l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali - è versato, oltre che per le ore di effettivo di lavoro, anche per quelle di assenza comunque retribuite (malattia, ferie, festività eccetera).

Il versamento dei contributi è trimestrale e deve essere effettuato entro i primi 10 giorni del trimestre successivo a quello di riferimento. L'ultima scadenza utile per il pagamento dei contributi relativi al 1° trimestre (gennaio-marzo), sarà dunque il 10 aprile 2017. In caso di conclusione del rapporto di lavoro, la contribuzione va versata entro i dieci giorni successivi alla cessazione. Il pagamento si può effettuare tramite bollettino Mav, utilizzando il circuito "Reti Amiche" (tabaccherie, sportelli bancari di Unicredit) o sul sito dell'Inps.

Come si calcolano i contributi 
Nel lavoro domestico però, è bene ricordarlo, il calcolo dei contributi segue regole diverse da quelle valide per le altre categorie professionali. Il conteggio è infatti forfettario: la differenza sono le ore di lavoro superiori o inferiori a 24 settimanali. Sopra questa soglia il contributo è fisso e non dipende dall'effettiva retribuzione. Questo perché le aliquote di contribuzione IVS per colf e badanti sono inferiori (17,4% rispetto al 33% della generalità degli assicurati). Dal 2013 inoltre, ma solo per i contratti a tempo determinato, è previsto a carico del datore di lavoro un contributo aggiuntivo dell’1,40% di finanziamento dell’Aspi.



giovedì 22 settembre 2016

Il datore di lavoro deduce i contributi per colf e badanti



I contributi previdenziali versati nell’anno 2015 a colf e badanti nell’ambito delle prestazioni di lavoro domestico svolte, possono essere portati in deduzione dal reddito nel modello 730/2016. Viene confermato quindi anche per il 2016 la possibilità di dedurre dal proprio reddito, in sede di dichiarativo fiscale, la quota di contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per colf e badanti nel limite massimo di 1.549,37 euro.

Ai fini di deduzione dal reddito, il contribuente - datore di lavoro, deve conservare le ricevute di pagamento MAV o bollettini di versamento all’INPS dei contributi ma dal momento che la suddetta contribuzione è versata trimestralmente, occorre fare attenzione, in quanto tra i contributi da dedurre nel modello 730 2016 o modello Unico 2016, devono essere presenti solo quelli effettivamente versati nel corso del 2015 in base al principio di cassa.

I contributi che si possono portare in detrazione fiscale sono quelli versati ai fini previdenziali ed assistenziali con il bollettino postale o con modello F24 (obbligatori per legge).

Il contribuente che intende dedurre dal proprio reddito complessivo la quota a carico del datore di lavoro dei contributi previdenziali per colf e badanti, deve indicare nel rigo E23 del modello 730/2016, l’importo dei contributi versati nell'anno fiscale 2015.

Ciò significa che la deducibilità contributi colf badanti 730 2016 o Unico 2016 può essere fatta valere solo per i seguenti versamenti:

Contributi INPS versati a gennaio 2016 e relativi al quarto trimestre 2015;

Contributi INPS versati ad aprile, luglio e ottobre 2016 e relativi ai primi 3 trimestri del 2016.

I contributi INPS colf e badanti relativi al 4° trimestre, pagati quindi a gennaio 2016, possono essere portati in deduzione dal reddito con il 730 2017 e Unico 2017

Come va calcolato l’importo deducibile dei contributi versati alla colf?

Il contribuente che assume una colf o una badante, è tenuto al versamento della relativa contribuzione previdenziale ed assistenziale, il cui importo, da versare all’INPS per i contributi, dipende dalla retribuzione oraria, ma per i contratti di lavoro sopra le 24 ore settimanali, scatta un importo forfetario.

In base alle nuove tabelle INPS importi contributi colf 2016 la quota a carico del datore di lavoro è la seguente:

Retribuzione fino a 7,88 euro: 0,35; da 7,88 a 9,59 euro è pari a 0,40; oltre 9,59 euro l’ora è pari a 0,48.

Per i contratti sopra le 24 ore settimanali: 0,25.

Il datore di lavoro, oltre ai contributi INPS, è obbligato anche a versare il contributo di assistenza contrattuale per l’accesso alle prestazioni della Cassa Colf, il cui importo è visibile nel bollettino MAV sotto la voce “Causale del Versamento” e nell’Attestazione di pagamento che viene rilasciato al lavoratore sotto la voce “Codice Organizzazione”. Tale importo per il 2016 per i contratti a tempo indeterminato e determinato è di 0,03 euro all’ora, di cui 0,01 a carico del lavoratore.

Questo importo però, non è deducibile ai fine IRPEF perché è destinato alla cassa a favore dei dipendenti collaboratori familiari.

Diversamente da quanto previsto dall’art. 15, TUIR (detrazione dei compensi erogati a tali soggetti, se il soggetto assistito è “non autosufficiente”) i contributi previdenziali versati sono deducibili a prescindere dalla situazione “fisica” in cui versa il contribuente interessato.

I contributi previdenziali e assistenziali relativi ai soggetti sopra elencati:

vengono versati dal datore di lavoro, ma sono costituiti da una quota a carico del datore di lavoro e da una quota a carico del lavoratore;

sono deducibili solo per la quota rimasta a carico del datore di lavoro.

Il versamento all’INPS dei contributi domestici familiari è effettuato per trimestri solari, entro i seguenti termini:
• dal 1° al 10 aprile, per il primo trimestre;
• dal 1° al 10 luglio, per il secondo trimestre;
• dal 1° al 10 ottobre, per il terzo trimestre;
• dal 1° al 10 gennaio, per il quarto trimestre.

La contribuzione relativa ai lavoratori domestici prevede il versamento di un contributo ordinario e un contributo integrativo.

Tuttavia, per determinare il valore della quota di contributo deducibile non bisogna utilizzare “direttamente” il totale pagato indicato nella ricevuta di pagamento, in quanto tale valore è composto:
- dalla quota di contributo a carico del datore di lavoro, deducibile nel limite di € 1.549,37;
- dalla quota di contributo a carico del lavoratore, non deducibile dal datore di lavoro.

È quindi, necessario scorporare la parte di onere deducibile in capo al datore di lavoro, in quanto la quota di contributo a carico del lavoratore è già stata dedotta al momento del pagamento delle retribuzioni (il reddito del lavoratore è già al netto della quota di contributi a suo carico).

Per effettuare il calcolo corretto dei contributi deducibili è necessario conoscere l’ammontare del contributo ordinario e di quello integrativo a carico del datore di lavoro e del lavoratore.

Gli importi del contributo ordinario (sia la quota a carico del lavoratore che quella a carico del datore di lavoro) sono rinvenibili dalle tabelle di contribuzione predisposte dall’INPS. In particolare, se l’orario di lavoro:

non supera le 24 ore settimanali, il contributo orario è commisurato a tre diverse fasce di retribuzione;

è di almeno 25 ore settimanali, il contributo è fisso per tutte le ore retribuite.

A titolo esemplificativo, la tabella relativa ai contributi applicabili ai rapporti di lavoro a tempo determinato eccetto sostituzione di lavoratori assenti prevede:

- fino a euro 7,86, un importo di contributo orario pari a euro 1,49 (con assegni familiari) (0,35 per il lavoratore) e di euro 1,50 (senza assegni familiari) (0,35 per il lavoratore);

- oltre ad euro 7,86 e fino a euro 9,57, un importo di contributo orario pari a euro 1,68 (con assegni familiari) (0,39 per il lavoratore) e di euro 1,69 (senza assegni familiari) (0,39 per il lavoratore);

- oltre ad euro 9,57, un importo di contributo orario pari a euro 2,04 (con assegni familiari) (0,48 per il lavoratore) e di euro 2,06 (senza assegni familiari) (0,48 per il lavoratore);

- per più di 24 ore settimanali, un importo di contributo orario pari a euro 1,08 (con assegni familiari) (0,25 per il lavoratore) e di euro 1,09 (senza assegni familiari) (0,25 per il lavoratore).

Il contributo integrativo obbligatorio versato dal datore di lavoro alla CAS.SA.COLF (CASsa SAnitaria COLF o cassa malattia colf) pari ad € 0,03 (di cui € 0,01 a carico del lavoratore) per ogni ora di lavoro, è deducibile per il datore di lavoro privato in misura di € 0,02 moltiplicato per l’ammontare delle ore lavorate.

Per il calcolo dei contributi dell’esempio proposto il totale dei contributi versati dal datore di lavoro risultano pari a:

€ 561,60 (€ 1,08 x 520) contributo ordinario;
€ 15,60 (€ 0,03 x 520) contributo integrativo.

La quota di contributi a carico del lavoratore sono pari ad:
€ 130,00 (520 x € 0,25) contributo ordinario;
€ 5,20 (520 x € 0,01) contributo integrativo.

Dunque in definitiva, l’ammontare deducibile per il datore di lavoro privato è pari a:
€ 431,60 (€ 561,60 - € 130,00) contributo ordinario;
€ 10,40 (€ 15,60 - € 5,20) contributo integrativo.

Il totale dei contributi deducibili per il datore di lavoro risulta quindi pari ad € 431,60 + € 10,40 = € 442,00.





mercoledì 20 luglio 2016

Pensione di reversibilità: addio norma ‘anti-badanti’



Chi decide di sposarsi anche dopo i settanta ha tutto il diritto di farlo senza che venga sospettato di voler frodare l’erario. Nemmeno se il coniuge è di molto più giovane . Non è possibile tagliare la pensione di reversibilità se tra i coniugi ci sono più di 20 anni di differenza d'età. La Corte costituzionale, con la sentenza 174/2016, ha bocciato la norma “contro le (giovani) badanti” introdotta dal 2012.La norma  è stata introdotta a fronte del fatto che un numero crescente di pensionati (soprattutto uomini) si sposano con donne molto più giovani. Ed era stata introdotta per scoraggiare i cosiddetti matrimoni di convenienza, ossia i rapporti di breve durata in cui la differenza di età tra marito e moglie è elevata al punto da insospettire su eventuali interessi economici alle nozze. Più nello specifico, matrimoni contratti dopo i 70 anni e con una persona di almeno venti anni più giovane. Spesso si tratta della stessa ‘badante’ dell’anziano in questione, ma non sono gli unici casi.

Non ci può essere nessuna discriminazione basata sull'età nel diritto alla pensione di reversibilità. Il provvedimento legislativo, varato cinque anni fa, prevedeva un taglio all'ammontare della pensione di reversibilità quando il coniuge scomparso aveva contratto matrimonio a un’età superiore ai settant’anni e il coniuge superstite era più giovane di almeno vent’anni. Una norma pensata per evitare truffe ai pensionati anziani e matrimoni di convenienza a favore delle badanti.

La Corte ha ribadito che ogni limitazione del diritto alla pensione di reversibilità deve rispettare i principi di eguaglianza e di ragionevolezza e il principio di solidarietà, che è alla base del trattamento previdenziale in esame, e non deve interferire con le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali. In particolare, la sentenza ritiene inaccettabili le limitazioni basate su un dato meramente naturalistico quale l’età per incidere su un istituto - la pensione di reversibilità - fondato sul vincolo di solidarietà che si stabilisce nella famiglia.

Con effetto sulle pensioni liquidate dal 2012, era dunque stata introdotta la regola per cui, a fronte di un matrimonio tra una persona ultrasettantenne e un’altra che sia più giovane di oltre vent’anni, l’importo della pensione di reversibilità derivante dalla morte del più anziano viene ridotto del 10% per ogni anno di matrimonio inferiore a 10. Ciò significa che se il matrimonio è durato almeno 10 anni, la pensione di reversibilità viene corrisposta interamente, altrimenti diventa il 90, l’80, il 70% e così via per ogni anno mancante ai dieci, fino ad azzerarsi.

La Corte ha ritenuto incostituzionale una simile penalizzazione basata solo sulla differenza di età dei coniugi.

Nel caso di decesso di un pensionato, al coniuge superstite spetta l’assegno di reversibilità nella misura del 60%. Tuttavia, per evitare che giovani donne senza scrupoli sposassero uomini anziani all'imbocco del viale del tramonto solo per carpirne la pensione di reversibilità, nel 2012 era stata approvata una norma [2] in base alla quale, sussistendo tre condizioni “sospette”, la reversibilità sarebbe scesa dal 60% al 10%; dette condizioni erano:

il titolare della pensione doveva avere almeno 70 anni di età;

tra il titolare della pensione e il coniuge superstite dovevano esservi almeno 20 anni di differenza;

il matrimonio doveva essere durato meno di 10 anni.


mercoledì 12 febbraio 2014

Contributi ai lavoratori domestici 2014



Aggiornati dall'INPS gli importi dei contributi per i lavoratori domestici nella circolare n. 23 del 10 febbraio 2014.  L'INPS, con la Circolare n. 23 del 10 febbraio 2014, ha comunicato gli importi dei contributi previdenziali per l'anno 2014 relativi al lavoro domestico. La circolare è consultabile nel sito www.inps.it.

Per il rapporto di lavoro a tempo determinato, va considerata l'applicazione del contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,40% della retribuzione convenzionale, ad eccezione delle assunzioni a termine per sostituzioni.

Rideterminati gli importi dei contributi per colf e badanti, contributi lavoratori domestici per il 2014 in base alla variazione percentuale, calcolata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati, verificatasi tra il periodo gennaio-dicembre 2012 ed il periodo gennaio-dicembre 2013. Tale variazione infatti è risultata essere pari all’1,10% e i conseguenza, sono state determinate le nuove fasce di retribuzione su cui calcolare i contributi dovuti per l’anno 2014 per i lavoratori domestici.

In particolare  si prevede:

retribuzione oraria effettiva: 7,86- contributo 2014 1,49 euro
retribuzione oraria effettiva: 9,57- contributo 2014 1,68 euro
retribuzione oraria effettiva: oltre 9,57- contributo 2014 2,04 euro.

Per calcolare i contributi in relazione alla retribuzione pattuita, l’INPS mette a disposizione di datori di lavoro e lavoratori un software di simulazione del calcolo accessibile con il servizio nel sito internet.

La tredicesima mensilità corrisponde ad un dodicesimo dell’intera retribuzione annua, che i datori di lavoro devono pagare ai loro collaboratori familiari entro il mese di dicembre, in occasione delle festività natalizie. La tredicesima matura anche durante le assenze per malattia, infortunio sul lavoro e maternità, nei limiti del periodo di conservazione del posto e per la parte non liquidata dagli enti preposti.

Se il lavoratore domestico presta servizio per più famiglie ogni datore di lavoro è tenuto ad effettuare il calcolo della quota di tredicesima sulla base della retribuzione oraria corrisposta.

Si ricorda in relazione sempre ai contributi lavoratori domestici, ai datori di lavoro, a decorrere dal 1° febbraio 2001, spetta un esonero dal versamento del contributo Cassa Unica Assegni Familiari,  pari a 0,8 punti percentuali oppure pari a 0,4 punti percentuali a valere sui versamenti di altri contributi sociali, prioritariamente sui contributi di maternità e disoccupazione.  Proprio in merito al contributo CUAF, questo è dovuto per tutti i rapporti di  lavoro domestico salvo il caso di rapporto fra coniugi e tra parenti o affini entro il terzo grado conviventi. Restano in vigore gli esoneri previsti e l’applicazione della minore aliquota contributiva dovuta per l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI) dai datori di lavoro soggetti al contributo CUAF che, ovviamente, incide sull’aliquota complessiva. Si precisa, inoltre, che, per il rapporto di lavoro a tempo determinato, ai sensi dell’art. 2,comma 28, della legge 28 giugno 2012, n. 92 continua ad essere applicato il contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, previsto pari all’ 1,40% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (retribuzione convenzionale). Tale contributo non si applica ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti.

Dal 1° gennaio 2014, tuttavia, in riferimento alle trasformazioni di contratto da tempo determinato a tempo indeterminato decorrenti dalla predetta data, ai sensi dell’art. 1, comma 135, della legge 27 dicembre 2013 (Legge di Stabilità 2014), non è più previsto il limite delle ultime sei mensilità per la restituzione al datore di lavoro del contributo addizionale che deve avvenire anche nel caso in cui il datore di lavoro riassuma con contratto di lavoro a tempo indeterminato il lavoratore entro sei mesi dalla cessazione del contratto a termine, con una riduzione del rimborso corrispondente ai mesi che intercorrono tra la scadenza e l’assunzione a tempo indeterminato.

Per il rimborso del contributo addizionale il datore di lavoro dovrà presentare domanda in via telematica attraverso uno dei seguenti canali:

WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Inps;

Contact Center Multicanale – numero gratuito 803164 da rete fissa e 06164164 da  telefono cellulare con tariffazione stabilita dal proprio gestore.

lunedì 4 marzo 2013

Busta paga per badanti e colf

In occasione del pagamento dello stipendio, il datore di lavoro deve predisporre una busta paga (anche chiamata prospetto paga o cedolino di paga) in cui vengono riportate e quantificate tutte le componenti della retribuzione. La figura della badante o colf si occupa di fornire assistenza presso il domicilio degli anziani; molto utilizzata in Italia, gode di regolare inquadramento e busta paga.

Vediamo gli elementi che costituiscono la busta paga, il quale deve essere composto dalle seguenti attività:

calcolo competenze e trattenute
elaborazione dei parametri progressivi del contratto di lavoro
calcolo del TFR
elaborazione e calcolo del valore dei contributi

La busta paga deve essere composta da seguenti elementi: dati anagrafici del datore di lavoro nonché quelli della collaboratrice. La prima riga riporterà la data di assunzione e quella di licenziamento, nonché gli scatti di anzianità che per colf e badanti maturano ogni biennio.

La seconda riga indicherà la scadenza del tempo determinato, la percentuale di tempo parziale (quest’ultima viene indicata solo nel rapporto di non convivenza) e i ratei di tredicesima. Le righe immediatamente successive faranno riferimento ad elementi come la paga base, l’indennità di funzione, il risultato in euro degli scatti di anzianità maturati e lo straordinario forfetizzato (ovvero l’importo corrisposto per compensare gli straordinari effettuati nel mese di riferimento).

Altri valori indicati saranno l’indennità assorbibile, ossia un valore corrisposto in aggiunta al minimo sindacale, e l’acconto futuri aumenti. Qualora il datore di lavoro e la badante si accordino per il pagamento di ferie, tredicesima e TFR a cadenza mensile, si potranno compilare altresì i campi indicati con le apposite diciture.

Occorre tener presente che nella compilazione della busta paga si distingue il caso della badante a ore da quello della badante fissa. Le ‘ore ordinarie’, ossia il numero delle ore lavorate, sono indicate in modo differente a seconda che il rapporto sia di convivenza oppure no.

Nel caso di non convivenza si calcolano come segue: tempo x valore = competenze. Nei casi di convivenza della badante con l’assistito, risulterà anche la dicitura ‘ore non lavorate’, che si ottengono sottraendo all’importo del pagamento mensile le assenze. Le badanti conviventi possono svolgere al massimo dieci ore al giorno non consecutive, per un totale di 54 ore a settimana, mentre quelle non conviventi possono svolgere al massimo otto ore di lavoro al giorno non consecutive per un totale di 40 ore alla settimana.

Il TFR del mese è composto dalla somma dei redditi mensili (stipendio, prestazioni aggiuntive e valori sostitutivi di vitto e alloggio) diviso 13,5. Nell'anno in corso il TFR accumulato è la somma dei TFR mensili.

Per il computo di quanto accantonato negli anni precedenti si considera il valore al 31 dicembre dell'anno precedente rivalutato secondo il coefficiente  Il valore del TFR è il totale tra il TFR dell'anno in corso e quello, rivalutato degli anni precedenti.

domenica 27 gennaio 2013

Guida al contributo di licenziamento per colf e badanti

I lavoratori domestici sono domestici coloro che prestano un’attività lavorativa continuativa per le necessità della vita familiare del datore di lavoro come ad esempio colf, assistenti familiari o baby sitter, governanti, camerieri. Rientrano in questa categoria anche i lavoratori che prestano tali attività presso comunità religiose (conventi, seminari), presso caserme e comandi militari, nonché presso le comunità senza fini di lucro, come orfanotrofi e ricoveri per anziani, il cui fine è prevalentemente assistenziale.

Il rapporto di lavoro può cessare per libera volontà del lavoratore e del datore di lavoro, a condizione che si dia regolare preavviso all'altra parte.

In caso di licenziamento, per il rapporto di lavoro con impegno superiore a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
15 giorni di calendario, fino a cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro;

30 giorni di calendario, oltre i cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro.

Per il rapporto di lavoro con impegno fino a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:

8 giorni di calendario, fino a due anni di anzianità;

15 giorni di calendario, oltre i due anni di anzianità.

Tali termini sono ridotti del 50% nel caso di dimissioni da parte del lavoratore.
In caso di mancato preavviso da parte del datore di lavoro è dovuta al lavoratore un’indennità pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso spettante.
In caso di dimissioni invece, al lavoratore che non effettua la prestazione nel periodo di preavviso viene
trattenuta dalla liquidazione l’importo che gli sarebbe spettato in tale periodo.

Dal 1° gennaio 2013 chi licenzia una collaboratrice domestica dovrà versare fino a 1.450 euro. La somma si aggiunge al Tfr e alla 13esima e vale per i licenziamenti per giusta causa: ad esempio quando la colf non viene al lavoro o ha rubato in casa.

Diciamo che sono veri e propri nuovi contributi dovuti all’Ente di previdenza (Inps) anche se c'è giusta causa, e non va pagata solo se è il lavoratore a dimettersi o se ovviamente il contratto viene risolto consensualmente.

Quindi con le nuove norme sul lavoro anche per i collaboratori domestici, come per gli altri lavoratori dipendenti, la riforma del mercato del lavoro approvata dal governo Monti prevede il «contributo di licenziamento» che può arrivare fino a 1.450 euro. Una somma che il datore di lavoro deve versare obbligatoriamente all'Inps e che si aggiunge al trattamento di fine rapporto e alla quota della tredicesima già maturata. E’ un vero e proprio esborso che servirà a finanziare l'Aspi e la mini Aspi, cioè le due assicurazioni sociali per l'impiego che proprio a partire dal primo gennaio del 2013 sostituiscono l'indennità di disoccupazione.

Per calcolare quanto si dovrà versare all'Inps si deve devono considerare per ogni anno di anzianità lavorativa 438,80 euro. Se l'anzianità di servizio è inferiore all'anno, andranno conteggiati soltanto i mesi effettivamente lavorati. Dunque, sei mesi di lavoro come colf corrispondono alla metà della quota: 241,90 euro. In ogni caso non è possibile conteggiare più di tre anni: con un tetto massimo di 1.451,40 euro.

L’Assindatacolf, l'Associazione sindacale fra datori di lavoro dei collaboratori familiari ha sostenuto che: «Il contributo è previsto in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato successivi al primo gennaio del 2013». E riguarda anche i licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo, che possono scattare, per esempio, quando la colf o la badante non si presenta più al lavoro.
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