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domenica 30 ottobre 2016

Lavorare con busta paga e Partita IVA



In alcune condizioni è possibile avere sia un lavoro dipendente o assimilato che una Partita IVA, questo significa ricevere sia una busta paga aziendale, sia redditi derivanti da lavoro autonomo. La scelta di avere un doppio reddito, da dipendente e da autonomo, può derivare ad esempio dalla necessità o dalla volontà di migliorare la propria condizione economica o anche semplicemente dalla possibilità di guadagnare degli extra facendo fruttare una propria passione o un proprio hobby.

Se si vuole intraprende questa strada, bisogna avere chiari alcuni passaggi:

versamento dei contributi INPS;

obblighi di comunicazione ai datori di lavoro;

cumulo dei redditi.

Il dipendente privato che decide di aprire una partita IVA, come ditta che sia individuale o società o come libero professionista, non deve trasgredire divieti inseriti nel contratto di lavoro. Anche per quanto riguarda la comunicazione con il proprio datore di lavoro, non esistono obblighi espliciti, potrebbe però essere comunque meglio comunicare tutte le eventuali informazioni, evitando così qualsiasi problematica.

Per quanto riguarda le regole previste dalla legge è importante ricordare l'art. 2015 del Codice Civile, che tratta l'obbligo di fedeltà da parte del lavoratore. Per questo motivo il lavoratore non può divulgare notizie riguardanti la propria azienda, o allo stesso tempo non può farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio. In caso di violazione dell'obbligo di fedeltà il dipendente può essere licenziato ed inoltre è tenuto a risarcire il datore di lavoro dei danni subiti. La violazione dell’obbligo di fedeltà costituisce inadempimento contrattuale che dà luogo a responsabilità disciplinare e, nella maggior parte dei casi, integra la giusta causa di licenziamento. Il lavoratore è inoltre tenuto al risarcimento dei danni subiti dal datore di lavoro (Cass. n. 6473/1993).

Infine per quanto riguarda contribuzione previdenziale INPS, per il dipendente a tempo indeterminato full time, che avvia un’attività d’impresa commerciale, non è necessaria l’iscrizione alla Gestione commercianti dell’INPS né il versamento di ulteriori contributi. Per un lavoratore dipendente che avvia un’attività da libero professionista, è previsto l’obbligo di iscriversi alla Gestione separata INPS versando il contributo proporzionale del 18%.

Un dipendente privato può aprire una partita IVA, come ditta individuale/società o come libero professionista, senza problemi di compatibilità, ovvero può aprire una propria attività conservando il proprio lavoro alle dipendenze di un’azienda privata a patto che non vi sia concorrenza tra lavoro svolto come dipendente e quello a partita IVA, se il contratto lo vieta espressamente. Se non vi è esplicito divieto non vi è alcun problema di coesistenza tra le due attività. In generale non vige alcun obbligo di comunicazione al datore di lavoro, anche se è generalmente conveniente informare l’azienda per non incorrere in problematiche che potrebbero portare ad un licenziamento per giusta causa.

Per quanto riguarda la contribuzione previdenziale INPS:

in caso di lavoratore dipendente a tempo indeterminato a tempo pieno (ovvero con almeno 26 ore lavorative settimanali) che avvia un’attività d’impresa commerciale, se è possibile qualificare il lavoro in azienda come prevalente sia in termini di tempo che in termini reddituali (reddito annuo come lavoratore dipendente maggiore del reddito derivante dall'attività commerciale), non è necessaria l’iscrizione alla Gestione commercianti dell’INPS né il versamento di ulteriori contributi.

Una volta avviata l’attività l’INPS invierà al lavoratore comunque una comunicazione in merito all'iscrizione del soggetto alla Gestione commercianti, tuttavia sarà sufficiente rispondere spiegando i motivi che prevedono la cancellazione dell’iscrizione e provando l’esistenza del rapporto di lavoro dipendente allegando una copia dell’ultima busta paga percepita.

Nel caso di lavoratore dipendente che avvia un’attività da libero professionista, è previsto l’obbligo di iscriversi alla Gestione separata INPS versando il contributo proporzionale del 18%;

in caso di contratto di lavoro a tempo determinato bisogna valutare se complessivamente nel corso dell’anno il periodo trascorso come lavoratore dipendente può essere o meno considerato prevalente rispetto all'attività commerciale esercitata.




mercoledì 19 febbraio 2014

Massimale di retribuzione imponibile Inps in busta paga



La circolare Inps: “Aggiornamento del massimale annuo della base contributiva e pensionabile. Il massimale annuo della base contributiva e pensionabile previsto dall’art. 2, co. 18, della legge 8.8.1995, n. 335, per i nuovi iscritti dal 1° gennaio 1996 a forme pensionistiche obbligatorie e per coloro che optano per la pensione con il sistema contributivo, rivalutato in base all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato nella misura di 1,1%, è pari, per l’anno 2014, a € 100.123,27 che arrotondato all’unità di euro è pari a €100.123,00”. Nel 2013 il massimale era pari a 99.034 euro, nel 2012 l’importo era di 96.149 euro, nel 2011 l’importo era di 93.622 euro, nel 2010 era di 92.147 euro. Per maggiori informazioni vediamo il massimale di retribuzione Inps.

Per la generalità dei lavoratori la contribuzione previdenziale e assistenziale non può essere calcolata su imponibili giornalieri inferiori a quelli stabiliti dalla legge. In particolare la retribuzione da assumere ai fini contributivi deve essere determinata nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di retribuzione minima imponibile (minimo contrattuale) e di minimale di retribuzione giornaliera come stabilisce la legge.

La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione d'importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo (art. 1, comma 1, del D.L. 9.10.989, n. 338, convertito in legge 7.12.1989, n. 389).

I datori di lavoro non aderenti neppure di fatto alla disciplina collettiva posta in essere dalle citate organizzazioni sindacali, in forza della predetta norma, sono obbligati, agli effetti del versamento delle contribuzioni previdenziali ed assistenziali, al rispetto dei trattamenti retributivi stabiliti dalla citata disciplina collettiva.

Massimale giornaliero per i contributi di malattia e maternità dei lavoratori dello spettacolo con contratto a tempo determinato. Il massimale giornaliero, previsto dall’art. 6, comma 15, del D.L. 30.12.87 n. 536 convertito con L. 29.2.88 n. 48, da prendere a riferimento ai fini del calcolo della contribuzione di malattia e maternità dei lavoratori dello spettacolo con contratto a tempo determinato, è confermato, per l’anno 2014, in € 67,14.

In alcuni casi particolari i contributi non sono calcolati sulla retribuzione effettivamente erogata ma su retribuzioni stabilite convenzionalmente.

Per i lavoratori domestici l’importo del contributo orario è stabilito annualmente, sempre da una circolare dell’Inps. Tali importi sono stabiliti in relazione a retribuzioni convenzionali commisurate a fasce di retribuzione effettiva. L’Inps ha pubblicato la circolare per l’anno 2014 nella quale è confermato che per i lavoratori che prestano attività presso lo stesso datore di lavoro per più di 24 ore settimanali l’importo dei contributi da versare è fisso (nel 2014 pari a 1,01 euro ad ora, importo che si eleva a 1,08 euro all’ora in caso di contratto a termine) ed è indipendente dall’entità della retribuzione effettiva percepita. Per maggiori informazioni vediamo i contributi 2014 per lavoratori domestici.

Sulla base di retribuzioni convenzionali sono calcolati anche i contributi per i lavoratori italiani operanti all’estero, in Paesi extracomunitari con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale. Tali retribuzioni sono fissate con decreto ministeriale.

Per i lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente viene fissata, anche in questo caso, con decreto ministeriale la retribuzione convenzionale in base alla quale i lavoratori possono versare l’eventuale differenza contributiva con riferimento ai periodi di lavoro nei quali hanno percepito una retribuzione di importo inferiore oppure hanno usufruito dell’indennità di disponibilità, ossia quell’indennità che il lavoratore percepisce quando mette a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative in attesa della chiamata, dell’utilizzazione. La misura di tale indennità deve essere almeno del 20% della retribuzione.



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