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venerdì 25 settembre 2015

Lavoro straordinario previsione CCNL e retribuzione


Per lavoro straordinario si deve intendere la prestazione di lavoro che eccede l’orario normale settimanale. Generalmente è considerato straordinario l’orario eccedente le 40 ore settimanali. Dal punto di vista contrattuale è invece straordinaria la prestazione di lavoro che eccede l’orario settimanale prefissato dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Il lavoro straordinario viene compensato mediante una maggiorazione della retribuzione, fissata dalla contrattazione collettiva; sempre la contrattazione può prevedere che, in alternativa alla maggiorazione per il lavoro straordinario, al lavoratore vengano concessi periodi di riposo compensativo.  Se Il compenso per lavoro straordinario viene corrisposto in modo fisso e continuativo, il medesimo incide sul calcolo del T.F.R.

Nel caso in cui il CCNL fissi un orario di lavoro ordinario inferiore alle 8 ore giornaliere, l’eventuale straordinario può essere corrisposto con una maggiorazione anche inferiore al 10% della paga base.
I giudici della Corte di Cassazione, hanno affermato che nelle ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un orario massimo di lavoro normale inferiore a quello predeterminato per legge, la stessa contrattazione può stabilire che il superamento dell'orario contrattuale, fino al limite di quello legale, non sia compensato secondo la disciplina del lavoro straordinario. Di conseguenza, in tali casi, la maggiorazione per lavoro straordinario può essere inferiore al 10% della paga ordinaria.
In definitiva, solo il lavoro straordinario superiore alle 8 ore giornaliere (48 ore settimanali) va retribuito in misura non inferiore al 10% della retribuzione ordinaria.

In particolare, con riferimento alla fattispecie,  secondo cui la maggiorazione per il lavoro straordinario non può essere inferiore al dieci per cento della retribuzione ordinaria, si riferisce esclusivamente alle ore di straordinario eccedenti la giornata normale di lavoro (in otto ore giornaliere e quarantotto ore settimanali).

Ne consegue che nell'ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un orario massimo di lavoro normale inferiore alle otto ore giornaliere e alle quarantotto ore settimanali, il compenso deve essere sempre corrisposto  con una maggiorazione rispetto a quella ordinaria  che può anche essere inferiore alla misura del  dieci per cento prevista per legge.

Ancora, continua la Corte di Cassazione, poiché l'art. 36 Cost. nulla stabilisce circa la struttura della retribuzione e l'articolazione delle voci che la compongono, “è rimessa insindacabilmente alla contrattazione collettiva la determinazione degli elementi che concorrono a formare, condizionandosi a vicenda, il trattamento economico complessivo dei lavoratori, del quale il giudice potrà poi essere chiamato a verificare la corrispondenza ai minimi garantiti dalla norma costituzionale. Quanto alle modalità di determinazione di tale maggiorazione, esse non possono che essere individuate nella contrattazione collettiva, poiché, se il lavoro straordinario è individuato come tale esclusivamente dalla fonte pattizia, non può poi negarsi a quest'ultima il potere di regolamentare l'istituto anche sotto tale aspetto”. Per questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Nell'ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un limite di orario normale inferiore a quello predeterminato per legge, è consentito alla stessa contrattazione determinare l'assetto degli interessi nel senso che il superamento dell'orario contrattuale fino al limite di quello legale non debba essere compensato secondo la disciplina del lavoro straordinario.

lunedì 18 giugno 2012

Lavoro straordinario e premi produzione 2012


La detassazione del lavoro straordinario e dei premi di produzione dei lavoratori dipendenti del settore privato, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali regionale e comunale, con aliquota del 10%, è stata confermata per il 2012 dalla legge di stabilità dello scorso anno (legge 183/2011, articolo 33, comma 12), e con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 30 maggio, è stato stabilito l’importo massimo assoggettabile alla tassazione agevolata e il limite di reddito per l’accesso al beneficio.

La sua pubblicazione rende di fatto applicabili gli accordi aziendali sottoscritti. Per l’insieme della detassazione il governo ha fissato un limite di 835 milioni di euro per il 2012 e di 263 milioni per l'anno 2013. Il decreto inoltre stabilisce che nel 2012 la tassazione agevolata del 10% dei premi di produttività trova applicazione entro il limite di importo complessivo di 2.500 euro lordi (anziché di 6.000 come lo scorso anno) e solo per i redditi da lavoro dipendente non superiori, nell'anno 2011, a 30.000 euro (anziché i 40.000 dello scorso anno) nei quali devono essere conteggiate anche le somme assoggettate, sempre nel 2011, all'imposta agevolata.

L'agevolazione – introdotta dall'articolo 2, comma 1, del Dl 93/08 (convertito dalla legge 126/08) – consente l'assoggettamento dei salari incentivanti, con l'obiettivo di incrementare la produttività. Il fine della norma si è però scontrato con un'evoluzione intricata, caratterizzata da diversi interventi e dalla veste sperimentale che la misura mantiene tuttora: una mancanza di regole certe che penalizza datori di lavoro e lavoratori.
I tetti determinati dal decreto attuativo per il 2012 ridurranno drasticamente il numero dei lavoratori beneficiari (2 milioni in meno secondo alcune stime): il perimetro è riferito al settore privato ma limitatamente ai soggetti che svolgono in modo esclusivo attività economica . I destinatari possono usufruire della detassazione per un importo complessivo di 2.500 euro solo se il reddito da lavoro dipendente, conseguito nel 2011, non ha superato i 30mila euro, al lordo delle somme assoggettate nello stesso anno all'imposta sostitutiva del 10 per cento.
Le somme incentivanti devono essere corrisposte in attuazione di accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali
Si deve trattare di emolumenti accessori della retribuzione corrisposti ai lavoratori in collegamento a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa nonché correlati ai risultati dell'andamento economico dell'impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale (straordinari, lavoro notturno, lavoro supplementare, premi di secondo livello e altro)
Gli accordi aziendali devono essere redatti in forma scritta.
È esclusa la retroattività della detassazione sulle somme corrisposte in periodi antecedenti alla stipula degli accordi.
Dovrebbero rientrare anche le intese preesistenti al 2012 purché in corso di efficacia e con valore di ultrattività per l'anno in corso.
Nell'alveo agevolabile rientrano anche i contratti di prossimità sottoscritti ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 148/2011 (secondo le disposizioni di cui all'articolo 22 della legge di stabilità 2012).
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