sabato 13 ottobre 2012

Auto aziendali regime fiscale 2012-2013


Sulle auto aziendali arriva un giro di vite sulla deducibilità, da parte delle imprese, dei costi sostenuti: la percentuale scenderebbe dal 27 al 20%. Già la riforma del Lavoro del minostro Elsa Fornero aveva previsto dal 2013 un abbassamento della deducibilità dei costi delle auto aziendali.

Con il nuovo regime fiscale in vigore l’uso delle auto aziendali non si rivelerà più conveniente per le aziende che ne faranno utilizzo. La stretta fiscale che dal prossimo anno colpirà la deduzione dei costi relativi alle auto aziendali, che è stata ridotta dal 40% al 27,5%, e le problematiche sull'utilizzo delle stesse da parte dei soci anche per motivi personali stanno portando molte imprese a scegliere di intestare le autovetture direttamente agli amministratori per le società di capitali, agli accomandatari per le sas o ai soci.

Gli provvedimenti governativi prevedono l'abbassamento, a partire dal 2013, dell'aliquota di detraibilità dall'attuale 40% (per i veicoli adibiti a uso "non esclusivamente strumentale") al 27,5%, mentre per quelli in uso promiscuo ai dipendenti l'aliquota dovrebbe passare dal 90 al 70%. Mentre le ultime informazioni circolate in merito alla legge di stabilità ipotizzano una deducibilità ridotta addirittura al 20%. Insomma, un'ulteriore pesante mazzata sui conti che andrebbe in senso esattamente contrario rispetto a quanto auspicato dalle aziende che operano nel settore dell'autonoleggio e dalle società loro clienti, le quali reclamano da tempo un adeguamento del trattamento fiscale delle auto al regime in vigore negli altri maggiori Paesi dell'Unione Europea, dove la detraibilità è stabilita al 100%.

La richiesta di rimborso spese per i chilometri percorsi, infatti, consente la piena deducibilità Ires o Irpef di questi costi, in capo all'impresa, e l'intassabilità del rimborso, in capo al precettore.

L'Agenzia delle Entrate ha chiarito, per quanto riguarda questi rimborsi, che sia possibile dedurre il totale delle tariffa Aci e non solo la parte proporzionale alla percorrenza. Le indennità chilometriche, invece, hanno un limite massimo di deduzione per l'impresa, pari al costo di percorrenza relativo ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, cioè 20 se con motore diesel.

Le autovetture con 17 cavalli fiscali hanno una cilindrata tra 1505,9 e 1643,3 cc., mentre quelle di 20 cavalli fiscali tra 1930,6 e 2080,1 cc. Una risoluzione delle Entrate ha chiarito che per costo di percorrenza deducibile quale indennità chilometrica rimborsata ai dipendenti o ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa debba intendersi il costo complessivo di esercizio in euro al Km calcolato dall'Aci, comprensivo della quota relativa al costo non proporzionale al chilometraggio (assicurazione Rca, tassa automobilistica, quota interessi).

Quindi per le auto aziendali, cala la deducibilità. E nella legge di stabilità entra anche la possibilità di effettuare erogazioni liberali al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato e usufruire di uno sconto fiscale pari al 19% dell'erogazione. Il Fondo è stato istituito nel 1993 con lo scopo di rimborsare o ritirare titoli di Stato dal mercato per favorire la riduzione dello stock del debito. Il meccanismo previsto dalla legge di stabilità è simile a quello delle donazioni ai partiti e movimenti politici, con l'obiettivo di incentivare l'abbattimento del debito pubblico.

Lavoro: il ministro Fornero torna a parlare di esodati e salvaguardati


''Per quanto riguarda gli esodati il governo ha cominciato a considerare salvaguardie che hanno interessato finora 120.000 persone alle quali se ne possono aggiungere altre 10.000". L'Inps sta verificando le posizioni,"ma molti ancora non hanno ricevuto notifica". Lo ha detto il ministro del Lavoro Elsa Fornero a Maria Latella su Sky Tg24.

Il governo non era al corrente dei numeri sugli accordi collettivi o individuali che sono obiettivamente molto difficili da monitorare -ha spiegato Fornero - per cui ci siamo trovati o davanti a un fenomeno molto ampio e diffuso. Si tratta di individuare non categorie, ma persone con nome e cognome. - ha concluso il ministro - Ora vogliamo dare certezza a chi poteva andare in pensione nel 2013 e 2014, sono le salvaguardie che ci sembrano più urgenti e dovrebbero essere 120mila». Ci siamo trovati o davanti a un fenomeno molto ampio e diffuso, abbiamo cominciato a considerare le salvaguardie che hanno interessato finora 120.000 persone alle quali se ne possono aggiungere altre 10.000 per effetto della finestra mobile del ministro Sacconi. Ora circa 130.000 hanno la salvaguardia".

Fornero ha nuovamente ribadito che la riforma delle pensioni non prevederà eccezioni per intere categorie, riferendosi all'emendamento al decreto sanità che consentirebbe una deroga alla riforma pensionistica per i lavoratori della sanità. "Noi abbiamo fatto una riforma che riguarda tutti i lavoratori - ha spiegato - è una riforma abbastanza severa ma giusta, soprattutto per quanto riguarda le giovani generazioni e non credo che sia opportuno ora cominciare con riservare le vecchie regole ad alcune categorie di lavoratori, significherebbe innescare una rincorsa perché una volta che si inizia con una categoria non si vede perché un'altra categoria non possa accedere a requisiti più favorevoli".

venerdì 12 ottobre 2012

Concordato preventivo 2012


In questo periodo di crisi economica e a volte di mal gestione d'impresa c' è la possibilità legislativa di poter intervenire per sistemare l'impresa in crisi  tramite un concordato preventivo (legge fallimentare).

Ricordiamo che dal mese di settembre 2012 sono diventate operative le nuove disposizioni in tema di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti che hanno il fine di garantire una migliore gestione delle crisi d'impresa ed un maggiore soddisfacimento dei creditori interessati a tali procedure. Il Legislatore ha voluto rafforzare gli strumenti normativi utili al risanamento aziendale, intervenendo in maniera significativa sul tema del concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione nonché dei c.d. “piani attestati”.

In particolare è prevista la possibilità, per il debitore che propone l’ammissione alla procedura del concordato preventivo, di depositare il ricorso contenente la mera domanda concorsuale; la proposta, il piano di concordato e la documentazione necessaria possono dunque essere presentati successivamente al deposito del ricorso, entro un termine compreso tra 60 e 120 gg., fissato dal giudice e prorogabile di non oltre 60 gg.

Nel periodo che va tra il deposito del ricorso ed il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo, l’imprenditore può compiere, previa autorizzazione del tribunale, gli atti urgenti di straordinaria amministrazione e, senza necessità di autorizzazione, gli atti di ordinaria amministrazione.

Gli effetti della presentazione del ricorso (concordato preventivo), a seguito della pubblicazione dello stesso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Inoltre, qualora nei 90 gg. che precedono la pubblicazione del ricorso siano state iscritte ipoteche giudiziali, esse sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.

Un’importante novità riguarda la sorte dei contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione del ricorso per concordato preventivo: il debitore, dietro apposita richiesta, può essere autorizzato dal tribunale o dal giudice delegato a sciogliersi dai suddetti contratti; sempre su richiesta, può essere consentita anche la sospensione dei contratti, per un periodo di non oltre 60 gg. prorogabili una sola volta. In questi casi, al contraente è dovuto un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. In questi casi, al contraente è dovuto un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento.

Il Decreto sviluppo 2012 ha mutato in modo significativo  la fisionomia del concordato preventivo: la nuova disciplina introduce un numero rilevante di disposizioni finalizzate a «migliorare l’efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi di impresa.

Per il perseguimento di tale obiettivo il Legislatore ha introdotto degli strumenti diretti a fronteggiare alcune delle maggiori problematiche rivelatesi nella prassi della procedura e, segnatamente:

le difficoltà del debitore di reperire risorse finanziarie durante la fase di preparazione del piano di concordato (c.d. “finanza interinale”);

l’insufficiente protezione del debitore durante la fase preparatoria del piano;

l’assenza di una disciplina che incentivi un’effettiva continuità aziendale nella fase prodromica all’omologazione del concordato.

Il Tribunale comunque  potrà o meno accordare l'autorizzazione, anche con riferimento a finanziamenti individuati soltanto per tipologia ed entità che non hanno formato ancora oggetto di trattativa, sulla base delle risultanze della relazione del professionista e, ove ritenuto opportuno, assumendo sommarie informazioni.

Vi è la possibilità per il debitore di richiedere al Tribunale, nell’ambito della domanda di ammissione a concordato, di essere autorizzato a pagare crediti anteriori per prestazione di beni o servizi a condizione che un professionista indipendente attesti che gli stessi sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali alla «migliore soddisfazione dei creditori». La cosiddetta, la continuità aziendale è tutelata non come valore in sé ma solo in via mediata, nella misura in cui essa risulti funzionale alla migliore soddisfazione del ceto creditorio nel suo complesso.

Con l’introduzione dell’art. 182-quinquies “Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti”, si consente al debitore, previa autorizzazione del tribunale, di contrarre finanziamenti funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

L’art. 186-bis, poi, prevede l’istituto del “Concordato con continuità aziendale”. Il piano  può prevedere:

la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore;

la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione;

la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa.
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