martedì 7 gennaio 2014

Scuola dal 2014, professori perdono 150 euro al mese in busta paga


Rientro in classe acre per gli insegnanti italiani. Alla ripresa delle lezioni, dopo la pausa natalizia 2013, si sono trovati di fronte alla sorpresa di un taglio di 150 euro mensili in busta paga.

Il ministero dell'Economia, chiede la restituzione degli scatti stipendiali già percepiti nel 2013 con una trattenuta appunto di 150 euro mensili, a partire da gennaio 2014. Un'iniziativa che ha incendiato gli animi.

I sindacati, infuriati, minacciano lo sciopero. E il ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, si é schierata al loro fianco scrivendo a Fabrizio Saccomanni. Al titolare del dicastero dell'Economia ha chiesto di sospendere la procedura di recupero degli "scatti" stipendiali per il 2013 segnalando,, l'urgenza di un intervento in questo senso dal momento - ha spiegato nella missiva - che nei prossimi giorni si procederà ai conteggi per gli stipendi di gennaio e quindi a operare le trattenute per il recupero della tranche prevista.

Ma il ministero dell'Economia ha fatto notare che "il recupero delle somme é un atto dovuto da parte dell'amministrazione perché il Dpr n.122 entrato in vigore il 9 novembre ha esteso il blocco degli scatti a tutto il 2013". Poi - spiegano al Mef - "se all'interno del ministero dell'Istruzione si riescono a individuare economie, razionalizzazioni di spesa che consentono di recuperare una cifra sufficiente da utilizzare per il pagamento dello scatto in questione ovviamente questo si farà".

I sindacati già da giorni protestano con forza. "Le istruzioni impartite dal Ministero dell'Economia per un graduale recupero degli scatti maturati nel 2012 costituiscono una decisione inaccettabile che va bloccata, una vera e propria provocazione che se attuata non potrà rimanere senza risposta" ha tuonato il segretario generale della Cisl Scuola Francesco Scrima. E dalla Gilda é arrivato un aut aut: "Siamo stanchi di aspettare: vengano restituiti ai docenti gli scatti degli stipendi 2012 o sarà sciopero generale". Per la Flc-Cgil si assiste "ancora una volta a un pesante intervento sui diritti acquisiti dei lavoratori della scuola, che saranno costretti a restituire le somme legittimamente e giustamente percepite".

"La scuola - ricorda il sindacato guidato da Mimmo Pantaleo - ha già contribuito pesantemente al risanamento dei conti pubblici, finanziandolo con i tagli di personale (8 miliardi di euro), con il blocco del contratto di lavoro, con il taglio del salario e con l'aumento dei carichi di lavoro". Il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna, parla di "situazione gravissima, mai accaduta prima". La nota del ministero dell'Economia del 27 dicembre - ricorda - "produce come effetto che, senza che nessuno sia stato avvertito, senza che sia stata fornita nessuna spiegazione, si procede con il prelievo nello stipendio. Come a dire, poiché la scuola è centrale nelle scelte di Governo, apriamo il nuovo anno togliendo parte della retribuzione di quelli che l'avevano legittimamente percepita, perché le regole sono cambiate. Il decreto, che viene interpretato in modo retroattivo, è di novembre e decide di togliere gli aumenti maturati a gennaio. Ed è qui il pasticcio vero, con un Governo che, in questa vicenda, infila un errore dopo l'altro, trattando il personale della scuola anziché come lavoratori titolari di diritti, come sudditi".

Il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna, parla di «situazione gravissima, mai accaduta prima». La nota del ministero dell'Economia del 27 dicembre - ricorda - «produce come effetto che, senza che nessuno sia stato avvertito, senza che sia stata fornita nessuna spiegazione, si procede con il prelievo nello stipendio. Come a dire, poichè la scuola è centrale nelle scelte di Governo, apriamo il nuovo anno togliendo parte della retribuzione di quelli che l'avevano legittimamente percepita, perchè le regole sono cambiate. Il decreto, che viene interpretato in modo retroattivo, è di novembre e decide di togliere gli aumenti maturati a gennaio. Ed è qui il pasticcio vero, con un Governo che, in questa vicenda, infila un errore dopo l'altro, trattando il personale della scuola anziché come lavoratori titolari di diritti, come sudditi».

«Le istruzioni impartite dal Ministero dell'Economia per un graduale recupero degli scatti maturati nel 2012 costituiscono una decisione inaccettabile che va bloccata, una vera e propria provocazione che se attuata non potrà rimanere senza risposta» ha tuonato il segretario generale della Cisl Scuola Francesco Scrima.

lunedì 6 gennaio 2014

Tasse sul lavoro sopra la media europea





La tassazione sul lavoro in Italia è al top dell’Eurozona e sopra la media Ue. L’incidenza del prelievo fiscale e contributivo sui redditi da lavoro, misurata con l’aliquota implicita, è stata infatti nel 2011 seconda solo al Belgio: 42,3% contro il 42,8%. E contro il 37,7% dell’Eurozona e il 35,8% dell’Ue-27. È quanto emerge da una nota del Centro studi Confindustria, indicando con l’aliquota implicita (data dal rapporto tra il gettito fiscale e la relativa base imponibile) l’onere medio effettivamente pagato.

I più importanti partner europei hanno registrato valori molto inferiori all’Italia: Francia 38,6%, Germania 37,1%, Spagna 33,2%, Regno Unito 26,0%. In Italia ai contributi sociali più elevati che altrove e legati all’ingente spesa pensionistica, sottolinea il Csc, si aggiunge a carico delle imprese anche la quota di Irap calcolata sul costo del lavoro. Ciò determina un onere per le imprese che, nel 2011, è stato pari al 10,7% del Pil, inferiore solo a quello registrato in Francia (12,9%) ed Estonia (11,2%); con un aumento in Italia del 2,2% nel periodo 1995-2011. Mentre a carico dei lavoratori, sempre nel 2011, è stato pari all’8,4% (+0,7%).

Il livello dell’imposizione sul lavoro in Italia da metà degli anni 90 «si è innalzato in modo netto al di sopra di quello dei principali partner europei, aprendo così un divario sostanziale, in termini di costo del lavoro, che ha effetti negativi sulla competitività delle imprese», evidenzia il Centro studi.

Con l’insorgere della crisi, l’aliquota implicita sul lavoro è cresciuta ancora, toccando il picco del 42,9% nel 2008, per poi tornare nel 2011 al livello del 2007. Negli altri principali paesi europei e in media nell’Eurozona, nel 2011 l’aliquota implicita era invece ad un livello inferiore a quello registrato nel 2007: «Ciò significa che il divario tra l’Italia e gli altri paesi, con la crisi, si è ampliato, seppure le tendenze più recenti sembrino indicare una convergenza».

In Italia l’economia sommersa nel 2012 era pari al 21,6% del Pil, il valore più elevato dell’Eurozona (dopo Estonia e Cipro), secondo la stima dell’economista Friedrich Shneider. «Considerando questa entità di sommerso la pressione fiscale effettiva che grava sui contribuenti onesti in Italia sarebbe pari al 56,2% del Pil».

L'inasprimento del fisco ha colpito il 95% delle aziende presenti in Italia. Lo rileva la Cgia di Mestre secondo la quale la pressione fiscale su queste aziende oscilla tra il 53 e il 63%.

Per le microimprese, ribadisce l'associazione, si è appena concluso un anno caratterizzato dall'ennesimo aumento delle tasse. Rispetto al 2012, le attività fino ai 10 addetti hanno subito un aggravio che va dai 270 ai 1.000 euro. Importi non particolarmente pesanti, che tuttavia si sono aggiunti ad un carico fiscale complessivo che per le attività di questa dimensione si attesta, secondo gli Artigiani di Mestre, attorno a un dato medio che oscilla tra il 53 e il 63%. Un livello che in passato non era mai stato raggiunto.

«Se nel 2013 una parte delle famiglie italiane ha beneficiato di un lieve calo della tassazione - osserva il segretario Giuseppe Bortolussi - per le piccolissime imprese le cose sono andate diversamente. L'inasprimento fiscale ha interessato tutte le aziende con meno di 10 addetti che, ricordo, costituiscono il 95% delle imprese presenti nel nostro Paese».

Un artigiano che lavora da solo (reddito annuo di 35.000 euro) con una pressione fiscale che nel 2013 si è attestata al 53%, rispetto al 2012 ha pagato 319 euro in più. Complessivamente ha versato allo Stato e agli Enti locali 18.564 euro. Anche per il 2014 le tasse sono destinate ad aumentare: nel pagherà 154 euro in più e rispetto al 2011 (ultimo anno di applicazione dell'Ici) l'aggravio sarà di ben 1.216 euro.

Un commerciante senza dipendenti (reddito annuo di 30.000 euro) con una pressione fiscale che nel 2013 ha quasi raggiunto la soglia del 53%, rispetto al 2012 ha versato 329 euro in più. Tra tasse, imposte e contributi ha pagato complessivamente 15.882 euro. Nel 2014 il peso fiscale è destinato ad aumentare di altri 184 euro. Se il confronto viene fatto tra il 2014 e il 2011, la maggiore tassazione a suo carico è di 1.362 euro.

La Cgia mette in evidenza che oltre il 70% degli artigiani e dei commercianti presenti nel nostro Paese lavora da solo. Un'impresa artigiana composta da 2 soci e 5 dipendenti (reddito annuo di 80.000 euro), con un peso fiscale che nel 2013 ha sfiorato il 59%, l'aggravio subito nel 2013 è stato di 273 euro. Complessivamente il carico di tasse e imposte versate è stato di 46.882 euro. Nel 2014 ci sarà un ulteriore incremento di 423 euro. Se il confronto viene fatto tra il 2014 e il 2011, l'inasprimento sarà di 1.191 euro Una piccola impresa con 2 soci e 10 dipendenti (reddito di 100.000 euro al lordo dei compensi degli amministratori pari a 60.000 euro), la pressione fiscale su questa attività ha toccato il 63,4%. Rispetto al 2012 ha pagato 1.022 euro in più, mentre quest'anno pagherà altri 285 euro aggiuntivi. L'ammontare delle tasse e dei contributi versati nel 2013 è stato di 63.424 euro. Tra il 2014 e il 2011, l'inasprimento è stato di 2.016 euro.


domenica 5 gennaio 2014

Formazione gratuita per i lavoratori dipendenti



I Fondi Paritetici Interprofessionali finanziano piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, che le imprese in forma singola o associata decideranno di realizzare per i propri dipendenti.

Oltre a finanziare i piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, i Fondi Interprofessionali potranno finanziare anche piani formativi individuali, nonché ulteriori attività propedeutiche o comunque connesse alle iniziative formative. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è chiamato a svolgere, accanto a compiti di vigilanza e controllo, una funzione strategica di monitoraggio delle attività finanziate.

La formazione professionale sta assumendo sempre più un'importanza strategica nel mondo produttivo. Essa viene incontro, da una parte, ai fabbisogni formativi espressi dalle aziende; dall'altra alle esigenze dei giovani di acquisire competenze e dei lavoratori di mantenersi aggiornati ai continui cambiamenti del mercato.

L'Unione Europea promuove la mobilità transnazionale in materia di istruzione e formazione attraverso una serie di Programmi rivolti a favorire: maggiori opportunità professionali, l'apprendimento di una lingua straniera, la conoscenze di culture diverse, lo scambio e il confronto di esperienze.

Le imprese vogliono offrire ai propri dipendenti un’opportunità di crescita che ne arricchisca le competenze e il loro valore in azienda, per tal fine possibile ricorrere ai fondi interprofessionali per la formazione gratuita dei lavoratori.

E' bene mettere in evidenza che Fondimpresa offre 66 milioni di euro per la messa a punto di piani formativi per i lavoratori delle imprese che partecipano al fondo. È possibile richiedere un finanziamento a fondo perduto compreso tra 70 e 200mila euro per ogni piano.

L’istanza può essere presentata: da i dipendenti che accedono alla formazione, che abbiano già aderito a Fondimpresa; dagli enti di cui all’art. 1 della legge n. 40/1987 riconosciuti dal ministero del Lavoro; dagli enti accreditati per attività di formazione secondo le normative regionali, o in possesso della certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008, settore EA 37, in corso di validità, per le sedi di svolgimento delle attività formative; dalle Università pubbliche e private riconosciute; dagli Istituti tecnici che rilasciano titoli di istruzione secondaria superiore; da altri soggetti, pubblici o privati, in grado di svolgere le attività oggetto del bando di cui trattasi.

I piani formativi devono essere destinati a lavoratori, compresi quelli con contratti di inserimento, reinserimento, in cassa integrazione guadagni, cassa integrazione in deroga, con contratti di solidarietà, stagionali tempo determinato, personale in forza che abbia aderito a Fondimpresa prima dell’avvio della formazione o prima della presentazione del piano formativo, per i cui lavoratori sia obbligatorio versare il contributo integrativo.

I piani formativi devono interessare almeno 80 dipendenti di 5 diverse imprese e devono riguardare un ambito preciso tra quello territoriale (quando si riferiscono esclusivamente ad una regione o una provincia autonoma), o settoriale (se riguardano reti e filiere produttive di imprese che insistono su un minimo di tre regioni o province autonome, imprese appartenenti alla stessa categoria merceologica o a reti e filiere organizzate in modo da ottenere il medesimo prodotto finale). I piani devono riguardare innovazione tecnologica di prodotto e di processo, digitalizzazione dei processi aziendali, commercio elettronico, contratti di rete, internazionalizzazione delle imprese, sviluppo dell’operatività dei consorzi per l’internazionalizzazione, sviluppo organizzativo, ambiente, sicurezza e innovazione organizzativa, competenze tecnico-professionali, competenze gestionali e di processo, qualificazione/riqualificazione.

Le imprese che vogliono formare o specializzare i propri dipendenti possono anche sfruttare le risorse gratuite messe a disposizione da Fondoprofessioni, il fondo paritetico interprofessionale per i dipendenti e apprendisti di aziende e studi professionali che versano il contributo previsto dall’art. 12, L. 160/1975, modificato dall’art. 25, L. 845/1978 (Legge quadro sulla formazione professionale) e hanno già aderito al Fondo prima di avviare la formazione per la quale chiedono l’agevolazione.  Il contributo erogato per ogni domanda equivale all’80% dell’imponibile Iva di ogni richiesta fino a un massimo di 1.500 euro. Sono disponibili due canali:  fino a 10 dipendenti (disponibilità 600mila euro); con più di 10 dipendenti (disponibilità 400 mila euro).


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