La tassazione sul lavoro in Italia è al top dell’Eurozona e sopra la media Ue. L’incidenza del prelievo fiscale e contributivo sui redditi da lavoro, misurata con l’aliquota implicita, è stata infatti nel 2011 seconda solo al Belgio: 42,3% contro il 42,8%. E contro il 37,7% dell’Eurozona e il 35,8% dell’Ue-27. È quanto emerge da una nota del Centro studi Confindustria, indicando con l’aliquota implicita (data dal rapporto tra il gettito fiscale e la relativa base imponibile) l’onere medio effettivamente pagato.
I più importanti partner europei hanno registrato valori molto inferiori all’Italia: Francia 38,6%, Germania 37,1%, Spagna 33,2%, Regno Unito 26,0%. In Italia ai contributi sociali più elevati che altrove e legati all’ingente spesa pensionistica, sottolinea il Csc, si aggiunge a carico delle imprese anche la quota di Irap calcolata sul costo del lavoro. Ciò determina un onere per le imprese che, nel 2011, è stato pari al 10,7% del Pil, inferiore solo a quello registrato in Francia (12,9%) ed Estonia (11,2%); con un aumento in Italia del 2,2% nel periodo 1995-2011. Mentre a carico dei lavoratori, sempre nel 2011, è stato pari all’8,4% (+0,7%).
Il livello dell’imposizione sul lavoro in Italia da metà degli anni 90 «si è innalzato in modo netto al di sopra di quello dei principali partner europei, aprendo così un divario sostanziale, in termini di costo del lavoro, che ha effetti negativi sulla competitività delle imprese», evidenzia il Centro studi.
Con l’insorgere della crisi, l’aliquota implicita sul lavoro è cresciuta ancora, toccando il picco del 42,9% nel 2008, per poi tornare nel 2011 al livello del 2007. Negli altri principali paesi europei e in media nell’Eurozona, nel 2011 l’aliquota implicita era invece ad un livello inferiore a quello registrato nel 2007: «Ciò significa che il divario tra l’Italia e gli altri paesi, con la crisi, si è ampliato, seppure le tendenze più recenti sembrino indicare una convergenza».
In Italia l’economia sommersa nel 2012 era pari al 21,6% del Pil, il valore più elevato dell’Eurozona (dopo Estonia e Cipro), secondo la stima dell’economista Friedrich Shneider. «Considerando questa entità di sommerso la pressione fiscale effettiva che grava sui contribuenti onesti in Italia sarebbe pari al 56,2% del Pil».
L'inasprimento del fisco ha colpito il 95% delle aziende presenti in Italia. Lo rileva la Cgia di Mestre secondo la quale la pressione fiscale su queste aziende oscilla tra il 53 e il 63%.
Per le microimprese, ribadisce l'associazione, si è appena concluso un anno caratterizzato dall'ennesimo aumento delle tasse. Rispetto al 2012, le attività fino ai 10 addetti hanno subito un aggravio che va dai 270 ai 1.000 euro. Importi non particolarmente pesanti, che tuttavia si sono aggiunti ad un carico fiscale complessivo che per le attività di questa dimensione si attesta, secondo gli Artigiani di Mestre, attorno a un dato medio che oscilla tra il 53 e il 63%. Un livello che in passato non era mai stato raggiunto.
«Se nel 2013 una parte delle famiglie italiane ha beneficiato di un lieve calo della tassazione - osserva il segretario Giuseppe Bortolussi - per le piccolissime imprese le cose sono andate diversamente. L'inasprimento fiscale ha interessato tutte le aziende con meno di 10 addetti che, ricordo, costituiscono il 95% delle imprese presenti nel nostro Paese».
Un artigiano che lavora da solo (reddito annuo di 35.000 euro) con una pressione fiscale che nel 2013 si è attestata al 53%, rispetto al 2012 ha pagato 319 euro in più. Complessivamente ha versato allo Stato e agli Enti locali 18.564 euro. Anche per il 2014 le tasse sono destinate ad aumentare: nel pagherà 154 euro in più e rispetto al 2011 (ultimo anno di applicazione dell'Ici) l'aggravio sarà di ben 1.216 euro.
Un commerciante senza dipendenti (reddito annuo di 30.000 euro) con una pressione fiscale che nel 2013 ha quasi raggiunto la soglia del 53%, rispetto al 2012 ha versato 329 euro in più. Tra tasse, imposte e contributi ha pagato complessivamente 15.882 euro. Nel 2014 il peso fiscale è destinato ad aumentare di altri 184 euro. Se il confronto viene fatto tra il 2014 e il 2011, la maggiore tassazione a suo carico è di 1.362 euro.
La Cgia mette in evidenza che oltre il 70% degli artigiani e dei commercianti presenti nel nostro Paese lavora da solo. Un'impresa artigiana composta da 2 soci e 5 dipendenti (reddito annuo di 80.000 euro), con un peso fiscale che nel 2013 ha sfiorato il 59%, l'aggravio subito nel 2013 è stato di 273 euro. Complessivamente il carico di tasse e imposte versate è stato di 46.882 euro. Nel 2014 ci sarà un ulteriore incremento di 423 euro. Se il confronto viene fatto tra il 2014 e il 2011, l'inasprimento sarà di 1.191 euro Una piccola impresa con 2 soci e 10 dipendenti (reddito di 100.000 euro al lordo dei compensi degli amministratori pari a 60.000 euro), la pressione fiscale su questa attività ha toccato il 63,4%. Rispetto al 2012 ha pagato 1.022 euro in più, mentre quest'anno pagherà altri 285 euro aggiuntivi. L'ammontare delle tasse e dei contributi versati nel 2013 è stato di 63.424 euro. Tra il 2014 e il 2011, l'inasprimento è stato di 2.016 euro.