lunedì 22 dicembre 2014
Che cosa è il buono (voucher) per baby sitting?
La riforma del lavoro del 2012 (Legge Fornero ha introdotto un contributo mensile di 600 euro per le madri lavoratrici dipendenti pubbliche e private e per le lavoratrici autonome iscritte alla gestione separata da fruire al termine del periodo di congedo di maternità e negli undici mesi successivi, al posto del congedo parentale. Il contributo detto anche voucher è utilizzabile per il servizio di baby sitting oppure per far fronte alle spese di asilo nido pubblico o privato. La richiesta può essere presentata anche dalla lavoratrice che abbia già usufruito in parte del congedo parentale, per il periodo residuo.
Le madri lavoratrici, che rinunciano al congedo parentale, potranno ricevere un buono (voucher) per pagare il servizio di baby-sitting o richiedere la compartecipazione alle spese per i servizi per l'infanzia pubblici o privati accreditati. Il bonus potrà essere erogato al massimo per sei mesi.
Il contributo per l’acquisto dei servizi per l’infanzia può essere richiesto in alternativa al congedo parentale ex art. 32 del decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”. Per maggiori informazioni, anche per valutare la convenienza, vediamo il congedo parentale. I benefici saranno riconosciuti nei limiti delle risorse economiche indicate nell’art.4, comma 26, della legge 28 giungo 2012, n. 92, ossia, come detto, 20 milioni di euro annui.
In analogia alle modalità già in uso nell’utilizzo dei buoni lavoro, prima dell’inizio della prestazione lavorativa del servizio di baby sitting, la madre è tenuta ad effettuare la comunicazione preventiva di inizio prestazione, indicando oltre al proprio codice fiscale, il codice fiscale del prestatore, il luogo di svolgimento della prestazione e le date presunte di inizio e di fine dell’attività lavorativa, attraverso i seguenti canali:
il contact center Inps/Inail (tel. 803.164, gratuito da telefono fisso, oppure, da cellulare il n. 06164164, con tariffazione a carico dell’utenza chiamante);
il numero di fax gratuito INAIL 800.657657, utilizzando il modulo presente sul sito dell’INAIL;
il sito www.inail.it /Sezione ‘Punto cliente’,
la sede INPS.
In caso di annullamento della prestazione per le date previste o di modifica delle suddette date, dovrà essere effettuata, con le stesse modalità, nuova comunicazione di variazione all’INAIL/INPS tramite gli stessi canali sopra indicati.
Al termine della prestazione lavorativa, la madre lavoratrice prima di consegnare al prestatore i voucher, provvede ad intestarli, scrivendo su ciascun buono lavoro, negli appositi spazi, il proprio codice fiscale, il codice fiscale della prestatrice, il periodo della relativa prestazione e convalidando il buono con la propria firma.
Il prestatore del servizio di baby sitting può riscuotere il corrispettivo dei buoni lavoro ricevuti, intestati e sottoscritti dalla committente, presentandoli all’incasso, dopo averli convalidati con la propria firma, presso qualsiasi ufficio postale ed esibendo un valido documento di riconoscimento, entro e non oltre i 24 mesi dalla data di emissione del voucher.
La madre lavoratrice può richiedere la riemissione dei voucher a lei consegnati, solamente nel caso di furto o smarrimento degli stessi, presentando presso la sede la denuncia effettuata alle Autorità competenti. I voucher emessi per servizi di baby sitting non possono essere oggetto di richiesta di rimborso in caso di mancato utilizzo.
Le madri lavoratrici, dipendenti di amministrazioni pubbliche o di aziende private, ovvero iscritte alla gestione separata al termine del periodo del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, possono richiedere voucher da utilizzare per l’acquisto di servizi di baby sitting o un contributo per sostenere le spese dei servizi per l’infanzia (appartenenti alla rete pubblica o a istituti privati accreditati).
L'Inps ha avviato la procedura telematica per richiedere i contributi economici da utilizzare, qualora si rinunci a sfruttare il congedo parentale (la famosa 'maternità facoltativa'), per il servizio di baby sitting o per pagare gli oneri relativi ai servizi per l'infanzia pubblici o privati accreditati. Si tratta del cosiddetto 'voucher maternità' introdotto con la riforma Fornero in via sperimentale per il periodo 2013-2015. La novità per le madri lavoratrici è che il prossimo anno ci sono sul piatto 600 euro al mese, per un massimo di sei mesi, quando in precedenza l'assegno era della metà del valore (300 euro). Nel tempo, la platea è stata estesa anche al settore statale. Qualora si presentino forti di un contratto di lavoro a tempo pieno, il contributo potrebbe arrivare a un massimo di 3.600 euro, in caso - per questo estremo - rinuncino totalmente al congedo parentale.
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venerdì 19 dicembre 2014
Pensione di invalidità per l’anno 2015: le nuove regole
La Pensione invalidità civile che viene erogata dall’INPS ed è un assegno mensile che spetta ai cittadini affetti da patologie congenite o acquisite, tali da non consentire l’attività lavorativa e quindi il proprio mantenimento.
L’assegno di invalidità civile viene elargito in presenza di determinati requisiti e previa domanda, qualora i cittadini a causa di specifiche malattia non siano in grado di lavorare e quindi sostenersi, indipendentemente dal versamento dei contributi.
Il messaggio INPS 9626/2014 ha chiarito che i titolari di assegno ordinario di invalidità potranno, nel caso in cui questo specifico beneficio vengano confermate, diventa possibile esercitare la totalizzazione della pensione.
In base a questo specifico istituto previdenziale un lavoratore che ha versato contributi presso differenti sistemi e casse per la gestione pensionistica, qualora non abbia maturato il diritto alla pensione in nessuna di queste casse, può decidere di cumulare tutti i suoi contributi per ottenere un’unica pensione, senza ricorre alla ricongiunzione per cui dovrebbe sostenere delle spese economiche.
L’istituto di previdenza ha stabilito che d’ora in poi, i titolari di pensioni di invalidità che perdono l’assegno (ad esempio, perché viene meno il requisito), nel caso in cui abbiano contributi versati in altre gestioni possono effettuare la totalizzazione sia per il trattamento di anzianità (che richiede 40 anni e tre mesi di contributi, più la finestra mobile di 21 mesi), sia per ottenere la pensione di vecchiaia (65 anni e tre mesi più la finestra mobile).
L’unico caso in cui era già possibile la totalizzazione era quello in cui, a seguito di un peggioramento delle condizioni di salute del titolare, l’assegno di invalidità venisse trasformato in pensione di inabilità. La totalizzazione era invece esplicitamente vietata in caso di trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità, ovvero della pensione di invalidità, in pensione di vecchiaia. E non si poteva nemmeno cumulare un assegno di invalidità con contributi versati in un’altra gestione previdenziale, per totalizzarli in un’unica pensione.
Ricordiamo che la totalizzazione dei contributi previdenziali permette a lavoratori dipendenti, autonomi e professionisti che hanno effettuato versamenti in gestioni diverse di utilizzarli in tutto o in parte per ottenere un’unica pensione che sarà la somma dei trattamenti di competenza di ciascun istituto previdenziale. La totalizzazione è gratuita, ed è una possibilità diversa dalla ricongiunzione dei contributi, che spesso è invece onerosa, e permette (sempre a chi ha effettuato versamenti presso più enti) di unirli per ottenere alla fine una pensione da un unico ente previdenziale.
Vediamo chi può beneficiarne. Possono richiedere la totalizzazione dei contributi sia i lavoratori subordinati che i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. La totalizzazione può essere richiesta anche dai parenti di un superstiti di un assicurato, nel solo caso in cui l’assicurato stesso sia morto prima di maturare il diritto alla pensione. Il beneficio della totalizzazione è stato previsto, in particolare per i lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria (invalidità, vecchiaia e superstiti); iscritti alle gestioni pensionistiche che sostituiscono o esonerano dall’assicurazione obbligatoria; iscritti agli enti previdenziali privati; iscritti alla gestione separata o, ancora, iscritti ai fondi di previdenza per i ministri di culto di chiese differenti da quella cattolica.
Con il messaggio recentemente emanato dall’INPS (9626/2014) tuttavia, il divieto di totalizzazione viene limitato ai soli casi in cui l’assegno di invalidità continui ad essere assegnato al soggetto titolare di trattamento pensionistico. Per gli altri contribuenti, ovvero per quei soggetti che perdono la pensione di invalidità in seguito alla revisione del loro stato di invalidità, si prevede un regime di maggiore flessibilità, dal momento che potranno esercitare la possibilità di totalizzare le loro altre pensioni e, nel caso in cui siano i contributi accreditati, alla pensione di anzianità in totalizzazione (40 anni e 3 mesi) o alla pensione di vecchiaia (65 anni e 3 mesi).
La pensione invalidità quindi è un assegno mensile che l’Istituto eroga a favore dei cittadini affetti da determinate malattie che non consentono di svolgere alcun tipo di attività lavorativa e si differenzia dagli altri tipi di invalidità perché non richiede il versamento dei contributi.
Un cittadino quindi affetto da una patologia invalidante, ha diritto a ricevere l’assegno di pensione di invalidità civile anche se non ha mai versato contributi obbligatori all’INPS.
Il riconoscimento del diritto a ricevere la pensione di invalidità civile INPS prevede specifici requisiti, quali:
• pensione invalidità civile requisiti Sanitari: il diritto all’assegno di invalidità civile si ottiene solo se il tipo di malattia invalidante di cui è affetta la persona rientra nelle fattispecie individuate dalla legge e se la percentuale di invalidità riconosciuta dalla Commissione Sanitaria ASL è tra il 100% e il 74%;
• pensione invalidità civile requisiti di età: il riconoscimento dell’assegno di invalidità è riconosciuto dai 18 anni ai 65 anni, in quanto per i minori e gli ultrasessanticinquenni vi sono altri tipi di prestazioni specifiche;
• pensione invalidità civile requisiti di reddito: l’assegno di invalidità spetta in misura proporzionale ai limiti di reddito.
Nello specifico, l’accertamento dei requisiti sanitari, devono essere appurati dall’INPS previa conferma da parte della Commissione Medica ASL, la quale ha il compito di determinare la percentuale di invalidità e confermare il diritto alla pensione di invalidità civile. Una volta accertato e riconosciuto il diritto, il cittadino tramite Caf e Patronati o mediante PIN dispositivo INPS, può inoltrare la domanda online per il riconoscimento dell’invalidità civile e dei vari benefici che ne derivano come la pensione, l’assegno, le agevolazioni fiscali, congedi e permessi lavorativi, esenzione dal ticket sanitario ecc.
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martedì 16 dicembre 2014
Pensioni e prepensionamenti per il 2015
I meccanismi di uscita anticipata dovrebbero prevedere pensione anticipata a 62 anni con 35 anni di contributi e una serie di penalizzazioni e, al contrario, incentivi per chi decide invece di rimare a lavoro oltre i 66 anni e fino ai 70; uscita anticipata con prestito pensionistico, per lasciare il lavoro qualche anno prima rispetto ai 66 anni percependo un anticipo sulla pensione finale che dovrà poi essere restituito con piccole trattenute mensili una volta maturati i requisiti normalmente richiesti; e uscita a quota 100.
Ma restano da sciogliere i nodi su caso esodati, quota 96 della scuola, prepensionamenti e ricollocamenti dei dipendenti in esubero delle province, le cui soluzioni dovrebbero arrivare prima del prossimo anno. Ma il 2015 potrebbe essere anche l’anno degli interventi, negativi, già annunciati dal premier prima dell’estate, ma poi rimandati, vale a dire modifiche per le pensioni integrative, di invalidità e reversibilità, nonché novità sulle tanto discusse baby pensioni.
Come sappiamo, la Legge di Stabilità ha scombinato le carte del futuro pensionistico di molti lavoratori, soprattutto nel settore scolastico. Chi effettuerà domanda di pensione alla prossima scadenza del 15 gennaio 2015 (data ultima per la presentazione delle domande) dovrà tenere presente che sono state abolite alcune penalizzazioni destinate a coloro che effettuavano domanda di pensione senza aver raggiunto l'età anagrafica minima, che consisteva nel trattenimento dell'1% dell'assegno pensionistico per i primi due anni, cifra raddoppiata per ogni ulteriore anno fino al raggiungimento dei 62 anni di età.
Attenzione però: non tutti potranno beneficiare di questo sconto, ma solo quanti raggiungeranno la soglia d'età per la pensione entro il 2017. Non varia, al contrario, la norma che prevede il termine fino a due anni per la ricezione del trattamento di fine rapporto, nel caso di richiesta di pensione anticipata.
Rimangono immutati i requisiti per chi effettua domanda di pensione all'inizio del prossimo anno. I requisiti sono molto articolati. Vale la pena riassumerli a beneficio dei nostri lettori.
Per chi ha raggiunto i requisiti dopo l'entrata in vigore della riforma del lavoro del ministro Fornero è possibile richiedere la pensione di anzianità se si compiranno 66 anni e tre mesi entro il 31 agosto o entro il 31 dicembre, nel caso sia lo stesso lavoratore a presentare la domanda. Ovviamente, il requisito indispensabile è aver accumulato almeno vent'anni di contributi.
Chi non rientra nei requisiti precedenti potrà fare domanda di pensione anticipata, a patto che abbia i requisiti elencati di seguito. Per gli uomini è necessario raggiungere un'anzianità contributiva di 42 anni e mezzo entro la fine del 2015, mentre per le donne la soglia è inferiore di un anno. Identica la norma che regola la richiesta di pensione con il sistema contributivo, limitata però alle sole donne, che dovranno avere contributi per almeno 35 anni ed età anagrafica di almeno 57 anni.
Chi invece ha raggiunto i requisiti minimi per il pensionamento prima della riforma Fornero ma si trova ancora in attività potrà usufruire di criteri diversi e, più precisamente, ricevere la pensione di anzianità al raggiungimento della cosiddetta "quota 96" che prevede due casi specifici. Il primo è avere un'età superiore ai 60 anni e 36 anni di contribuzione, mentre il secondo prevede il raggiungimento di 61 di età e 35 di contribuzione (valgono anche le frazioni di anno). Valida per tutti l'opzione che permette di ricevere la pensione di anzianità con 40 anni di servizio, a patto che sia stata maturata entro il 2011.
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