martedì 22 settembre 2015

Pensione anticipata e il part-time (staffetta generazionale)


Se tra i vantaggi di un sistema previdenziale più flessibile (che offra maggiori possibilità ai lavoratori di scegliere la pensione anticipata) c’è quello di garantire il passaggio generazionale agevolando l’occupazione giovanile ed esonerando le imprese dal mantenere lavoratori in esubero, tra gli svantaggi ci sono i maggiori costi per lo Stato: secondo il centro studi di Unimpresa, da qui al 2019 la spesa per le pensioni crescerà dell’11,9%, pari a 39,1 miliardi di euro.

È stato riproposto anche il part time come soluzione di pensione anticipata, collegata al lavoro, che non solo permetterebbe ai lavoratori più anziani di andare in pensione prima, ma darebbe la conseguente possibilità di liberare posti di lavoro per l'assunzione di nuovi giovani. In questo caso l’azienda, a fronte del passaggio al part-time del pensionando, si impegnerebbe ad assumere a tempo indeterminato lavoratori più giovani. Ma in quel caso però lo Stato dovrebbe farsi carico, in tutto o in parte, della riduzione di stipendio non superiore al 30 per cento della retribuzione piena.

I dipendenti che si troveranno vicini, più o meno di due anni all’età per la pensione, potranno richiedere volontariamente il regime del part-time con una diminuzione sia dell’orario di lavoro che dello stipendio e così consentire l’assunzione di un altro giovane. Coloro che sceglieranno questa opzione comunque oltre alla riduzione dello stipendio dovranno compensare i contributi tra part-time e tempo pieno.

Il passaggio chiave è un accordo che, come hanno spiegato i tecnici, che non è un meccanismo generale di flessibilità ma un sistema rivolto a platee particolari di lavoratori. La priorità, ovviamente, sono i dipendenti anziani, per esempio con più di 62 o 63 anni (si tenga conto che dal prossimo gennaio l’età per accedere alla pensione di vecchiaia sale a 66 anni e 7 mesi) che perso il lavoro non riescano a trovarne un altro. A loro potrebbe essere data la possibilità di accedere a un pensionamento anticipato con l’importo della pensione più basso perché ricalcolato alla luce del fatto che verrebbe pagato per più anni. Ci si perderebbe in media il 3-3,5% per ogni anno di anticipo.

Questo modello potrebbe essere esteso consentendo alle aziende di favorire pensionamenti anticipati all’interno di processi di ristrutturazione che potrebbero prevedere anche l’ingresso di giovani (staffetta generazionale), a patto che la stessa azienda si accolli parte del costo di questi prepensionamenti, magari versando, come propone l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, contributi esentasse per il raggiungimento della pensione. Sul tavolo, dicono ancora i tecnici, c’è anche l’ipotesi del «prestito pensionistico» o «assegno di solidarietà», altra forma per consentire le uscite anticipate a un costo basso per il bilancio pubblico.

C’è da mettere in evidenza che un anno di lavoro part-time vale quanto un anno di lavoro a tempo pieno ai fini del conseguimento del diritto alle prestazioni previdenziali? E’ questa una delle principali domande che si pongono tanti lavoratori part-time nella speranza di agguantare prima la pensione.

Vediamo dunque di chiarire rapidamente quali sono gli effetti ai fini della pensione dei lavori svolti in part-time.

Per conseguire il diritto alla pensione anticipata, lavorando in regime di part-time, il tempo lavorativo fissato non è diverso da quello richiesto per il tempo pieno: infatti, un anno di part-time, viene conteggiato come un anno di lavoro svolto a tempo pieno, a patto, però, che il lavoratore abbia ottenuto una retribuzione pari almeno al minimale previsto annualmente dall’INPS.

Il minimale fissato per l’anno 2014 è di 10.418 euro l’anno, pari a 867 euro al mese e pari a 200,35 euro a settimana. Se il lavoratore part-time, in ogni settimana dell’anno non è sceso sotto tale livello, significherà che si sarà comunque garantito la copertura contributiva delle 52 settimane e che avrà aggiunto alla sua posizione previdenziale un altro anno di contributi utili per conseguire il diritto alla pensione.

Ne segue che, se la retribuzione dovesse risultare inferiore e, proporzionalmente, il relativo versamento previdenziale, il diritto alla pensione non risulterà ancora maturato.

Ad esempio se un lavoratore nel corso del 2014 ha lavorato per 12 mesi a 1050 euro al mese con contratti part-time avrà diritto all’accredito di tutte le 52 settimane ai fini dell’accesso alla pensione anticipata o alla pensione di vecchiaia. Qualora invece abbia conseguito solo 100 euro a settimana per 52 settimane il medesimo lavoratore vedrà riconosciute ai fini del diritto alla pensione solo 6 mesi di anzianità contributiva. E in tal caso, dunque, la pensione si allontanerà.


lunedì 21 settembre 2015

Dis-Coll e pensione, nessuna copertura figurativa


I periodi di fruizione della nuova indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi non titolari di partita IVA iscritti in via esclusiva alla gestione separata non sono coperti da contribuzione figurativa. Quindi non possono essere valorizzati ai fini pensionistici. A differenza di quanto accade per i lavoratori subordinati ai quali la Naspi riconosce, seppur con determinati limiti, l'accredito figurativo.

Niente contributi figurativi per la pensione nella Dis-Coll, il sussidio per collaboratori a progetto e parasubordinati, diversamente dalla NASpI : le regole sul nuovo assegno di disoccupazione sono contenute nel decreto sugli ammortizzatori sociali, attuativo del Jobs Act, Dlgs 22/2015 e introduttivo nella nuova assicurazione di sostegno al reddito (in vigore da maggio 2015), nonché della Dis-Coll.

Il sussidio dura al massimo sei mesi ed è proporzionale ai mesi di contribuzione versata, senza prevedere contributi figurativi. Tale indicazione è contenuta nel comma 7 dell’articolo 15 del decreto. La Dis-Coll è riconosciuta ai collaboratori che perdono il lavoro nel 2015 (dall'anno prossimo, queste forma contrattuale non sarà più applicabile, abolita dal Jobs Act).

La prestazione è pari al 75% del reddito, più il 25% della differenza fra reddito mensile e 1195 euro nel caso in cui lo stipendio fosse superiore a questo importo. Il tetto massimo è fissato a 1300 euro. Il trattamento si riduce del 3% al mese a partire dal quarto mese di fruizione.

La domanda va presentata all’INPS, in via telematica, entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, la prestazione spetta dall’ottavo giorno di disoccupazione, oppure dal primo successivo alla richiesta. E’ compatibile con un una nuova occupazione subordinata fino a cinque giorni, se il contratto è più lungo decade il diritto alla DIS COLL. Per i contratti fino a cinque giorni, il trattamento viene sospeso.

Com'è noto l'indennità di disoccupazione spetta ai collaboratori coordinati e continuativi con o senza modalità a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita Iva, che abbiano perduto involontariamente l'occupazione nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre del 2015.

Per avere diritto alla Dis-Coll occorre essere in possesso congiuntamente dei seguenti requisiti:
a) stato di disoccupazione al momento della domanda;
b) almeno tre mesi di contributi tra il 1° gennaio 2014 e il giorno di disoccupazione; 
c) almeno un mese di contributi nell'anno solare della disoccupazione. In alternativa al mese di contribuzione versata nell'anno in cui si è verificata la cessazione del rapporto è riconosciuto anche un rapporto di collaborazione di durata pari almeno a un mese e che abbia dato luogo ad un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione (cioè 647,83 euro).

Per quanto riguarda la durata l’indennità DIS-COLL è corrisposta mensilmente per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione dal lavoro al predetto evento. Entro comunque un tetto massimo di 6 mesi.

Ad esempio immaginando una collaborazione di 16 mesi attivata nel 2014 e chiusa nel 2015 con un compenso mensile di 950 euro la durata della prestazione sarà pari comunque a sei mesi e non otto. E partirà da un'erogazione di 712 euro (950 x 75%) per i primi 3 mesi, per poi ridursi del 3% l'anno per i successivi tre mesi.

L'importo base della Dis-Coll è infatti pari al 75% del reddito medio mensile, nel caso in cui tale reddito sia pari o inferiore, per l’anno 2015, all'importo di 1.195 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente. Nel caso in cui il reddito medio mensile sia superiore al predetto importo, la misura della DIS-COLL è pari al 75 per cento del predetto importo di 1.195 euro, incrementata di una somma pari al 25 per cento della differenza tra il reddito medio mensile e il predetto importo di 1.195 euro. L’indennità DIS-COLL non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.300 euro per l’anno 2015, annualmente rivalutato. 

Come per la Naspi resta però il complesso meccanismo dello scomputo, ai fini del calcolo della durata della prestazione, dei  “periodi contributivi” che hanno già dato luogo ad erogazione della prestazione. Circostanza destinata a presentarsi, in particolare, in caso di fruizione parziale della prestazione.

Ad esempio qualora il lavoratore fruisca di soli 2 dei 6 mesi spettanti, ai fini del non computo – in occasione di una nuova domanda di DIS-COLL - dei periodi di lavoro che hanno già dato luogo ad erogazione di precedente prestazione DIS-COLL, non saranno computati 4 mesi di lavoro. Se ne avesse fruiti 3 dei 6 spettanti non bisognerà considerare 6 mesi di lavoro. Questo scomputo tuttavia interessa solo la durata della prestazione mentre non incide sulla misura. Un meccanismo destinato a determinare più di qualche difficoltà tecnica nell'attuazione.

Fondi di solidarietà e ammortizzatori sociali le regole per il 2015 - 2016


L’intervento sugli ammortizzatori sociali nel Jobs Act, tocca le tutele del reddito sia in caso di sospensione del rapporto di lavoro sia in caso di disoccupazione. I principi e criteri prevedono: tutele del reddito universali in caso di disoccupazione; tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori; razionalizzazione della normativa in materia di integrazione salariale; coinvolgimento attivo dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro e dei beneficiari di ammortizzatori sociali; semplificazione delle procedure amministrative e riduzione gli oneri non salariali del lavoro.

L’impianto resta quello disegnato dalla legge Fornero del 2012 ma viene allargato il raggio d’azione: da gennaio 2016 l’obbligo di contribuire ai fondi è infatti esteso ai datori che occupano più di 5 dipendenti e non rientrano nella cassa integrazione. Entrano così in gioco circa 150mila nuove imprese per 1,3 milioni di lavoratori, rispetto alla platea precedente, limitata alle aziende dai 16 addetti in su.

Con il nuovo meccanismo (che entrerà in vigore l’1 gennaio 2016) gli ammortizzatori sociali andranno a coprire circa 600.000 imprese e 5.600.000 lavoratori

Integrazioni salariali ordinarie (CIGO) e straordinarie (CIGS)

I principali interventi riguardano:
l’estensione dei trattamenti di integrazione salariale agli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, con la conseguente estensione degli obblighi contributivi (gli apprendisti diventano destinatari della CIGO e, nel caso in cui siano dipendenti di imprese per le quali trova applicazione solo la CIGS, di quest’ultimo trattamento, limitatamente alla causale di crisi aziendale);

la revisione della durata massima complessiva delle integrazioni salariali: viene previsto, infatti, che per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possano superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile.

Utilizzando i contratti di solidarietà tale limite può essere portato a 36 mesi nel quinquennio mobile;
Integrazioni salariali ordinarie (CIGO)

I principali interventi riguardano:

una riduzione generalizzata del 10% sul contributo ordinario pagato su ogni lavoratore.
l’introduzione del divieto di autorizzare ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda di concessione dell’integrazione salariale; e ciò, al fine di favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di CIGO, nonché il ricorso alla riduzione dell’orario di lavoro rispetto alla sospensione;

Integrazioni salariali straordinarie (CIGS)
I principali interventi riguardano:

la razionalizzazione della disciplina concernente le causali di concessione del trattamento: nello specifico, viene previsto che l’intervento straordinario di integrazione salariale possa essere concesso per una delle seguenti tre causali:

riorganizzazione aziendale (che riassorbe le attuali causali di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale);

crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa. Viene previsto, tuttavia, che può essere autorizzata, per un limite massimo di 6 mesi e previo accordo stipulato in sede governativa, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, una prosecuzione della durata del trattamento di CIGS, qualora all’esito del programma di crisi aziendale l’impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale);

contratto di solidarietà: pertanto, gli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, previsti per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS, diventano una causale di quest’ultima;

l’introduzione della previsione che per le causali di riorganizzazione aziendale e crisi aziendale possano essere autorizzate sospensioni del lavoro soltanto nel limite dell’80% delle ore lavorabili nell’unità produttiva nell’arco di tempo di cui al programma autorizzato; e ciò, al fine di favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di CIGS; questa disposizione non opera per un periodo transitorio di 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto;

la revisione della durata massima della CIGS e dei contratti di solidarietà; nello specifico:
per la causale di riorganizzazione aziendale viene confermata l’attuale durata massima di 24 mesi per ciascuna unità produttiva, eliminando però la possibilità, attualmente prevista, di concedere le c.d. “proroghe complesse” (ossia due proroghe della durata massima di 12 mesi ciascuna);

per la causale di crisi aziendale viene confermata la durata massima di 12 mesi;

per la causale di contratto di solidarietà viene confermata, rispetto agli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, la durata massima di 24 mesi. Tale durata può essere estesa a 36 mesi, in quanto viene previsto che la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà, entro il limite di 24 mesi nel quinquennio mobile, sia computata nella misura della metà. Oltre tale limite, la durata di tali
trattamenti viene computata per intero.

In sintesi
Cassa integrazione in deroga. Può essere autorizzata fino al 31 dicembre 2016 con appositi provvedimenti di concessione, i datori destinatari sono: Imprese di cui all'articolo 2082 Codice civile, esclusi i datori non imprenditori (sono stati riammessi gli studi professionali). Beneficiari: operai, impiegati e quadri, compresi apprendisti e somministrati. Requisiti: anzianità lavorativa di 12 mesi e devono essere state fruite le ferie residue. Quando e durata Crisi aziendali; ristrutturazione o riorganizzazione, massimo 5 mesi per il 2015. L’indennità 80% della retribuzione complessiva che sarebbe spettata, ridotto progressivamente in caso di proroga.

Contratti di solidarietà «B».  Sopravvivono fino al 30 giugno 2016. Datori destinatari Aziende non rientranti nel campo di applicazione delle Cig. I beneficiari sono i lavoratori subordinati, esclusi i dirigenti, dipendenti da: imprese con più di 15 dipendenti, che abbiano avviato la procedura di mobilità; imprese con meno di 15 dipendenti che stipulano contratti di solidarietà al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali; imprese alberghiere, aziende termali pubbliche e private operanti in località territoriali con gravi crisi occupazionali; imprese artigiane. Indennità 25% della retribuzione persa. Durata Massimo 24 mesi

Fondi di solidarietà bilaterali, sistema in vigore dal 2016. Sono istituiti presso l'Inps, con decreto Lavoro-Economia, entro 90 giorni dagli accordi istitutivi del fondo. Obbligatori per tutti i settori che non rientrano nella Cigo o Cigs, in relazione ai datori che occupano in media più di 5 dipendenti (rientrano anche gli apprendisti) . I fondi già costituiti si adeguano alle nuove norme entro il 31 dicembre 2015.

Assegno ordinario per le causali Cigo/Cigs
-importo pari alle integrazioni salariali (80% retribuzione persa nei limiti dei massimali); durata compresa tra 13 sett. nel biennio mobile e le durate di Cigo/Cigs

Assegno di solidarietà
stipula di accordi collettivi di solidarietà ; durata max 12 mesi nel biennio mobile; importo pari alle integrazioni salariali (80% retribuzione persa)

Fondi «puri» e alternativi
Fondi di solidarietà bilaterali «puri»
Erogano l'assegno ordinario
Se il fondo viene costituito dopo il 2016 la contribuzione è almeno pari allo 0,45% (contribuzione addizionale non inferiore all'1,5%)

Fondi di solidarietà bilaterali alternativi
Si tratta dei fondi costituiti in riferimento ai settori dell'artigianato e della somministrazione di lavoro. Assicurano almeno una delle seguenti prestazioni: assegno ordinario o quello di solidarietà. La contribuzione addizionale non può essere inferiore all'1,5%

Fondo d'integrazione salariale

Prestazioni
Assegno di solidarietà (massimo 12 mesi nel biennio mobile – per i datori fino a 15 dipendenti, richiedibile per eventi dal 1° luglio 2016); l'ulteriore assegno ordinario solo per i datori oltre i 15 dipendenti fino a un massimo 26 settimane nel biennio mobile, per le stesse causali di Cigo (no maltempo) e Cigs (per crisi o riorganizzazione)

Durata
La durata massima dell'assegno è di 4 volte i contributi versati (questo limite è modulare nel periodo transitorio 2016-2021)

Contributi
Contributo ordinario (2/3 sul datore e 1/3 sul lavoratore): nelle aziende oltre 15 dipendenti è pari allo 0,65%, in quelle fino a 15 dipendenti è dello 0,45 %

Contributo addizionale: 4% della retribuzione persa

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