Il distacco del lavoratore, disciplinato dall'art. 30 del D. Lgs. 276/03, consiste in un provvedimento organizzativo con il quale il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa.
Il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo del lavoratore e, in termini generali, non è subordinato all’indicazione di specifiche ragioni o al consenso del lavoratore distaccato.
Tuttavia occorre considerare che:
il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato;
il distacco che comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
Per potere ricorrere all'istituto del distacco deve esistere un interesse produttivo temporaneo del datore di lavoro distaccante che deve permanere per tutto il periodo di durata del distacco.
Il concetto di interesse è molto ampio, per cui il distacco è legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante
Il distacco rientra nel potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro e non necessita di condizioni e requisiti, tranne che nelle due seguenti ipotesi :
è necessario il consenso del lavoratore nel caso in cui, durante il periodo del distacco, debba svolgere mansioni diverse, sebbene equivalenti, rispetto a quelle per cui è stato assunto.
Se il distacco comporta lo svolgimento della prestazione lavorativa presso una unità lavorativa che dista oltre 50 km da quella originaria, deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive.
Nell’ipotesi di distacco, il lavoratore potrà svolgere la sua prestazione anche parzialmente presso il distaccatario, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione.
Il datore di lavoro può:
sostituire il lavoratore distaccato con un altro lavoratore assunto a tempo determinato;
richiedere al soggetto presso cui il lavoratore è distaccato un rimborso delle spese sostenute a seguito del distacco (rimborso che non può superare il costo effettivamente sostenuto).
La legge qualifica come distacco l’ipotesi in cui un datore di lavoro (detto distaccante), per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa pur rimanendo direttamente responsabile del trattamento economico e normativo a favore del o dei lavoratori.
I requisiti del distacco sono dunque:
a) l’esistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante che deve sussistere per tutta la durata del distacco e che comunque non può essere solamente rappresentato dal fatto di percepire un corrispettivo per la messa a disposizione del lavoratore;
b) la temporaneità del distacco, ovvero che questo duri per il tempo in cui persista il predetto interesse. Se manca uno di questi due requisiti, il lavoratore interessato può ottenere l’imputazione del rapporto in capo all’effettivo utilizzatore.
Il decreto legislativo 276/2003 ha poi introdotto due nuove regole:
a) il distacco che comporti un mutamento delle mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato;
b) il distacco che comporti un trasferimento ad unità produttiva sita a più di 50 km da quella di provenienza deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
In questa ipotesi, come precisato anche dal Ministero del lavoro nella propria Circolare ministeriale del 29 agosto 2013, n. 35, l’interesse al distacco da parte del distaccante non deve essere accertato ma si presume connesso e pertanto sorge automaticamente, proprio in forza dell’operare della rete.
La circolare n. 3/2004 del Ministero del Lavoro ha stabilito che il concetto di temporaneità coincide con quello di non definibilità, pertanto non sono stati stabiliti dei tempi massimi di durata del distacco, la durata del distacco dipende dalla persistenza dell’interesse del distaccante.
Non si applica nell’ipotesi del distacco, per sua natura temporaneo, la disciplina del trasferimento.
Per quanto sopra riportato, viene legittimata la prassi di "distacco all’interno dei gruppi di impresa". Il trattamento economico e normativo rimane a carico del datore di lavoro distaccante. La contribuzione INAIL è calcolata con riferimento alla tariffa e ai premi del soggetto presso cui il lavoratore è distaccato. Il distacco va poi distinto dalla somministrazione. La differenza è solo nel tipo di interesse del distaccante che viene soddisfatto tramite i due istituti.
I requisiti di legittimità sono:
l’interesse del distaccante: come precisato dal Ministero del lavoro con Circolare n. 28/2005, deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente, da accertare caso per caso, in base alla natura dell’attività espletata e non semplicemente in relazione all’oggetto sociale dell’impresa. Può trattarsi di qualsiasi interesse produttivo del distaccante, anche di carattere non economico, che tuttavia non può mai coincidere con l’interesse lucrativo connesso alla mera somministrazione di lavoro;
la temporaneità del distacco: il distacco deve essere necessariamente temporaneo. Tale previsione non incide sulla durata del distacco, breve o lunga che sia, ma sul presupposto che, qualunque sia la durata del distacco, non può trattarsi di passaggio definitivo;
lo svolgimento di una determinata attività lavorativa: il lavoratore distaccato deve essere adibito ad attività specifiche e funzionali al soddisfacimento dell’interesse proprio del distaccante. Ne consegue che il provvedimento di distacco non può risolversi in una messa a disposizione del proprio personale in maniera generica e, quindi, senza predeterminazione di mansioni.
In assenza di tali requisiti di legittimità, il lavoratore interessato può fare ricorso in giudizio per la costituzione di un rapporto di lavoro con il soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, cioè il datore di lavoro presso cui è stato distaccato.
Gli oneri relativi al trattamento economico e normativo del lavoratore rimangono a carico dell’effettivo datore di lavoro, tuttavia appare oramai pacificamente ammessa la possibilità di un “ribaltamento” dei costi sostenuti per il lavoratore dal distaccante sul distaccatario. Il rimborso al distaccante della spesa del trattamento economico non ha alcuna rilevanza ai fini della qualificazione del distacco genuino nelle ipotesi in cui non ecceda il costo sostenuto dal distaccante per il lavoratore, in caso contrario, invece, possono porsi delle criticità sia dal punto di vista giuslavoristico che fiscale.
Il Ministero del lavoro, con l’interpello n. 1/2011, ha altresì precisato che il distacco è ammissibile anche quando lo svolgimento della prestazione lavorativa avvenga in un luogo diverso dalla sede del distaccatario. Infatti, a tal fine, viene rimarcato come nonostante la dislocazione del lavoratore presso la sede del distaccatario rappresenti l’ipotesi per così dire ordinaria, tale requisito non costituisce un elemento indispensabile per il corretto utilizzo dell’istituto.