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martedì 7 novembre 2017

Busta paga: cos'è la retribuzione imponibile



La busta paga è il documento necessario per tutti i dipendenti, che attesta la retribuzione netta e lorda del lavoratore e serve per verificare lo stipendio percepito e la sua congruità con quanto stabilito nel CCNL. Sulla busta paga si possono inoltre verificare i contributi pensionistici versati dal datore di lavoro a vantaggio del dipendente.

La retribuzione imponibile è per definizione la base per il calcolo delle trattenute che il datore di lavoro è tenuto ad operare periodicamente sulla busta paga dei lavoratori. Le tipologie principali di imponibile sono quello contributivo o previdenziale e quello fiscale o imponibile IRPEF, ma esistono molti altri imponibili, come per esempio l'imponibile cassa edile, l'imponibile INAIL, ecc.

Imponibile previdenziale

La retribuzione imponibile ai fini contributivi non può essere inferiore alla retribuzione contrattualmente dovuta e comunque ad un valore minimo calcolato annualmente per settore, detto minimale contributivo.

Gli importi dei minimali contributivi vengono calcolati e pubblicati dall'INPS ogni anno sulla base del trattamento minimo di pensione.

In pratica questo significa che se per caso la busta paga di un dipendente che lavora a tempo pieno fosse di € 1.000 (Mille Euro) per un mese intero, i contributi previdenziali (9,19%) devono essere calcolati su € 1.224 ( 47,07 x 26) anziché su € 1.000 perché scatta appunto il minimale. Può capitare che in un dato mese il dipendente sia assente per motivi vari e che i 1000 euro si riferiscano ad indennità o a integrazioni carico datore di lavoro in misura inferiore al 100% della normale retribuzione e non a retribuzione diretta per ore effettivamente lavorate.

Per verificare il rispetto della condizione richiesta occorre quindi riportare a giornata la retribuzione corrisposta nel periodo di paga dividendo il suo ammontare complessivo per le giornate retribuite nel periodo. Se il lavoratore è retribuito in misura fissa mensile ovvero ha ricevuto la retribuzione per tutte le giornate lavorative del mese, il divisore è 26. Non sono soggette ad applicazione del minimale le giornate di assenza per malattia, maternità o infortunio per le quali il datore di lavoro ha corrisposto a proprio carico ai lavoratori solo indennità integrative delle prestazioni previdenziali dovute a carico degli Enti previdenziali (in questo caso infatti il numero giorni minimale del mese in busta paga sarà inferiore a 26).

Il minimale per i lavoratori assunti con contratto a tempo parziale è calcolato in misura unica per tutti i settori; si ottiene moltiplicando l'importo stabilito in misura giornaliera per il numero di giornate di lavoro settimanali (6 giornate anche in caso di settimana corta) e dividendo il risultato per il numero di ore settimanali contrattualmente previste per i lavoratori a tempo pieno.

Per un settore con orario normale di 40 ore il minimale orario sarà quindi pari a € 47,07 X 6 : 40 = € 7,06

Per alcune categorie di lavoratori la retribuzione imponibile è determinata in misura convenzionale; non vengono quindi prese in considerazione le retribuzioni effettivamente corrisposte.

Rientrano in questa casistica le retribuzioni relative:

ai soci delle cooperative di produzione e lavoro;

ai lavoratori italiani o comunque appartenenti a Paesi comunitari, assunti sul territorio nazionale con contratto avente come oggetto esclusivo la prestazione in Paesi extracomunitari non convenzionati o parzialmente convenzionati. Le disposizioni trovano applicazione anche ai lavoratori italiani trasferiti o assunti direttamente nel Paese extracomunitario;

ai lavoratori che prestano attività all'estero per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di 12 mesi;

agli operai agricoli a tempo determinato; per questi lavoratori viene applicato il salario convenzionale determinato con decreto ministeriale, se superiore a quello spettante in applicazione della contrattazione collettiva a livello provinciale.

Imponibile contributivo nel settore edile

Nel settore edile la contribuzione è riferita ad una retribuzione convenzionale commisurata ad un numero di ore settimana non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva di categoria e territoriale, con esclusione delle assenze per malattia, infortunio sciopero, cassa integrazione ed altri eventi indennizzati (maternità, congedo matrimoniale, donatori di sangue, ecc.), eventi per i quali il trattamento economico è assolto attraverso accantonamento presso le casse edili (ferie, riposi annui).

Nel caso di rapporto di lavoro iniziato o concluso nella settimana si fa riferimento all'orario di lavoro relativo alle giornate nelle quali il rapporto si è svolto.

Imponibile fiscale

L'imponibile fiscale è la base di calcolo dell'IRPEF, Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, ottenuta applicando aliquote diverse a scaglioni progressivi di reddito (o imponibile)

Un esempio di calcolo dell'IRPEF in busta paga lo trovate a questo indirizzo:

Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori (intendendo con tale espressione la quantificazione dei beni e dei servizi) che il dipendente percepisce nel periodo di riferimento, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Costituiscono reddito da lavoro dipendente, dunque, tutti gli elementi reddituali che siano in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro, le voci imponibili della retribuzione concorrono alla determinazione della base di calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali, dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e delle ritenute fiscali.

Sono esclusi dall'imponibile fiscale e contributivo:

le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi;

le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti, anche se affidate a terzi, ivi compresi gli esercenti servizi pubblici (ad esempio, la società che gestisce il servizio pubblico urbano o extra-urbano del luogo in cui si trova l'azienda oppure il servizio taxi);

i compensi e le indennità che il lavoratore percepisce da terzi e che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro o che per legge devono essere riversati allo Stato;

le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del Tribunale di sorveglianza che per legge debbono essere riversati allo Stato;

le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza di asili nido, colonie climatiche da parte dei familiari, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari; il corrispettivo dell'utilizzo delle opere e servizi per le finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, da parte dei dipendenti;

le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale, nei limiti indicati;

i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore per le trasferte nell'ambito comunale;

le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, nella misura del 50% del loro ammontare;

le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, nella misura del 50% del loro ammontare;

le indennità di trasferimento, di prima sistemazione e equipollenti, nella misura del 50% del loro ammontare. L'importo escluso da tassazione non può tuttavia superare un valore massimo.

Non costituiscono reddito imponibile le seguenti spese rimborsate:

spese di viaggio, anche per i familiari fiscalmente a carico, e di trasporto delle cose, strettamente collegate al trasferimenti (non vi rientrano i successivi viaggi che il dipendente nel corso dell'anno faccia, esempio, per visitare la famiglia che non si è trasferita con lui);

spese ed oneri sostenuti dal dipendente in qualità di conduttore, per recesso del contratto di locazione in dipendenza dell'avvenuto trasferimento della sede di lavoro;

le spese di viaggio, di trasporto e di recesso dal contratto di locazione sostenute dal dipendente in occasione dell'avvenuto trasferimento della sede di lavoro, rimborsate dal datore di lavoro e analiticamente documentate;

gli assegni di sede e di altre indennità percepite per servizi prestati all'estero, nella misura del 50%;

gli assegni familiari e l'assegno per il nucleo familiare, nonché, con gli stessi limiti e alle medesime condizioni, gli emolumenti per carichi di famiglia comunque denominati, erogati nei casi consentiti dalla legge.

Riguardo i contributi, ossia parte dei soldi che vengono versati ogni mese dal dipendente e dal datore di lavoro per finanziare l'INPS, nei casi di dipendenti privati l’istituto di riferimento è l’INPS, mentre per i dipendenti pubblici è l’INPDAP. La differenza è che i contributi versati dal datore di lavoro non sono visibili sulla busta; al contrario, i contributi versati dal lavoratore sono indicati nell’apposita casella.

I contributi costituiscono il finanziamento delle prestazioni previdenziali e assistenziali, finanziamento che viene attuato mediante l'applicazione di una percentuale sulla retribuzione che il lavoratore percepisce. L’imponibile contributivo sia contributivo che fiscale, è un vero e proprio contenitore di valori che servono esclusivamente allo scopo di poter attuare una corretta tassazione da parte del datore di lavoro.



mercoledì 2 novembre 2016

Come leggere la busta paga: trattamento economico



Busta paga e trattamento economico del personale: ecco come leggere le diverse voci della retribuzione a carattere fisso e variabile.

La busta paga è il documento necessario per tutti i dipendenti, che attesta la retribuzione netta e lorda del lavoratore e serve per verificare lo stipendio percepito e la sua congruità con quanto stabilito nel CCNL. Sulla busta paga si possono inoltre verificare i contributi pensionistici versati dal datore di lavoro a vantaggio del dipendente.

Nella composizione della busta paga possono concorrere diversi elementi reddituali che variano in base al settore economico di appartenenza del lavoratore subordinato e agli accordi di categoria. La busta paga può essere divisa in tre parti da leggere sempre dall’alto verso il basso: la prima parte dove trovate le informazioni qualitative del lavoratore, ossia il nome il cognome, il codice fiscale, la posizione INPS ed INAIL, il numero di matricola aziendale, la classe stipendiale se prevista, la data di assunzione ed una serie di informazioni aggiuntive.

In busta paga dovrà essere indicato: nome della società e del dipendente, livello e qualifica in cui questi è inquadrato, periodo di riferimento, assegni per il nucleo familiare, quantità di ferie disponibili e accantonamento per il TRF applicato. A titolo puramente esemplificativo si elencano le voci che concorrono alla formazione della base imponibile del reddito di lavoro dipendente: stipendi; salari; superminimi; trattamenti accessori; gratifiche; premi; incentivi; compensi.

A questa prima parte si entra nel merito delle voce che avete guadagnato ed alimentato nel mese corrente sulla base del lavoro effettivamente svolto. La prima voce e più importante è quello che si chiama il lordo mensile ossia la prima voce di stipendio o retribuzione tabellare importo base stipendio lordo che è data dal valore della tariffa oraria applicata dal contratto nazionale per quella tipologia di lavoro per il numero delle ore lavorate nel mese.

Nella grande maggioranza delle attuali buste paga su una colonna trovate la retribuzione e queste voci e su quella accanto trovate le voci che alimentano le trattenute Irpef ossia quelle che subiscono le trattenute irpef in busta paga. Logico che in corrispondenza delle addizionali regionali e comunali troverete valorizzato per esempio solo la colonna delle trattenute.

Nel leggere una busta paga potete trovare comunque tantissime informazioni che non sono tutte obbligatorie per legge e che dipendono dai programmi di gestione delle buste paga utilizzati dal vostro datore di lavoro o dal suo consulente del lavoro. Per tale motivo esistono alcune voci che per esempio non sempre caratterizzeranno tutte le voci come per esempio i ratei di fine anni come le festività abolite, o i permessi residui di lavoro, il monte ore il ROL (se si considerano anche la 13esima e la eventuale 14esima, allora si parla di RAL, Retribuzione Annua Lorda). Più in fondo trovate invece le trattenute effettuate ai fini previdenziali e assistenziali come per esempio eventuali somme per i contributi IVS che sono i contributi che sono a carico del dipendente perché come sapete parte è a carico del dipendente e parte a carico del lavoratore.

Per finire trovate anche le detrazioni Irpef di fine mese, le ritenute Irpef finali applicate fino ad arrivare ad un imponibile INPS o imponibile previdenziale, imponibile Irpef su cui calcolare l’Irpef o imposte sul reddito delle persone fisiche e imponibile INAIL su cui calcolare i contributi assistenziali.

Per definire la retribuzione base, in base a esperienza, grado di responsabilità e autonomia, i lavoratori vengono associati a un livello (solitamente dal 1° al quadro) cui corrisponde una determinata indennità. I contratti collettivi di lavoro (CCNL) stabiliscono le retribuzioni minime relative ad ogni singolo livello di inquadramento.

Stipendio fisso
La retribuzione diretta in busta paga è composta in primis da voci fisse: minimo contrattuale (paga base), indennità di contingenza, EDR, terzo elemento, scatti di anzianità ed eventuali indennità aggiuntive (superminimi, ecc.). Alla retribuzione di base dovranno essere aggiunte eventualmente le indennità per prestazioni di lavoro straordinario, per prestazioni di lavoro notturno, gli assegni “ad personam”, tredicesima, quattordicesima, scatti di anzianità e premi di produzione.

Stipendio variabile
Tra gli elementi variabili della busta paga rientrano: straordinari, indennità: per turni, per notturno, di disagiata sede, trasferta, sussidi e assegni per familiari a carico, tredicesima e quattordicesima, lavoro festivo, giorni malattia retribuiti, rimborsi e conguagli, premi.

La quota retribuzione per lavoro notturno, per esempio, nel 2016 è di nuovo tassata con l’imposta sostitutiva del 10% in luogo dell’ordinaria tassazione ad aliquote IRPEF progressive, indipendentemente dalla frequenza con cui il lavoratore viene impiegato nei turni di notte. Per premio di produzione si intende l’incentivo offerto ai dipendenti allo scopo di migliorare servizio e competitività dell’azienda. Vengono definiti obiettivi e programmi a carattere aziendale, di gruppo o individuali. Gli obiettivi, solitamente annuali, devono essere consegnati in tempo utile affinché si possa predisporre un’adeguata programmazione.

Le buste paga che si leggono, o per lo meno le più comuni, inseriscono anche il dato aggregato delle ritenute effettuate da fine anno in modo da controllare agevolmente se il datore di lavoro vi sta applicando correttamente le ritenute oppure sarete vittime di qualche conguaglio Irpef salato da versare. Se trovate una voce che si chiama imponibile Irpef alla data del… potete calcolarvi da soli quale è la vostra tassazione teorica applicando a questo valore gli scaglioni di reddito Irpef.

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domenica 23 ottobre 2016

Giorno festivo: normale retribuzione anche in caso di rifiuto a lavorare



La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21209 del 2016 è intervenuta in tema di rifiuto dei dipendenti di lavorare in un giorno festivo, stabilendo il seguente principio: “… il diritto del lavoratore di astenersi dall'attività lavorativa in caso di festività è pieno ed ha carattere generale e quindi non rilevano le ragioni che hanno determinato l’assenza di prestazione, peraltro stabilita dalla legge. La Corte quindi, ha chiarito che, in caso di rifiuto dei dipendenti di prestare servizio in una giornata festiva, il datore di lavoro è comunque tenuto a riconoscere la normale retribuzione, anche in presenza di una disposizione del contratto collettivo che esclude il diritto del lavoratore di rifiutarsi, salvo giustificato motivo.

Il ricorso presentato da una società che aveva trattenuto dalla busta paga dei propri dipendenti la retribuzione relativa ad un giorno festivo (8 dicembre) durante il quale non era stata eseguita la prestazione lavorativa precettata dall'impresa. In realtà, la trattenuta era stata effettuata dalla società sulla base di una disposizione contenuta nel contratto collettivo secondo la quale nessun lavoratore può rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario, notturno e festivo.

Un gruppo di dipendenti di una nota azienda metalmeccanica avevano fatto domanda al Tribunale, affinché venisse loro pagato la festività, anche se si erano rifiutati di lavorare l’8 dicembre.

Il contratto CCNL prevede che: “ nessun lavoratore può rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario, notturno e festivo”. Quindi la festività va sempre pagata anche se il lavoratore si rifiuta, al massimo si può applicare una sanzione disciplinare.

Secondo i giudici il diritto del dipendente di astenersi dall’attività ordinaria durante le festività costituisce un diritto che discende direttamente dalla legge, pertanto non può essere vanificato da una disposizione contrattuale collettiva.

Pertanto, non era stata condivisa la tesi della società secondo cui il lavoratore che non abbia svolto l'attività lavorativa durante la detta festività, come nel caso in esame, avrebbe potuto rivendicare la normale retribuzione solo se la sua assenza sia dipesa da uno dei motivi indicati dalla disposizione; ciò in considerazione del carattere generale delle regola di diritto alla festività normalmente retribuita.

Il rifiuto dei lavoratori a prestare la propria attività durante un giorno festivo, non può in alcun modo incidere sul trattamento retributivo ordinario, poiché la retribuzione della festività non lavorata è prevista dalla legge, tuttavia, i giudici sottolineano che, in virtù della disposizione presente nel contratto collettivo, il datore di lavoro avrebbe potuto avviare un’azione disciplinare, dato che il rifiuto dei lavoratori non era stato corroborato da un giustificato motivo.

Il trattamento economico ordinario deriva … direttamente dalla legge e non possono su questo piano aver alcun rilievo le disposizioni contrattuali, e per di più il datore di lavoro quindi non può esimersi dal corrispondere la retribuzione ai dipendenti se questi rifiutano di lavorare in una giornata festiva, nonostante sia presente una norma del CCNL che dispone che il lavoratore non possa rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro festivo. Pertanto, il rifiuto di prestare lavoro in un giorno festivo non avrà incidenza sulla normale retribuzione.

Il rifiuto dei dipendenti di prestare servizio in una giornata festiva non può esimere il datore di lavoro dal versamento della normale retribuzione, neppure in presenza di una disposizione del contratto collettivo a norma della quale il lavoratore non può rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro festivo. La Cassazione, con sentenza 21209/2016, ha precisato che il diritto del dipendente di astenersi dall’attività lavorativa in presenza di determinate festività discende direttamente dalla legge e ha carattere generale, ragion per cui il relativo trattamento retributivo non può essere messo in discussione da una disposizione, eventualmente anche di segno contrario, della contrattazione collettiva.



domenica 9 ottobre 2016

Che cosa si intende per distacco del lavoratore?



Il distacco del lavoratore, disciplinato dall'art. 30 del D. Lgs. 276/03, consiste in un provvedimento organizzativo con il quale il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa.

Il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo del lavoratore e, in termini generali, non è subordinato all’indicazione di specifiche ragioni o al consenso del lavoratore distaccato.

Tuttavia occorre considerare che:

il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato;

il distacco che comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

Per potere ricorrere all'istituto del distacco deve esistere un interesse produttivo temporaneo del datore di lavoro distaccante che deve permanere per tutto il periodo di durata del distacco.

Il concetto di interesse è molto ampio, per cui il distacco è legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante

Il distacco rientra nel potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro e non necessita di condizioni e requisiti, tranne che nelle due seguenti ipotesi :

è necessario il consenso del lavoratore nel caso in cui, durante il periodo del distacco, debba svolgere mansioni diverse, sebbene equivalenti, rispetto a quelle per cui è stato assunto.

Se il distacco comporta lo svolgimento della prestazione lavorativa presso una unità lavorativa che dista oltre 50 km da quella originaria, deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive.

Nell’ipotesi di distacco, il lavoratore potrà svolgere la sua prestazione anche parzialmente presso il distaccatario, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione.

Il datore di lavoro può:
sostituire il lavoratore distaccato con un altro lavoratore assunto a tempo determinato;

richiedere al soggetto presso cui il lavoratore è distaccato un rimborso delle spese sostenute a seguito del distacco (rimborso che non può superare il costo effettivamente sostenuto).

La legge qualifica come distacco l’ipotesi in cui un datore di lavoro (detto distaccante), per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa pur rimanendo direttamente responsabile del trattamento economico e normativo a favore del o dei lavoratori.

I requisiti del distacco sono dunque:
a) l’esistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante che deve sussistere per tutta la durata del distacco e che comunque non può essere solamente rappresentato dal fatto di percepire un corrispettivo per la messa a disposizione del lavoratore;
b) la temporaneità del distacco, ovvero che questo duri per il tempo in cui persista il predetto interesse. Se manca uno di questi due requisiti, il lavoratore interessato può ottenere l’imputazione del rapporto in capo all’effettivo utilizzatore.

Il decreto legislativo 276/2003 ha poi introdotto due nuove regole:

a) il distacco che comporti un mutamento delle mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato;

b) il distacco che comporti un trasferimento ad unità produttiva sita a più di 50 km da quella di provenienza deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

In questa ipotesi, come precisato anche dal Ministero del lavoro nella propria Circolare ministeriale del 29 agosto 2013, n. 35, l’interesse al distacco da parte del distaccante non deve essere accertato ma si presume connesso e pertanto sorge automaticamente, proprio in forza dell’operare della rete.

La circolare n. 3/2004 del Ministero del Lavoro ha stabilito che il concetto di temporaneità coincide con quello di non definibilità, pertanto non sono stati stabiliti dei tempi massimi di durata del distacco, la durata del distacco dipende dalla persistenza dell’interesse del distaccante.

Non si applica nell’ipotesi del distacco, per sua natura temporaneo, la disciplina del trasferimento.

Per quanto sopra riportato, viene legittimata la prassi di "distacco all’interno dei gruppi di impresa". Il trattamento economico e normativo rimane a carico del datore di lavoro distaccante. La contribuzione INAIL è calcolata con riferimento alla tariffa e ai premi del soggetto presso cui il lavoratore è distaccato. Il distacco va poi distinto dalla somministrazione. La differenza è solo nel tipo di interesse del distaccante che viene soddisfatto tramite i due istituti.

I requisiti di legittimità sono:

l’interesse del distaccante: come precisato dal Ministero del lavoro con Circolare n. 28/2005, deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente, da accertare caso per caso, in base alla natura dell’attività espletata e non semplicemente in relazione all’oggetto sociale dell’impresa. Può trattarsi di qualsiasi interesse produttivo del distaccante, anche di carattere non economico, che tuttavia non può mai coincidere con l’interesse lucrativo connesso alla mera somministrazione di lavoro;

la temporaneità del distacco: il distacco deve essere necessariamente temporaneo. Tale previsione non incide sulla durata del distacco, breve o lunga che sia, ma sul presupposto che, qualunque sia la durata del distacco, non può trattarsi di passaggio definitivo;

lo svolgimento di una determinata attività lavorativa: il lavoratore distaccato deve essere adibito ad attività specifiche e funzionali al soddisfacimento dell’interesse proprio del distaccante. Ne consegue che il provvedimento di distacco non può risolversi in una messa a disposizione del proprio personale in maniera generica e, quindi, senza predeterminazione di mansioni.

In assenza di tali requisiti di legittimità, il lavoratore interessato può fare ricorso in giudizio per la costituzione di un rapporto di lavoro con il soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, cioè il datore di lavoro presso cui è stato distaccato.

Gli oneri relativi al trattamento economico e normativo del lavoratore rimangono a carico dell’effettivo datore di lavoro, tuttavia appare oramai pacificamente ammessa la possibilità di un “ribaltamento” dei costi sostenuti per il lavoratore dal distaccante sul distaccatario. Il rimborso al distaccante della spesa del trattamento economico non ha alcuna rilevanza ai fini della qualificazione del distacco genuino nelle ipotesi in cui non ecceda il costo sostenuto dal distaccante per il lavoratore, in caso contrario, invece, possono porsi delle criticità sia dal punto di vista giuslavoristico che fiscale.

Il Ministero del lavoro, con l’interpello n. 1/2011, ha altresì precisato che il distacco è ammissibile anche quando lo svolgimento della prestazione lavorativa avvenga in un luogo diverso dalla sede del distaccatario. Infatti, a tal fine, viene rimarcato come nonostante la dislocazione del lavoratore presso la sede del distaccatario rappresenti l’ipotesi per così dire ordinaria, tale requisito non costituisce un elemento indispensabile per il corretto utilizzo dell’istituto.



sabato 6 agosto 2016

Come calcolare la cassa integrazione in busta paga


La cassa integrazione può avere varie forme: può essere ordinaria, straordinaria ed in deroga. In ogni caso, in qualità di lavoratori, dovrete anche voi provvedere a fornire tutta la documentazione necessaria per ricevere la cassa integrazione e fare un calcolo di quanto andrete a percepire in ogni busta paga mensile. In questa guida, con pochi e semplici passaggi, vi illustrerò come calcolare la cassa integrazione. Vediamo quindi come procedere.

Modulo SR105

Richiesta del datore di lavoro all'Inps

Per prima cosa, bisogna compilare prima di tutto il modulo SR 105 e provvedere a consegnarlo al datore di lavoro, non appena quest'ultimo avrà inoltrato la richiesta all'Inps. Il datore di lavoro medesimo, è obbligato a custodirlo e comunicare all'Inps l'avvenuta sottoscrizione al più presto.

Tenete comunque presente che la CIG, ossia la Cassa Integrazione Guadagni, viene evidenziata nella busta paga che riceverete mensilmente e quindi potrete visionarla tranquillamente ed effettuare tutti i controlli.

Per calcolare la cassa integrazione, dovete tenere conto di due parametri fondamentali: il primo è quello dato dalle retribuzioni mensili lorde fino a 2075,21 euro, per le quali l'indennità mensile, al netto dei contributi, è pari a 903,20 euro; il secondo invece riguarda le retribuzioni lorde mensili che superano 2075,21 euro ed in tal caso, l'indennità mensile, al netto di contributi, risulterà pari a 1085,57 euro.

La C.I.G Cassa Integrazione guadagni presuppone la permanenza del rapporto del dipendente con
l’azienda in vista della ripresa produttiva. Lo scopo è integrare la retribuzione dei lavoratori in caso di riduzioni o sospensioni dell’attività dell’impresa.

1. Trattamento economico Cassa integrazione: precisazioni

Il lavoratore collocato in C.I.G ha diritto ad un trattamento economico a carico dell’ INPS proporzionato alla retribuzione, il cui ammontare è stabilito con riferimento alle ore integrabili.

L’integrazione salariale può essere disposta per un periodo massimo di 3 mesi continuativi (13 settimane) prorogabile trimestralmente fino al massimo complessivo di 52 settimane; se l'azienda però, ha già usufruito di 52 settimane consecutive di cassa, una nuova domanda può essere proposta per la stessa unità produttiva, solo quando sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività.

Sempre per la stessa unità produttiva il trattamento non può superare 24 mesi in un quinquennio. Per le imprese industriali e artigiane dell'edilizia e affini, e per le imprese industriali e artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, la somma del  trattamento non può superare 30 mesi in un quinquennio.

Ore integrabili:
come già specificato, sono integrate dalla cassa le ore di lavoro perse quindi non lavorate,nei limiti dell’orario contrattuale comprese tra le 0 e le 40 settimanali.

Malattia:

In caso di riduzione di orario di lavoro, il trattamento di malattia prevale sull’integrazione salariale.
Pertanto l’evento viene gestito integralmente come malattia.

Nel caso invece di sospensione dell’attività lavorativa (C.I.G a 0 ore) l’INPS ha precisato che se lo stato di malattia insorge:
1. Durante la sospensione da lavoro, il lavoratore continua ad usufruire delle integrazioni salariali ordinarie;
2. Prima dell’inizio della sospensione dell’attività, si avranno 2 casi:

Se la totalità del personale cui il lavoratore appartiene, ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in C.I.G. dalla data dell’inizio della stessa;
Qualora, invece, non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale, il lavoratore in malattia continuerà a beneficiare dell’ indennità di malattia.

Maternità:

I lavoratori che fruiscono dell’ astensione obbligatoria e dei riposi giornalieri per allattamento hanno diritto all'indennità di maternità e non all'integrazione salariale. Per quanto riguarda l’astensione facoltativa le lavoratrici beneficiano della normale integrazione salariale.

Misura della cassa integrazione:
L’integrazione salariale spettante ai lavoratori è pari all’80% della retribuzione che essi avrebbero percepito in caso di normale attività (retribuzione di riferimento), ma in ogni caso non oltre le 40 ore settimanali. La somma così determinata deve essere ridotta in misura pari all’aliquota contributiva a carico degli apprendisti (5,84%), quindi più bassa rispetto all'aliquota standard applicata ai dipendenti.



venerdì 29 luglio 2016

Contratto di lavoro Co.co.co per i Call Center: la nuova disciplina



È stata firmata il 14 luglio 2016 l’ipotesi di accordo per la disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative per Call Center, servizi non di telefonia, e servizi realizzati attraverso operatori telefonici da parte delle quattro associazioni aderenti a Confcommercio – Ancic, Asseprim, Assintel, Federtelservizi – e Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil, Nidil-Cgil.

Si tratta di una disciplina sperimentale valida a decorre dalla data di stipula fino al 31 dicembre 2018 che rappresenta la prima regolamentazione collettiva per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa per alcune figure specifiche a fronte dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act) che ha apportato novità sostanziali alla regolamentazione previgente in materia di collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto. Da precisare tuttavia che l’ipotesi di accordo dovrà essere validata entro il 30 settembre 2016.

Infatti l'art. 2, comma 1, del decreto n. 81 ha disposto che, a far data dall’1/1/2016, troverà applicazione la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

Al comma 2, ha limitato l'operatività della presunzione di subordinazione andando ad escludere dalla riconduzione al lavoro subordinato le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore.

L’accordo si è concentrato sull'individuare le figure professionali che possono dar luogo ad un rapporto di co.co.co. autentico.

Si tratta in particolare di 5 figure rientranti nell'attività:

Call Center: attività in Outbound:

Vendita (Teleselling) dove il Collaboratore presenta la vendita di beni e/o servizi per conto del committente, sia su liste di clienti o ex clienti (Data Base) fomite dal committente che su liste di archivi (fomite o meno dal committente). Descrive i servizi/prodotti proposti, analizza le esigenze e/o gli interessi dell'intervistato e finalizza la vendita mediante invio della proposta o con registrazione vocale. L'inserimento del contratto o la registrazione vocale possono anche essere effettuate con contatto telefonico distinto e successivo alla vendita iniziale.

Telemarketing in questo caso il Collaboratore svolge un'attività analoga al servizio di vendita, con la sola differenza che anziché finalizzare la vendita al telefono, genera un appuntamento presso il potenziale cliente da parte di un agente di vendita dell'agenzia o del committente.

Sondaggi e ricerche di mercato, in questa veste il Collaboratore svolge interviste telefoniche per acquisire orientamenti, interessi e pareri degli interlocutori intervistati.

Servizi di verifica qualità e prevenzione truffe, dove il Collaboratore contatta i clienti che hanno acquistato beni o servizi, normalmente tramite intermediari (agenti, concessionari, ecc.) per verificare la corretta esecuzione delle fasi di vendita (soprattutto la corretta informazione fornita all'acquirente) e la genuinità della compera. Controlla se il cliente conferma di aver effettuato acquisti di beni o servizi con finalità di prevenzione truffe.

Sollecito crediti, qui il Collaboratore contatta i debitori che presentano arretrati nei pagamenti. A seconda del livello della mora, genera il solo sollecito, o pretende il pagamento o negozia il rientro. Al fine di svolgere tali servizi, il Collaboratore effettua attività di rintraccio del debitore.

 e altre 7 figure operanti in aziende di Servizi di mercato e Servizi non di telefonia quali:

Redattore di rapporti informativi, qui il Collaboratore esegue analisi qualitative sulle imprese o sui settori, sulla base delle metodologie richieste. Realizza un'attività di reperimento delle informazioni, utilizzando fonti interne ed esterne all'azienda tramite questionari, telefonate e agenzie esterne. Stila report informativi relativi alla valutazione qualitativa dell'impresa e sul settore di appartenenza.

Rielaborazione di bilanci, dove il Collaboratore si occupa di analisi e rielaborazione dei bilanci e all'incremento delle informazioni tramite il reperimento di dati integrativi a valore aggiunto. Provvede alla rilevazione delle partecipazioni presenti in bilancio e all'aggiornamento dei legami di gruppo.

Codificatore in questa veste il Collaboratore mette in ordine le risposte aperte, secondo criteri di ricerca indicati, con una componente valutativo - discrezionale nello svolgimento di tale attività.

Acquisti in incognito, qui il Collaboratore ha il compito di valutare i comportamenti, le procedure e le capacità del personale coinvolto nell'erogazione di un servizio/vendita di un prodotto, oltre a valutare il materiale promozionale e la qualità dei prodotti.

Intervistatore: il Collaboratore realizza un'attività di recupero delle informazioni, utilizzando fonti interne ed esterne all'azienda tramite questionari, telefonate e agenzie esterne, stila i relativi report informativi.

Specialista dell'animazione dove il Collaboratore si occupa della realizzazione di specifiche parti di singoli progetti nell'ambito delle agenzie di pubblicità e delle società di animazione.

Addetto allo sviluppo, gestione e manutenzione di contenuti multimediali e animazione, in questo caso il Collaboratore cura i contenuti multimediali dell'azienda, conoscendone gli obiettivi di comunicazione; individua i contenuti per migliorare la visibilità on line del Committente, combinando l'utilizzo della tecnologia digitale con un uso efficace di grafici, audio, immagini fotografiche, video e animazione.

E' stato determinato il compenso da erogare al Collaboratore, stabilendo che il corrispettivo spettante non possa essere inferiore ai minimi stabiliti nell'accordo stesso, e debba essere in generale commisurato alla qualità e quantità di lavoro necessario a far fronte all'incarico, alla professionalità e al livello di raggiungimento degli obbiettivi concordati.

Trattamento economico

La corresponsione del compenso deve avvenire con cadenza di norma mensile, fatta eccezione per compensi mensili di importo pari o inferiore a 100 euro, che potranno essere corrisposti con cadenza trimestrale. Viene prevista una progressione del compenso orario, con base di partenza a settembre 2016 e maturazione definitiva a settembre del 2018. I compensi minimi lordi fissati in valori di paga oraria e indicati al lordo delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali previste dalla normativa vigente sono:
1/9/2016 6 euro;
1/3/2017 6,70 euro;
1/9/2017 7,40 euro;
1/3/2018 8,10 euro;
1/9/2018 8,75 euro.

Non sono previsti compensi straordinari, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato. Per i collaboratori che superano le 500 ore annue di prestazione lavorativa è prevista una somma forfettaria aggiuntiva di 0.50 € lordi, di cui la prima in acconto nel mese di luglio e la seconda a conguaglio nel mese di dicembre.

L’ipotesi di accordo stabilisce che la gravidanza, la malattia e l’infortunio non comportano l’estinzione del rapporto contrattuale.

In questi casi il rapporto rimane sospeso senza corrispettivo. Il committente può recedere se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, solo se questa è predeterminata, oppure supera trenta giorni nei contratti di durata non determinata. In caso di gravidanza la durata del rapporto è prorogata per un periodo di 180 giorni.



domenica 5 giugno 2016

Lavoratore illegittimamente sospeso: omessa indicazione dei criteri di rotazione




L’ordinamento giuridico consente al datore di lavoro (che si trovi in particolari situazioni di crisi o abbia la necessità di procedere a ristrutturazioni o riorganizzazioni) di sospendere in tutto o in parte i propri dipendenti dal lavoro. Tuttavia, al contempo, questo potere viene disciplinato e limitato dalla legge. Pertanto, la sospensione in CIG disposta al di fuori di questi limiti è illegittima, e il lavoratore può ricorrere al Giudice del lavoro al fine di ottenere la riammissione al lavoro, nonché il risarcimento del danno (che, normalmente, consisterà nella differenza tra la retribuzione che egli avrebbe percepito se non fosse stato sospeso e l’indennità di CIG percepita durante la sospensione).

La CIGO ha la funzione di sostegno del reddito dei lavoratori per sospensioni dal lavoro e riduzioni dell’orario di lavoro dovute ad eventi transitori non imputabili né al datore di lavoro né ai lavoratori, ovvero a situazioni temporanee di mercato.

L’ammontare del trattamento economico è pari all’80% della retribuzione spettante ai lavoratori per le ore non lavorate; dopo il primo semestre di erogazione non può superare un tetto massimo incrementato annualmente in base all’indice ISTAT.

La legge impone una procedura di informazione e consultazione sindacale con le RSA, di solito preventiva. Solo nei casi di sospensione o riduzione indifferibile del lavoro, l’imprenditore deve comunicare alle RSA o, in mancanza di queste, agli organismi provinciali dei sindacati di categoria più rappresentativi, la durata prevedibile della sospensione o contrazione del lavoro ed il numero dei lavoratori interessati; se la sospensione o contrazione superi le 16 ore settimanali, su richiesta dell’imprenditore o degli organismi rappresentativi dei lavoratori si procede ad un esame congiunto sulla ripresa del normale lavoro e sui criteri di distribuzione degli orari di lavoro.

Per la CIGO, a differenza della CIGS, il datore di lavoro anticipa il trattamento una volta adottato il provvedimento di concessione, conguagliando i contributi dovuti. Se dall’omessa o tardiva domanda deriva la perdita totale o parziale della CIGO, l’imprenditore è tenuto a corrispondere ai lavoratori una somma pari all’importo dell’integrazione non percepita.

La durata massima della CIGO è di tre mesi continuativi, ma in casi eccezionali può essere prorogata per tre mesi fino a un massimo complessivo di un anno.

La fissazione dei criteri di rotazione, da osservare in caso di sospensione del personale per fruizione della CIGO, era oggetto di indirizzi giurisprudenziali ora si ritiene che, per omessa specificazione dei criteri di rotazione, rende illegittimo il decreto di concessione del trattamento di CIGS. Conseguentemente, al lavoratore sospeso spetta il diritto soggettivo di chiedere al giudice ordinario la condanna, previa disapplicazione in via puramente incidentale, del provvedimento amministrativo di concessione della CIGS e quella del datore di lavoro al pagamento dell’integrale obbligazione retributiva.

Il D.lgs. n. 148/15, di attuazione della L. n. 183/14 (c.d. Jobs Act), riordinando la disciplina degli ammortizzatori sociali, ha omesso, per il trattamento di CIGO, il riferimento all’osservanza dei criteri di rotazione. Questi, invece, costituiscono oggetto di specifica disposizione nel caso di procedimento volto a conseguire la CIGS. Sicché, anche all’esito della riforma, si registra quella diversa formulazione letterale delle norme che disciplinano il procedimento di concessione della CIGO e della CIGS. Per avere efficacia è stabilito che la comunicazione alle organizzazione sindacali deve avere ad oggetto “[…] le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati”. Il comma 4 dispone poi che “nei casi di eventi oggettivamente non evitabili che rendano non differibile la sospensione o la riduzione dell’attività produttiva”, il contenuto della comunicazione deve comprendere “la durata prevedibile della sospensione o riduzione e il numero dei lavoratori interessati”.

E’ doveroso ricordare che il potere di sospendere i propri dipendenti in CIG incontra innanzi tutto limiti di tipo formale. Infatti, la legge prescrive l’obbligo, per il datore di lavoro, di attivare preventivamente una procedura di informazione e (a richiesta) di consultazione con il sindacato.

L’obbligo di informare e, eventualmente, di trattare con il sindacato ha lo scopo di garantire che la sospensione dei lavoratori sia trasparente e corretta, con la conseguenza che eventuali violazioni della procedura sindacale rilevino, oltre che sul piano formale, anche su quello sostanziale.

Con riferimento ai vizi procedurali il lavoratore (ma anche il sindacato) potrebbe per esempio lamentare l’omissione della procedura, oppure il fatto che non siano state rese tutte le informazioni previste dalla legge, o che le stesse siano state fornite in maniera generica o falsa, o ancora che il datore di lavoro non ha dato seguito alla richiesta del sindacato di trattare.

Vi sono però altri limiti che il datore di lavoro deve rispettare e che, in caso contrario, legittimano il ricorso al giudice da parte del lavoratore. Innanzi tutto, si deve ricordare che il datore di lavoro può ricorrere alla CIG solo in presenza di situazioni di crisi o di ristrutturazione – riorganizzazione previste dalla legge. Sotto questo profilo, dunque, il lavoratore potrebbe per esempio contestare che la causa della sospensione, dichiarata dal suo datore di lavoro, non rientra tra quelle previste dalla legge, oppure che quella situazione non corrisponde al vero. Infine, il datore di lavoro deve scegliere il personale da sospendere in CIG utilizzando criteri oggettivi e coerenti con la causa della sospensione: il lavoratore potrebbe quindi lamentare di essere stato scelto sulla scorta di criteri che non corrispondono a tali caratteristiche.

domenica 31 gennaio 2016

Lavorare da casa debutta il lavoro agile: lo smart working


Lavorare da casa invece che in ufficio può aumentare la produttività? Il telelavoro, il papà dello smart working, è andato in soffitta, e si apre una nuova era. Almeno dal punto di vista delle tutele, perché - come riportano i dati dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano - quasi il 50% delle grandi aziende sta già sperimentando questo tipo di prestazione.

Ricordiamo l’indagine Work Trends Study di Adecco, un report sul mercato del lavoro realizzato in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano. Lo studio, arrivato alla sua quinta edizione, ha coinvolto più di 2.700 candidati e 143 recruiter in tutta Italia. A sorpresa, il 67,7% dei lavoratori dichiara di non aver mai sentito parlare di smartworking, così come il 28% dei selezionatori.

Per lavoro agile si intende la prestazione effettuata dai dipendenti al di fuori dei locali dell’azienda. Una versione semplificata del lavoro da remoto, introdotta per aumentare la produttività e per conciliare vita privata e ufficio. Un esperimento che sta avendo successo in aziende come Unicredit, Telecom e Vodafone dove, in via sperimentale, i dipendenti possono lavorare da casa due giorni al mese.

La relazione introduttiva al disegno di legge definisce il lavoro agile una «modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro». Il testo ne detta anche i confini: il lavoro agile è quel lavoro che può essere svolto in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, seguendo però gli orari previsti dal contratto di riferimento e prevede l’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all'esterno dei locali aziendali.

Uno specifico articolo viene dedicato al trattamento economico e viene stabilito che il lavoratore abbia il diritto di ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le stesse mansioni all’interno dell’azienda.

Inoltre, gli incentivi di carattere fiscale e contributivo (ad esempio i premi) riconosciuti in caso di incremento di produttività ed efficienza del lavoro sono applicabili anche ai lavoratori “agili”.

Il testo disciplina anche la forma dell’accordo relativo alle modalità di svolgimento e al recesso. Viene stabilito che l’accordo deve essere stipulato per iscritto (pena la nullità) e disciplina le modalità di esecuzione della prestazione svolta all'esterno dei locali aziendali. È previsto che vengano anche individuati i tempi di riposo del lavoratore. Il contratto potrà essere a termine o a tempo determinato e in questo ultimo caso il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore ai 30 giorni. E solo in presenza di un giustificato motivo ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine.

Le nuove norme disciplinano poi la protezione dei dati e la riservatezza specificando che il datore di lavoro deve adottare - così recita l’articolo in questione - «misure atte a garantire la protezione dei dati utilizzati ed elaborati dal lavoratore che svolge la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile». Per ovvi motivi il lavoratore è tenuto a custodire con diligenza gli strumenti tecnologici messi a disposizione dal datore di lavoro ed è responsabile quindi della riservatezza dei dati cui può accedere.

Vengono introdotte regole anche per quanto riguarda la sicurezza. Il datore deve garantire salute e sicurezza a chi svolge questo tipo di prestazione. A questo proposito è previsto l’obbligo di consegnare al lavoratore un’informativa scritta con cadenza annuale nella quale vengono individuati i rischi generali connessi al tipo di lavoro. Infine un capitolo sull’assicurazione obbligatoria. Anche in questo caso il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed è tutelato contro gli infortuni sul lavoro che possono avvenire durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello scelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali.

Dall’indagine Citrix, condotta in Italia su un campione di 600 lavoratori, è emerso inoltre che l’84% degli smartphone utilizzati per lavoro sono di proprietà dei dipendenti e che il 20% degli smart workers non ha idea di chi, in azienda, sia responsabile della sicurezza dei dati.

In generale il 46% degli intervistati pensa che la propria organizzazione dovrebbe investire di più nello smart working per:
• trarre vantaggi in termini di competitività e produttività (59%);
• ridurre i costi fissi (52%);
• avere una cultura aziendale più flessibile (45%);
• offrire maggior livello di soddisfazione per i dipendenti (42%).

A spingere i lavoratori verso lo smart working sono:
• la possibilità di avere orari di lavoro migliori con una migliore worklife balance (68%);
• poter risparmiare il tempo di viaggio (65%);
• poter migliorare la propria produttività (64%), nonostante il 53% ritenga che l’interazione con l’ufficio debba essere migliorata e resa più veloce;
• la possibilità di arricchire il proprio curriculum e facilitare la ricerca di un nuovo lavoro (54%).

Tra gli elementi che invece frenano l’adozione di questa tipologia di lavoro ci sono le preoccupazioni legate a:
• l’essere sempre raggiungibili (38%);
• eccedere con il numero di ore (36%);
• non riuscire a mantenere una divisione tra lavoro e vita privata (71%);
• la difficoltà di mantenere la dimensione sociale del lavoro (33%), secondo il 36% questo aspetto potrebbe essere preoccupante anche dal punto di vista dell’azienda che vedrebbe diminuire lo spirito di gruppo e di appartenenza a un team.

Ci sono poi le difficoltà legate alla connessione internet, con il 33% degli smart worker che lamenta problemi con la connessione, il 31% con i tempi di caricamento, il 26% con il collegamento dei dispositivi ad altre apparecchiature.


domenica 14 giugno 2015

Congedo parentale: come cambia con il Jobs act



I genitori possono chiedere il congedo parentale nei primi 12 anni di vita del figlio, non più solo nei primi otto, e il congedo a ore può essere utilizzato anche se non è previsto dal contratto collettivo di riferimento.

Tra le novità più importanti l'allungamento del tempo per fruire del congedo parentale. Quello facoltativo viene infatti portato da 3 a 6 anni e da 8 a 12 anni di età del bambino rispettivamente per quello retribuito al 30% e per quello non retribuito, la cui durata resta comunque di 6 mesi. Si riduce da quindici a cinque giorni il periodo di preavviso al datore di lavoro. Prevista anche la possibilità di 'trasformare' il congedo parentale in part-time al 50%.

Per quanto riguarda la conciliazione vita-lavoro, grosse novità sul congedo parentale che sarà più ampio per entrambi i genitori: si avrà il 30 per cento dello stipendio fino ai 6 anni del bambino , non più tre, e permessi non retribuiti fino a 12 anni invece che 8. Prevista inoltre la possibilità di trasformare il congedo in contratto part time.

Ricordiamo che il congedo parentale prevede la retribuzione al 30% dello stipendio, può arrivare complessivamente a dieci mesi cumulando i periodi presi dai due genitori (elevabile a 11 se il padre prende almeno tre mesi), con un tetto di sei mesi per la madre e di sette per il padre (se c’è un solo genitore, può prendersi tutti i dieci mesi).

La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadri settimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Da sottolineare, tuttavia, che non si può cumulare il congedo a ore con permessi o riposi. Prima, la fruizione su base orario del congedo parentale era demandata alla contrattazione collettiva (comma 1- bis dell’articolo 32), quindi in pratica questo diritto non era esercitabile in mancanza di riferimenti nel contratto.

Il genitore deve comunicare all’azienda l’intenzione di andare in congedo parentale con l’anticipo previsto dal contratto, e comunque con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo: anche questa è una novità, prima il preavviso minimo era di 15 giorni. Se il congedo parentale è su base oraria, il preavviso minimo è invece di due giorni.

Per quanto riguarda il trattamento economico, la retribuzione al 30% che prima era assicurata solo in caso di godimento nei primi tre anni di vita del bambino viene ora portata a sei anni. Decade la norma in base alla quale, dopo questo periodo (i primi sei anni del figlio) il diritto successivi in caso di reddito inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione.

Entrambi i genitori possono chiedere al posto del congedo parentale la trasformazione temporanea del contratto di lavoro in part-time, ossia a tempo parziale.

Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, la trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time, in luogo del congedo parentale, per un periodo di tempo corrispondente e una riduzione di orario non superiore al 50%. Il congedo parentale può durare per i due genitori al massimo 10 mesi, con un tetto di 6 mesi per ciascuno di essi. Se ne deduce che i limiti temporali di questa alternativa: 10 mesi complessivi da dividere fra i due genitori, con limite di 6 ciascuno.

C’è poi un’altra disposizione in base alla quale il lavoratore o lavoratrice con un figlio convivente di età superiore a 13 anni, o portatore di handicap hanno la priorità nella trasformazione del contratto da tempo pieno a part-time. Anche questo, dunque è una nuova possibilità di utilizzo del part-time per andare incontro a particolari esigenze legate alla genitorialità.

La nuova legge sul lavoro prevede il diritto di chiedere prioritariamente il part-time per una serie di esigenze di carattere familiare legate non solo alla presenza di figli: lavoratori affetti da patologie oncologiche o da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti che riducano la capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti delle terapie salvavita, patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative riguardanti il coniuge, i figli o i genitori, necessità di assistenza di una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100%.



giovedì 21 maggio 2015

Nuovo contratto di lavoro per gli studi professionali



Ecco le principali novità del CCNL per i dipendenti degli Studi. Il contratto riguarda 1,5 milioni di lavoratori fra titolari, dipendenti e collaboratori, ha effetto dal primo aprile 2015 e dura fino al 31 marzo 2018. L’aumento è di 85 euro per il terzo livello, con conseguente parametrazione per gli altri livelli. Sul fronte del welfare, come detto ne prevede l’estensione ai professionisti e ai collaboratori degli studi, che sino ad ora ne erano esclusi. Novità anche in materia di telelavoro, congedo parentale a ore, possibilità di introdurre ulteriori elementi di flessibilità attraverso la contrattazione di secondo livello.

Riguardo all'apprendistato è stata fissata la percentuale di conferma per gli apprendisti, che dovrà essere pari almeno al 20% per le strutture fino a 50 dipendenti e del 50% per quelle più grandi. Per la prima volta  poi viene  fissato  il rapporto tra numero di lavoratori a tempo indeterminato e determinato. Questi ultimi potranno contare su un diritto di precedenza  in caso di  assunzioni stabili.

Si definiscono le aree di applicazione del contratto come segue:

1) Area professionale Economico-Amministrativa: Consulenti del Lavoro, Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, Revisori Contabili, altre professioni di valore equivalente ed omogenee all'area professionale non espressamente comprese;

2) Area Professionale Giuridica: Avvocati, Notai, altre professioni di valore equivalente.

3) Area professionale Tecnica: Ingegneri, Architetti, Geometri, Periti Industriali, Geologi, Agronomi e Forestali, Periti agrari, Agrotecnici, altre professioni di valore equivalente ed omogenee all'area professionale.

4) Area professionale Medico Sanitaria e Odontoiatrica: Medici, Medici Specialisti, Medici Dentisti, Odontoiatri, Medici Veterinari e Psicologici, Operatori Sanitari, abilitati all'esercizio autonomo delta professione di cui alla specifica Decretazione Ministeriale, ad esclusione dei Laboratori Odontotecnici, altre professioni di valore equivalente ed omogenee all'area.

5) Altre attività professionali intellettuali: Si tratta di quelle attività non rientranti nelle prime quattro aree, con o senza Albo professionale.

Le agevolazioni per le assunzioni prevedono un contratto di reimpiego per chi ha oltre 50 anni e per i disoccupati da oltre 12 mesi, con la possibilità di sotto-inquadramento ma un’assunzione a tempo indeterminato. Vengono fissati rapporti da rispettare fra i contratti a tempo indeterminato e determinato, con diritto per precedenza di questi ultimi per assunzioni stabili. Gli apprendisti devono essere almeno il 20% per gli studi fino a 50 dipendenti e il 50% per le strutture più grandi.

Una delle novità più rilevanti introdotte nel nuovo Ccnl riguarda l'estensione delle tutele di welfare ai professionisti-datori di lavoro, che potranno beneficiare di una copertura di assistenza (sanitaria e antinfortunistica) che verrà gestita dalla bilateralità di settore, sotto la direzione e la vigilanza di Confprofessioni. Inoltre, sulla scia delle tendenze del mercato del lavoro e delle diverse forme di collaborazione che si instaurano all'interno di uno studio professionale, le tutele di welfare contrattuale verranno estese anche ai collaboratori e praticanti.

Ecco le novità più rilevanti:

Rappresentanza contrattuale: il nuovo Ccnl degli studi professionali è stipulato da Confprofessioni come unica rappresentanza datoriale.

Decorrenza e durata: il periodo di vigenza contrattuale decorre dal 1° aprile 2015, sino al 31 marzo 2018.

Trattamento economico: aumento retributivo complessivo a regime, 31 marzo 2018, di 85 euro per il III livello diviso in cinque fasi, con l’esclusione di qualsiasi erogazione una tantum.

Welfare per i professionisti datori di lavoro: introdotta la copertura di assistenza (sanitaria/antinfortunistica) del datore di lavoro. La gestione di tali prestazioni, sotto la direzione di Confprofessioni, è affidata alla bilateralità.

Potenziamento e valorizzazione della bilateralità: Attivazione di un fondo per il sostegno al reddito dei lavoratori di studi professionali che attraversano un periodo di crisi. Rimborso al datore di lavoro del 50% della retribuzione derivante dalla concessione del permesso studio ai lavoratori. Incentivata la costituzione di articolazioni territoriali dell’ente bilaterale nazionale, denominati sportelli, per la gestione del mercato del lavoro.

Rilancio del II livello di contrattazione: possibilità di realizzare a livello territoriale intese per una regolazione dell’attività lavorativa più rispondente alle esigenze dei datori di lavoro; maggiore coinvolgimento delle delegazioni territoriali nella disciplina del rapporto di lavoro.

Contratti e modalità di lavoro: lavoro a tempo determinato: elevato il numero di contratti a termine che potranno essere attivati da ciascun datore di lavoro ed è stato abolito l’obbligo di rispettare gli intervalli di tempo tra differenti contratti a termine.

Apprendistato: semplificazione degli obblighi formativi, riducendo complessivamente le ore di formazione. Possibilità di effettuare la formazione in tutte le modalità possibili. - Lavoro intermittente: regolamentazione del lavoro a chiamata. Il Ccnl degli studi professionali è tra i pochi a disciplinare tale tipologia contrattuale, di fondamentale importanza per garantire flessibilità.

Contratto di reimpiego: Per un periodo di 30 mesi sarà possibile retribuire soggetti over 50 e disoccupati di lunga durata con un salario di ingresso più basso rispetto a quello di base previsto dal Ccnl.

Rilancio del telelavoro per garantire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Rivisto il regime dei permessi per lo studio e per le nuove assunzioni, con un intervento dell’ente bilaterale a coprire parte dei costi retributivi.

Profili professionali: sono state concordate con le aree di Confprofessioni le modifiche relative alla classificazione del personale ed ai relativi profili.



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