lunedì 10 luglio 2017

APe volontaria e APe sociale, requisiti e beneficiari a confronto




L'Ape Sociale è un’indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps a lavoratori in stato di bisogno che chiedano di andare in pensione in anticipata. La domanda all’Inps per questa tipologia di pensione anticipata dovrà essere presentata nella finestra temporale compresa tra il 1 maggio e il 30 giugno 2017. Tale finestra sarà valida per tutti coloro che raggiungeranno i requisiti richiesti per l’accesso entro il 31 dicembre 2017.

Ricordiamo innanzitutto le regole di base dell’anticipo pensionistico APE: lo possono utilizzare dipendenti pubblici e privati e lavoratori autonomi con 63 anni di età a cui mancano tre anni e sette mesi per il raggiungimento della pensione di vecchiaia, con almeno 20 anni di contributi.

Le certezze definitive si avranno solo con i decreti attuativi sull’APe volontaria, che sono ancora attesi, ma comunque sia le regole applicative sull’APe sociale hanno già chiarito tutti i dubbi relativi alle differenze di requisiti per l’accesso alle due indenità. Il punto in comune è rappresentato dai 63 anni di età, che sono sempre necessari sia per il diritto all’Ape sociale sia per quello all’APe volontaria.

Il requisito contributivo invece è più alto per l’APe sociale. Per l’anticipo pensionistico di mercato bastano 20 anni di contributi, per quello pagato dallo stato ce ne vogliono 30 (disoccupati, caregiver, lavoratori con disabilità al 74%), oppure 36 (mansioni gravose).

Il tempo che manca all’età per la pensione di vecchiaia è un paletto che riguarda solo l’APe volontaria, mentre non è previsto per l’APe sociale: quindi, per l’accesso all’APe volontaria non possono mancare più di tre anni e sette mesi alla maturazione del requisito per la pensione di vecchiaia. Per l’APe sociale non è previsto alcun paletto. Sono in realtà allo studio meccanismi per prevedere una flessibilità nell’applicazione del requisito dei 3 anni e 7 mesi per l’APe volontaria, per armonizzare la legge agli scatti sulle aspettative di vita (che non possono essere calcolati in anticipo, ma che potrebbero poi allungare la distanza dalla pensione). Per questi dettagli, bisogna attendere il decreto applicativo. Un’altra differenza relativa al rapporto fra APe e maturazione della pensione, è che l’APe volontaria è utilizzabile esclusivamente per raggiungere la pensione di vecchiaia (con scelta non più revocabile), mentre l’APe sociale si interrompe nel caso in cui, prima del raggiungimento della pensione di vecchiaia, il lavoratore maturi il diritto a pensione anticipata.

In entrambi i casi, è previsto che l’assegno venga calcolato sulla base della pensione maturata nel momento della richiesta. Ma gli importi sono diversi. Nel caso dell’APe sociale c’è un tetto a 1500 euro lordi. Nel caso dell’APe volontaria, invece, è previsto che l’assegno maturato sia pari ad almeno 1,4 volte il minimo (700 euro lordi). Quindi, questo ultimo trattamento (l’Ape volontario) non può essere inferiore a 700 euro lordi, mentre l’Ape sociale non può superare i 1500 euro. Attenzione: è possibile che i decreto attuativi sull’APe volontario permettano di sommare le due indennità, consentendo quindi a chi avrebbe maturato un assegno più alto di 1500 euro di chiedere la differenza sotto forma di APe volontaria. In questo caso, la somma sarà poi da restituire con rate ventennali.

Come è noto, la fondamentale differenza fra i due trattamenti è che l’APe volontaria è un anticipo pensionistico, finanziato dal sistema bancario, che poi viene restituito con al pensione (pagando rate per 20anni), mentre l’APe sociale è un’indennità pagata interamente dallo Stato. Altro punto importante da sottolineare: l’APe volontario è compatibile con il proseguimento dell‘attività lavorativa, mentre per l’accesso all’Ape sociale bisogna interrompere l’attività lavorativa. E’ possibile sommare solo redditi da lavoro dipendente fino a 8mila euro annui, o da lavoro autonomo fino a 4mila 800 euro annui.

Infine, l’APe volontario è utilizzabile da tutte le categorie di lavoratori con 63 anni, 20 anni di contributi, al massimo 3 anni e sette mesi alla pensione di vecchiaia, e con un assegno pari ad almeno 1,4 volte il minimo, mentre l’APe sociale è riservato a quattro specifiche tipologie di lavoratori, ovvero:

disoccupati per licenziamento, dimissioni per giusta causa, o procedure di conciliazione ex legge 604/1996 (articolo 7), che abbiamo terminato il sussidio spettante da almeno tre mesi;

caregiver che assistono da almeno sei mesi coniuge, partner in unione civile, o parente di primo grado convivente con handicap grave;

lavoratore disabile almeno al 74%;

addetto a mansioni usuranti (fra quelle contenute nell’allegato alla Legge di Bilancio).




martedì 27 giugno 2017

Lavorare nelle risorse umane



Lavorare in questo settore non significa solo assumere e licenziare. Chi sceglie di specializzarsi nelle Human Resources deve adoperarsi per far sì che ogni singolo lavoratore dia sempre il meglio di sé e deve rapportarsi costantemente con i dipendenti intesi come capitale umano dell’azienda e accompagnare le risorse interne in ogni fase della loro vita lavorativa. Parliamo di un ruolo delicato e strategico, che non può prescindere dall'ingrediente principale: la passione per le persone.

Per risorse umane si deve intendere la gestione dei lavoratori che si trovano alle dipendenze di un'azienda, indipendentemente dalle mansioni ricoperte e dal settore di collocamento. Le figure che si occupano della gestione delle risorse umane hanno il compito di selezionare e di formare il nuovo personale da inserire, nonché di seguire e di valutare i lavoratori già in forza all'azienda, al fine di raggiungere gli obiettivi dell'impresa e di motivare i dipendenti, anche dal punto di vista economico.

Un aspetto rilevante è l'amministrazione del personale, che deve assicurare l'elaborazione delle spettanze e adempimenti di tutto il personale dell'azienda, nel rispetto delle norme del contratto e delle leggi in materia.

Le prime regole per l’amministrazione del personale devono essere: il verificare le aspettative, il saper animare con spirito di conoscenza i diversi aspetti strutturali, cercare di dare credito alle idee innovative e avere un modello di gestione che raggruppi tutti gli interessi sia tecnologici che scientifici dell'azienda.

Tra i requisiti fondamentali c'è sicuramente quello di possedere il titolo di studio idoneo. Preferibilmente una laurea in psicologia, o comunque una laurea umanistica, opportunamente corredata da un master specifico o corsi di specializzazione altamente professionalizzanti. I principali compiti di chi lavora nelle risorse umane consistono nella selezione del personale. Il personale che si sottopone a dei colloqui per occupare una specifica carica deve dimostrare di avere i requisiti richiesti dall'azienda che impartisce direttive precise per le professionalità specifiche di ogni candidato. Nel processo di selezione, il selettore deve carpire la reale motivazione del candidato a voler intraprendere quel particolare tipo di attività, e una volta individuata la risorsa da inserire nello staff aziendale, deve curarne la formazione e la gestione amministrativa.

Quella del manager delle risorse umane è una figura che diventa sempre più basilare nelle aziende. A seguito della formazione, l'esperto in risorse umane può assumere sia la funzione di human resource manager, ossia il ruolo di maggior prestigio e responsabilità, che svolgere altri delicati incarichi, come il responsabile dell'amministrazione del personale e come l'addetto alle risorse umane. Chi possiede una buona preparazione dal punto di vista giuridico può occuparsi delle questioni sindacali e dei relativi rapporti contrattuali con i lavoratori.

Trattandosi di un incarico dirigenziale, il lavoro risorse umane consente di guadagnare cifre importanti. Lo stipendio si differenzia, naturalmente, in base alla mansione che si svolge. Gli HR manager percepiscono retribuzioni medie che superano i 100 mila euro netti annui, mentre per quanto riguarda il ruolo di responsabile del personale gli stipendi si aggirano sui 50/60 mila euro netti all'anno.

Per lavorare in questo ambito bisogna inoltre disporre di competenze afferenti alla psicologia che permettono di andare oltre la superficie delle cose e di cogliere i segnali che le persone possono inviare in vario modo (i veri professionisti non fanno attenzione solo a quello che i loro interlocutori esprimono con le parole, ma anche a quello che comunicano con il corpo).

Di più: chi aspira a fare carriera in questo settore (i Direttori delle Risorse Umane delle grandi aziende, che sovrintendono al lavoro di un numero importante di persone, possono arrivare a guadagnare più che bene) deve dimostrare di avere buone doti organizzative e di pianificazione, spiccate competenze comunicative (deve saper ascoltare gli altri e porsi nel modo più empatico possibile) e buone capacità di negoziazione, dal momento che dovrà curare i rapporti sindacali e (se necessario) fare “da paciere” tra colleghi che battibeccano in continuazione. L’addetto alle Risorse Umane deve, in sintesi, fare in modo che le persone che lavorano in azienda siano messe nella condizione di dare sempre il meglio di sé. E deve accertarsi della qualità dei rapporti umani che – come sappiamo – possono fare la differenza in termini di motivazione e di produttività.

L’addetto alle risorse umane ha il compito di gestire – anche sotto il profilo amministrativo – tutto il personale dell’azienda. Ma cosa fa esattamente?

individua le risorse da assumere (sulla scorta delle esigenze dell’azienda che deve, dunque, conoscere bene);
ricerca e seleziona le risorse più appetibili (valutandole sia sulla base del curriculum vitae che del colloquio di lavoro);

assume i candidati che hanno superato con successo la selezione;

si occupa della formazione del personale;

analizza e valuta il lavoro delle risorse (pianifica carriere nel tentativo di incentivare i talenti a rimanere) e definisce le politiche retributive (tara gli aumenti sulle capacità dimostrate dal dipendente, secondo un criterio di mera meritocrazia);

comunica costantemente col personale e agevola l’interazione tra le risorse interne all’azienda
cura le relazioni sindacali;

si occupa degli eventuali licenziamenti.

Quella dell’addetto alle risorse umane è una professione importantissima. La scelta dei candidati migliori può, infatti, fare la differenza. Ma è solo il primo passaggio: una volta scovato e assunto il talento, l’azienda deve impegnarsi a non farselo scappare. E il contributo offerto dalle risorse umane (che deve rimanere in costante contatto coi dipendenti e accertarsi che ognuno di loro si senta sufficientemente apprezzato e valorizzato) può essere determinante. Si tratta di un compito delicatissimo, che non può essere svolto con leggerezza o approssimazione.

Altra funzione di questo settore e di analizzare le tecniche per misurare le performance dei collaboratori, le tecniche di motivazione per migliorarne le prestazioni e i risultati nell'impresa e/o organizzazioni.

Questi sono i principali canali di valutazione delle risorse umane.

Analisi della realtà e valutazione nelle organizzazione.

Sistemi di valutazione: complessità, problemi, orientamenti.

La valutazione delle risorse umane: contesti colturali e qualità del servizio.

La valutazione tra sistemi di gestione e pratiche empiriche.







domenica 25 giugno 2017

Web tax: come funziona


Si parla di web tax vediamo  cos’è e come funziona? In via preliminare, possiamo dire che si tratta di una forma di tassazione (o di tentativo di tassazione) per tutte le multinazionali dal fatturato superiore a 1 miliardo di euro e con giri di affari in Italia da almeno 50 milioni di euro, che evadono costantemente il fisco italiano con un giro di società che conduce i profitti nei paradisi fiscali.

La web tax è una procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata  attraverso lo strumento dell’adempimento collaborativo già previsto nel nostro sistema dal dlgsv 5 agosto 2015, n. 128, esteso in sede di conversione del D.L. 50/2017  alle grandi imprese operanti in Italia.

Si tratta essenzialmente di una pratica di ‘voluntary disclosure’ che offre degli sconti sulle sanzioni in cambio di una proficua collaborazione tra l’Agenzia delle Entrate e le aziende in questione. Insomma, le grandi multinazionali dovrebbero accettare di entrare in connessione con il fisco italiano, di aprire i file che contengono i propri profitti, accordarsi su una quota di prelievo fiscale e in cambio avrebbero degli ottimi ‘sconti’. Le critiche ammendamento non sono state poche: innanzitutto, si tratterebbe di una sorta di condono – perché un’azienda come Facebook dovrebbe avere uno sconto dati i fatturati che ha e la ricchezza che produce? Inoltre, qualora la multinazionale decidesse davvero di collaborare, lo sconto sulle tassazioni non versate sarebbe del 50%.

In ambito di legge si  prevede  che le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (lett. d) c. 1 art. 73 del Tuir)  che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro annui e che effettuino cessioni di beni e prestazioni di servizi nel territorio dello Stato per un ammontare superiore a 50 milioni di euro annui avvalendosi del supporto di:

società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione, nonché società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;

o di stabili organizzazioni in Italia di società e enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato;

possono avvalersi della procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari dell’eventuale stabile organizzazione presente nel territorio dello Stato.

E’ facoltà dei soggetti che rientrano nella norma di richiedere all’Agenzia delle Entrate una valutazione della sussistenza dei requisiti che configurano la stabile organizzazione  mediante presentazione di apposita istanza finalizzata all’accesso al regime dell’adempimento collaborativo.
Il regime collaborativo è stato introdotto nel nostro sistema dal decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, al fine di promuovere l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonché di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale, fra l'Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell'ordinamento tributario.

Ai fini della determinazione del fatturato consolidato del gruppo multinazionale si considera il valore più elevato delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi indicate nel bilancio consolidato relativo all’esercizio precedente a quello in corso alla data di presentazione dell’istanza e ai due esercizi anteriori.

Ai fini della determinazione dell’ammontare delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato si considera il valore più elevato delle medesime cessioni di beni e prestazioni di servizi indicate nel bilancio relativo all’esercizio precedente a quello in corso alla data di presentazione dell’istanza e ai due esercizi anteriori.

Qualora in sede di interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate sia constatata la sussistenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, per i periodi d’imposta per i quali sono scaduti i termini di presentazione delle dichiarazioni, il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate invia al contribuente un invito per l’accertamento con adesione al fine di definire, in contraddittorio con il contribuente, i debiti tributari della stabile organizzazione.

Nei confronti dei soggetti che estinguono i debiti tributari della stabile organizzazione, relativi ai periodi d’imposta per i quali sono scaduti i termini di presentazione delle dichiarazioni, versando le somme dovute in base all'accertamento con adesione le sanzioni amministrative applicabili  sono ridotte alla metà.

Il reato per omessa dichiarazione non è punibile se i debiti tributari della stabile organizzazione nel territorio dello Stato, relativi ai periodi d’imposta per i quali sono scaduti i termini di presentazione delle dichiarazioni, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono estinti aderendo all’accertamento con adesione.

In caso di mancata sottoscrizione dell’accertamento per adesione ovvero di omesso o parziale versamento delle somme dovute l’Agenzia delle entrate, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di notificazione dell’invito o di redazione dell’atto di adesione, accerta le imposte e gli interessi dovuti e irroga le sanzioni nella misura ordinaria.

Entro trenta giorni dalla data di esecuzione dei versamenti l’Agenzia delle Entrate comunica all'autorità giudiziaria competente l’avvenuta definizione dei debiti tributari della stabile organizzazione.

Sono escluse dal regime collaborativo le società e gli enti che abbiano avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche, dell’inizio di qualunque attività di controllo amministrativo o dell’avvio di procedimenti penali, relativi all’ambito di applicazione dell’istanza.

E’ sempre ammessa la facoltà di richiedere all'amministrazione finanziaria la valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.

E’ previsto l’emanazione di un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate per l’attuazione della norma.

Ebbene, negli ultimi tempi sono state parecchie le multe che i colossi dell’hi-tech hanno dovuto pagare per questo motivo: Google ha dovuto pagare 306 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate , Apple 318 milioni a fine 2015 , e Amazon risulta essere sotto inchiesta.



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