mercoledì 18 aprile 2018
Modello 730/2018: chi lo deve presentare e chi è esonerato?
Dichiarazione dei redditi 730/2018 riferita all'anno di imposta 2017: ecco chi la deve presentare e quali sono i casi di esonero.
La presentazione della dichiarazione dei redditi non sempre è obbligatoria. Infatti, in linea di massima l'obbligo viene meno quando il legislatore sa che la sua presentazione non comporterebbe il pagamento di imposte, o perchè già trattenute dal sostituto, o perchè già tassati alla fonte o perchè esenti.
Il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione se ha conseguito redditi nell’anno 2017 e non rientra nelle ipotesi di esonero.
La dichiarazione deve comunque essere presentata se le addizionali all’Irpef non sono state trattenute o sono state trattenute in misura inferiore a quella dovuta. La dichiarazione deve essere presentata anche se sono stati percepiti esclusivamente redditi che derivano dalla locazione di fabbricati per i quali si è optato per la cedolare secca.
La dichiarazione può essere presentata, anche in caso di esonero, per dichiarare eventuali spese sostenute o fruire di detrazioni o per chiedere rimborsi relativi a crediti o eccedenze di versamento che derivano dalle dichiarazioni degli anni precedenti o da acconti versati per il 2017.
Dato che dal 16 aprile 2018 è possibile modificare la dichiarazione dei redditi che le Entrate hanno precompilato, vediamo nel dettaglio quali sono i casi in cui l'obbligo di dichiarare i redditi viene meno, così come elencati nelle istruzioni dell'Agenzia delle Entrate.
La dichiarazione dei redditi è obbligatoria solo per certe categorie di contribuenti, soggetti alle imposte sul reddito, IRPEF e addizionali comunali e regionali, ai quali però, è riconosciuta la facoltà di portare in detrazione o in deduzione dal reddito prodotto nell'anno precedente a quello di dichiarazione, determinate spese scaricabili dalle tasse, al fine di abbassare l'imposta dovuta allo Stato.
Per sapere chi deve fare la dichiarazione dei redditi occorre innanzitutto verificare se:
sulla base dei redditi prodotti nell'anno di imposta precedente, si rientra tra i soggetti obbligati o esonerati;
si hanno i requisiti per presentare la dichiarazione dei redditi tramite modello 730;
si deve presentare il modello Redditi 2018 ex Unico.
L'obbligo di presentare la dichiarazione 2018 è per tutti i contribuenti che nel periodo d’imposta 2017 hanno posseduto uno dei redditi indicati all’art. 6 del T.U.I.R., ossia:
Redditi fondiari;
Redditi di capitale;
Redditi di lavoro dipendente;
Redditi di lavoro autonomo;
Redditi d’impresa;
Redditi diversi.
Come indicato dalle istruzioni dell'Agenzia delle Entrate, possono utilizzare il modello 730 precompilato o ordinario, i contribuenti che nel 2018 sono:
pensionati o lavoratori dipendenti (compresi i lavoratori italiani che operano all'estero per i quali il reddito è determinato sulla base della retribuzione convenzionale definita annualmente con apposito decreto ministeriale);
persone che percepiscono indennità sostitutive di reddito di lavoro dipendente (es. integrazioni salariali, indennità di mobilità);
soci di cooperative di produzione e lavoro, di servizi, agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e di piccola pesca;
sacerdoti della Chiesa cattolica;
giudici costituzionali, parlamentari nazionali e altri titolari di cariche pubbliche elettive (consiglieri regionali, provinciali, comunali, ecc.);
persone impegnate in lavori socialmente utili;
lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato per un periodo inferiore all’anno. Questi contribuenti possono rivolgersi:
al sostituto d’imposta, se il rapporto di lavoro dura almeno dal mese di aprile al mese di luglio 2018;
un Caf-dipendenti o a un professionista abilitato, se il rapporto di lavoro dura almeno dal mese di giugno al mese di luglio 2018 e si conoscono i dati del sostituto d’imposta che dovrà effettuare il conguaglio;
personale della scuola con contratto di lavoro a tempo determinato, che si può rivolgere al sostituto d’imposta o a un Caf-dipendenti o a un professionista abilitato, se il contratto dura almeno dal mese di settembre dell’anno 2017 al mese di giugno dell’anno 2018;
lavoratori che posseggono soltanto redditi di collaborazione coordinata e continuativa almeno nel periodo compreso tra il mese di giugno e il mese di luglio 2018 e conoscono i dati del sostituto che dovrà effettuare il conguaglio, presentando il Mod. 730 a un Caf-dipendenti o a un professionista abilitato;
produttori agricoli esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta (Mod. 770 semplificato e ordinario), IRAP e IVA.
La dichiarazione di redditi è obbligatoria quando:
Il contribuente è titolare di Partita IVA, anche se nel 2017 non ha prodotto alcun reddito.
Il contribuente ha cambiato lavoro nel corso del 2017 e per questo ha ricevuto più di una certificazione unica 2018 da parte di diversi datori di lavoro e nel caso in cui l'imposta corrispondente al reddito complessivo superi le 10,33 euro.
Il lavoratore è percettore di indennità pagate dall'Inps per cassa integrazione, mobilità in deroga o ordinaria, disoccupazione NASpI, nel caso in cui non siano state effettuate per errore le relative ritenute o se non si rientra nelle condizioni di esonero presentazione dichiarazione dei redditi.
Il contribuente che ha percepito redditi da lavoro dipendente ha fruito erroneamente di deduzioni e detrazioni non spettanti.
Il contribuente che ha percepito redditi da lavoro dipendente ha ricevuto retribuzioni pagate da privati non sostituti d'imposta.
Il contribuente ha percepito redditi sui quali l'imposta si applica separatamente, fatta eccezione per TFR, arretrati, indennità per la cessazione di cococo, qualora erogati da soggetti che hanno l'obbligo di effettuare le ritenute alla fonte.
I contribuenti con reddito da lavoro dipendente e/o percettori di redditi assimilati senza detrazioni e trattenute addizionali comunale e regionale all'IRPEF. In questo caso, l'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi è previsto solo se l'importo dovuto per ciascuna addizionale supera i 10,33 euro.
I contribuenti che hanno percepito redditi a titolo di plusvalenze, come ad esempio i guadagni di trading online, e redditi di capitale da assoggettare ad imposta sostitutiva.
Ci sono però dei redditi che non devono essere dichiarati in quanto dichiarati dal legislatore come redditi esenti.
Sono considerati redditi esenti e pertanto esclusi da tassazione e dall'obbligo della dichiarazione dei redditi, i seguenti redditi:
la maggiorazione sociale sulla pensione;
l’indennità di mobilità per la parte reinvestita nella costituzione di società cooperative;
l’assegno di maternità per la donna disoccupata;
le pensioni erogate ai cittadini resi invalidi e ai congiunti di cittadini italiani deceduti, a seguito di scoppio di armi e ordigni esplosivi lasciati incustoditi o abbandonati dalle Forze armate in tempo di pace in occasione di esercitazioni combinate o isolate;
le pensioni dei cittadini italiani, stranieri e apolidi diventati invalidi durante lo svolgimento del loro dovere o a seguito di attentati terroristici o di criminalità organizzata e la reversibilità corrisposta ai superstiti delle vittime del dovere, del terrorismo o della criminalità organizzata;
gli assegni per la collaborazione ad attività di ricerca conferiti da università, osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, enti pubblici e di ricerca;
le pensioni tabellari spettanti per menomazioni subite durante il servizio militare;
le pensioni tabellari corrisposte ai Carabinieri ausiliari, per il servizio di leva nella Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco e militari volontari qualora la menomazione sia occorsa durante il servizio di leva.
Le rendite Inail, fatta eccezione dell'indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, sono esenti. Allo stesso modo, anche le rendite corrisposte da organismi non residenti a causa di un infortunio o malattia professionale, sono esenti ma il titolare deve presentare all'Agenzia delle Entrate, un'autocertificazione attestante la natura risarcitoria della somma percepita.
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lunedì 9 aprile 2018
Pensione in contanti: modalità di pagamento
I pensionati possono presentare domanda di pagamento in contanti: i limiti previsti dalla legge e le modalità di richiesta.
Il versamento delle pensioni, da diversi anni, avviene con metodi tracciabili (es.: accredito su conto corrente bancario o postale). A d imporre questa limitazione anche alle pensioni è stata la legge sulle transazioni finanziarie in vigore dal 2012, che ha limitato a 1.000 euro il tetto massimo per i pagamenti in moneta. Tuttavia è ancora possibile richiedere il pagamento in contanti (ma solo fino al limite massimo consentito per legge) presentando specifica richiesta, da inoltrare utilizzando l’apposito modulo.
Pagamento pensione in contanti
Il pagamento in contanti della pensione, come dicevamo, può essere richiesto solo se l’importo mensile non supera i 1.000 euro. Il modello di richiesta del pagamento dell’assegno pensionistico in contanti deve essere presentato presso un Ufficio Postale.
Importante precisare che anche i pensionati che percepiscono una rata mensile di pensione inferiore a 1.000 euro e intendono scegliere questa opzione, devono stare attenti a non superare il limite consentito per il pagamento in contanti, che può essere superato a causa di somme aggiuntive quali competenze arretrate, tredicesima o eventuali rimborsi.
Pensione: pagamenti tracciabili
A fronte della normativa vigente, i pensionati che nn possono ricevere il trattamento in contanti a causa del superamento del tetto massimo, devono sempre e comunque comunicare all’Istituto di previdenza (consulta le sedi INPS) quale modalità alternativa al contante scelgono per riscuotere la pensione.
Le possibilità sono:
accredito in conto corrente postale o bancario;
su libretto postale;
su carta ricaricabile.
Per prendere visione del rateo pensione, è sempre possibile utilizzare i servizi digitali del sostituto d’imposta (INPS) per accedere al proprio profilo e verificare le informazioni a riguardo.
Poniamo alcune domande.
Quando devo scegliere come ricevere la pensione? "La scelta riguardante il metodo di pagamento della pensione deve essere fatto al momento di presentazione della domanda di pensionamento. Sia che questa sia effettuata online, che tramite patronato, difatti, deve essere compilato un apposito campo sulla scelta del metodo di pagamento. Se non viene effettuata alcuna scelta, l’Inps mette in pagamento la pensione presso l’ufficio postale più vicino al domicilio del pensionato".
Quali sono i metodi di pagamento della pensione? "La legge per tutti' ricorda che la pensione può essere pagata: presso un ufficio postale, in contanti; con accredito sul proprio conto corrente; con accredito sul proprio libretto di risparmio; attraverso una carta prepagata ("si tratta di un sistema ancora sperimentale, non presente in tutte le città"); con assegno circolare non trasferibile, emesso solo dalla banca, inviato al proprio domicilio. Il pagamento può essere effettuato anche a una persona delegata."
Quando viene pagata la pensione? "Secondo la nuova disciplina, dal primo giugno 2015 ogni prestazione dell’Inps deve essere pagata nel primo giorno di ciascun mese, o il giorno successivo se si tratta di giornata festiva o non bancabile, con un unico mandato di pagamento: l’unica eccezione è costituita dal mese di gennaio, in cui il pagamento deve essere effettuato il secondo giorno bancabile. Tuttavia, bisogna considerare che le giornate bancabili possono essere differenti, a seconda che il pagamento avvenga tramite Poste Italiane o un diverso Istituto di credito. A partire dal 2017, i pagamenti saranno effettuati nella seconda giornata bancabile, e non più nella prima".
Posso cambiare ufficio di pagamento se mi trasferisco? Il pensionato può cambiare in qualsiasi momento l’ufficio in cui riscuote la pensione. "Per chiedere il cambio dell’ufficio - spiega 'La legge per tutti' - è necessario utilizzare i seguenti moduli, reperibili nella sezione modulistica del sito dell’Inps: modulo AP03, per richiedere il pagamento della pensione presso una banca; modulo AP04, per richiedere il pagamento della pensione presso Poste Italiane. Se l’interessato è titolare di più pensioni deve presentare un modulo unico. La domanda va presentata presso la propria sede Inps o presso lo sportello in cui si riscuote il trattamento".
Posso delegare un’altra persona a riscuotere la pensione? "È senz'altro possibile delegare un terzo alla riscossione della pensione, ma è necessario che questi sia munito di una specifica delega. La delega può essere rilasciata all’atto di presentazione della domanda di pensione o successivamente, presentando un apposito modulo. La delega deve essere autenticata dal funzionario dell’Inps che riceve la domanda e convalidata dall’Istituto, che rilascerà una comunicazione in duplice copia indirizzata all’ufficio pagatore della prestazione e al pensionato. Ogni volta che il delegato si reca alle Poste o in banca per ricevere la pensione - si ricorda - è tenuto a presentare la comunicazione rilasciata dall’Inps".
Perché la pensione che mi viene pagata è più bassa di quella liquidata? "All’atto della liquidazione della pensione viene stabilito l’ammontare lordo annuo, che deve essere diviso per 13 mensilità. La cifra che si riceve alla mano, però, non è pari a 1/13 della pensione lorda, in quanto sul trattamento viene effettuato il prelievo fiscale. L’Inps, in pratica, è un sostituto d’imposta ed è tenuto a trattenere l’Irpef, le addizionali regionali e comunali; inoltre è obbligato a trattenere eventuali prestiti - cessioni del quinto o eventuali importi pignorati".
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mercoledì 4 aprile 2018
Naspi e lavoro, quando è compatibile
L’INPS con Messaggio n. 1162 del 16 marzo 2018 ha fornito chiarimenti sull’indennità di disoccupazione NASPI e sulla compatibilità in caso di titolarità di rapporto di lavoro intermittente o nelle ipotesi di rioccupazione come OTD in agricoltura.
Vediamo alcuni esempi:
Richiesta di NASpI da parte di un lavoratore che, contestualmente al rapporto di lavoro subordinato involontariamente perso, risulti titolare anche di un rapporto di lavoro subordinato di tipo intermittente con indennità di disponibilità o senza indennità di disponibilità. Nell’ipotesi in cui il lavoratore – titolare di un rapporto di lavoro subordinato e di un contratto di lavoro intermittente con obbligo di risposta e, quindi, con indennità di disponibilità – faccia richiesta di NASpI a seguito della cessazione del contratto di lavoro subordinato di tipo non intermittente, la domanda può essere accolta a condizione che il lavoratore stesso comunichi all’INPS, entro trenta giorni dalla domanda di prestazione, il reddito annuo presunto derivante dal suddetto contratto di lavoro intermittente, comprensivo della indennità di disponibilità. In tale ipotesi trova applicazione esclusivamente l’istituto del cumulo della prestazione con il suddetto reddito complessivo, che non deve essere superiore al limite annuo di € 8.000.
Il lavoratore che, dopo aver richiesto la NASpI al termine di un contratto stagionale, viene riassunto dallo stesso datore di lavoro con contratto di lavoro intermittente – con reddito annuale inferiore a quello minimo escluso da imposizione – per le sole giornate in cui risulti necessario ricorrere a ulteriore manodopera. In detta ipotesi non trova applicazione l’istituto del cumulo della prestazione NASpI con il reddito derivante da lavoro intermittente in quanto la condizione richiesta è che il nuovo datore di lavoro sia diverso dal datore di lavoro per il quale il lavoratore prestava la sua attività quando è cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto alla NASpI.
Qualora, pertanto, il contratto di lavoro intermittente sia di durata pari o inferiore a sei mesi si applica l’istituto della sospensione della prestazione. In particolare, laddove il rapporto di lavoro intermittente sia con obbligo di risposta alla chiamata, e quindi con indennità di disponibilità, la prestazione sarà sospesa per il periodo di durata del rapporto. Qualora invece il rapporto di lavoro intermittente sia senza obbligo di risposta alla chiamata, e quindi senza indennità di disponibilità, la prestazione sarà sospesa per le giornate di effettiva prestazione lavorativa.
Percettore di NASpI che si rioccupi a tempo determinato come OTD in agricoltura. Laddove la durata del nuovo rapporto di lavoro subordinato come OTD non superi i sei mesi, l’indennità è sospesa d’ufficio, a prescindere dal reddito che l’interessato ricava dall’attività svolta. Ai fini della determinazione del periodo di sospensione, in linea con quanto previsto per istituti analoghi dalla prassi consolidatae avuto riguardo alla previsione contenuta all’ultimo periodo del comma 1 del citato articolo 9 del D.Lgs. n. 22 del 2015, vanno considerate le sole giornate di effettivo lavoro in agricoltura.
Esiste la possibilità di sommare il sussidio NASpI con un rapporto di lavoro intermittente a determinate condizioni, mentre in altri casi la sussistenza di un nuovo rapporto di lavoro determina la sospensione del trattamento di disoccupazione. Vediamo come funziona la compatibilità del sussidio di disoccupazione con altre forme di reddito, caso per caso, con l’aiuto del nuovo messaggio INPS 1162/2018.
Iniziamo con il caso del lavoro intermittente. Se il rapporto di lavoro interviene successivamente alla NASpI, i termini di compatibilità sono quelli previsti dall’articolo 9 del D.Lgs 22/2015, in base a cui la discriminante è il reddito. La compatibilità fra NASpI e altri redditi deve restare all’interno dei limiti previsti per il mantenimento dello stato di disoccupazione.
Il lavoratore potrebbe essere però già titolare di un rapporto di lavoro intermittente nel momento in cui perde il lavoro da dipendente a tempo indeterminato che da diritto alla NASpI. In questo caso, il lavoratore deve comunicare all’INPS, entro 30 giorni dalla domanda di NASpI, il reddito annuo presunto derivante dal contratto di lavoro intermittente, comprensivo della indennità di disponibilità. Se il cumulo dei due redditi è sotto gli 8mila euro, la prestazione NASpI verrà corrisposta nella misura piena. Altrimenti, verrà sospesa.
Nel caso in cui il lavoratore continui a lavorare a chiamata, si applica la sospensione della NASpI in relazione ai giorni di effettivo lavoro. Non è possibile, invece, cumulare la NASpI con un contratto di lavoro intermittente stipulato con lo stesso datore di lavoro che stipula il nuovo accordo al termine di un contratto stagionale. Il nuovo datore di lavoro deve essere diverso da quello per il quale il lavoratore prestava la sua attività quando è cessato il rapporto che ha determinato il diritto alla NASpI.
In generale resta valida la regola in base alla quale la sospensione della NASpI, nel caso di rioccupazione, si può chiedere solo per contratti inferiori a sei mesi: sopra questa soglia temporale, e anche in caso di proroga e rinnovo, la prestazione decade. Ci sono, infine, regole particolari per i percettori di Naspi che trovino un nuovo lavoro come ODT, operaio a tempo determinato, in agricoltura. Se il contratto non raggiunge i sei mesi, la NASpI è sospesa per le giornate di lavoro effettivo. Se il contratto è sopra i sei mesi, e il reddito è superiore al minimo escluso da imposizione, la NASpI si interrompe definitivamente. Se invece il reddito è inferiore, viene percepita in forma ridotta.
Il lavoratore una volta appurato che la somma dell'indennità naspi e dello stipendio del nuovo lavoro da dipendente, è inferiore al suddetto limite reddituale, deve procedere a comunicare all'INPS, entro un mese dall'inizio dell'attività, il reddito annuo previsto. Inoltre, occorre che il datore di lavoro o l'utilizzatore in caso di contratto di somministrazione, siano diversi da quelli che hanno determinato il diritto alla Naspi a seguito del licenziamento del lavoratore.
Come cambia l'importo della NASpI? A seguito dell'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro subordinato compatibile con la disoccupazione, la misura dell'indennità viene ridotta, per tutto il periodo intercorrente tra la data di inizio della nuova attività e la fine della Naspi. Nello specifico, in tale periodo l'importo dell'indennità viene ridotto dell'80% e calcolata d'ufficio in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Quando l'indennità di disoccupazione decade o viene sospesa? Quando il lavoratore non provvede a comunicare all'Inps il reddito annuo previsto, se poi il rapporto di lavoro subordinato ha una durata pari o inferiore a 6 mesi l'Istituto applica la sospensione dell'indennità mentre se la durata è superiore o trattasi di un contratto a tempo indeterminato, vi è la decadenza del beneficio.
La Naspi decade inoltre anche nel caso in cui venga superato il limite reddituale di 8.145 euro, fatta eccezione però in cui la durata del contratto è inferiore a 6 mesi, in tale ipotesi l'INPS applica sulla base delle comunicazioni obbligatorie, la sospensione dell'indennità per tutta la durata del contratto. Una volta concluso, l'erogazione della prestazione riprende per i mesi ancora spettanti.
E' importante ricordare, inoltre, che i contributi versati durante il periodo di sospensione sono utili per determinare la durata della NASPI in caso di una nuova richiesta di disoccupazione.
Comunicazione dei redditi presunti: nell'ipotesi in cui la durata della NASPI superi l'anno solare ed il lavoratore svolga nel frattempo un lavoro autonomo, un'attività parasubordinata, occasionale, oltre che presentare l'autodichiarazione dovrà anche fare la nuova comunicazione del reddito presunto utilizzando il modello NASpI Com, entro il 31 gennaio di ogni nuovo anno in cui si percepisce la prestazione successivamente al primo anno. Tale comunicazione, che serve all'INPS per calcolare la riduzione dell’80% dell'importo perché il lavoratore durante la naspi svolge un lavoro autonomo, se non viene presentata determina la sospensione dell'indennità fino a quando l'INPS non acquisisce il modello.
Cosa succede se il lavoratore in NASpI svolge più attività? In questo caso, l'Inps deve verificare che la somma dei redditi percepiti per ciascuna attività autonoma, parasubordinata o occasionale, non superi il limite massimo consentito dalla normativa vigente per il mantenimento dello stato di disoccupazione.
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