domenica 1 dicembre 2013

Programma Erasmus fondi per il periodo 2014-2020



Sono passati più di venticinque anni da quando un primo manipolo di circa tremila studenti europei andava a studiare in un altro Paese della Comunità con il Programma Erasmus.

Stanziati fondi per 14 miliardi fino al 2020. La meta più gettonata resta la Spagna. Oltre 23 mila italiani si sono spostati nell’ultimo anno. Dal 2014 al 2020 sono stati stanziati ben 14 miliardi di euro per finanziare gli studenti che intendono approfondire all’estero i propri studi, si tratta del 40% di fondi in più rispetto al precedente al 2007/2013.

Il programma Erasmus non solo riceve più fondi ma si semplifica e guarda con più attenzione all’occupazione giovanile. E nel momento in cui 5,6 milioni di under 25enni del Vecchio continente non hanno un lavoro.

Erasmus, si cambia nella dotazione finanziaria. Negli obiettivi. A deciderlo, in seduta plenaria, sono stati gli europarlamentari. Per il periodo 2014-2020 il pacchetto che permetterà a cinque milioni di giovani dai 13 ai 30 anni di studiare all’estero si chiamerà Erasmus+. Un «marchio» - come lo chiama l’europarlamentare tedesca Doris Pack - che unifica le diverse facce del programma: il più famoso «Erasmus» (rivolto agli studenti universitari), poi «Erasmus Mundus» (per i ragazzi dei Paesi terzi), «Comenius» (per gli alunni delle scuole superiori), «Leonardo da Vinci» (per chi vuole fare gli stage), «Groundtvig» (per gli adulti) e le diverse iniziative per l’interscambio.

Al suo interno è previsto anche l’avvio di un sistema di prestiti agevolati da 12 a 18 mila euro per chi vuole fare un master (di uno o due anni) all’interno dell’Unione europea. E ancora: borse di studio per giovani, insegnanti e apprendisti, fondi per la formazione nel settore sportivo e per il sostegno di associazioni e Ong.

La maggior parte del budget sarà destinato ai settori «Istruzione» e «Formazione» (77,5 per cento), un decimo alla voce «Gioventù», il 3,5 per cento alla novità dei prestiti d’onore per i laureati in mobilità (il «Loan guarantee facility») e l’1,8 per cento, pari a 265 milioni di euro, allo sport. Il tutto su una realtà che quest’anno ha superato i tre milioni di studenti che hanno preso parte dal suo avvio, nel 1987, quando i «pionieri» erano soltanto 3.244. Nel 2011-2012, l’ultimo dato disponibile, in 253 mila hanno trascorso un periodo di studi (l’81 per cento circa) in uno degli atenei europei o hanno effettuato un tirocinio. In media, calcola la Commissione europea, ogni ragazzo in Erasmus ha ricevuto un sussidio mensile di 252 euro.

Nell’ultimo anno accademico disponibile sono stati 23.377 gli italiani che sono andati all’estero, il 6,1 per cento in più rispetto al 2010-2011. Nulla in confronto al +61,8 per cento dei giovani croati o al +19,8 per cento dei danesi. In Europa siamo quarti, per numero, dopo Spagna (quasi 40 mila), Germania e Francia (oltre 33 mila). Nessuna traccia dell’Italia nemmeno nel podio dei Paesi più «gettonati». Stravince la Spagna con quasi 40 mila studenti accolti, seguita da Francia (quasi 29 mila) e Germania (poco meno di 28 mila). Nelle nostre università hanno studiato poco più di ventimila europei. Il primo ateneo che spezza l’egemonia degli iberici è quello di Bologna, quinto, con 1.693 ragazzi. Ai primi quattro posti si piazzano le Università di Granada, Siviglia, Madrid e Valencia. «Abbiamo migliorato il vecchio programma», esulta Doris Pack. L’eurodeputata , dopo aver precisato che Erasmus+ «non rappresenta una soluzione al problema della disoccupazione», sottolinea che «parlare più lingue, avere un’istruzione e capacità varie - soprattutto nel settore tecnologico - significa aumentare le possibilità di trovare un lavoro, anche al di fuori del proprio Paese».

I cambiamenti, però, non riguarderanno soltanto il mondo delle Università, Erasmus+ cercherà di convogliare tutti i «precedenti meccanismi europei incentrati sull'educazione, la formazione, la gioventù e lo sport» in un unico grande progetto, inglobando, tra gli altri, tutti i progetti attivi all’interno del Lifelong Learning Program (Erasmus, Leonardo, Comenius, Grundtwig,Trasversale, Jean Monnet), i progetti attivi nell’ Youth in Action e cinque piani di cooperazione internazionale.

Tra le maggiori novità che saranno introdotte è previsto il finanziamento di stage a sostegno anche degli under 30 non iscritti all’Università, i quali potranno oltretutto usufruire di un microcredito riservato alla concessione di prestiti tra i 12 e 18 mila euro, disponibili, nel caso in cui intendessero partecipare a master fuori dai confini nazionali.

Contestualmente, sarà allargato, a 30 Paesi, il campo delle possibili destinazioni di studio, con l’aggiunta di mete come Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Turchia, Croazia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia.

Un anno dopo aver corso il rischio di una possibile estinzione, Erasmus, dunque, si rilancia, investe ed estende i propri confini anche fuori dall’Unione Europa.



Apprendistato con formazione sia interna che esterna




L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».

L’apprendistato è, senz’altro, una risorsa strategica per i giovani e per gli imprenditori. Questo tipo di formazione professionalizzante prevede la possibilità di erogazione di particolari moduli di formazione all’interno dell’azienda o al suo esterno, presso società o enti di formazione accreditati.

Le regole per la formazione degli apprendisti sono un tema ancora poco compreso dal mercato del lavoro. Per i tanti interventi normativi degli ultimi anni, è molto diffuso il convincimento che questa parte del rapporto sia molto complessa. In realtà la complessità è minore di quanto si creda. Un apprendista assunto con il contratto professionalizzante deve oggi seguire la formazione secondo le regole previste dal contratto collettivo, che individua durata, contenuti e modalità del percorso.

Le Regioni hanno un ruolo solo di sostegno: se riescono, possono organizzare una formazione di base, aggiuntiva rispetto a quella aziendale. Ci sono quindi due canali, uno certo (la formazione aziendale, regolata dal Ccnl) e uno eventuale (la formazione pubblica, erogata dalle Regioni). Questa formazione è stata disciplinata dalle linee guida definite il 17 ottobre scorso dalla Conferenza Stato Regioni, e in attesa di approvazione definitiva (la prossima seduta della Conferenza è fissata al 5 dicembre), per tutti gli apprendisti assunti con contratto professionalizzante.

Secondo le linee guida, l'offerta formativa pubblica è obbligatoria solo se è disciplinata come tale nell'ambito della regolamentazione regionale, anche attraverso specifici accordi, ed è realmente disponibile per l'impresa e per l'apprendista. Se manca questo requisito, la formazione trasversale è comunque obbligatoria, se viene definita come tale dalla disciplina collettiva applicabile al rapporto.

 La formazione pubblica ha una durata variabile in funzione del titolo di studio dell'apprendista al momento dell'assunzione. Le linee guida regionali prevedono un totale di 120 ore di formazione nel triennio, per gli apprendisti senza un titolo di studio, o in possesso di licenza elementare o della sola licenza di scuola media. Il periodo scende a 80 ore, sempre nel triennio, per gli apprendisti in possesso di diploma di scuola superiore o di qualifica o diploma di istruzione e formazione professionale, e scende ancora a 40 ore totali nel triennio , per gli apprendisti che hanno una laurea o un titolo equivalente.

La durata può essere ulteriormente ridotta per gli apprendisti che hanno già completato, in precedenti rapporti di apprendistato, uno o più moduli formativi; la riduzione oraria del percorso coincide con la durata dei moduli già completati. Le linee guida definiscono anche i contenuti del percorso di formazione pubblica, che deve avere, indicativamente, come oggetto una o più competenze predefinite, che vanno dalla sicurezza sul lavoro alle nozioni sulla legislazione del lavoro. Le semplificazioni già in vigore L'intesa conferma poi le innovazioni previste dal Dl 76/2013, e già entrate in vigore. Il piano formativo individuale è obbligatorio soltanto per la formazione per l'acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche.

In secondo luogo, l'impresa è tenuta a registrare sul libretto formativo del cittadino la formazione effettuata e la qualifica professionale eventualmente acquisita dall'apprendista ai fini contrattuali, e in mancanza viene usato il modello approvato con il decreto del ministro del Lavoro del 10 ottobre 2005 (ma viene fatta salva la possibilità di utilizzare la modulistica adottata dal contratto collettivo applicato). Infine, le imprese che hanno sedi in più Regioni, per l'offerta formativa pubblica possono adottare la disciplina della Regione dove si trova la sede legale.

Il contratto di apprendistato consente ai giovani di fare il primo passo nella mercato del lavoro sotto la guida e la supervisione di occhi esperti. Si tratta di una formula rivolta ai giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che delega all’azienda responsabile dell’assunzione il compito di monitorare e migliorare la formazione dell’apprendista attraverso un insegnamento di tipo pratico, tecnico-professionale.

I giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni possono essere assunti in tutti i settori di attività, siano essi pubblici o privati, con un contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, con la finalità di conseguire una qualifica pienamente spendibile sul mercato del lavoro.

La formazione interna ed esterna prevista dal contratto di apprendistato è definita dalla regolamentazione regionale ed è finalizzata all’acquisizione delle competenze base e trasversali. Si affianca alla formazione sul campo, le cui specifiche sono definite dalla contrattazione collettiva ed è utile all’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche.

Nell’ambito della formazione per le competenze base e trasversali:

La formazione interna in apprendistato – è la formazione definita dalle Regioni, ma che viene gestita all’interno dell’azienda nella quale lavora l’apprendista. Il soggetto responsabile della formazione è il datore di lavoro. Questo tipo di formazione non è finanziata con risorse pubbliche.

La formazione esterna in apprendistato – è la formazione definita dalle Regioni e finanziata con fondi pubblici (nei limiti delle risorse disponibili). Questo tipo di formazione è a carico degli enti di formazione accreditati.




Lavoratori pubblici: 5mila dipendenti denunciati



Tre miliardi rubati allo Stato. Il rapporto della Guardia di Finanza per il 2013 parla di oltre 5mila dipendenti pubblici denunciati per corruzione e truffa (dai falsi poveri ai finti consulenti). Due cifre su tutte: i danni erariali provocati da funzionari e i danni erariali provocati da funzionari e impiegati infedeli fino allo scorso ottobre ammontano a 2 miliardi e 22 milioni di euro; quelli per le truffe sono pari a un miliardo e 358 milioni di euro. I dipendenti pubblici denunciati nei primi dieci mesi dell’anno sono stati 5.073, ma numerose indagini sono tuttora in corso.

Ammontano a due miliardi e 22 milioni di euro i danni erariali provocati dai finti poveri, mentre quelli per le truffe sono pari a un miliardo e 358 milioni di euro. I dipendenti pubblici denunciati da gennaio a ottobre sono stati 5.073. Come ricostruisce il "Corriere della Sera", anche la galassia dei falsi poveri è molto popolata. Decine di migliaia di persone riescono a ottenere benefici senza averne i requisiti.

Su 8mila controlli effettuati, sono stati trovati 2.500 soggetti che hanno indebitamente beneficiato di prestazioni sociali agevolate. Le persone finite nel mirino della Finanza avevano ottenuto benefici come l’accesso in corsia preferenziale ad asili nido ed altri servizi per l’infanzia, la riduzione del costo delle mense scolastiche, i “buoni libro” per studenti e le borse di studio, i servizi socio sanitari domiciliari, le agevolazioni per i servizi di pubblica utilità, quali luce o gas.

Saccheggiano i funzionari, ma non sono gli unici. Perché sfruttando i mancati controlli interni ai vari enti, decine di migliaia di persone riescono ad ottenere benefici senza averne i requisiti. Scrivono nella relazione gli specialisti della Finanza: «Nell’ambito delle verifiche imposte dai processi di spending review sono state predisposte campagne massive di controllo su forme diffuse di irregolarità, relativamente alla fruizione dei ticket sanitari e delle prestazioni sociali agevolate, per incrementare i livelli di compliance tra i potenziali beneficiari di tali agevolazioni».

Parliamo anche di consulenze inutili. Le solite quella dei cosiddetti «esperti» assoldati dalla pubblica amministrazione continua ad essere una vera e propria piaga sociale Perché serve a moltiplicare gli incarichi, nella maggior parte dei casi, inutili. E a provocare una vera e propria emorragia di fondi. È solo uno dei casi contestati. Tra gennaio e ottobre 2013 la Guardia di Finanza ha denunciato alla Corte dei Conti 150 casi di consulenze non necessarie, calcolando un esborso illecito pari a 8 milioni e 454 mila euro. Ben più alte sono le altre spese causate dalla mala gestione delle istituzioni.

Il settore della salute pubblica è certamente uno dei più «saccheggiati». Sono 626 i dipendenti pubblici che dovranno rendere conto dei propri illeciti e di aver provocato un danno di ben 233 milioni di euro. E sono migliaia i cittadini che hanno truffato lo Stato riuscendo ad ottenere prestazioni pur non avendone i requisiti o comunque rimborsi non dovuti. Le denunce finora presentate nel 2013 sono state 5.300 con un danno calcolato di oltre 9 milioni di euro.

Vicenda simbolo - molte altre analoghe sono state verificate in numerose parti d’Italia - è stato scoperta dai finanzieri di Caserta dove la Asl non aveva aggiornato da anni gli iscritti nelle liste dei medici di base. Sfruttando sia pur inconsapevolmente queste omissioni circa 400 dottori di tutta la provincia hanno continuato a percepire compensi relativi a «1.215 soggetti deceduti, 2.010 emigrati all’estero e 2.763 emigrati fuori provincia». Danno accertato: 1,5 milioni di euro.

Le case e i buoni scuola. Sono migliaia i casi di «falsi poveri» scoperti dai finanzieri. E’ stata denunciata una pensionata settantenne che abitava in una villa con piscina, aveva altri 14 immobili di proprietà affittati «in nero» per un canone mensile che oscillava tra i fino a 4.600 e i 5.000 euro al mese. Non solo non aveva denunciato introiti per oltre 220 mila euro, ma negli anni scorsi aveva ottenuto il rimborso delle tasse universitarie sostenute per il figlio e chiesto al Comune le prestazioni economiche assistenziali, dichiarando di appartenere a un nucleo familiare indigente.

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